Capitolo 16

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Guardiamo i video di Noah da oltre dieci minuti. Jett elogia la sua tecnica e lo stile pulito. E, per quanto non ne capisca nulla, persino io mi ritrovo a guardare le sequenze come ipnotizzata.

«Torna indietro» dice Maila ad un certo punto slanciandosi in avanti sul divano e puntando l'indice verso lo schermo della televisione.

Jett preme sul telecomando il tasto del rallentatore e le immagini scorrono all'indietro.

«Proprio qui» dice Maila. Il video riprende: Noah si trova nel centro dell'onda, esegue una curva perfetta e velocissima sulla sua cima e la tavola si inclina ma, invece di cadere, ritorna nella solita posizione, piatta contro l'onda che si frange.

«Il cut-back è perfetto» commenta Maila. Jett guarda sua sorella confuso, probabilmente sperava che avesse notato un dettaglio errato che gli era sfuggito. «Perfetto per partecipare anche alla gara a squadre» Maila rivela le sue intenzioni e, istintivamente, Stormie si alza in piedi, tutta contenta.

«Si, MayMay ha ragione!» la sua voce si alza di un tono e Buck si porta ironicamente una mano alle orecchie facendo una smorfia. Ma lei lo ignora. «Potremmo stilare un elenco con tutte le nostre manovre migliori, partendo da questa».

«Non per smontare l'entusiasmo, ma per la gara a squadre servono cinque elementi» informa Noah.

«E tu quante persone conti qui dentro, escluso mio fratello?» Maila si muove freneticamente, come se fosse elettrizzata.

Io, invece, poso lo sguardo da un punto all'altro, finché non mi accorgo che, nella conta, Maila ha considerato anche me.

«É impossibile» commenta Noah, dando parole ai miei pensieri.

«E perché dovrebbe?» interviene la bionda. «Manca ancora un mese alle regionali e Stella ha già iniziato con le lezioni. Se le diamo tutti una mano può farcela. Possiamo farcela tutti».

Le sue parole quasi mi fanno commuovere, ma la risata aspra di Noah rompe il momento.

«Non per fare il guastafeste, ma manca appena un mese» ricorda ad un certo punto Buck. Stormie gli lancia un'occhiataccia che urla: 'Non è il momento di fare il serio, Buck'. E, infatti, lui torna a fissare il soffitto.

«Si, insomma, possiamo provarci» replica Maila con una punta di speranza che le incrina la voce.

«É escluso» Noah rimane fermo sulle sue posizioni.

«Ma cosa vuol dire?» chiedo ad un certo punto, alzandomi dal divano.

«Le regionali saranno divise in due tipi di gare: quelle individuali e quelle a squadra» mi spiega Maila con pazienza. «Finora quegli arroganti della Silicon Bay hanno vinto la gara a squadre tutte le edizioni. Ma quest'anno potremmo dimostrargli che faranno bene a temerci» la crociata della mia amica é giustissima e vorrei davvero stare dalla sua parte, ma non può contare su di me per qualcosa che ha un'importanza così grande.

Noah, d'altro canto, sembra averlo già capito benissimo. «É ridicolo. Gli daremo solo un altro motivo per deriderci».

Gli occhi di tutti si spostano su Jett, che fino a questo momento è rimasto in silenzio.

«Non penserai che sia una buona idea, vero?» domanda Noah.

«Sarebbe bello vincere qualcosa, di tanto in tanto» commenta Jett. Il fratello di Maila non si sbilancia più di tanto, ma Noah lo guarda come se lo avesse appena pugnalato alle spalle.

«É ridicolo» ripete.

Mi rendo conto delle parole che usa Noah e c'è una parte di me che crede che ha perfettamente ragione, ma non posso negare che quello che ha detto mi ha ferita. Anche se é la verità.

«Non posso farlo» dico con la voce che trema. «Non so neanche stare in piedi sulla tavola: ci ho messo più di un'ora per riuscire ad alzarmi senza cadere».

Stormie mi guarda con ancora più intensità. «Lo sai quanto tempo ci ho impiegato io? Un'intera settimana di allenamento costante!»

«Non posso» ripeto. «Finirei per rovinare tutto».

Com'è già successo con Rory, penso.

É colpa mia se mia sorella non è qui: probabilmente sarebbe lei ad occupare il mio posto, a partecipare alle gare. E Noah sarebbe felice di avere lei.

«Non è pronta. E non lo sarà mai» la sua voce é monocorde, senza alcun tipo di emozione.

«Forse è meglio che vado» dico, sbrigandomi a raccogliere le mie cose. «Mi dispiace» mi rivolgo soprattutto a Stormie e a Maila. Sono grata della fiducia che hanno riposto in me, ma non sarò mai alla loro altezza. O a quella di Rory.

Esco dalla casa prima che i miei amici possano vedermi piangere, ma non faccio molta strada. Inciampo e finisco con le ginocchia sulla sabbia. Ed è qui che rimango, stringendomi le gambe al petto.

Mi ritrovo nella stessa posizione del sogno di questa mattina, quello in cui Rory mi raggiungeva sulla spiaggia e mi diceva che era fiera di me.

Mi manchi così tanto, Rory.
Mi dispiace.

Le lacrime cadono copiose, bagnandomi il viso e il collo. Vorrei che mia sorella fosse qui, anche solo per un abbraccio. Mi stringo le mani alle spalle, consapevole che non è, neanche lontanamente, la stessa sensazione.

Ma ho bisogno di non crollare. Ho bisogno di tenere insieme tutti i pezzi.

Un'ombra si allarga sulla sabbia calda alle mie spalle.

«America...» sento Noah dietro di me. Resta a distanza, ma abbastanza vicino da farmi sentire la sua presenza, il suo profumo. La sua voce mi chiede di voltarmi, ma non ne ho il coraggio. Non voglio che mi veda così, preda della mia ansia e delle mie paure.

Ad un tratto il respiro mi si serra in gola e, per istinto, cerco più aria. Sussulto e mi tremano le spalle.

«Stella, guardami» il suo tono é autoritario, ma le parole mi giungono ovattate, nascoste dalla mia coltre di angoscia. «Stella devi guardami. É un attacco di panico, respira».

«No...» provo a dire, ma ho il respiro spezzato.

In un istante, mi vedo Noah davanti. Le sue mani mi afferrano per le spalle tremanti, costringendomi a mettermi in piedi. Poi, le sue dita mi serrano il viso e non vedo niente che non siano i suoi occhi.

«Respira» mi dice.

Sono così azzurri, penso. Come l'oceano.

Assecondo il ritmo del suo respiro. Dentro e fuori. Finché l'ansia si dissolve, finché torno me stessa.

«Mi dispiace» riesco solo a dire. Noah ha ancora le sue mani sulla mia pelle. Sono calde, eppure mi mandano gelidi brividi lungo tutta la schiena.

«No, non devi».

«Mi dispiace» ripeto, forse più a me stessa che a lui. «Non sono mia sorella».

«No, non lo sei» lo sguardo di Noah é intensissimo. «Non voglio che tu lo sia».

Fa un respiro, come se si stesse preparando a dire qualcos'altro. «La verità è che non penso davvero quello che ho detto. É vero, sei caduta molte volte stamattina. Ma eri spaventata, rigida, io mi sono accorto che avevi paura dell'oceano».

Se n'è accorto, ripeto nella mia testa. Avrei dovuto essere sincera fin dall'inizio, con lui e con me stessa: questa non è la mia strada, non è il mio posto.

Sto per dirglielo, perché non voglio che sia lui a farlo, ferendomi ancora di più. É sempre orribile quando sono gli altri a dirti che non vali nulla, a dirti che non hai alcuna possibilità di farcela.

Sto per aprire la bocca, ma Noah mi precede. «Poi, però, ti sei lasciata andare. L'hai accolto, l'oceano, invece di respingerlo. E sei stata perfetta. Perfetta, America».

I suoi occhi sono ancora puntati sui miei. Una distesa infinita di un oceano infinito. Riesco a percepirne ogni sfumatura: turchese, cobalto, blu. La superficie cristallina e il fondale ancora inesplorato. Sono vicinissimi.

«Aurora era brava, ma tu hai il talento» continua, ad un soffio dal mio viso. «Forse in un mese non riuscirai mai ad imparare tutte le manovre, ma se continui a fidarti di te stessa avrai una possibilità. Tutti noi l'avremo. Io lo so. Mi hai detto di farlo per Rory, ed eccomi qui. Ma io ti chiedo di farlo insieme».

Non riesco a respirare, ma non è un attacco di panico. Noah è così vicino che a malapena riesco a distinguere i suoi occhi dal cielo. E, se possibile, si avvicina ancora di più. Il suo profumo è inconfondibile e mi inebria la mente.

Le sue labbra sono a pochi centimetri dalle mie, da me. Riesco quasi a sentirne il sapore. Sale, menta e lacrime. Oceano puro.

Ho paura che le gambe, come il cuore, mi cedano. Ma, in verità, non vedo l'ora che lo facciano. Non vedo l'ora di abbandonarmi completamente a lui.

É solo questione di un secondo...

«Ragazzi, tutto apposto?» la voce di Buck risuona come una campana. Noah si allontana immediatamente, portandosi via tutto il calore e lasciando il mio corpo a tremare.

Buck scende fino alla spiaggia, ma siamo già lontani quando ci individua. «Restiamo per cena a guardare gli altri filmati, ordiniamo la pizza?»

Noah ha il viso stravolto, gli occhi lucidi. E si limita ad annuire facendo un semplice cenno all'amico.

Io, invece, resto immobile per un tempo che mi pare eterno.

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