Il Papa

Buongiorno a tutti miei cari lettori, questa storia parteciperà al concorso di Animus-ignotum "varietà di short stories vaganti "prima lista terza traccia, ho scelto il tema della prigionia. Buona lettura!

Il Papa
Sua Santità si era appena svegliato, per diversi minuti non capi' dove si trovasse, tutta la stanza era in penombra,illuminata ,a tratti ,da una malsana luce verde:sembrava un acquario; poi la luce del mattino entro', da un enorme finestra di pietra, Sua Santità riconobbe le feritoie metalliche e comprese:si trovava a Castel Sant Angelo ,già noto come Mole Adriana
Di li a poco ,si avvicinó una suora, e diede il buongiorno a Sua Santita'.
Papa Clemente si avvicino al finestrone, protetto dai fascioni di piombo e acciaio e sbirció nel cortile: riconobbe il luogo, e il tempo della sua sventura, là a castel Sant'Angelo egli si trovava assediato dai lanzichenecchi di Carlo V e ,a sua difesa, aveva solo una pattuglia di archibugieri e il dubbio aiuto di Cellini ,l'orafo ,scultore eccellente ,ma ancora più eccellente ladro.
Il Papa si recó nella piccola cappella medievale per la messa del mattino, officiata da lui stesso, la suora, dalle vesti un pó lacere ,lo seguiva pazientemente.

Nella sommità della cappella ,si intravedeva una stretta finestra e da li i due medici seguivano la scena : uno Enrico era un vecchio freudiano incallito, l'altro Alberto era un basagliano di fresca nomina.
Il basagliano diede il suo parere:
-"Sono venti anni che quest uomo delira ,dicendo di essere il Papa Clemente ,prigioniero in Castel Sant'Angelo ,non ti sembra che sia arrivato il momento di dargli qualche antipsicotico e spezzare questo delirio? Egli non ricorda più le sue origini, non sa di essere stato un sereno e assennato contadino ,proprietario di alcuni dei frutteti più belli della regione, niente più rammenta ,della sua famiglia, dei genitori, dei figli, dei nipoti, non è ingiusto , lasciare un simile uomo con tanto fardello sulle spalle ?bisogna aiutarlo!"
Il vecchio freudiano scosse la testa:
-se distruggerai l'impalcatura di questo delirio ,quest uomo si vedrà allo specchio ,così come è: un vecchio contadino dalle mani incallite che la notte di San Lorenzo ,valico 'i confini della normalità ,senza tornare più indietro; se lo metti davanti a questa verità ,non gli resterà altro che saltare nel fiume,non il Tevere ,ma il nostro più modesto Calopinace.
I due medici continuarono la visita ,entrarono in una stanza foderata di materassi, là ,rannicchiato  in un angolo ,c'era un giovane dall'aspetto angelico: capelli biondi e lunghi, barba biondissima e fluente; era costretto nella camicia di forza.
Il medico basagliano sbottó scandalizzato:
-"ma che metodi medievali sono mai questi? Cosa ha fatto quest uomo per essere privato così dei suoi diritti?"
Il medico freudiano apri' la cartella e recitó leggendo:
-Non rammenta più il suo nome ,dice di non averne avuto mai uno prima,l'unico svago che si concede è vagare per i padiglioni, tutti lo chiamano Caimano, ne hanno terrore, lo chiamano anche il divoratore di orecchie ,perché si avventa sui padiglioni auricolari dei più deboli, dei più indifesi e morde a sangue le povere cartilagini ,squarciandole, strappandole infine ,e facendone un fiero pasto.
Il basagliano rimase annichilito e disse:
-"bontà divina a costui bisogna dare dosi massicce di antipsicotico giusto?"
Questa volta i due medici furono d'accordo, proseguirono nella stanzetta successiva, anche essa foderata di materassi, racchiudeva un uomo di mezza età ,con barba, baffi e capelli completamente bianchi, canuto anzitempo ,perché non era poi così vecchio,appena vide il suo medico, Geremia, ricoverato da più di trenta anni,gli si inginocchiò davanti,
gli  abbracció le ginocchia e piangendo a calde lacrime lo imploró:
-"la prego dottore, in nome di Dio, in nome della Madonna Santissima ,in nome dei santi tutti ,che in paradiso sono testimoni del mio martirio,io la prego dottore ,dopo ben venti anni, la prego ,mi faccia vedere mia madre, dottore ,sono venti anni che io non poso più o sguardo sul suo caro viso, mia madre dottore, la donna che mi ha partorito con dolore, la donna che mi ha allattato e allevato con amorevoli cure, la prego la prego."
Alberto si allontanó senza dire una parola, il collega Basagliano lo inseguì indignato dicendogli:
-"ma come ?quel povero uomo implora di vedere la sua mamma e tu glielo neghi? Alberto lo guardó severamente e disse:
-quel pover uomo ,che dici tu ?ha una cicatrice in testa, là nel centro esatto del cervello cova,accarezza e titilla quella cicatrice ,quela frattura della normalità', e quel pezzo del suo cervello rattoppato che invoca strage ,sterminio ,delitto; sua madre è l'unica scampata alla strage dei suoi,attuata da un bimbetto di appena 12 anni! il basagliano interloquì concitato:
- ma di anni da allora ne sono passati quaranta, io dico che con una buona terapia lo si può mandare a casa a conciliarsi con suoi Il neo freudiano scosse la testa:
-"io sono contrario, egli ha quell'idea fissa, ti dico, non so per quale motivo ,non so per quale alchimia ,clinica e neurologica ,ma il suo cervello invoca senza posa la strage, la mattanza ,l'eliminazione fisica di ogni suo consanguineo."

L inferno
I due medici uscirono dall oasi protetta della corsia ,blindata,isolata dal resto
dell'ospedale psichiatrico e si trovarono nel vasto camerone dei dannati: da un capo all'altro del camerone si trascinavano i grassi bambini microcefali ,con le bave perennemente grondanti dai denti marci e poi il drappello dei trentenni neurolesi, la vaccinazione antivaloiosa ,aveva bruciato ampie porzioni dei loro cervelli lasciandoli idioti e poi breve regine della fossa dei  leoni, erano le donne!le donne ,discinte e lussuriose ,mostravano senza ritegno le mammelle,cercando abbracci,promettendo fornicazioni.
Erano state delle comuni ninfomani, donne dagli appetiti sessuali insaziabili, assolutamente intollerabili per una comune morale borghese, perciò erano bastate due firme compiacenti ,di due medici conniventi ,per chiuderle per sempre all inferno, una di loro,ancheggiando, si avvicinó all'infermiere, mendicó una sigaretta, l'uomo gliela diede senza altro, le sorrise, sapeva che più tardi sarebbe stato ricompensato... In natura.
I due medici continuavano il loro duello,quello basagliano era fuori dai gangheri:
-Questa non è medicina,questa non é psichiatria ,questo è sequestro di persona, maltrattamento di povere disgraziate, come puoi giustificare l'internamento di quelle povere criste?
Il medico neo freudiano fece spallucce
Non è colpa mia se negli anni 50 non esisteva alcun diritto per queste persone ma lo sai che hanno fatto da cavia? Gli inoculavano la malaria e poi provavano i farmaci sperimentali oppure speravano con la febbre malarica di avere ragione di alcune forme di delirio, ricevevano dosi da cavallo di insulina,si sperava così con l'ipoglicemia di spezzare il delirio.
Il medico basagliano non si capacitava:
-Delitto su delitto, crimine su crimine , io mi vergogno di stare nella  cattolica apostolica romana Italia.
Intanto il Papa aveva finito di officiare messa, aveva tolto i paramenti e si rivolgeva benigno ad uno dei suoi accoliti:
-Messer  Cellini , voglio ringraziarvi di persona ,so che oggi siete stato molto valoroso, unito agli archibugieri avete sparato nel folto delle truppe di Carlo uccidendo addirittura il Connestabile, bravo, Dio ve ne è grato e perciò vi toglie tanti dei vostri peccati.
Il sedicente Cellini,in effetti un vecchio epilettico, piromane, per scelta , pluriomicida annuì pieno di riconoscenza.
Il Papa continuó:
-Messer Cellini voi rubaste tutto lo stagno per la statua di Perseo e di questo io e Dio vi perdoniamo.
Messer Cellini voi rubaste quasi  tutto l'oro delle coppe , utilizzando solo l'argento e perciò dell'opera che vi avevo commissionato il valore è molto ridotto ma io vi perdono, io e l'onnipotente vi accordiamo l'indulgenza plenaria.
Il vecchio bavoso annuiva frenetico
-infine il Papa si allontanó.
Il giorno dopo il dottore Alberto andó dal primario e pretese minacciando che al vecchio Geremia fosse dato un permesso per andare a trovare sua madre, da parte sua si impegnó a somministrare a Geremia una terapia depot che sarebbe durata per tutto un mese
Il suo collega Enrico protestó vivamente ma  non ci fu niente da fare Geremia  dopo aver assunto per una settimana i nuovi psicofarmaci ,fu spedito dalla madre.
I giorni passavano lenti nel vecchio manicomio e tutte le povere comparse si davano da fare per recitare la loro mi sera parte,erano i giorni più freddi di novembre e nonostante gli abiti pesanti Papa Clemente si ammaló di polmonite Alberto non trascuró nessuna misura  per salvarlo ma ben presto fu evidente che il vecchio contadino delirante non ce l'avrebbe fatta.
Enrico  tempestava:
-non sarebbe giusto almeno nei suoi ultimi giorni restituirgli la coscienza di quello che era, senza questa impalcature di delirio che la malattia ha costruito? Alberto  trasecolava:
-vorresti dare gli psicofarmaci a un vecchio morente?
Enrico non si dava per vinto e approfittando di un temporaneo miglioramento di Papa Clemente si recò dal primario per sostenere le sue tesi,mentre stava per bussare il vecchio pseudo Cellini lo tiró dalla manica del camice dicendogli:
-dottore, parliamo chiaro, cosa vorrebbe fare? Far ricordare a Rocco, si ,Papa Clemente ,che egli non è l'erede dei cesari, con tanto di porpora acclusa ma solo un povero contadino che si avvoltolava nel letame? È questa l'ultima verità che sua santità deve portare con sè?stia attento dottore che io sono pronto a decapitarla se osa fare una cosa del genere.
Il povero Enrico  si precipitó da Alberto e gli raccontó tutto perció il vecchio neo freudiano si fece delle belle risate dicendogli:
-stai attento Enrico perché lo pseudo Cellini prima di finire qua era un professore di storia antica , poi decapitó nell'ordine, la suocera e la moglie e si finse pazzo per sfuggire all'ergastolo.
Dopo pochi giorni la vita di Papa Clemente giunse al termine, lo pseudo Cellini non lo lasciava mai e al Papa che domandava come andasse la campagna contro l'imperatore lo pseudo Cellini rispose:
-Santità buone nuove,, l'infame Carlo ha abdicato adesso sul Trono di Spagna siede re Filippo il secondo del suo nome, suo padre è chiuso in un immenso palazzo privo di ogni potere.
Papa clemente ebbe un sorriso di vera beatitudine ed esclamó:
-io lo sapevo che Dio mi ama!
E al colmo del sollievo morì stringendo le mani dello pseudo Cellini.
Lenti i giorni che portavano al natale, infine Geremia tornó dal suo permesso e una volta che si trovó davanti al dottore Enrico , senza ritegno si buttó a terra e volle baciare i piedi e le ginocchia del medico dicendo:
-dottore non ci sono parole per ringraziarla, lei ha osservato il vangelo che  dice: consola gli afflitti e infatti io afflitto e abbandonato ho ricevuto conforto, ho potuto abbracciare per l'ultima volta la mia mamma,  la mia cara dolcissima mamma, oh come erano bianchi i suoi capelli!
Subito mi ha riconosciuto e non le dico con quali occhi  mi ha guardato!
Enrico  che era in imbarazzo fece sollevare l'uomo da terra, lo riaccompagnó nella sua stanza e nel farlo lanció uno sguardo di trionfo in direzione di Alberto che ci rimase un pó male.
I giorni precipitavano verso il natale e il manicomio si aprì per raccogliere un nuovo malato,era un giovane in preda al delirio, diceva di essere una pianta e pretendeva che il vecchio aio lo innaffiasse, durante il colloquio poi si sentì trasformare in coniglio selvatico e guardava terrorizzato le stampe di cacciatori che riempivano le pareti della stanza del primario.
Enrico spiegó il caso ad Alberto:
-egli è il figlio di un senatore, starà qua fino alla fine del delirio, sotto falso nome, perché la sua carriera non deve essere compromessa e l'uomo che gli faceva da aio gli farà da infermiere.
Enrico trasecoló dicendo :
-ma è una cosa legale quella che state facendo?
Alberto  fece spallucce, il povero Enrico  non aveva la minima idea di cosa fosse il potere con la pi maiuscola, quel senatore nella sua terra era l'equivalente di Cristo in terra, aveva vinto le elezioni regalando pacchi di pasta da scambiare con i voti, era arrivato al punto da regalare una scarpa ai malcapitati contadini consegnando la seconda solo dopo aver ottenuto e accertato il voto.
Era la vigilia di natale e Alberto invece di essere elettrizzato per tutte le feste che lo aspettavano colme di aspettative lui invece andò da Enrico, era terribilmente afflitto ed Enrico mosso a pietà lo fece parlare senza interromperlo.
Alberto scuoteva la testa sconsolato e disse:
-Enrico é successa una cosa terribile non so come dirlo , sono venuti i carabinieri a trovarmi, mi hanno raccontato di Geremia e della sua visita alla madre: diversi giorni dopo questa visita i vicini di casa hanno sentito un odore nauseabondo proveniente dalla casa della donna, perciò hanno chiamato i carabinieri e questi dopo aver forzato la porta di casa hanno scoperto un terribile spettacolo, la povera donna giaceva a terra in cucina ed era stata uccisa con più di cinquanta coltellate. Alberto  non volle peggiorare la mortificazione del collega perciò gli disse :
-Enrico per certe alterazioni mentali non ci sono farmaci che tengano, con tutto il rispetto per Basaglia.

I giorni passavano lenti e aumentando le temperature a poco a poco arrivò la vigilia di san Giovanni e tutti nel manicomio cominciarono a stare sulle spine, non perdevano di vista la bella Vanessa altrimenti nota come maga Circe, una quarantenne lussuriosa rinchiusa nell'istituto a causa delle sue multiple infedeltà coniugali, ora con i resti di una bellezza che era stata strepitosa si aggirava per i reparti, fornicando , appena le era possibile, e nonostante tutti i controlli quel giorno del 24 giugno riuscì nonostante tutto a procurarsi due bottiglie di cherry

Una se la versò addosso con una lenta contorsione di tutto il corpo mentre il reparto intero la stava a guardare, si massaggiò le braccia, il collo,il viso,con il liquore di ciliegia e finito il rito prese l'altra bottiglia e ne ingoiò il contenuto.

Intanto lo pseudo Cellini, orfano del suo Papa, si aggirava sconsolato tra le stanze riservate ai malati piu' importanti, individuò il giovane Giulio il figlio del senatore, gli fece pena quel giovane catatonico, perciò gli si mise accanto e cominciò a leggergli la biografia di Papa Innocenzo III, quello delle crociate contro gli albigesi e pagina dopo pagina gli raccontava tutti i particolari delle stragi,dei roghi e delle atrocità commesse da Simone di Monford che sterminó gli  albigesi colpevoli di credere che l'anima fosse mortale.

Intanto Vanessa aveva finito di spalmarsi il liquore ciliegioso e come era suo costume si avvicinò ai degenti e offrì le mani ai mentecatti, questi non si fecero pregare e cominciarono frenetici a leccare le mani e i polsi della donna, i piu' temerari cominciarono a leccarle le braccia, le spalle il collo, l'addome, inzuppato di liquore, gli altri che si muovevano a stento le si avvicinarono ai piedi, cominciarono a leccarli e poi come una muta di cani inferociti cominciarono a leccarle le gambe e le cosce, si stava profilando un'orgia immane.

Gli infermieri chiamati dai medici, sgomenti, arrivarono in massa, ormai sapevano che cosa li aspettava e a forza di strattoni, di spintoni e di calci vari riuscirono ad allontanare i grappoli umani avvinghiati a Vanessa.

La donna ormai nuda e scivolosa sgusciò ridendo dalla presa degli infermieri, si arrampicò su una scala e riuscì ad arrivare a un vecchio ballatoio dismesso e da lì insultava gli infermieri che non sapevano come raggiungerla.

Intanto Giulio sollecitato dai racconti dello pseudo Cellini dava segni di ritorno alla coscienza, Alberto a cui era affidato il giovane Giulio cominciò a preoccuparsi e chiese a Enrico di cominciare una terapia con antipsicotici ma Enrico memore del caso del povero orfano rifiutò il suo appoggio,intanto lo pseudo Cellini aveva portato una veste bianca papale al giovane Giulio che la indossò senza altro e imparata velocemente la procedura della messa prese il posto di papa Clemente e cominciò ogni mattina a dire messa.

Alberto era allarmatissimo,andò dal primario e gli disse:

-Professore curiamo quel giovane, la situazione è grave , su un delirio primitivo si è innescato un altro delirio.Allora il professore che ne aveva visti centinaia di quei giovani deliranti maschi e femmine che dopo lo sfogo, la catarratta di parole insensate che proferivano per mesi e mesi, poi alla fine si chetavano e tornavano a casa come se niente fosse e negli archivi dell'ospedale non restava traccia del loro passaggio se non delle congrue mazzette di denaro elargite a medici religiosi e anche infermieri affinchè tacessero , egli perciò prese tempo e disse:

-lascialo stare, osservalo ma non intervenire aspettiamo ancora un poco.

Alberto ritornò in reparto piu' preoccupato di prima, intanto Vanessa era riuscita a procurarsi altre due bottiglie di cherry,ci fu il solito bailemme di mentecatti assatanati e alla fine lei aggrappata al ballatoio inveiva contro i sottostanti, ma in quel momento coperto dalla clamide papale arrivò Giulio e guardò la femmina peccaminosa e tirò fuori un poco medievale accendino e lo lanciò acceso contro la donna che coperta di liquore sia all'interno che all'esterno prese fuoco come una torcia umana e emise un urlo prolungato e bestiale fino a quando il fuoco non bruciò sia lei che la sua voce, nel ballatoio affumicato rimase un misero mucchietto di carne e di ossa calcinate dal fuoco.
Papa Innocenzo III intanto urlava a squarciagola:
-adultera sarà lapidata, io vi dico che per il suo peccato c'è solo la morte come punizione.

Enrico dovette portare via di peso Alberto che non si dava pace per l'accaduto, Enrico gli chiese scusa:

-Perdonami perdonami non pensavo che la situazione fosse così grave a volte vorrei pisciarci di sopra a tutti quei volumi di Freud.
Enrico si calmò, piano piano e replicò: -beh io vorrei fare lo stesso con i volumi del professore Basagllia non credo che abbia fatto grossi progressi dai tempi di Freud.
Il primario si avvicinó ai poveri resti di Vanessa e scosse la testa con tristezza: -una così bella donna e che bambini le erano nati,tutti bellissimi e tutti trafugati dalle religiose che li avevano venduti alle migliori famiglie della città.
Certo era stato un errore versarle l'amaretto di Saronno sull'ombelico da allora non aveva più smesso di intingersi dentro i liquori. Certo si disse non era il caso di dire ai suoi assistenti che Vanessa era la madre di Giulio e che era oltre modo inquietante che Giulio la avesse apostrofata come adultera non avendola mai vista: c'era del metodo in quella pazzia.
Nei giorni seguenti sull'istituto gravava una calma innaturale, il giovane Giulio attraversava fasi alterne: un giorno ordinava a tutti di annaffiarlo perché si sentiva diventare un tulipano, il giorno dopo invece indossati i panni papali officiava messa seguito dallo pseudo Cellini che adesso pretendeva di essere chiamato Simone di Monford.
Il senatore, padre di Giulio aveva messo a tacere lo scandalo della malata arsa viva e nascosto in un boschetto osservava senza essere visto quel suo sventurato figlio. intanto il caimano chiuso nella sua stanza piangeva senza posa egli era stato uno degli amanti di Vanessa e non si dava pace per la scomparsa della donna infine a furia di lacrime e singhiozzi mosse a pietà il primario che rassicurato da massicce somministrazioni di psico farmaci gli tolse la camicia di forza e lo lasció relativamente libero in reparto.
Un giorno di agosto finalmente il giovane caimano avvistó la sua vittima paludata in abiti papali, dismise la dolcezza di cui si ammantava si avvento sul giovane e prese a morderlo con inaudita ferocia: gli strappo a morso le orecchie e il naso e alla  fine si avvento sulle carotidi  del giovane squarciandole e provocandone la morte.
Alberto abituato agli orrori del reparto se ne fece una ragione Enrico meno incallito e più osservatore si domandó per quale ragione il suo primario si fosse convertito alla psico terapia lasciando libera quella belva in reparto.
Perché?

Il giorno dopo ci fu la resa dei conti, chiusi a doppia mandata in sala riunioni i tre medici erano l'uno contro l'altro armati, cominciò Alberto:

-io voglio sapere solo una cosa, chi ha dato l'ordine di togliere la camicia di forza ad Alfio? Lo sappiamo tutti che d'estate lui peggiora sensibilmente perciò l'unico modo per tenerlo buono è isolarlo  e segregarlo.

Pure Enrico aveva le sue rimostranze:

-se era così pericoloso perchè mi hai sempre impedito di somministrargli dei farmaci? I

l primario tacque per un lungo momento poi attaccò a sua volta:

-chi è stato a non rendersi conto che il delirio di Giulio era del tutto fittizio? Chi si è accorto che il suo complice e il suo suggeritore era lo pseudo Cellini? Chi aveva capito il suo disegno cioè uccidere la madre e fare diventare suo padre un libero vedovo?

Alberto restò di stucco:

-infatti mi sembrava di ricordare qualcosa di storico: quel delirio di Giulio era preso di sana pianta dal delirio del figlio di Condè che di volta in volta si trasformava in pianta o in coniglio.

Enrico trasecolò dicendo:

-ma perchè lo pseudo Cellini doveva improvvisarsi complice di Giulio?

Il primario sorrise:

-nessuna improvvisazione, il professore Marco Ferreri insegnava in un liceo, il preside di questo liceo era il nostro senatore.

Alberto si morse le nocche:

-Era tutto premeditato, il preside ha salvato il suo insegnante facendolo chiudere in manicomio, l'insegnante ha reso il favore organizzando l'omicidio.

Enrico si rivolse al primario:

-lei invece ha organizzato la vendetta facendo sciogliere Alfio dai suoi legami, pure lei ha premeditato un delitto come si sente?

Il priamario non sembrava affatto pentito, mormorò:

-cosa ne sapete voi di quella donna? Era la figlia primogenita di un illustre notaio, per poca attenzione, per calcolo, per imprudenza, fu dato in moglie al senatore così entrò in un girone infernale, con le serve di casa che facevano da concubine a suo marito e sfornavano la in casa i figli bastardi di costui, quando anche lei cercò consolazione in qualche affetto esterno fu rinchiusa in questo istituto; ormai la sua mente cedeva, nessuno le veniva in aiuto, perfino i suoi figli legittimi hanno pensato che fosse meglio eliminarla.

Alberto scosse la testa:

-ma non poteva chiedere l'annullamento del matrimonio quel maledetto senatore?

Il senatore rise a gola spiegata:

-un senatore della democrazia cristiana?

Avrebbe perso tutti i voti.

Enrico non sapeva  a che santo votarsi disse:

- ma adesso cosa succederà? Ci saranno delle conseguenze? Quali?

Il primario cominciò a togliersi il camice:

-tanto per cominciare io sarò trasferito, assieme ad Alfio andremo assieme nel manicomio criminale di Barcellona Pozzo di Gotto, almeno quel giovane avrà qualcuno che si occupi di lui.

Alberto obiettò:

-ma quel giovane è un criminale.

Il primario sorrise:

-un criminale? Lui  che cosa mi dite della società civile, della famiglia, della chiesa, di tutte quelle belle istituzioni che avrebbero dovuto tutelarlo? Hanno abusato di lui senza pietà, i suoi stessi congiunti, e quando la sua mente ha ceduto per nascondere lo scandalo hanno preferito internarlo qui.

Alberto domandò:

-allora sarò io il primario? Dirigerò io questa bolgia infernale?

Il primario puntualizzò:

-tutto il mondo esterno si comporta come i gironi dell'inferno questa è solo la prosecuzione del male che c'è là all'esterno.

Il primario raccolse i suoi libri di psichiatria li mise in una scatola poi in una cartellina ordinò religiosamente le fotografie di Vanessa sia di quando era bella e ingenua e fanciulla sia quelle scattate in reparto quando ormai la malattia mentale la aveva ghermita ed erodeva i suoi colori, i suoi capelli, i suoi occhi rievocò amaramente il giorno in cui la aveva conosciuta: era da poco assistente del reparto psichiatrico quando era stato chiamato per una visita urgente in una famiglia molto facoltosa e molto in vista là in città; l'autista in divisa era molto agitato e l' aveva portato a velocità nella villa padronale, quando scesero dalla macchina ad accogliere il primario c'era il pater familias il vecchio proprietario terriero padre del senatore, che in poche parole gli spiegò la  situazione: sua nuora era improvvisamente impazzita si era chiusa in una stanza del guardaroba e impadronitasi di un paio di forbici aveva fatto scempio del costoso guardaroba del  marito e ora tutti temevano per la sua incolumità; il primario aveva capito facilmente che quello che temevano non era per la salute di Vanessa temevano le dicerie, temevano lo scandalo, comunque si recò nell'anticamera e da una piccola finestrella osservò l'interno: nella stanza riccamente arredata c'era la donna piu' bella che egli avesse mai visto, aveva i capelli lunghissimi, castani, ondulati che le scendevano fin quasi alle caviglie, un viso bellissimo anche se stravolto da una crisi isterica, perchè di questo si trattava, di una crisi isterica, dalla serva seppe che la donna aveva scoperto l'ennesima infedeltà del marito e per punirlo armata di forbici aveva fatto a pezzi tutti i suoi vestiti di alta sartoria

Vedendola piu' calma il primario entrò e cercò di calmarla ci riuscì dopo aver ascoltato per alcune ore le rimostranze e la disperazione della povera donna che non chiedeva altro che di sottrarsi a quel vincolo matrimoniale insensato.

Purtroppo sia  il suocero che il marito avevano altre intenzioni perciò dopo averle sottratto i suoi beni grazie a un notaio disonesto la avevano internata in quel manicomio.

Enrico aveva ascoltato quello sfogo e si disse che se esisteva un pò di civiltà in quel paese che chiamavano nazione al piu' presto avrebbero dovuto chiudere quell'abominio.

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