Bevimi, mangiami (2 Prova)
Guardo il mio gatto nell'attesa...
Sono nel mio appartamento è in affitto, un affitto che ormai non pago più da alcuni mesi.
È un bel appartamento, pieno di sole, pure con un piccolo giardino privato.
Ci ha visto felici alcuni bei momenti, ma anche momenti orribili, devastanti.
Non scorderò mai l'orrore vissuto lì.
Suonano alla porta, sono arrivate.
Apro alle due assistenti sociali che entrano.
Serie composte nel loro vestire bene, con varie scartoffie in mano.
Le faccio accomodare, vorrei offrire qualcosa, ma non ho nulla.
Iniziano a parlare, fingono di interessarsi a noi, a mia figlia alla violenza subita, al mio bambino piccolo senza poter dagli neppure il latte.
A mia madre morta da poco che la conoscevano bene, donna di una dignità sorprendente, amata e rispettata da tutti in paese.
Poi dicono a me, la mia salute fisica del fatto che a stento riesco a camminare.
Tralasciano il fatto che è a causa delle botte subite.
Che non sono in grado di lavorare per crescere sola due bimbi, per di più speciali e bisognosi di cure.
Fingono di volerci aiutare.
Parlano, parlano, mi sorridono scappa pure un abbraccio mi sciolgo in un pianto di disperazione e speranza che davvero mi diano un aiuto.
Le conosco entrambe da sempre, al paese ci si conosce tutti.
Povera me, povera illusa, se credo che siano qui per aiutarmi.
Continuano a parlare mi dicono la loro soluzione.
Con entusiasmo mi dicono che hanno chiamato il mio ex marito.
Gli hanno parlato loro.
Smetto di ascoltare sto troppo male, vorrei tapparmi le orecchie per non sentire tali assurdità.
Mi par di comprendere che al mio ex marito gli abbiano dato un lavoro.
Che può occuparsi di noi ora.
Ci daranno con il tempo pure un alloggio con un affitto convenzionato.
Mi guardano sorridendo, mi prendono la mano.
Balbetto qualcosa, in merito a mia figlia, come riprenderlo in casa dopo ciò che gli ha fatto?
Lo stesso uomo che ha picchiato mia figlia e me con rabbia dinanzi al bimbo piccolo il giorno dopo che ho seppellito mia madre.
Lo stesso uomo che ha rubato i pochi soldi che avevamo e se ne andato facendo pure il gradasso ridendo di me, umiliando mia figlia per i suoi problemi.
Costretta poi a chiedere i soldi del funerale di mia madre al Comune.
Per fortuna son seduta, mi sento svenire.
Loro lo sanno.
Ogni evento che abbiamo vissuto.
Loro lo hanno visto.
Il volto segnato, il naso gonfio che sanguinava di mia figlia.
Io quasi paralizzata, trascinarmi dalla vicina con i bambini, scappare, chiamare il dottore, i Servizi sociali.
Si le stesse che mi hanno detto di non denunciarlo che se ne era andato, che potevamo rientrare in casa.
Di chiuderci bene dentro.
Ancora continuano a parlare, mi ricordano che non ho scelta, sola al mondo con due figli senza soldi,senza salute.
In modo sottile mi fanno capire che il bimbo potrebbe anche essere portato via da me...
Ora la mia angoscia non mi fa respirare inizio di nuovo a piangere, dire che son disperata è poco.
Riprendilo in casa mi dicono, non hai altra soluzione.
Dicono ancora che mi aiuteranno che ci staranno vicino.
Poi se ne vanno, mi lasciano qualche giorno per pensare.
Seduta rifletto.
Le ore passano, mio figlio dorme nel lettino, il riposino del pomeriggio.
Mia figlia in camera sua.
Cosa fare, che ne sarà di noi.
Se lo riprendo vivremo di terrore e violenza, come era prima.
Mi accascio a terra sento lo stomaco bruciare, piango, piango non riesco a smettere più.
Come posso dire a mia figlia che lo riprendo in casa.
Come posso sopportare ancora.
Il mio pensiero va a mia madre, se fosse qui, se non fosse morta, perché un destino così crudele fatto di dure prove di perdite devastanti in un anno ci siamo trovati dinanzi a perdite così pesanti da annullare parte dei nostri cuori.
Penso a mio fratello ormai lontano, perso nel suo dolore.
Un ombra ormai di sé stesso.
Troppo dolore da riuscire a sopportare in una vita sola.
Sola come mi ritrovo ora, sola, con due creature da crescere.
Da amare, da proteggere un giorno da spiegare che non abbiamo nessuna colpa di quello che è accaduto.
Se scelgo di non accettarlo in casa, che ne sarà di noi...
Come li cresco, dove vivere, mi resta una vecchia auto, nulla più con ancora delle rate da pagare.
Bevo la coppa dell'amaro calice.
Sarà eternamente tortura e prigione.
Scelgo di vivere con i miei figli libera.
Scelgo l'ignoto perché vi è la speranza di una vita migliore.
Non so cosa succederà, ma so che lotterò fino alla morte per essere liberi di poter essere felici e sereni.
Prendo il mio gatto, vado in camera abbraccio i miei piccoli.
Usciamo da quella casa e insieme iniziamo a vivere.
Per ora in macchina...
Racconto per il contest di @magicartist2018
Celeste
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