CAPITOLO 28 - Un villaggio... da incubo!


"È apparso un frammento!" esultò Niko. "Finalmente!"
Jarelyne si avvicinò e prese la mappa in mano. "Meraviglioso. Allora la magia di Kaya ha funzionato."
"E adesso che facciamo?" domandò Jan. "Lo andiamo, tipo, a cercare? Coma una caccia al tesoro?"
Axel si issò lo zaino sulle spalle. "Esattamente. Andiamo, prima troviamo i frammenti e prima ricomponiamo la pietra."
"E prima torniamo a casa." finì la frase Jasmina.

Presero tutti lo zaino e uscirono sbattendo la porta. Questa rischiò di staccarsi, ma cigolò e rimase attaccata allo stipite. Jarelyne si coprì il viso col cappuccio del suo mantello verdognolo e si diressero tutti verso nord-ovest.

"Quindi, amici miei,," attirò l'attenzione su di sé Jarelyne scrutando la mappa, "il frammento della Rotra Hol si trova vicino ad un villaggio. Non è molto lontano, ma nemmeno così vicino. Forse arriveremo in un paio d'ore."
"Wow, sei davvero specifica." brontolò Jan.
"Non importa quanto si cammina, l'importante è trovare i frammenti della pietra che qualcuno ha rotto! Quindi non lamentarti! E poi, non sei tu lo sportivo, qui?" disse Katja, dando un pugno sulla spalla al cugino. Questo le rispose con uno schiaffo sul braccio.

Continuatono a camminare tra gli arbusti, gli alberi e gli insetti che ronzavano intorno alle loro teste non dandogli tregua. A volte qualcuno si impigliò in qualche cespuglio o quasi inciampò su una radice. Ad un certo punto dovettero mettersi in fila indiana e sorpassare un tratto dove i rami degli alberi erano molto bassi. Niko piegò un ramo per poi mollarlo direttamente in faccia ad Axel. Questo imprecò e dovettero fermarsi ben dieci minuti a cercare gli occhiali del ragazzo che erano volate dal suo naso direttamente in un mucchio di cespugli e ortiche.

Trovati gli occhiali, procedettero ancora mezz'ora tra le lamentele di Jan - gli si era irritato il braccio per colpa delle ortiche - e le richieste di acqua di Niko. Le ragazze camminavano più lentamente e si fermavano a osservare qualche fiore selvatico che Jarelyne descriveva, perciò i ragazzi ogni tanto dovettero aspettarle. Grugnivano stufi delle "pause floreali", del caldo e della strada troppo lunga.
"Quindi tu quante volte ritorni a casa?" chiese Katja a Jarelyne durante una delle pause.
"Circa ogni novilunio. Sono da Kaya da quattro mesi, ormai." rispose. Spiegò la mappa e diede un'occhiata alla lucina. Erano vicini. Più si avvicinavano, più la luce e l'energia dei frammenti della Pietra Portale fusi con la mappa si facevano forti.
Axel li raggiunse. "È un bene, no? Rivedi la famiglia."
Jarelyne si strinse nelle spalle. "Non direi. Non so nemmeno se a mio padre importa qualcosa di me. Ho un fratello maggiore che erediterà il trono dopo mio padre, perciò si concentrano tutti su di lui. Io sono probabilmente solo una cosa in più che gli porterà denaro, terre o alleanze con il matrimonio. Non parliamo quasi mai, pensa sempre ad altro, e adesso mi manda via senza guardie." Fece spallucce e continuò: "Probabilmente di me importa solo a Kaya e a poche persone nel castello."

"Oh," sospirò Jasmina, "mi dispiace."
La principessa rise. "Tranquilla, non deve dispiacerti, di solito funziona così. L'uomo della famiglia decide tutto, noi donne dobbiamo ascoltare e parlare solo se interrogate. Serviamo solo per dare all'uomo dei figli."
"Come riesci a vivere così?" chiese arrabbiata Katja. "Non ti da fastidio? Le donne hanno il diritto di essere dello stesso valore dell'uomo!"
"Io sono stata educata così già da piccola. Non mi fa nessuna differenza."
"Beh, allora qui le cose cambieranno!" disse Niko e avvolse una mano intorno alle spalle di Jarelyne. Questa all'inizio si irrigidì, poi lentamente si rilassò. "Ti insegneremo a vivere come una persona normale." Guardò insù, come se guardasse verso l'orrizzonte imitando gli attori nei film.
Lei rise. Si sentì così bene in loro compagnia. Qui non era più la principessa. Qui lei era Jarelyne. Jara. "Grazie, amici. Apprezzo molto la vostra gentilezza."

Passarono altre due ore e i ragazzi scorsero in lontananza un grande villaggio, quasi una piccola città. Le case erano fatte di pietra o di legno, alcune avevano il tetto di paglia e si sentiva il ragliare degli asini. Una strada fangosa entrava in città. In giro c'erano donne e uomini che parlavano o lavoravano, i bambini giocavano e i carri pieni di botti e altro passavano per le strade. Intorno alla città c'erano campi coltivati e grossi alberi. In mezzo al villaggio c'era un pozzo.
"Bellissimo!" gridò Niko, lanciando i pugni in aria. "Adoro queste vacanze!"

"Questa è il villaggio di Otthau, fa parte dell'Impero di Kamoria." lesse Jarelyne sulla mappa. "E il frammento dovrebbe trovarsi dall'altra parte del posto."
"Bene. Entriamo?" chiese Axel e si mise in marcia verso il villaggio. Gli altri lo seguirono.
"Non vedo l'ora di scoprire come si vive da contadino." disse eccitata la principessa. "Passare tutto il giorno all'aria aperta, giocare con gli animali.... e poi c'è tutta questa pace! Dev'essere bellissimo!"

Avvicinandosi al villaggio vennero subito innondati da un fetore nauseabondo. Si tapparono subito il naso, per la puzza mefitica veniva da piangere a tutti.
"Che odoraccio!" disse schifata Jasmina.
"Ma che cos'è?" Jan scacciò delle mosche dal viso.
Dal recinto vicino alla strada, un contadino si mise a ridere e si appoggiò alla zappa. "Questa è merda di vacca, figliolo. Che ci fanno dei cittadini come voi in questo buco?"
Un bambino, probabilmente il figlio del contadino, indicò Jan e gridò: "Ma come siete vestiti? Siete venuti forse a farci divertire, pagliacci?" Gli mancavano i due incisivi centrali e, sorridendo, gli si vedeva metà palato.
Jan si scaldò. "Pagliaccio a chi, moccioso?" sibilò con il naso chiuso, facendo assomigliare la sua voce a qualcosa di molto esilarante.
Il ragazzino gli mostrò la lingua e corse via sghignazzando.

Entrarono nel villaggio con il naso ancora tappato, sperando che l'odore se ne sarebbe andato, ma non fu così. Certo, puzzava molto meno, ma lì il brutto odore campeggiava ovunque.
Jarelyne guardò preoccupata Katja. "Non mi aspettavo qualcosa del genere. Come riescono queste persone a vivere in questo posto maleodorante?"
"Col tempo ci si abitua." spiegò Axel e diede un'occhiata in giro. "Loro non sentono nulla ormai."

Da lontano il villaggio sembrava messo molto meglio. Molte case erano mangiate dai tarli - o erano semplicemente mezze sfasciate - e non avevano la porta. I recinti degli animali erano costruiti da una semplice corda lercia o da pezzi di legno ormai troppo fradici e gli animali zampettavano in giro, sporchi puzzolenti e, alcuni, feriti. Il terreno era sporco di feccia animale e pozzanghere di acqua lercia. O almeno, si sperava fosse acqua. Le persone non erano messe al meglio. I bambini indossavano solo uno straccio come vestito e i contadini erano tutti sfiniti, bruciati dal sole e coperti di sporco e sudore. Uno mangiava una mela avizzita con le mani sporche di - si spera - fango. Le donne erano tutte sudate e portavano l'acqua nelle case con dei secchi malandati dai quali scappava l'acqua del pozzo. Alcune portavano dei cesti pieni di vestiti bagnati ma strappati - stavano tornando dal fiume dopo aver lavato gli unici vestiti che potevano permettersi. Alcuni li guardarono con occhi supplicanti, chiedendo denaro o qualcosa da mangiare, altri con avidità. Ma nessuno si mosse, tutti troppo sfiniti per colpa del caldo, del lavoro e della vita.
I ragazzi guardavano il villaggio consumato dalla povertà, scioccati.
"Già, è davvero bellissimo." disse sarcastico Jan, lanciando un'occhiataccia a Jarelyne.
"Perdiana..." sussurrò Jasmina.
Niko e Axel si scambiarono un'occhiata, Katja invece guardava un cane abbandonato tutto pelle e ossa rannicchiarsi sotto una scatola.
La più scioccata, invece, era Jarelyne. "Che cosa..." bisbigliò. "Per gli dei, che succede qui?"

Un contadino Elfo, che passava di là, si fermò. Scrutò i ragazzi e fece una smorfia. "Che succede qui? Il nostro villaggio è povero, ecco che succede."
Jarelyne balbettò: "Ma io... io pensavo che... Mio padre diceva sempre che le persone vivono bene ovunque sotto l'Impero di Kamoria... Che l'impero è ricco... Come può essere possibile che un villaggio sia povero?"
L'uomo rise. "Si vede che vieni dalla plas*, ragazzina. Qui soffriamo tutti la fame. Io mi spacco la schiena per portare a casa del pane raffermo alla mia famiglia. Mia moglie si spezza le gambe ogni giorno portando il misero frutto del nostro lavoro fino alla città più vicina per venderlo per pochi soldi. Penso proprio che tuo padre sia un bugiardo bello e buono." disse con voce roca.
Lei lo guardò con gli occhi sgranati. Le veniva da piangere. "Non è possibile... Io pensavo che il re..."
"Il Real è una merda." disse un vecchio poco distante. "Non si avvicina neanche di striscio. Non gli importa niente di noi persone che gli portano denaro sul quale poi lui si rotola. Non gli importa niente. Ma dopotutto, non posso biasimarlo. Nemmeno io mi fregherei di un villaggio povero dove gli abitanti muoiono di fame o subiscono gli attacchi di animali selvaggi, briganti o soldati egoistici ogni secondo giorno. Tanto, un villaggio più, un villaggio meno, il denaro nel suo forziere rimane."
Jarelyne non riusciva a credere alle proprie orecchie. Suo padre, il Real di Kamoria, l'uomo più potente della regione, odiato dal popolo. "Ma i cittadini..." provò a dire, ma venne di nuovo interrotta.

"I cittadini sono dei ricconi che non sanno cosa significa vivere con la paura di non poter portare a casa del cibo per la famiglia. È ovvio che supportino il re, sono esattamente come lui - pensano solo al denaro e alla comodità del proprio culo. E scommetto che l'intera famiglia reale Host e tutti in quel castello sono fatti della stessa pasta. Se qualcuno organizzasse una rivolta penso che l'intero villaggio parteciperebbe." Il vecchio si allontanò zoppicando. I ragazzi guardarono la gamba e la videro avvolta in luridi stracci una volta bianchi. Erano impregnati di un liquido rosso - sangue.

I ragazzi restarono di nuovo soli in mezzo al povero villaggio. Alcune persone li scrutarono, un uomo estremamente magro sedeva in una viuzza, la testa a penzoloni. La voltò lentamente per guardare un gatto spelato passare, poi ritornò a guardare a terra.
"Mio padre mi aveva mentito... sempre..." sussurrò la principessa. "Io odio i bugiardi.... e mio padre è uno di loro." Le lacrime iniziarono a prendere forma nei suoi occhi. Una le scappò giù per la guancia, scintillante come una perla, cadendo a terra e mischiando la propria purezza con la sporcizia.
Axel la prese per la spalla. "Andiamo. Cerchiamo il frammento."

Attraversarono il villaggio cercando di non guardare i senzatetto che tendevano le mani per chiedere un po' di aiuto. Camminavano spediti cercando di non cadere sul terreno scivoloso, raggiungendo finalmente l'altra parte del caseggiato. Notarono che più si avvicinavano al frammento, più il potere della Pietra Portale fusa con la mappa rispondeva. Il puntino sulla mappa si illuminava sempre di più.

Poi lo trovarono. In un mucchio di terra a destra della strada c'era una debole luce lampeggiante. Votarono a chi toccava infilare la mano nello sporco per tirarne fuori il frammento. Jan, dopo molte smorfie e versi disgustati, lo tirò fuori.
"Fantastico! È proprio il pezzo!" gioì Katja.
"Già, fantastico...." disse Jan trattenendo un conato di vomito. "Mica ci hai infilato tu la mano, lì dentro!"
"Bene! Adesso cosa facciamo?" chiese Niko. "Torniamo a casa?"
Ma a rispondergli non fu nessuno di loro.

"Che ne dite se prima parliamo un po'?"

VOCABOLARIO

*plas = lett. città

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