18. A ciascuno la sua
Cercò di seppellire la faccia nel libro che aveva davanti, alzato come una barriera, per non dover continuare a vedere Ibrahim sorridere convintissimo a Pallia. Era così perso, così assente appena lei entrava nella stanza che avrebbe benissimo potuto lanciarsi giù dalla finestra e probabilmente lui nemmeno se ne sarebbe accorto. Non capiva cosa ci trovasse in lei, era simpatica sì, ma era anche imprevedibile. Le streghe gli sembravano in toto imprevedibili.
Un dito spuntò da sopra la rilegatura del libro. Un dito munito di un'unghia nera e decorato da due piccoli anelli di rame. Abbatté la sua difesa e dietro di essa comparve un viso allungato, infastidito e quasi arreso. Si erano seduti da più di un'ora con l'intenzione di buttare giù almeno le linee principali del progetto di gruppo, tuttavia le cose non erano andate così. Ibrahim e Pallia sembravano non capire minimamente il significato della parola "concentrazione". Soprattutto lei. Parlava e commentava, si distraeva con una facilità che aveva iniziato a dargli sui nervi dopo pochi minuti. E poi c'era la sua compagna di progetto, tra tutte loro quella che forse più lo metteva a disagio. Si era chiesto più volte se le streghe avessero ragioni culturali per conciarsi in quel modo, ma conoscendo lei era arrivato alla conclusione che no, era semplicemente cattivo gusto. Per quanto odiasse sentire le stesse parole di sua madre e sua nonna serpeggiare per il suo cervello, era anche indubbio che Chanej fosse particolare. Vestiva perfettamente i panni della persona che sua mamma gli avrebbe gridato di evitare in fila al supermercato, senza badare troppo alle occhiatacce. Nel momento in cui si era reso conto che sarebbe stato costretto a lavorare con lei aveva iniziato a essere ancora più paranoico. Se qualcuno che lo conosceva l'avesse visto in giro con una persona del genere sarebbe stata la fine. Sua nonna l'avrebbe chiuso in casa e avrebbe buttato la chiave nel gabinetto, tirando poi lo sciacquone. Fortuna che tutti i suoi cugini, due per la precisione, si erano laureati l'anno prima, lasciandolo ultimo e solo in università. Eppure, non riusciva a togliersi di dosso il senso di soggezione. Fin da quando le aveva incontrate e le aveva conosciute non era riuscito a liberarsi dall'idea che in fondo, sotto quell'aspetto così uguale a tante altre studentesse ci fosse qualcosa di diverso.
"Allora? Se vuoi fare una pausa, per me non c'è problema" disse Chanej. Era ancora fortemente combattuto se proporle di fare ciascuno la propria parte di presentazione senza interpellare l'altro, ma Ibrahim gli aveva detto che sarebbe stata una pessima idea e sarebbe risultata in una brutta valutazione. Quindi era bloccato. Non rispose, come del resto aveva fatto in molte altre occasioni quello stesso pomeriggio.
"Ti rendi conto che così non stiamo andando da nessuna parte?" disse Chanej, sporgendosi verso la sua parte del tavolo, abbrancando il libro che aveva usato come scudo per tirarlo dal proprio lato e appoggiarlo sulla pigna che già torreggiava accanto a lei. Poi si risedette e incrociò le braccia stringendosi la giacca di lana sul corpo magro, fissandolo con astio e le labbra ridotte a una linea scura in mezzo alla faccia. "Lo so che non mi rispondi perché hai qualche ottima ragione, ma la cosa sta diventando ridicola. Non intendo chiedere a qualcuno di farmi da intermediario o scriverti dei messaggi solo perché ti fa impressione parlare con una strega".
"Non mi fa impressione" rispose indispettito. "È solo difficile lavorare con qualcuno che ragiona diversamente" si difese. "Non so come funzioni"
"Adriano, abbiamo studiato assieme prima. Il fatto che siamo solo noi responsabili di quello che stiamo facendo non cambia assolutamente nulla".
Non cambia nulla per te, avrebbe voluto risponderle, ma preferì tenersi il pensiero per sé. Ovvio che lavorare assieme solo loro due cambiava eccome tutto. Non c'era la mediazione degli altri, e Ibrahim che gli aveva promesso di aiutarlo era distratto dagli occhioni da cerbiatta di Pallia. Non capiva come avessero fatto ad avere già pronto un indice quando loro non avevano messo assieme nulla.
"Ti ho parlato! Si può sapere quale è il problema?" Chanej batté la mano sul tavolo di fronte a lui, facendolo spaventare. Negli occhi le brillava una scintilla di impazienza e fastidio. O forse era davvero la follia che tutte le streghe avevano dentro secondo sua madre. Chanej sospirò e alzò le mani davanti alla sua faccia e Adriano fu troppo lento per capire cosa stesse facendo, poi vide le mani muoversi a formare una strana forma con le dita. La reazione arrivò troppi tardi e uno spruzzo di acqua gelida gli arrivò addosso. Boccheggiò e si scostò di scatto con la sedia dal tavolo. Si passò una mano sul viso alzandosi in piedi di scatto e guardandola furente. L'aveva fatto solo per dargli fastidio.
"Ma cosa ti salta in mente?" chiese improvvisamente. Anche gli altri due si erano finalmente distratti dalle loro chiacchiere e si erano girati verso di lui.
"che hai fatto Chanej?" chiese Pallia riservando una meritatissima occhiataccia all'amica.
"Sono quattro gocce" rispose l'altra, muovendo le mani e facendo sparire le gocce che erano rimaste sospese sul tavolo laccato e pieno di segni e macchie. "Stava iniziando a piangersi addosso, e per di più non abbiamo ancora concluso niente".
"Cosa vuoi che facciamo? Io non so davvero niente di tutte queste cose".
"Si imparano, è proprio il succo del corso, non so se te ne sei accorto" rispose tagliente lei, spostando delle fotocopie verso di lui. "Sei riuscito a stare al passo con il corso monografico, non vedo come imparare quattro rune in croce possa essere un problema. Devi solo portartele a casa e guardare come si disegnano, è esattamente come imparare dei numeri".
Adriano vide Ibrahim aprire bocca per dire qualcosa e poi richiuderla. E gli fu grato, dato che Chanej era troppo impegnata a guardarlo in cagnesco.
"Se non ti piace come argomento avresti potuto anche dirmelo. Cosa ti aspettavi?"
"Mi sembra solo assurdo imparare qualcosa che comunque non sarà di nessuna utilità. Non possiamo farla su qualcosa di normale, come per esempio le leggi in merito all'uso di magia in pubblico? Cato la fa sulle leggi per i famigli. Loro la fanno sull'inquisizione. Perché dobbiamo farla sulle rune?"
La ragazza che aveva di fronte nascose il viso tra le mani per un secondo prima di emettere un suono rabbioso. "Perché te l'ho chiesto e tu non hai detto niente. Ti ho chiesto se ti andava bene e mi hai detto di sì. Perché non le hai fatte prima queste proposte?" gli chiese trattenendo la stizza.
"Non ho mai detto che mi andasse bene. Ho detto che avevo capito la tua proposta. Studio ingegneria meccanica, non xenolinguistica" puntualizzò e fu in quel momento che si pentì di averla detta. Gli arrivò un altro spruzzo d'acqua in faccia. "Nemmeno io sono umana; eppure, devo seguire un sacco di regole umane. Direi che è solo calzante che tu ti metta nei panni di qualcun altro per una buona volta!" sibilò.
"Ragazzi, penso possiate discuterne con un po' più di calma" si intromise Ibrahim, alzandosi in piedi e versandosi un bicchiere d'acqua dalla brocca lì accanto a lui sul tavolo. Nessuno dei due parve interessato ad ascoltarlo. Adriano poteva vedere che la strega gli avrebbe volentieri dato fuoco, ma non poteva.
"Per assurdo eri più collaborativo quando eri spaventato" disse Chanej. "Non capisco cosa ti sia successo".
"Non mi è successo nulla" rispose lui, allontanando la pila di fotocopie da sé e piazzandole davanti a lei. Era una partita di tennis in cui non avrebbe vinto nessuno. Fu grato che non avesse portato il suo famiglio, temeva fortemente che forma si nascondesse sotto quell'aspetto innocuo e vagamente simpatico. Ogni secondo che passava con loro era una lotta nella sua mente. Non poteva liberarsi dai pensieri che gli erano stati inculcati fin da piccolo su come le streghe fossero degli esseri orribili che facevano cose altrettanto orribili. Poteva studiare quanto voleva ma il suo primo pensiero era sempre la voce di sua nonna che gli diceva quanto era scesa la criminalità del quartiere dove era nata quando avevano pubblicamente dato fuoco a uno strigo in piazza. Il primo pensiero è quello che ti hanno insegnato, il secondo è il tuo, aveva iniziato a ripetergli Livia di tanto in tanto quando lo vedeva in difficoltà. Ma ora Livia non c'era e distinguere tra cosa fosse il suo pensiero e cosa fosse quel che gli era stato insegnato a bacchettate era difficile. Soprattutto ora che sua madre aveva iniziato a nutrire sospetti su che compagnie frequentasse il figlio. Aveva trovato i fiori magici che aveva pensato di portarsi a casa dalla festa di Naria e Adriano poteva annusare l'aura di sospetto attorno a quella donna che tanto gli assomigliava quanto lo soffocava. Sarebbe stato semplice sbraitare, dire a quella strega che la loro collaborazione gli avrebbe causato solo innumerevoli problemi e che non sarebbe mai potuto andare a casa con dei fogli di rune da imparare perché sarebbe stata una condanna. Ma erano pur sempre fatti suoi. E poi cosa avrebbe potuto capirne?
"Quindi rimarremo qui a fissarci nelle palle degli occhi finché non mi dici qual è il problema?"
"Non so quale sia il tuo di problema".
"Riformulo. Rimaniamo qui a fissarci nelle palle degli occhi finché non capisci quale sia il problema. Sono disposta a farlo se mi assicuri che arriviamo a una. Non ho niente da fare, a parte studiare, ma non l'avrei fatto comunque. Posso sempre farti piovere addosso qualcosa quando ti distrai".
"Chan, stai esagerando" la redarguì con un sospiro Pallia. "Lascialo respirare".
"Lascialo respirare? Non abbiamo concluso nulla. Il mio voto dipende anche da come lavora lui. Alla faccia del lavora bene sotto pressione. Un paio di palle".
"Andiamo a fare quattro chiacchiere" rispose seccata Pallia alzandosi in piedi e prendendo il braccio di Chanej. Stranamente per quando Adriano si sarebbe aspettato la ragazza non si oppose e si alzò in piedi seguendo Pallia sul balcone della cucina. Dietro le tende divennero solo due figure sfocate. Fu allora che si accorse di Ibrahim che lo guardava come si guarda un bambino problematico.
"Non mi guardare così, lo sai che è colpa sua".
"Il problema è proprio che continuate a cercare di incolpare l'altro senza cercare un punto d'incontro. Io e Pallia ci siamo riusciti perché abbiamo cercato un compromesso. E scommetto che anche Livia e Tibu stanno lavorando senza problemi".
"Tu e Pallia avete trovato un compromesso nello stanzino delle scope alla festa di compleanno. Altro che". L'amico rimase per un secondo senza parole prima di ribattere. "Al momento non c'entra. Nella vita non ti troverai davanti solo persone che ti piacciono. E poi nemmeno stai facendo mezzo sforzo per andarci d'accordo".
"Perché ha deciso lei tutto. Non mi ha nemmeno chiesto di scegliere l'argomento".
"Avresti potuto pensare anche tu a proporne uno, non ti pare? Hai cinque anni forse? Capisco davvero che tua madre ti faccia il lavaggio del cervello ogni tanto, e sinceramente la cosa disturba anche me, ma non potrai vivere sempre soffocato da lei. Nascondi le fotocopie in un libro di termodinamica e vedrai che non noterà nulla".
Odiava quando la gente attorno a lui trovava delle soluzioni così semplicistiche a dei problemi molto grandi in una vita che non era nemmeno la loro. Ma odiava ancora di più pensare che probabilmente se avesse seguito il suo consiglio l'avrebbe passata liscia, se solo non fosse stato così terrorizzato dalle persone che vivevano nella sua stessa casa. Si sarebbe probabilmente tradito da solo.
"Per te questa cosa è un problema di seconda mano" mugugnò, asciugandosi dell'acqua dai capelli con un fazzoletto di stoffa recuperato dalla tasca posteriore dei pantaloni.
"E non ci posso fare niente. Per quanto io mi possa sforzare di mettermi nei tuoi panni non posso vivere la tua vita. Poi lo vedo che ti fa paura parlare con Chanej, guarda che è una persona capacissima di capire un problema. Vuoi cambiare argomento? Chiediglielo!"
"Glielo ho appena chiesto!"
"No, l'hai accusata di non aver pensato che tu potessi voler fare qualcosa di diverso. È totalmente un'altra cosa, e lo sai benissimo".
Le strigliate di Ibrahim erano difficili da tollerare, ma niente in confronto a quelle di Cato, con la sua voce pacata e la lista di cosa che avrebbe potuto fare per risolvere il problema sottomano, come un bravo ingegnere. La sua calma ineffabile e la comprensione lo facevano sentire ancora peggio. Ibrahim non aveva quel tipo di tatto, preferiva parlare direttamente e dirgli in faccia che si stava comportando come un idiota. Oltre a venire da una famiglia soffocante, però, Adriano aveva anche il problema di essere orgoglioso. Avrebbe dovuto digerire la questione, dormirci sopra, ma non poteva farlo. Non aveva questo lusso. La portafinestra della cucina si aprì cigolando e le due streghe rientrarono, infreddolite. Pallia sorrideva e teneva una mano sulla schiena di Chanej, come se avesse appena finito di consolarla o redarguirla. Chanej aveva le braccia incrociate e il viso di chi ha appena digerito un'amara verità. I loro sguardi si incrociarono e la ragazza disse, ancor prima di tornare dal suo lato del tavolo per sedersi "Scusami". Il sorriso di Pallia si fece ancora più ampio mentre tornava a sedersi, soddisfatta del suo operato. "Ora potreste tornare a essere due persone adulte e lavorare come si confà a due adulti?". Nessuno dei due rispose ma Adriano vide che le guance della strega erano rosse, e si concesse il dubbio che fosse vergogna la sua, per come si era comportata, oltre al freddo.
"Mi dispiace non averti chiesto di cambiare argomento".
"Non fa niente. Basta che ne decidiamo uno. Tu dimmi cosa vuoi fare e ci lavoriamo, punto e basta". Adriano stava per rispondere, quando il telefono appoggiato sul tavolo, poco lontano dalla sua mano, iniziò a vibrare. Prima di prenderlo si rese conto che non era il suo, ma quello di Chanej. La parola "Mamma" iniziò a lampeggiare sullo schermo, chiara su uno sfondo scuro. Fece per passarlo alla ragazza, ma la sua mano fu rapida e rapace e prese il telefono prima che potesse iniziare a vibrare una seconda volta. Per una frazione di secondo vide il panico dipingersi sul viso di Chanej, gli occhi spalancarsi, la bocca annaspare un attimo mentre la ragazza si dimenticava di tutto e di tutti e rispondeva al telefono senza pensarci due volte. Era un'espressione che gli fece passare i brividi sulla nuca, stranamente familiare. Rispondendo, la ragazza si allontanò di nuovo in cucina, ma dal silenzio che si creò in soggiorno, Adriano capì che tutti stavano comunque ascoltando. Soprattutto Pallia, che non aveva mai fatto davvero calare l'attenzione. Ibrahim la guardò con fare interrogativo e lei non rispose, facendo cenno con la mano di lasciar perdere. Abbassò lo sguardo sulle fotocopie che aveva rifiutato poco prima ma senza leggerle. Voleva ascoltare. Chanej aveva abbassato la voce, ma questo non era abbastanza per non farla sentire, dato soprattutto che la persona dall'altro lato della chiamata aveva deciso di alzare la voce.
"Mamma, sto studiando. Non posso tornare adesso. Come no? Certo che sto studiando, cosa sarei qui a fare se no?". Seguì una pausa angosciosa durante la quale Chanej provò a prendere parola un paio di volte, prima di intromettersi nel discorso dell'altra. "Torno per cena, come al solito. Se mi volevi in negozio potevi dirmelo ieri sera invece di saltare fuori adesso con questa storia. No, non me ne frega niente". La voce sembrò non apprezzare questo tipo di trattamento e il volume aumentò. "Allora ciao. Fai come vuoi, come sempre". La voce urlò ancora per due secondi prima che Chanej chiudesse la chiamata e imprecasse a mezza voce. Tornò al tavolo e sbatté il cellulare in borsa. "Scusate il teatrino".
"Non ti preoccupare" rispose automaticamente Adriano, sentendosi indirettamente coinvolto nella questione. Più che imbarazzata dalla scena, la strega sembrava averne semplicemente abbastanza, come tante volte era successo a lui. Dall'altro lato della chiamata avrebbe potuto esserci sua madre e non sarebbe cambiata di una virgola la scena. "Allora, su cosa lavoriamo quindi?"
"Pensavo che magari potessimo lavorare sulle leggi di introduzione dei magici nelle diverse professioni normate. Alcune sono ancora del tutto precluse. È un argomento interessante da un certo punto di vista".
"Per rimanere in linea con la tua idea di normalità umanocentrica?"
"No - rispose indispettito - perché è qualcosa che vi riguarda ma che pertiene anche il mio ambito di studio. Un po' per uno non fa male a nessuno". La ragazza annuì. "Quindi ho ritirato tutta questa roba in biblioteca per nien-". Il telefono iniziò a vibrare in borsa, interrompendola. Alzò gli occhi al cielo e pescò il telefono solo per rivedere il numero di sua mamma lampeggiare sullo schermo. "Non ti preoccupare se devi rispondere".
"Non voglio rispondere" sbuffò rimettendo il telefono da dove l'aveva preso, lasciandolo vibrare fino a che, dopo un minuto lungo come l'eternità, non si fermò. Ma non a lungo, dato che riprese immediatamente. Chanej allungò la mano e girò il telefono a faccia in giù. Se solo lei fosse stata un umano maschio coi capelli più lunghi, Adriano avrebbe potuto quasi temere di star guardando il suo riflesso in uno specchio.
"Vorrei avere io il coraggio di fare così ogni tanto" si lasciò sfuggire.
"Il coraggio di essere un figlio ingrato?" chiese lei alzando lo sguardo dal telefono ai suoi occhi. Poté vedere che era chiaramente preoccupata, le mani tese e artigliate l'una contro l'altra in uno sforzo di opporsi alla necessità di rispondere immediatamente, inculcata nel cervello a furia di urla e recriminazione. Era come essere assuefatti a qualche sostanza stupefacente, senza tutto il divertimento incluso. Era solo paura di quel che sarebbe potuto succedere se non avesse risposto.
"Anche"
"Prima di farlo assicurati che non possa diventare peggio di così, se no è una decisione di merda" rispose con un mezzo sorriso amaro. "Anche tu hai una madre che rasenta lo psicotico? Spiegherebbe molte cose".
"Si vede così tanto?"
"Lo nascondi meglio di me, per lo meno" sbuffò.
"Solo perché la mia non ama chiamare al telefono. È un tipo di fastidio diverso il suo"
---
Buonasera a tutti gli strighi e streghe! Grazie di essere passati da qui anche questa settimana, mi fa sempre piacere vedervi!
Fun fact: Cave Magam inizialmente non doveva avere così tanti punti di vista, ma è stata una scelta naturale durante la stesura del romanzo, cosa che ha completamente stravolto non la trama ma il modo in cui viene presentata. Penso sia stata una buona scelta :) e poi è bello poter esplorare come occhi diversi vedono il mondo. La visione di Adriano è completamente diversa da quella Kizia o di Cato, ed è proprio questo il bello!
Alla prossima!
- Fraffen
[EDIT] Scopro ora, lunedì 5 luglio AD 2021, che Wattpad ha rimosso la pubblicazione di questo capitolo, avvenuta venerdì. E niente, wattpad ripijate che è la quinta volta che succede e mi stanno fiorendo le botte nei grissini.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top