Capitolo 13
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Troviamo Stormie nella piccola palestra di Conny Bay. Le ampie vetrate che circondano l'intero edificio lasciano penetrare la luce del sole e ci rendono il compito di individuare Stormie estremamente facile.
Lei è seduta sulla cyclette, con le cuffie alle orecchie e la coda che oscilla ad ogni movimento. É concentratissima, ma non appena smonta dalla cyclette ci vede.
Penso che sia impossibile non vederci, dal momento che ci stiamo sbracciando per farle un qualunque gesto, come se fossimo delle povere naufraghe su un'isola che cercano di attirare l'attenzione di una nave di salvataggio.
Stormie ci corre incontro, sorridendo.
«Che state facendo?» chiede, asciugandosi la fronte con un asciugamano di panno.
«Abbiamo bisogno di te» esordisce Maila. «Siamo alla ricerca di una muta...» la ragazza lascia in sospeso la frase, come se fosse una sorta di codice segreto tra di loro.
E, infatti, Stormie coglie al volo qualunque sia il significato nascosto in quelle parole.
Le guardo perplessa per un momento, non capendo il loro atteggiamento, ma si mettono a ridere entrambe e, alla fine, mi unisco a loro.
«Possiamo passare dal negozio di mio padre» dice dopo un momento Maila. Il Surf Stuff, giusto.
«Dieci minuti e ci sono» commenta Stormie, precipitandosi verso le docce.
Quando la sua coda bionda scompare dentro la porta, mi giro verso Maila. «Cosa voleva dire quello?» chiedo, alludendo al loro scambio di parole tacito e silenzioso.
«Lo vedrai» non vuole rivelarmi nulla, ma mi rivolge un grande sorriso. Perciò, almeno per il momento, decido che possa andarmi bene così.
Una manciata di minuti dopo, Stormie esce dalla palestra con un nuovo completo sportivo e i capelli umidi raccolti in due trecce.
Ripercorriamo la strada a ritroso verso il negozio del papà di Maila, dove questa mattina l'ho vista fare lezione ai bambini.
Il locale è piuttosto piccolo, ma ben organizzato con prodotti che sono sicura di aver già intravisto nella camera di Aurora a Boston. Sul retro del bancone ci sono grandi scaffali a parete che espongono altri prodotti e attrezzature e, accanto, una porta che conduce al ripostiglio, con un cartello plastificato che ritrae il segno dello Shaka.
Appena entriamo, l'anta fa oscillare una cascata di conchiglie sopra le nostre teste.
Maila e Stormie si precipitano dall'altra parte del locale dove, vicino ad un'ampia finestra, c'è un enorme baule di legno. Le seguo in silenzio, guardandole trafficare con la serratura.
Quasi mi aspetto che ne fuoriesca un tesoro luccicante. Invece, ci sono solo pinne, maschere da sub e contenitori di latta come quello di Noah.
«Eccola!» esclama Maila ad un certo punto, tirando fuori una muta di neoprene a strisce rosa e con un grande fiore di ibisco disegnato all'altezza del cuore.
«É stupenda» dico.
Stormie mi guarda sorridendo. «E non è una muta qualsiasi» fa qualche passo avanti, appoggiandosi con il gomito ad un espositore girevole di mute. «Adesso ti raccontiamo una storia».
Maila si abbandona ad una risata. «Non c'è bisogno di farla tanto drammatica».
L'amica fa finta di non sentirla, si porta dietro le orecchie le ciocche fuoriuscite dalle trecce e comincia a parlare. «Io e Maila ci siamo conosciute il primo giorno delle lezioni di surf, quando avevamo appena sei anni. Solo che, all'epoca, i nostri genitori non potevano permettersi tutte le attrezzature necessarie. Quindi noi due abbiamo allestito uno stand di limonata sulla spiaggia e con i soldi ricavati in una settimana abbiamo comprato la nostra prima muta».
A questo punto si intromette Maila. «Ce la siamo scambiata per anni, finché non siamo diventate troppo grandi. Ormai era diventata il nostro portafortuna e, da allora, abbiamo sempre inaugurato ogni nuova stagione di surf comprando una nuova muta insieme».
«Questa l'abbiamo presa l'anno scorso, dovrebbe essere della taglia giusta» dice Stormie, prendendola e appoggiandomela sulle spalle.
Resto in silenzio per un secondo a elaborare quello che mi hanno appena detto «No, non posso. Questa è vostra».
«Si, e noi la stiamo regalando a te» la voce di Maila é dolce.
«Perché ormai siamo amiche» aggiunge Stormie.
Qualcosa dentro di me esplode di felicità e non riesco a controllare le lacrime quando mi bagnano il viso.
«Stai bene, Stella?» Stormie mi si avvicina di qualche passo, preoccupata.
«Si, certo. É solo che non ho mai avuto delle vere amiche, oltre a Rory» svelo.
Maila scoppia a ridere, seguita da Stormie e, quando si uniscono a me in un abbraccio, mi abbandono anch'io ad una risata.
«Ah, sei tu Kaikamahine» il padre di Maila si affaccia dalla porta del ripostiglio con un grande sorriso.
«Ciao papà» lo saluta lei.
«Ho dimenticato i miei occhiali a casa, potresti pensarci tu al negozio finché non torno?»
«Certo» dice. «Mi aiutate, vero?» sussurra un attimo dopo, quando il signor Nui é già scomparso dietro la porta di legno.
Stormie continua a ridere, limitandosi ad annuire.
Neanche cinque minuti più tardi, la porta d'ingresso si apre, facendo tintinnare le conchiglie. Un ragazzo si guarda attorno come spaesato.
«Ci penso io!» esclama subito Stormie, sciogliendosi le trecce e correndo verso di lui.
«É sempre la solita» commenta Maila. Tra le risate non ci accorgiamo che la porta si è aperta di nuovo e una graziosa vecchietta sta zigzagando tra le mute esposte. «Di nuovo la signora Price. Vado da lei a spiegarle per l'ennesima volta che non è un negozio di ferramenta».
Trattengo una risata, ma poi mi rendo conto di essere rimasta da sola dietro al bancone. «Cosa faccio se entra qualcuno?» chiedo a Maila, impanicata.
«Falli attendere, cerco di fare in fretta».
Resto a tamburellare i polpastrelli sulla superficie di legno, mentre Stormie parla col ragazzo di tutto fuorché di surf e Maila raggiunge la signora Price. Prego che nessuno entri dalla porta per i prossimi dieci minuti.
Ma, ovviamente, l'universo non mi ascolta. Le conchiglie tintinnano e una testa bionda fa capolino all'ingresso. Sento un tuffo al cuore e un nodo contorto allo stomaco. É Noah.
Lui si avvicina al bancone, sorpreso di vedermi qui, ma con un sorriso sordonico sulle labbra.
«Ammettilo, America. Comincia a piacerti il surf, non è vero?» noto che, nel frattempo, si è cambiato e ora indossa dei semplici pantaloncini e una canotta bianca che lascia intravedere i muscoli delle braccia. Il suo profumo mi colpisce in pieno. Menta e oceano.
«Forse» dico, ancora con il cuore in subbuglio.
«Stai bene? Stamattina te ne sei andata così».
«Si, certo. É solo che Rory non me l'ha detto e mi hai colta di sorpresa. Tutto qui» dico. Anche se non è 'tutto qui'.
Noah si guarda attorno e posa i suoi occhi blu sulla muta alle mie spalle. «Bene, almeno non vuoi abbandonare le lezioni».
Porto il peso sull'altro piede. «Non mi piace lasciare le cose a metà». Lui continua a fissarmi senza dire nulla, quindi mi sbrigo ad aggiungere qualcosa, qualunque cosa purché non resti in silenzio. «Maila arriverà a momenti».
Finalmente distoglie lo sguardo, per voltarsi appena e cercare Maila. «Non importa, so dove tiene quello che mi serve. E comunque sarà lunga con la signora Price».
«D'accordo, allora prendi quello che ti serve» non voglio sembrare scortese, ma onestamente non vedo l'ora che se ne vada. Ora che lo guardo non riesco a non pensare a mia sorella. A loro due insieme.
Chissà quante volte Rory ha passato la mano in quei ricci...
«É proprio dietro di te».
«Cosa?»
Noah ride, un suono così limpido e sereno, come il mare. «La paraffina, quella X500. É sul ripiano dietro di te».
Imbarazzata mi volto e cerco la cera con gli occhi. Eccola: é un piccolo tubetto con il tappo rosso. La prendo e la posiziono sul bancone. Le nostre dita si sfiorano appena facendomi rabbrividire, quando lui la afferra e se le rigira tra le mani.
«Questa è perfetta per le tavole professionali» mi informa.
Lo guardo con aria interrogativa, poi comprendo il motivo per cui la vuole. «Vuol dire che ti sei iscritto alle regionali?»
«Qualcuno é stato piuttosto convincente» ammicca lui.
«Allora dev'essere una persona molto intelligente» dico, stando al gioco.
«E anche molto americana» commenta alla fine Noah, facendomi ridere.
Poi, mi rendo conto che se parteciperà alle regionali probabilmente non avrà il tempo per allenarsi e continuare con le mie lezioni.
«E questo vuol dire che sarai tu ad abbandonare le lezioni?»
«Assolutamente no. Altrimenti dove lo troveresti un altro insegnante?»
«Credo che quel ragazzo della Silicon Bay, Jessie, potrebbe benissimo farlo. Sembrano così sicuri di sé stessi che non avranno bisogno di tanto allenamento per le gare» commento, ma l'espressione di Noah si incrina, come se il solo pensiero gli desse fastidio.
«Non ci pensare nemmeno a chiedere a quello lì, America. Ti ho già detto che non è un'amicizia raccomandabile» la sua voce è talmente seria e ferma che decido di lasciar subito perdere.
«Sono 12,99» dico invece. «Per la cera».
«Maila mi fa sempre qualche sconto» sussurra lui avvicinandosi per non farsi sentire dagli altri clienti.
«Vorrà dire che dovrai aspettare lei» gli sorrido, cercando di non pensare al suo profumo.
Ma Maila è ancora impegnata con la signora Price.
«Va bene, per questa volta» con movimenti fluidi, Noah ripone i soldi precisi sul bancone. «Ci vediamo domani, America. E non scordare la muta».
Lo guardo andare via. Prima, però, con la mano ferma sulla maniglia, si volta e mi lancia un sorriso che potrebbe farmi dimenticare persino il mio nome.
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