Capitolo 18
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Gli ultimi giorni sono volati. Il tempo si è come dimezzato, dopo quell'incontro con Noah, dopo che stavamo per baciarci.
Ho continuato con le lezioni, con l'unica eccezione che Noah si è portato dietro anche Buck. Non che mi abbia dato fastidio, anzi. Grazie ai loro consigli coordinati sono migliorata tantissimo in appena tre giorni.
Ma speravo di poter riuscire a parlare con Noah di quello che è successo. Be', di quello che non é successo. Ma lui non era mai disponibile: ogni volta che finivamo con le mie lezioni, lui si catapultava immediatamente dall'altra parte della spiaggia per allenarsi.
Sono arrivata alla conclusione che non ha voglia di parlarmi, forse perché per lui non c'è niente di cui discutere, per lui non ha significato nulla. É stato solo un momento di debolezza.
Non voglio fargli vedere quanto, invece per me, sia stato importante, quanto il mio cuore ha battuto veloce al solo pensiero di assaporare le sue labbra.
Non voglio rendermi ridicola, né stupida. Quindi mi costringo a metterci una pietra sopra, a non pensarci più.
E, questa sera, si è presentata l'occasione perfetta per distrarmi e smettere di rivedere continuamente i suoi occhi.
Stormie mi ha mandato un messaggio piuttosto dettagliato in cui spiegava che vari sponsor hanno organizzato una serata per giovani talenti del surf.
Non che io mi senta un giovane talento, ma Stormie mi ha praticamente costretta a partecipare e non me la sento di darle buca all'ultimo minuto.
Quindi mi alzo dal letto e mi trascino in bagno. Resto sotto il getto d'acqua calda per un tempo incalcolabile, ma ho bisogno di liberare la mente. Di cancellare ogni pensiero che mi blocca il respiro e fare tabula rasa.
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Un'ora più tardi, il rumore del pick-up di Maila diventa un rombo incessante sotto casa dei nonni. Mi precipito fuori senza neanche guardarmi un'ultima volta allo specchio. Saluto in fretta i miei genitori e corro dalle mie amiche.
«Abbiamo una notizia fantastica!» esclama Stormie non appena mi chiudo la porta dell'auto alle spalle.
Le guardo un attimo confusa, ma ormai le conosco bene e un attimo dopo stiamo già ridendo.
«Stamattina mio fratello è passato al Comitato e ti ha iscritta alle regionali» cinguetta Maila senza mai smettere di sorridere.
«Grazie» sono un po' imbarazzata, ma soprattutto grata.
«Ormai fai, ufficialmente, parte della squadra» dice Stormie, accendendo la radio e cominciando a cantare a squarciagola. Non azzecca neppure una nota, stonando completamente la melodia di Espresso, ma non ho il coraggio di farglielo notare. Maila non la smette più di ridere.
Io invece mi abbandono con la testa sul sedile, a guardare le alte palme scorrere fuori dal finestrino e penso di dover essere felice per aver trovato amiche come loro.
Arriviamo nel luogo della festa mezz'ora più tardi. É un'enorme riserva circondata dalla vegetazione e allestita con numerosi tendoni bianchi e lucine.
Gli australiani hanno un modo tutto loro di organizzare feste, penso.
Però, rispetto alla festa sulla spiaggia dove si respirava un'atmosfera più intima, qui sono stati montati enormi schermi su cui si susseguono le pubblicità dei vari sponsor: costumi da bagno, attrezzature e, ovviamente, tavole da surf.
Le mie amiche si guardano attorno estasiate: per loro è un'occasione unica per farsi notare, parlare con la gente che conta. E io sono qui per aiutarle o, almeno, non rovinare tutto.
Per i primi minuti restiamo tutte e tre pietrificate, non sapendo bene dove andare o con chi parlare, finché un uomo ci viene incontro.
«Stormie Gibson?» chiede, indirizzato alla bionda. Lei storce un attimo il naso, ma si rilassa quando l'uomo si presenta. «Salve, mi chiamo Mike Jacobs, sono un fotografo. Stavo cercando modelle per il mio prossimo numero che andrà in stampa giusto in tempo per l'inizio delle regionali. Vorrei fare qualche scatto per conto della Surfer Young Talent. Ti andrebbe di discuterne?»
Stormie non risponde e la sue labbra compongono una minuscola 'o' di sorpresa, ma vedo la sua espressione ed è senza dubbio al settimo cielo. Annuisce e si allontana, spinta da Maila che, se possibile, è ancora più felice.
«É qualcosa di grosso, giusto?» le domando.
Lei ride, rivolgendomi uno sguardo stranito come se venissi da Marte. «La Surfer Young Talent è una delle agenzie più importanti di tutto il Queensland. Si occupa dei propri atleti sotto ogni aspetto: social, campagne pubblicitarie, shooting. In molti casi mette a disposizione le attrezzature e si occupa delle spese per le gare».
«É decisamente qualcosa di grosso» ribatto.
«Vado a cercare Buck, vieni con me?» Maila ha ancora il sorriso sulle labbra, ma il mio cala all'istante. Se Buck é qui vuol dire che anche Noah sarà da qualche parte, probabilmente con l'amico. E non ho alcuna voglia di vederlo. Mi ha ignorata con tanto impegno che ora voglio ricambiargli il favore.
«Prendo qualcosa da bere» dico una mezza verità: non voglio rischiare di incontrarlo, ma ho anche improvvisamente sete.
«D'accordo, ci vediamo dopo» anche Maila si allontana, ma decido di cercare il tavolo dei rinfreschi solo quando la vedo confondersi tra la folla, i capelli scuri che si muovono al vento come onde di cioccolato fuso.
Mi tocca destreggiarmi tra tavolini e gente che discute di surf con una precisione che non eguaglierò mai. Quando raggiungo il punto dei rinfreschi, mi verso una limonata, beandomi della freschezza e di una leggera nota acidula.
«Invitano proprio tutti a queste feste, eh?» una voce odiosa mi si avvicina. Non mi serve voltarmi per capire che è Courtney, l'arpia bionda. Accanto a lei, Jessie sembra quasi imbarazzato mentre mi rivolge un sorriso.
«A quanto pare si» assottiglio gli occhi e affino la voce, per farle capire che la frecciatina è rivolta anche a lei.
La bionda sembra sul piede di guerra, pronta ad incenerirmi con le parole, ma Jessie per fortuna è più veloce. «Lascia stare, Court».
Lancia uno sguardo truce anche a lui, poi si allontana senza degnarsi neanche di salutare.
«Quando si dice 'se uno sguardo potesse uccidere'...» commenta lui, facendomi dimenticare all'istante il brutto incontro con Courtney.
«Perché ce l'ha tanto con noi?» chiedo quasi di getto, incapace di capire tutto questo astio.
Jessie scrolla le spalle. «É fatta così, non darle retta» si versa anche lui da bere, succo alle more. «Ci pensi, siamo come Romeo e Giulietta. Le nostre squadre si odiano a morte...»
«Hai davvero letto Romeo e Giulietta?» domando di slancio, incuriosita e sorpresa.
Lui ride. «Non proprio, ma ho fatto qualche ricerca su Internet» fa una pausa, come per valutare la mia espressione. «Ho fatto colpo o é stato un totale fallimento?»
Mi abbandono ad una risata. «Apprezzo la sincerità» i suoi occhi sono gentili, a metà tra il verde e il dorato. Penso che non ho mai visto occhi simili a Boston. É qualcosa che capita soltanto in Australia.
«É già qualcosa» mi versa un altro po' di limonata. «Dovresti venire a Silicon Bay ogni tanto».
«Ed entrare nel territorio nemico?»
«Ti proteggerei».
Le sue parole mi scaldano il cuore, ma si mette immediatamente a nevicare quando vedo Noah camminare a grandi passi verso di noi.
Barcolla, come se fosse... ubriaco.
«Che stai facendo, Jessie?» la sua voce é dura, lo sguardo tagliente.
Jessie si volta, ma non sembra aver paura di lui. «Sto parlando, a te cosa sembra?»
Non devono piacersi molto.
«E allora smettila subito».
«Perché? Ti do fastidio?» Jessie assottiglia gli occhi, sfidandolo. E non è un buon segno.
«Esattamente, come un sassolino nella scarpa» ringhia Noah.
Vorrei intervenire e dirgli di smetterla, ma i suoi occhi non sembrano neanche avermi vista. Per fortuna, Jessie decide di essere una persona civile e responsabile e ripone il suo bicchiere sul tavolino.
Poi, si rivolge a me. «Pensaci, d'accordo?»
Faccio appena in tempo ad annuire, che già si sta allontanando. Resto da sola con Noah.
«Pensare a cosa?» chiede irato.
«Non sono affari tuoi» gli rispondo, facendo per andarmene. Ma lui mi blocca, afferrandomi il polso e costringendomi a voltarmi.
«Ti avevo detto di sceglierti meglio le tue amicizie» soffia ad un passo dal mio viso. Ha sempre il solito profumo di oceano, ma adesso è contaminato da quello soffocante dell'alcol.
«Si, forse dovrei iniziare a farlo» butto fuori. Se vuole giocare a chi è più arrabbiato, dovrà prepararsi ad una grande sconfitta. «E lasciami!»
L'espressione di Noah cambia impercettibilmente e allenta la presa, dandomi lo spazio necessario per liberarmi di lui. Ma i suoi occhi lanciano ancora fiamme azzurre, incandescenti e letali.
«Stella...» lo sento chiamarmi, ma gli ho già voltato le spalle. Non ho intenzione di essere il suo giocattolo: prima vuole baciarmi, poi mi ignora per giorni. E adesso questo?
Non posso stare dietro ai suoi sbalzi d'umore. Sarò civile solo finché si tratterà delle lezioni di surf. Almeno, finché non mi spiegherà cos'è che gli frulla in testa.
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