Martedì 9 Novembre 2021
A Torino fa un freddo cane. Mi si è gelata la fronte oggi manco mi fossi ficcata un ghiacciolo nel naso. Anzi, uno per narice quindi in totale due, uno si fa per scherzare. E l'unico motivo per cui ho sopportato il mal di testa, è stato vedere lo sguardo confuso di una delle mie ragazze mentre si aggirava fra gli scaffali di un negozio di casalinghi. Era una scena curiosa. Lei che osservava tutto senza toccare nulla. Lei che era immersa in un groviglio di pensieri che nessuno è riuscito ancora a dipanare. Mentre io cerco di capire la soluzione, la chiave della sua piccola persona. Sì, come ho detto, della mia vita ho fatto una modesta e tranquilla quotidianità. O meglio, ne ho fatto un porto tranquillo e silenzioso, annoiato. Ma io non sono una persona tranquilla, né tanto meno silenziosa e il silenzio mi imbarazza e il non sapere come parlare con una delle mie ragazze (o dei miei ragazzi) mi spaventa. Non trovare la chiave per vedere cosa c'è dentro di loro, mi stressa e al contempo mi dà la spinta per andare avanti. Questo perché se c'è qualcosa da capire, se c'è ancora qualcosa da imparare, allora la noia si allenta e la mia mente trova lo spazio per divagare senza soffermarsi su un pensiero particolare, a tratti ossessivo che termina spesso e volentieri in un'ondata di panico assoluto.
Ho deciso di fare l'educatrice, dopo che il mondo mi ha resa tale e quasi mi sono arresa a questo destino se non fosse che, se non fosse per...
Guarisce, in qualche modo. È come se guarendo gli altri, io possa anche guarire me stessa. Se i ragazzi hanno paura e io ho paura, allora non ho paura per entrambi. Se i ragazzi sono felici e io sono triste, noi siamo felici e tristi insieme. È molto complesso tenere separate le due cose ma nel privato tutti questi discorsi si mescolano e a volte sto bene e fare l'educatrice mi piace, a volte è la peggiore decisione che io abbia preso nella mia vita.
E la cosa che mi fa più arrabbiare è che se io avessi avuto anche solo un educatore accanto, forse sarei potuta guarire prima e fare della mia vita qualcosa di diverso, continuando ugualmente ad aiutare gli altri. E invece adesso mi trovo in un questo vortice di accudimento e cura che non si sa dove inizia e dove finisce. Mi ritrovo a cercare una chiave per decifrare le persone e la cosa mi riesce piuttosto bene se non fosse che, ancora non riesco a capire me stessa.
E forse questa è una delle ragioni per cui sono diventata quel mistero indecifrabile di cui parlano gli adulti. Un giorno sono l'educatrice, un giorno l'educanda, un giorno vivo nel mio mondo, un giorno vivo nel mondo di qualcun altro.
E per quanto io sappia tutto degli altri, io non ho mai detto neanche un 10% di quello che ho dentro. E credetemi, è brutto davvero.
Sylvia L.G. Roth
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