99. Domande senza risposta di notte fonda
N/A: alloooora.
Mi dispiace ancora per il capitolo della scorsa settimana, so che era brutto.
Quindi qua c'è qualcosa di un minimo più soft.
Ma prima!
Ecco a voi un disegno di Francesca che non c'entra un cazzo con il capitolo ed è più facile sia uscito da un sogno di Mario.
Non mi piace troppo ma pazienza, le capacità che ho me le tengo.
Ricordatevi sempre di commentare e stellinare e ora che il momento pubblicità è finito, iniziamo!
Francesca spalanca gli occhi, il corpo che trema e la voce bloccata in gola.
Il cuore batte freneticamente, il suo ricciolo è arzigogolato nello stress e gli occhi sono spalancati, senza fissare un punto preciso.
Il respiro greve risuona per la stanza silenziosa, immersa nel buio. Una pallida luce entra dai piccoli buchi lasciati dalla tapparella abbassata.
Dopo un tempo indefinito, in cui il respiro pare qualcosa di meccanico e artificioso, abbassa lo sguardo sulle proprie coperte.
Gli occhi si posano su un particolare della banale coperta mentre regola il proprio respiro, tornando in possesso delle proprie facoltà.
È nella sua stanza, in quella grande casa a Roma che divide con gli altri, è nel terzo millennio e lei non è impegnata in nessun conflitto.
La merda nel mondo esiste, ma è sopportabile. Non vi è dentro fino al collo, giusto fino alle cosce.
Lo spavento ancora le aleggia addosso.
Per fortuna non ha strillato, si sarebbe voluta seppellire in quel caso. Minimo quelli del suo piano l'avrebbero sentita con ogni probabilità e non si sarebbe mai permessa di crollare di fronte agli altri.
Non quando è così brava a mostrare solo la parte più facile di sé.
Le dà fastidio essere debole, ma sa che non può discernere da ciò. Non è invincibile, non totalmente; non è una divinità, intoccabile e infinita.
È solo qualcosa più dell'umano e l'uomo è tremendamente imperfetto.
Le tocca quella triste realtà.
Si mette le mani fra i capelli e massaggia lo scalpo, sperando di alleviare lo stress.
Peccato che la tecnica funzioni solo quando è da troppo tempo impegnata su una sua opera e si sta innervosendo.
Quel senso di ansia continua ad attanagliarla alla base dello stomaco e la scena che le si ripete in mente la tiene sveglia.
Lo sa di aver sbagliato, lo sa di aver ucciso ingiustamente, lo sa di non poter cambiare nulla con le sue scuse... ma perché il ricordo deve tornare a tormentarla?
È il destino di ogni regione venir perseguitata dai propri errori, sognare il sangue caldo scivolare sulla pelle e i vestiti e ricordare le facce di dolore degli umani uccisi?
O solo a lei tocca tale triste vita?
Si stende.
Prima o poi prenderà sonno.
Si giriga per quello che le pare ore e alla fine sono 25 minuti.
Si rimette seduta, i capelli arruffati come prima.
Deve provare a distrarsi o a stancarsi.
Forse una bevanda (se un bicchiere di vino o una tazza di camomilla lo deciderà sul momento) la aiuterà.
Con quella speranza nel petto si toglie velocemente le leggere coperte. Si ricorda che sta dormendo nuda (è estate, non c'è nulla di male) e, dato che il caso è per definizione imprevedibile, si infila una canottiera, le mutande della sera prima e dei pantaloncini a culotte.
Si stiracchia, si infila le infradito e, stando attenta a non ciabattare eccessivamente, arriva alle scale e scende al piano terra.
Si stupisce un minimo al vedere la televisione accessa su uno di quei canali trasmessi solo nel cuore della notte.
Si avvicina e trova Domenico, con solo dei pantaloncini addosso, che guarda il programma mezzo coricato contro un bracciolo del divano, ammorbidito con i cuscini.
Al rumore d'infradito, si mette seduto e si gira verso la sorgente. Nota il ricciolo ancora un po' modificato dall'ansia e sa di averlo simile.
<Ehilà.> la richiama a bassa voce, sperando di non spaventarla.
Francesca si volta a fissarlo, sentendosi come scoperta con le mani nel sacco, e resta ferma, come bloccata.
<Anche te non riesci a dormire, mh?> domanda retorico l'abruzzese. Con un vago e discreto gesto del braccio indica vicino a sé, suggerendole di sedersi.
La toscana pondera la scelta per qualche secondo, infine si avvicina e si siede dove ha indicato.
Sospira e tiene le mani intrecciate in grembo, ma non parla.
Cosa dovrebbe dire?
Riuscirebbe davvero a sostenere una conversazione senza finalmente crollare?
Odia sentirsi in balia di quello che non controlla, specialmente quando viene da dentro di sé.
Vuole comandare la barca, non lasciarsi trasportare dal vento.
Domenico tentativamente poggia una mano sulla sua spalla e l'accarezza in quella zona.
Alcune volte, non servono le parole per capirsi.
Le parole creano e distruggono mondi, sogni, speranze ed emozioni. Le parole sono l'arma più potente esistente nelle mani degli oratori.
È l'oppio dei popoli, perché le parole indorano la spoglia realtà e lui lo sa bene.
Anche se nell'orribile sogno che ha fatto le parole c'entravano poco ed è sicuro che simile argomento sia l'incubo della sorella.
Urla, disperazione, distruzione, sangue sulle mani, sangue sui vestiti e un senso di vuoto che solo un essere come loro può capire.
È ben peggio di perdere una parte del corpo, perché è più profondo. E l'avere una forte credenza o un amore spezzato è comunque troppo poco rispetto a quel buco nero che si è ritrovato più volte nel petto.
Un vuoto aspirante tutto quello che c'è attorno, finché la sua potenza si fa sentire.
E vedi, lo sai, che c'è ancora vita, ma quel vuoto è al centro di tutto e non lo puoi ignorare.
<Perché dobbiamo subire tutto ciò?> domanda a bassa voce Domenico, ad un certo punto, mentre entrambi assentemente guardano la televisione.
Francesca si gira verso di lui, stupita abbia rotto il ghiaccio, e chiede: <Tutto ciò cosa?>
<Tutto questo dolore, ancora e ancora. Non è abbastanza ricordare tutta la nostra vita e vivere con le nostre colpe? Si deve pure girare il coltello nella piaga, ritrovando i ricordi in sogno?> la interroga l'abruzzese.
La toscana guarda sconsolata il divano e risponde: <Non lo so. È insieme a tante di quelle cose a cui non avremo mai risposta, tipo: perché noi esistiamo? Perché siamo così simili agli umani che dovremmo governare? Perché non ci ascoltano, il più delle volte?>
<Perché soffriamo così tanto quando succede qualcosa nei nostri territori?> sussurrò Domenico.
La sua interlocutrice annuì, come a concordare con le sue domande.
<Non lo sapremo mai. E... mi dà fastidio.> asserisce Francesca con voce tremolante.
Sta per cedere, il ricordo dell'incubo fatto la avvolge e quasi soffocare.
Domenico la abbraccia di riflesso e le accarezza i capelli, attento a non toccare il ricciolo.
La toscana lo stringe forte e trema leggermente, balbettando pure: <Ho sbagliato così tante volte... ho distrutto tante vite innocenti.>
<L'abbiamo fatto tutti, Francesca. E sono certo non eri in te, perché come tutti noi ami le tue genti.> risponde l'abruzzese.
Lei annuisce e asserisce: <Sono tipo i miei bambini.>
<Anche per me. Moriremmo per loro, no? Pur di vederli felici... Purtroppo, non siamo perfetti. Siamo destinati a sbagliare. L'abbiamo fatto e continueremo a farlo.> sospira lui.
Francesca alza il volto, gli occhi un po' rossi, e indaga: <Non possiamo essere perfetti? Perché? Dobbiamo soffrire noi e far soffrire chi amiamo?>
<Possiamo fare del nostro meglio per evitare di sbagliare e basta. E lo stiamo facendo, tutti. Anche tu, lo so, nonostante hai i tuoi mal di testa.> assicura Domenico.
La toscana sorride leggermente, grata.
Ma non riesce a parlare, l'orgoglio la blocca. Il fratello però non ha bisogno di sue parole e la riprende ad abbracciare con più forza.
Ella ricambia il gesto.
Rimangono in un piacevole silenzio per vari secondi, finché la più alta non propone: <Possiamo stenderci? Mi sento stanca.>
<Non voglio tornare in camera... sono da sola lì.> borbotta successivamente.
<Te che vuoi affetto in modo così spudorato? E da me? Wow, è proprio vero che nel cuore della notte può succedere di tutto.> ironizza Domenico.
La toscana si imbroncia, cacciando l'imbarazzo dentro di sé, e sbuffa: <È solo un'eccezione perché sono ancora un po' scossa!>
L'abruzzese sorride dolce e commenta: <Capisco, neanche io me la sento di stare da solo.>
<Bene.> asserisce l'altra, coricandosi sul divano, verso il bordo, lasciando dello spazio al fratello dietro di sé.
Ma lui, non intuendo la cosa, prova ad alzarsi e andare da un'altra parte, per rispetto della sorella.
<Ehi!> lo richiama Francesca <Dove vai? Non volevi rimanere con me?>
<Sì, ma pensavo volessi dormire ognuno su un divano.> risponde stupito Domenico, risiedendosi.
<No.> risponde secca lei <Ogni tanto devi attivare un po' la tua malizia. Perché avrei lasciato tutto questo spazio dietro di me, se non per farti posto?>
<Non ti darebbe fastidio? Intendo, la posizione, ecco-.> prova a far notare l'abruzzese.
<No, non ci deve essere qualcosa per forza di sessuale. Stenditi dietro, mi tieni con un braccio per non farmi cadere e siamo a posto.> risponde la toscana.
<Ok.> acconsente lui.
Si stende dietro di lei e con un braccio la circonda ad altezza vita, tenendola un pochino stretta a sé, così non cade.
<Inoltre, non sei Mario quindi le tue mani "per sbaglio" non vanno in parti off-limits. Infine, hai già il cuore occupato e dubito la tradiresti, anche se non siete fidanzati.> nota Francesca.
Domenico arrossisce, sentendosi colpevole. Non afferma la cosa, ma neppure la nega.
Piuttosto chiede: <È così palese?>
<Abbastanza, ad essere onesti.> asserisce la toscana <Ma, per come è fatta, dubito se ne accorgerà presto. Non so come faccia a piacerti, per il fatto che siete molto diversi.>
<È questo nostro essere diversi che mi piace. Mi ascolta sempre, è supportiva e... con me è molto gentile. E al cuore non si comanda, mh?> ammette l'abruzzese.
<Hai ragione pure tu.> conviene lei, chiudendo gli occhi.
Anche il fratello cala le palpebre ed entrambi dormono.
•~-~•
<Marie aveva ragione sul gruppo!> esclama Maurizio.
Francesca mugugna infastidita e apre poco gli occhi, per notare vari suoi fratelli davanti a lei.
Sente un braccio attorno alla vita e del movimento dietro di lei.
Per un istante è confusa, poi ricorda.
E ora l'hanno trovata così.
Chissà cosa cazzo vanno a pensare ora quei bucaioli...
Mario, imbronciato, si lamenta: <Uffaaaa, volevo esserci io al posto di Domenico! France', quei pantaloncini ti stanno da Dio e approvo la scelta di lasciare le tue due amichette libere.>
La toscana scatta subito a sedere, adirata, e comanda: <Chiudi subito quella fogna e smettila di guardarmi le tette, segaiolo!>
<Non è colpa mia! Sono lì e te sei un'opera d'arte, France'! Mica dici sempre che davanti l'arte bisogna perdersi? Io lo stavo facendo!> si difende il laziale.
<Conto fino a tre. Smettila di guardarmi lì entro il tre o ti strangolo.> minaccia lei.
<Allora guardo un'altra parte di te~> canticchia la copia venuta male di Romulus.
<Sei morto!> strilla lei, scattando in piedi e provando a strangolarlo.
Con una risata, Mario inizia a correre per scappare da lei.
<Cosa è successo?> domanda Angela a Domenico, infastidita dalla scena che ha trovato pochi minuti prima.
Perché aveva avuto voglia di spostare poco delicatamente Francesca via da lui con la magia?
<Niente di particolare!> risponde in fretta Domenico <Entrambi ci siamo trovati svegli a notte fonda e per dormire di nuovo siamo rimasti insieme!>
L'umbra lo fissa negli occhi e nota sia sincero. Quel fastidio si acquieta mentre annuisce.
<Capisco.> asserisce, guardandolo sommamente, notando per bene come indossi solo dei pantaloncini.
L'abruzzese si sente bruciare dentro allo sguardo di lei che le percorre il petto.
<Andiamo a fare colazione, su!> esorta Rita, andando già in cucina.
Gli altri la seguono e la giornata inizia.
N/A: niente di troppo particolare o studiato, mi sono lasciata andare e ho scritto partendo da un prompt che diceva una cosa del tipo "personaggio A fa un incubo e personaggio B lo consola".
E niente, alla prossima settimana.
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