Capitolo 15

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Quando arriviamo in spiaggia, gli altri sono già qui. Maila sta finendo di fare riscaldamento in riva all'oceano, Buck sta passando la paraffina sulla sua tavola e Stormie sta parlando con un ragazzo.

Non l'ho mai visto prima, ma sembra avere solo un paio d'anni in più di noi. Ha la pelle scura e i capelli stretti in piccole treccine. Indossa una camicia svasata sopra una maglietta, per cui intuisco che non farà surf. Magari, proprio come me, è stato invitato a guardare.

«Sei venuta!» gli occhi di Stormie si illuminano quando mi vede, correndomi incontro. Poi lancia un'occhiata confusa oltre le mie spalle, dove la figura di Noah proietta una lunga ombra sulla sabbia. «Questa si che è una sorpresa».

Le sue parole attirano l'attenzione di tutti. «Amico!» esclama Buck dando una stretta alla mano di Noah.

«Ma dov'eri finito, Parker?» anche il ragazzo si avvicina.

Noah sorride un po' imbarazzato. «Mi sono iscritto alle regionali».

I ragazzi non gli permettono di dare ulteriori informazioni, che subito si lanciano ad abbracciarlo. Anche Maila, che era rimasta in disparte, si avvicina con un sorriso sulle labbra. «Era ora, Noah» dice con la sua voce dolce.

«Bene, ragazzi» commenta lo sconosciuto battendo le mani per attirare l'attenzione. «Ora mettiamoci tutti al lavoro, abbiamo delle regionali da vincere» si allontana di qualche passo, finendo di sistemare un treppiede sulla sabbia per posizionarci poi una videocamera.

Lo guardo incuriosita, non capendo il suo ruolo.

«Lui è Jett, il fratello di Maila» mi corre in aiuto Stormie che, come sempre, sa capire le mie espressioni meglio di chiunque altro.

«É il nostro allenatore. Non possiamo permettercene uno privato per ciascuno come a Silicon Bay, ma...» dice Maila, ma non riesce a finire la frase.

Buck le si piazza davanti. «Ma gli vogliamo tutti bene, quando non ci fa venire gli occhi di fuori con il reentry».

Gli sorrido, non sapendo minimamente di quale manovra sta parlando. Un attimo dopo sono tutti in acqua e io mi avvicino a Jett, presentandomi.

Ora che lo vedo da più vicino, ha lo stesso colore di occhi di Maila e il suo stesso sorrido dolce.

«Sicura che non ti annoierai, America?» Noah mi sorpassa, entrando con i piedi nell'acqua e reggendo la tavola sotto al braccio. I capelli gli ricadono sugli occhi.

«Ho portato un libro da leggere» gli faccio sapere, lanciando una veloce occhiata alla mia borsa abbandonata sulla sabbia.

«Oppure puoi sempre guardare me» dice sarcastico. Sto per rispondergli, ma si immerge completamente in acqua.

Dopo qualche minuto, i miei amici diventano dei piccoli puntini oltre quella che Jett mi spiega essere la line-up, il punto oltre il quale aspettare le onde.

Mi sforzo di seguire i loro movimenti, ma sono troppo veloci e il sole batte troppo forte, per cui decido di rintanarmi almeno qualche minuto sotto l'ombra. Ma non faccio neanche in tempo a prendere il mio libro che una figura alta e slanciata si avvicina sulla spiaggia.

La riconosco subito, é Courtney. Avanza con il costume addosso, come se fosse la principessa dei mari. Vedermi la sorprende, perché invece di andare dritta da Jett, vira nella mia direzione.

«La dolce sorellina guarda i suoi amichetti surfare» commenta con una voce altezzosa che lascia ben poco margine alle buone maniere e, soprattutto, alle buone intenzioni. É chiaro che si sta facendo beffe di tutti noi.

Fa ancora un passo avanti, scostandosi i capelli bagnati dal viso. Sembra la Venere appena nata dalla spuma del mare, se non fosse per la sua connaturata superiorità. «Puoi anche dire a tutti che non vinceranno le regionali. Stanno solo perdendo tempo».

Se potessi strapparle quel sorrisetto arrogante lo farei, ma mi limito a rivolgerle uno sguardo tagliente. Con certe persone non vale la pena fare la guerra. «Eppure sei qui a valutare la concorrenza. Dubito che a Silicon Bay non ci sia una spiaggia adatta per fare un bel bagno».

La mia reazione deve averla colta di sorpresa, perché solo per un istante la vedo tentennare, non sapendo bene cosa dire. Ma è solo un attimo. «Stai attenta, novellina, l'oceano è pieno di squali».

Mi lancia un ultimo sguardo presuntuoso, prima di continuare per la sua strada. Evito di prestarle ancora attenzione e mi avvicino a Jett che, con mia sorpresa, ha sentito ogni parola.

«Sei stata brava, Stella. Era ora che qualcuno le parlasse in quel modo» commenta.

«Grazie» non riesco a trattenere un sorriso fiero e orgoglioso. Non ho mai avuto degli amici veri prima d'ora, ma sono felice di poter scoprire quanto sia bello condividere qualcosa di importante con qualcuno. E, piano piano, mi sto rendendo conto che è proprio il surf ad unirmi a loro.

~      ~ '

Un paio d'ore più tardi, i ragazzi escono dall'oceano grondanti d'acqua e stanchi dopo la lunga sessione di allenamento.

«Andiamo al Club, come ai vecchi tempi?» chiede Maila a nessuno in particolare, ma Stormie sorride e Buck annuisce.

«Forse è meglio se torno a casa» mi intrometto. Noah è il primo a voltarsi nella mia direzione.

«Non pensarci neanche» dice categorica Stormie. «Vieni con noi».

E così mi ritrovo a seguirli lungo un sentiero sulla spiaggia, delimitato da un cancelletto in legno e lastricato da fiori di ibisco. Alla fine, dalle palme, sbuca la facciata di una piccola casa in legno.

Dentro é molto semplice, ma accogliente. Le pareti sono lasciate al naturale, in quello che credo essere legno di bambù. Spiccano punte di tavole da surf e targhette in plastica con vari motivi, per lo più hawaiani.

Al centro, invece, c'è un divano bianco enorme, un tavolino su cui Buck poggia immediatamente le gambe e un televisore. In fondo, un lungo tavolo in legno e un piccolo frigo. Maila ci si precipita all'istante, prendendo una bottiglietta d'acqua fresca per tutti.

Jett, invece, inizia a trafficare con il televisore, inserendoci una chiavetta blu.

«D'accordo, tutti seduti» annuncia. «Stormie, ti va di cominciare da te?»

«Certo» replica la chiamata in causa.

Buck rimane immobile, sdraiato al lato destro del divano. Maila gli si siede accanto mentre lui, prontamente, le scompiglia i capelli lunghi. Anche Stormie si accomoda, trascinandomi con lei nei posti più a sinistra. Jett rimane in piedi accanto al televisore, mentre Noah si siede nell'unico posto rimasto libero, quello accanto a Buck.

Siamo alle due estremità opposte del divano, eppure sento il suo sguardo posarsi su di me prima di mettersi seduto. La sua presenza che restringe lo spazio.

Le immagini che si susseguono sullo schermo sono quelle di Stormie, riprese poco fa mentre erano tutti in acqua. Compie grandi archi sulle onde, con una tecnica e precisione che riesco a vedere persino io che non capisco nulla di surf. Jett le spiega gli errori o come migliore una determinata manovra e tutti ascoltano attentamente.

Tutti tranne Noah. Gli altri sono troppo concentrati per notarlo, ma io sento il peso dei suoi occhi azzurri addosso, che seguono ogni mio movimento, che percepiscono ogni mio respiro.

Non so quanto tempo passa, ma decido di alzarmi per sgranchirmi le gambe e andare verso il tavolo dove, tra un video e l'altro, Jett ha sistemato ciotole di patatine e panini farciti.

Solo quando arrivo lì davanti mi rendo conto di star morendo di fame. Mi porto alle labbra una manciata di patatine, godendomi per un momento il cibo unto.

Dietro di me, una mano mi sfiora il braccio, affondando nella ciotolina delle noccioline.

«Quante pagine sei riuscita a leggere di quel tuo libro?» chiede Noah. Non so quando l'ha fatto, ma si è tolto la muta, rivelando la pelle abbronzata delle braccia.

«Non molte in effetti».

«Vuol dire che ti sei distratta» ammicca, e sento le guance infiammarsi.

Mangio un'altra patatina. «Si, qualcuno mi ha distratta. Courtney».

«L'arpia bionda?» domanda appoggiandosi al tavolo e addentando altre noccioline. Il modo in cui l'ha chiamata, tutto serio, mi fa ridere e, se possibile, arrossire ancora di più. «Avevo visto che parlavi con qualcuno, ma era difficile distinguere chi fosse da quella distanza» continua.

Vuol dire che, mentre era impegnato a surfare — a non cadere e rischiare di annegare —, ha avuto anche il tempo per guardare nella mia direzione?

«Cosa voleva?» la sua voce mi fa tornare alla realtà.

«Solo spiarvi».

«Spero che tu ci abbia difeso».

«Oh, l'ha fatto eccome» sono così concentrata su Noah che non ho sentito Jett avvicinarsi. «Noah, tocca ai tuoi video» dice un momento dopo, prima di tornare a smanettare con la televisione.

«Brava, America. Sei molto coraggiosa» mi dice ma, forse per la prima volta da quando usa questo stupido soprannome, non lo fa per deridermi. É sincero e io sinceramente con un grosso nodo allo stomaco.

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