Capitolo 11
🌺
«Ma che diavolo fai?» sbotto. «Lasciami».
Noah allenta immediatamente la presa, ma le sue dita sono ancora attorno al mio polso. I suoi occhi mi fissano, scuri come il mare in tempesta.
«Dovresti scegliere meglio le persone con cui parli, America. Ci sono amicizie poco raccomandabili» commenta acido, senza smettere di guardarmi.
«Ti riferisci a Jessie?» chiedo infastidita. «Oppure parli di te stesso?»
Solo in questo momento Noah molla la presa su di me, tirando la testa indietro e abbandonandosi ad una risata. «Io e te non siamo amici».
«Già. Sei stato chiaro su questo. Perciò non capisco da dove nasce la tua preoccupazione».
Come mi aspetto, Noah non ribatte. Non lo fa mai quando si tratta di darmi una vera risposta.
«Che cosa vuoi?» domando esasperata. Sinceramente, non vedo l'ora di tornare dalle ragazze e allontanarmi da lui quanto più possibile.
«Solo chiederti scusa, per stamattina. Non volevo... non dovresti smettere con le lezioni».
Lo guardo per un momento, ma non riesco a capire se sia serio oppure mi sta ancora prendendo in giro. «E perché no? In fondo sono solo una principiante» rimarco l'ultima parola, sforzandomi di usare lo stesso tono che ha usato lui.
Noah sembra afferrare il riferimento. «Si, è vero. Ma se ricordi, ho detto che per essere una principiante te la cavi piuttosto bene».
«Oh, e allora cambia tutto!» assumo di proposito un tono ironico e gli lancio un'occhiataccia. Noah ride, rilassato.
«Va bene» concedo alla fine. «E togliti quel sorrisetto dal viso, non lo faccio mica per te. Odio lasciare le cose a metà» dico, ed è vero. Soprattutto, non voglio arrendermi dopo il primo ostacolo. Voglio andare avanti e vedere fin dove riuscirò a spingermi.
«Mi sembra un'ottima soluzione».
«Ma ad una sola condizione» Noah si irrigidisce, ma cerco di ignorarlo. Farò questa cosa a modo mio. «Continuo con le lezioni solo se tu parteciperai alle regionali».
«E tu cosa ne sai?» mi guarda incuriosito.
«Stormie e Maila mi hanno accennato qualcosa».
«Oh, e allora cambia tutto» mi fa il verso, ma se crede di essere simpatico, si sbaglia di grosso. «Comunque, ho già detto di no».
«Bene. In questo caso, arrivederci» cerco di assumere un tono formale, per rimarcare il fatto che non ho intenzione di cedere. Noah è orgoglioso, ma ha preso un impegno con mio nonno e dubito che voglia tirarsi indietro.
Faccio per voltarmi, ma lui mi afferra il polso. Questa volta la presa é molto più delicata, ma sento comunque un forte calore irradiarsi in tutti i punti in cui le sue dita toccano la mia pelle, come se stesse lasciando vividi marchi. «Aspetta» sussurra e, improvvisamente, lo sento vicinissimo. «Sei testarda, America».
Provo a nascondere un sorriso soddisfatto, ma non ci riesco. «Quindi parteciperai alle regionali?»
«Ci penserò» Noah non cede facilmente, ma sorride anche lui, dandomi la conferma della mia piccola vittoria.
Non mi rendo conto che mi sta ancora stringendo il polso, finché non si allontana improvvisamente. «Ci vediamo domani, America. All'alba».
꧁ ' ~ ✽ ~ ' ꧂
É la prima volta, da quando sono a Conny Bay, che mi sveglio con il sorriso sulle labbra. Ho impostato la sveglia prestissimo e mi sono tirata su dal letto con un'energia che credevo di non poter mai provare ad un orario così assurdo.
5:30. Il cielo si sta tingendo di un debole bagliore e, quando apro la finestra per far arieggiare la stanza, il profumo dell'oceano mi investe come una pioggerellina sottile.
L'aria è ancora pungente, quindi mi infilo una felpa sopra al costume bianco a costine, l'unico che ho portato. Immagino che, col senno di poi, avrei dovuto investire maggiormente in abbigliamento da spiaggia prima di partire. Per adesso, dovrò farmi andare bene quello che ho.
Scendo le scale in punta di piedi, lasciando un bigliettino sul bancone della cucina per non far preoccupare i miei genitori e i nonni.
Noah mi sta aspettando fuori dal cancello sul retro di casa sua, sul vialetto che condivide con i nonni. Anche lui indossa una felpa e i pantaloncini, i capelli arruffati come se si fosse appena svegliato.
«Non ti facevo una persona mattiniera» esordisce.
Mi limito a guardarlo male e lui ride per la mia espressione buffa.
Camminiamo fino alla spiaggia e io lascio penetrare nei polmoni l'aria salmastra. Non avrei mai pensato di dirlo fino ad una settimana fa, ma qui é davvero bello.
Il colore dell'oceano è cristallino, vibra tra il turchese e il blu scuro delle profondità. Noah mi fa fare riscaldamento e, insieme l'uno di fronte all'altra, completiamo gli esercizi con un po' di stretching.
«Sei pronta per entrare in acqua?» mi chiede, finendo di passare la cera sulla superficie della tavola.
«Non vedo l'ora» annuisco, sfilando la felpa. Nonostante ora abbia i muscoli caldi, l'aria fredda mi colpisce con un brivido lungo la schiena, ma non è nulla in confronto all'effetto che lo sguardo di Noah ha su di me.
Mi guarda per un momento come se avessi appena commesso l'errore più grande, ma poi sento i suoi occhi muoversi ovunque su di me, come se volesse imprimere la mia immagine nella testa.
Mi tiro istintivamente i capelli avanti e, in parte, i lunghi ricci riescono a coprirmi e farmi sentire meno in imbarazzo. Ma è impossibile lottare contro il vento che si ostina a farmeli volare dietro le spalle.
«Avrei dovuto dirti che ti serve una muta. A quest'ora l'acqua sarà fredda» commenta lui dopo un tempo che mi pare lunghissimo. Sembra sincero, e davvero dispiaciuto.
«Sto bene» mento. Vorrei averci pensato o, almeno, avrei voluto indossare il costume intero della mamma: non mi avrebbe coperta granché dalla brezza fresca, ma lo avrebbe fatto sicuramente dallo sguardo di Noah. E mi sarei sentita meno a disagio nel mio stesso corpo.
A volte passavo le ore a guardare Rory provarsi mille vestiti, tutti diversi. E invidiavo la confidenza che aveva con il suo corpo, come se fosse qualcosa che abbelliva e basta la sua bellezza interiore. Ma, in fondo, mia sorella era bella davvero. Con i capelli rossi e i grandi occhioni castani e le ciglia lunghe. Con il corpo snello e le lentiggini sul viso.
Io, invece, mi sono sempre vista goffa, con i capelli indomabili e le labbra screpolate. Eppure, Rory non faceva altro che ripetermi che invidiava il mio seno piccolo e il metabolismo veloce.
Lei, che invidiava qualcosa a me. Ho sempre riso al solo pensiero.
Ma adesso, sotto agli occhi attenti di Noah, mi sento di nuovo quella ragazzina che non aveva affatto fiducia in se stessa e che, di fronte ad uno specchio, notava soltanto i difetti. Mi sembra quasi di vederli uno per uno nel riflesso degli occhi di Noah.
«Sei sicura? Possiamo aspettare che il sole riscaldi un po' l'acqua» continua lui.
«No, sono pronta» replico, troppo impaziente di entrare in acqua e lasciare che sia l'oceano a nascondere le mie insicurezze.
Ma il mio piano non si rivela un successo. L'acqua è gelata e comincio a muovere le braccia per scaldarmi. L'acqua mi lambisce appena le ginocchia quando Noah mi fa cenno di fermarmi. «Ti prenderai la polmonite».
Ma non ho più il coraggio di tornare indietro, quindi resto immobile, continuando a passare il peso da una gamba all'altra. É Noah a recuperare la mia felpa e a seguire ogni mio movimento mentre me la infilo.
Ho subito bisogno di pensare a qualcosa che non siano i suoi occhi su di me.
«Allora, ci hai pensato?» chiedo, cercando di nascondere il nervosismo. «Alle regionali».
«Non sono tanto sicuro di voler partecipare» riprende, con la voce rauca che mi fa rabbrividire. Il vento gli scosta i capelli biondi e devo reprimere l'impulso di sistemarli con la mano.
Ma cosa mi succede?
«Ma devi farlo! Abbiamo fatto un patto».
«No, tu hai fatto un patto, America» replica ironico.
«Non sei divertente» lo spintono, scatenando una sua risata. Ha il suono più dolce del mondo. «Maila e Stormie mi hanno detto che contano tutti su di te, non puoi deluderli» mi affretto ad aggiungere.
Noah mi guarda intensamente, i suoi occhi sembrano quasi trasparenti. «Credo di averlo già fatto».
«Non è vero. Tu... Noah tu non hai nessuna colpa» butto fuori l'aria con un sospiro e tutte le mie insicurezze tornano a tormentarmi.
Non può sentirsi in colpa, perché la colpa è mia.
Lui si blocca e questo mi dà l'occasione di continuare a parlare. «Le ultime parole che ho detto a Rory prima che partisse sono state 'ti odio'. Non volevo che se ne andasse perché non riuscivo a capire il motivo per cui amava tanto stare qui. Avevo paura di restare da sola» faccio una risata amara.
Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi e so che presto scenderanno, ma non mi importa. «E ora lo sono davvero, sola. Rory se n'è andata per sempre. Però adesso ho capito quanto tutto questo fosse importante per lei, quanto le piacesse» faccio una pausa, voltandomi verso Noah.
Anche lui ha gli occhi rossi, ma è ancora immobile. «Io non sarò mai brava con tutto questo o, almeno, mai quanto mia sorella» dico indicando la tavola da surf. «Però tu lo sei, Noah. Tu puoi farlo e devi. Non solo perché i tuoi amici contano su di te, ma anche per te stesso».
Il suo sguardo si addolcisce. «E tu come fai sapere che sono bravo?» sorride.
«Non mi serve saperlo. Le persone che ti vogliono bene lo sanno. Rory lo sapeva. E tu devi farlo anche per lei» ho paura che il mio discorso lo irriti, come é sempre accaduto finora, ma non mi importa. Ho bisogno di dire quello che penso, e lui di ascoltarlo.
«Sei brava con le parole, America» dice alla fine.
«Quindi parteciperai alle regionali?»
Annuisce, sfoderando un grande sorriso. Poi i suoi occhi tornano su di me. «Non sei sola, non più» sussurra. Si avvicina, scostandomi una ciocca dal viso.
Il suo sguardo mi cattura e sento un nodo allo stomaco. Le sue dita tracciano il contorno del mio viso. Sono calde e delicate. Reprimo l'impulso di chiudere gli occhi e abbandonarmi a questa sensazione.
Ma é Noah a farlo per primo e si allontana bruscamente. «Devo dirti una cosa» sento il cuore accelerare alle sue parole. «Stella, io e tua sorella stavamo insieme».
Ma le sue parole mi colpiscono come mille aghi dritti nel petto. Inizio a respirare velocemente senza riuscire a controllare i miei movimenti.
«Stella, ti prego» Noah prova ad afferrarmi il braccio, ma sono già lontana. Ho bisogno di spazio e, improvvisamente, quello sulla spiaggia mi sembra minuscolo.
«Devo andare» riesco solo a dire prima di sentire le lacrime sulle guance.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top