ℂ𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 22

A causa di un'alterata percezione del tempo Catherine non avrebbe saputo dire per quanti minuti o ore fosse rimasta in quello stato. Si trovava ancora distesa a terra, avvolta da un silenzio abissale sormontato da una sorta di fischio che percepiva dentro alla sua testa, come un acufene; un dolore pulsante risaliva dalla sua nuca.
In uno stato di semicoscienza riuscì a udire delle voci ovattate espandersi nell'ambiente attorno a lei: qualcuno era tornato all'interno della stanza.
-Ma che hai fatto, ti ha dato di volta il cervello?-.
-Ho dovuto farlo, mamma-.
-Cristo santo, l'hai ammazzata? Vuoi mettermi nei guai fino a questo punto?-.
-No mamma, stai tranquilla. Credo che sia solo svenuta, ha battuto la testa- borbottava una voce maschile.
-Sta perdendo sangue dal naso, non lo vedi? Che cosa facciamo adesso?-.
-Ti assicuro che è viva, ho controllato bene. Sta respirando-.
Percepì una grossa mano afferrare energicamente il suo polso e sollevarle il braccio da terra, tastando le pulsazioni per verificare la veridicità di quanto stava affermando per poi, quasi con disprezzo, lasciarla cadere nuovamente al suolo.
-E quando si sveglierà cosa faremo? Non possiamo più lasciarla andare via, ci denuncierà tutti quanti e finiremo in tribunale. Ma perché sei sempre così impulsivo, perché!-. -Mamma, non ti preoccupare. Lasciami solo pensare bene a un modo per risolvere la situazione, okay? Vedrai che la scamperemo-.
-Io non voglio finire in prigione, chiaro? Devo prendermi cura di Troy, nessun'altro può farlo al posto mio-.
-Nessuno finirà in prigione, stai tranquilla-.
-E allora vedi di sistemare il guaio che hai combinato, e anche in fretta!-.
La conversazione si interruppe per una manciata di secondi, durante i quali Catherine tentò ancora una volta di muovere i suoi arti senza riuscivi: sembravano quasi essere diventati di pietra. L'ambiente attorno a lei cadde in un silenzio angoscianye finche la voce di Milena non tornò a raggiungere le sue orecchie, questa volta assumendo un tono così tanto dolce e premuroso da sembrare che lei stesse recitando.
-Oh Troy, tesoruccio... Stai bene?-. Forse a causa della perdita di sangue la ragazza torno a perdere i sensi poco dopo, nonostante i suoi ripetuti tentativi di reagire e riprendere il controllo del suo corpo. Inutili furono i suoi numerosi tentativi di tornare ad aprire le palpebre, che parevano quasi essersi incollate tra loro.
-Adesso nonna sistema tutto quanto, non avere paura-.
Udendo la voce di Milena mentre pronunciava quella frase Catherine cadde nuovamente in un baratro nero che la inghiottì per intere decine di minuti, durante i quali non fu più in grado di percepire ciò che stava accadendo attorno a lei. Dopo un tempo indefinito, quando finalmente tornò ad aprire le palpebre, ciò che trovò dinnanzi a lei era il volto preoccupato di Conrad.
Il ragazzo la fissava intensamente come se stesse aspettando di vederla riprendere i sensi, il suo volto era intriso di preoccupazione, aveva gli occhi spalancati e i suoi muscoli tremavano per la fatica di tenere la schiena dritta. Era visibilmente affaticato.
Frastornata la ragazza emise un lamento e, puntando a terra il palmo della mano destra, riuscì a fatica ad issarsi fino ad appoggiare le spalle contro alla parete dietro di se; solo in quel momento, però, realizzò quale fosse la situazione in cui si trovava: la porta della camera era stata chiusa probabilmente a chiave, e all'interno era da sola assieme a Conrad; il ragazzo, terribilmente preoccupato per lei, era riuscito in qualche modo a scivolare giù dal letto scavalcando la sbarra e doveva essersi trascinato sul pavimento fino a raggiungerla. Aveva la fronte sudata, alla quale alcune ciocche di capelli biondi si erano attaccate alla sua pelle.
-Catherine, mi senti?-. La sua voce apparì ovattata alle orecchie della giovane, ancora fortemente intontita dalla botta ricevuta. Lo guardò confusa per un paio di secondi, tentando di capire se tutto ciò che stava vedendo fosse reale oppure si trattasse di un brutto scherzo giocato dalla sua mente. Non riusciva a comprendere fino in fondo come lui potesse essere riuscito a raggiungerla pur non essendo in grado di camminare, ma quando Conrad richiamò ancora la sua attenzione, fu in grado di riconoscere di non star sognando.
-Ti prego parlami, stai bene?-.
Lei annuì istintivamente con la testa, ma una stanchezza innaturale stava tornando a impadronirsi del suo corpo. -Conrad...- borbottò, mentre frugando nella tasca dei pantaloni cercava invano di afferrare il proprio cellulare per chiamare aiuto; le sue palpebre, tuttavia, sembravano farsi sempre più pesanti allo scattare di ogni secondo. A quel punto l'unica cosa intelligente che le restava da fare era contattare le forze dell'ordine e richiedere il loro intervento, sperando che sarebbero arrivate in tempo per salvare la sua vita.
-Hai sbattuto la testa-. Il ragazzo tentò di allungare una mano verso di lei, facendo leva con il gomito sulle piastrelle del pavimento; nonostante non avesse alcun controllo della muscolatura del suo corpo dalla vita in giù, stava utilizzando le sue poche risorse a disposizione per assisterla al meglio delle sue possibilità.
-Sto...Sto bene- riuscì a borbottare lei, come a volerlo rassicurare; ma a smentire quelle parole solo un attimo dopo fu la sua testa, che iniziò a girare così vertiginosamente da costringerla ad accasciarsi su un lato. Sul pavimento sotto di lei si era lentamente allargata una enorme pozza di sangue scarlatto, che era fuoriuscito dal suo setto nasale fratturato; la pressione sanguigna del suo corpo si era abbassata vertiginosamente, privandola di ogni forza vitale. Le veniva da vomitare, tremava come una foglia e percepiva una sensazione di freddo petentrare fin dentro alle sue ossa.
-No, devi chiamare aiuto- insistette il biondo, continuando a trascinarsi a terra. -Stai perdendo troppo sangue-.
Disperatamente la giovane tentò ancora di recuperare il cellulare, riuscendo con le ultime forze a farlo scivolare fuori dalla tasca prima di svenire nuovamente. Ma non riuscì a poggiare il dito sullo schermo per sbloccarlo: le sue braccia erano diventate spaventosamente pesanti, quasi come macigni di pietra.
Tutto il mondo attorno a lei si spense in quel momento ed ebbe quasi l'impressione di morire; l'ultima cosa che riuscì a percepire prima di svenire per la terza volta di seguito fu la mano di Conrad, che aggrappandosi alla sua spalla aveva iniziato a scuoterla energicamente cercando di impedirle di perdere i sensi.
-Resta sveglia, non chiudere gli occhi-.
Ne percepì il calore, sentì le sue dita premere sulla sua pelle e si sentì confortata da quel contatto.
Poi, niente più.

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