86. Decadenza

N/A: grazie per il supporto nella nuova fanfiction :3
Ecco qua un disegnino a cazzo

Matrimonio non proprio finito bene.

-Povero Mario che sperava di sposarsi Francesca senza problemi.
"Questo matrimonio non s'ha da fare."

-Roberto sa suonare il pianoforte, vuoi che i Savoia non gli abbiano fatto imparare uno strumento musicale da snob?

-Tenete Giorgio lontano dall'acqua santa, si brucia altrimenti.

-Angela prete improvvisato è la migliore.

🚩E piccola avvertenza per il capitolo: Galatea era l'antico nome di Francesca :)

Buona lettura!

Galatea supera i servi di quell'enorme magione, sapendo benissimo dove andare.
Ormai è di casa, si può dire.

Supera il sontuoso giardino interno, deturpato da qualche rampicante che lei trova adatti, brillanti di verde sotto il sole raggiante delle campagne fuori Roma.

Arriva nelle stanze personali di Romulus, il quale trova impegnato vicino un piccolo giaciglio rialzato per neonati.
I suoi passi sicuri rimbombano sul pavimento decorato e il grande Impero alza la testa, sorridendole cordiale.

<Etruria, andiamo via da questa stanza. Sono appena riuscito a farli addormentare, non vorrei mai svegliarli, con il vocione che mi ritrovo.> propone baldanzoso l'uomo, a tono accuratamente basso, avvicinandosi alla regione.

Ma ella vede perfettamente la stanchezza nella sua postura e sul suo volto, segnato da rughe come mai prima d'allora. Eppure il suo animo fiero, quello di un lupo che guida il branco, non gli permette di cedere.

<Come vuoi, Romulus. Però posso vedere un attimo i due pargoli? Ne parli e parli e parli, ma non me li fai mai vedere.> chiede lei, sinceramente curiosa.

Romulus annuisce e le fa gesto di avvicinarsi alla sorta di cesta posta al centro della stanza. Galatea si avvicina e osserva i due piccoli fagotti rannicchiati, uno di fronte l'altro, entrambi dormienti.
Entrambi con un ricciolo, entrambi come quelli dell'uomo accanto a lei. Uno ce l'ha all'attaccatura sulla fronte e l'altro vicino un orecchio.

Così piccoli, così fragili, così ignari del mondo attorno a loro. Oh, quanto vorrebbe poter fare lo stesso.
<Roma è eternamente invischiata con i gemelli.> decreta ella.

<Già. Ma non sono Romolo e Remo, né come me e Maximum*. Sono destinati a vivere insieme, in armonia.> asserisce l'Impero con sicurezza.
<Non c'è nessuna armonia, ormai. Ti aspetti che dei bambini siano capaci di crearla?> si stupisce l'interlocutrice.

<Non ora, ma fra molto tempo. Me l'ha detto l'oracolo.> risponde lui <Peccato che io non vedrò mai questa nuova armonia.>

La provincia non si dà pena di ribattere la sua ultima frase, sanno entrambi che è vera. Invece chiede: <Cosa vuoi fare con loro? Non puoi lasciarli qua, con te, quando ci sono le Parche che aspettano impazienti.>

<Lui, Romano. L'ho chiamato così.> e indica il piccolo con il ricciolo sulla fronte <Ho intenzione di affidarlo a Sicilia. Conosce tutto quello necessario per allevare un fiero uomo, nobile e istruito.>

<Ma ha già tutte quelle piccole regioni.> nota Galatea.
Il muscoloso uomo ribatte: <È forte, lo so. Discendente di Grecia, una donna bella quanto forte. Ne è stata una degna colonia e ora è un rispettabile territorio di Roma. Lei ce la può fare.>

<E l'altro?> domanda la provincia.
<Lui si chiama Veneziano. Lo terrò un pochino di più con me, Venetia è troppo irrequieto ora come ora, non gli può dare la giusta istruzione. Infatti, devo chiederti un favore. Quando sarò troppo debole, vorrei fossi tu a portarlo fino da  Venetia, spiegandogli chi è e la sua importanza.> spiega Romulus.

<Va bene. Farò meglio a rimanere nei paraggi, allora.> commenta la regione.
<Mi farebbe piacere averti sempre qua, Etruria. Sai quanto apprezzo la tua compagnia.> confessa l'Impero. Poggia una mano su una sua.

L'ex etrusca percepisce i mille segni provocati da allenamenti e guerre su quella singola mano, ben più grande della sua.
Sopprime l'orgoglio e la intreccia alla propria. Ormai c'è così poco tempo, che senso ha continuare a negarsi?
È lampante ad entrambi quanto lei è succube.

<Come amica e non come sottoposta.> ribadisce Galatea.
<Sei ben più che amica, Etruria. Non sei solo un mio territorio, per me.> ribatte Romulus.

Iniziano a camminare ed escono dalla stanza, tornando verso il cortile interno della villa.
Gli uccellini cinguettano una dolce melodia, ma essa non cancella il buco nel petto che la regione possiede.

Infatti critica, la voce carica di acidità: <Sono come una delle tante matrone romane, come una delle altre terre che hai fatto cadere ai tuoi piedi. Sono solo l'ennesima caduta nella tua ragnatela, ho solo resistito più tempo di Grecia, Gallia e Iberia e tanti altri.> 

<Galatea.> la richiama l'uomo. Usa il suo nome umano solo in occasioni così rare che lei non ricorda l'ultima volta che gliel'ha sentito dire. Lo osserva, rigida nella sua rabbia, gli occhi lucidi.
Ma non gli lascia la mano.

Impero Romano le accarezza una guancia con la mano libera e afferma: <Gli umani sono solo un divertimento, non ho mai amato nessuno di loro. Le altre terre sono state frutto del momento, anche se le ho amate, eccome se l'ho fatto. Ma ora non le amo come Venere vuole. Come non amo più come prima quel lontano Impero, all'estremo oriente del mondo, Cina.>

<Dove vuoi andare a parare? Che io sono solo un amore del momento?! E quel barbaro con cui passi tanto tempo?! Dove lo lasci?> chiede retorica Galatea.

<Galatea.> la richiama ancora lui, continuando le dolci carezze <Germania è uno dei miei due amori. L'altro sei tu. E tu sei nel mio cuore da ben più tempo di lui ma tu, oh, testarda quanto sei, mi hai sempre rifiutato.>

<Non mi sembra di essermi rifiutata in questi ultimi anni.> giudica la provincia.
Impero Romano osserva il giardino, poi si volta e conduce la cara Etruria di nuovo dentro la villa. Asserisce: <Lo so, ma l'hai fatto pensando fossi solo un passatempo per me. Ti amo e lo so che ti ferisce il mio modo di fare, ma che ci posso fare? Amo più di uno alla volta, sono così crudele?>

Galatea lo osserva, la gelosia che la corrode. Perché non può essere l'unica nel suo cuore, perché? Perché ci deve essere di mezzo uno sporco barbaro?!
Ma il suo amore, cresciuto assopito e che ad un certo punto l'ha travolta, è più forte. Vede la sua sincerità, il suo amore per lei.
Lei.
Non è un rimpiazziamento.

<Mi fa male, ma non posso odiarti. E non voglio scappare o insultarti, non ora. Sarei una sciocca a scappare quando il tempo è così poco.> sussurra lei.

<Posso?> chiede con premura Romulus, spingendola verso il suo letto, in un'altra stanza rispetto a quella dove riposano i bambini.

<Da quando il grande Impero Romano chiede qualcosa?> domanda ironica, quasi sprezzante, ella.
<Da quando vuole condividere e non conquistare una testarda e stupenda donna.> sussurra lui, avvicinando i loro volti.

La provincia non resiste, non è così forte.
Allaccia le braccia al suo collo, si mette in punta di piedi e lo bacia con passione.
Il grande Impero non perde tempo a ricambiare il bacio e in fretta la spoglia della tunica che indossa.

Lei è in piedi e nuda, bella, con il corpo di una Venere, ma segnato da vecchie cicatrici che non vuole nascondere. Le porta con orgoglio, perché è così, una creatura tenace e fiera, che mostra il resto di sé fra le crepe dei suoi sbagli e timori.

<Ogni volta che ti vedo, sei sempre più bella.> sussurra lui, chinandosi un po' per baciarla sul collo vagamente abbronzato, come il resto della sua pelle.

Galatea gli toglie in fretta, quasi con stizza, la ricca e raffinata tunica, permettendosi di far vagare le mani sul forte, quasi marmoreo, segnato petto altrui.
Lo stuzzica con due dita su di un capezzolo mentre sibila: <Risparmiati le stronzate che dici a tutti.>

Romulus la solleva senza dare segni di sforzo e la fa stendere sul letto, mettendosi sopra di lei. Ma non ha fretta, non in quel momento.
La morte è dietro l'angolo, il suo enorme impero sta collassando... ma niente ha importanza, se non la provincia che ha davanti gli occhi, con i lunghi capelli ramati scompigliati, fra cui risalta quel ricciolo che lui le ha fatto spuntare.

<Perché, quando per una volta le penso sinceramente?> domanda retorico, riprendendo a baciarla sul collo, mentre una mano gioca con il suo seno.

Ella ansima, chiude gli occhi e allaccia le gambe attorno i fianchi altrui, avvicinando ancora di più le loro parti intime.
Si sfrega contro il suo corpo, cercando di stimolarsi, lasciandosi viziare dai baci e dai tocchi di Impero Romano sul suo petto.

Ignora la sua frase e decreta: <Sai cosa? Non mi importa. Ti voglio, razza di idiota.>
<Sei sempre così dolce, Galatea.> commenta l'uomo, ridacchiando leggermente con la sua voce possente.

La mano dal suo seno scende velocemente in mezzo le sue gambe, costringendola ad allentare la presa, ma venne ripagata da un piacere molto più forte e puro.

Galatea rafforza la presa delle braccia e soffia fra gli ansimi: <Sei l'unico che si é mai preoccupato di fare un minimo di questo genere di cose.>

<Mi piace prendere tempo, si diventa più disperati.> ghigna furbo il romano, quegli occhi brillanti di una vitalità che quasi non gli appartiene più.

Alla provincia scappa un gemito più alto degli altri a causa dell'altro, alza il bacino e spalanca le gambe. Farfuglia: <Vieni dentro o giuro che me ne vado!>

<Come se ne fossi capace.> ride Romulus, togliendo la mano dal suo clitoride e dalle sue labbra, appoggiandola sul fianco.
Senza esitazione, la penetra, e sente le sue unghie conficcarsi nelle spalle. Si china su di lei e la bacia con passione.

Dopo qualche secondo prende a muoversi, stimolandola con la mano libera sui seni, a cui poi aggiunge la bocca.
La stanza si riempie dei loro versi.

Il primo a venire è l'Impero ma, conscio che la sua compagna non ha ancora finito, riprende con rinnovata energia.
Quando anche ella raggiunge l'orgasmo, si stende accanto a lei, stanco, e chiude gli occhi.

<Già dormi?> domanda Galatea con tono scocciato.
<No, no, ci sono, ci sono.> sorride ad occhi chiusi Romulus.

La provincia borbotta e si accoccola a lui, chiudendo gli occhi, godendosi il calore del suo corpo e percependo la forza ancora insita dentro di lui.

<Ti amo.> sussurra lei, pensando di non essere ascoltata.
Un bacio viene depositato sulla sua fronte e sente la flebile risposta: <Ti amo anch'io.>

E almeno per quel momento, Galatea può far finta che tutto vada bene.

N/A: zan zan zaaaaaan

Francesca era innamorata persa di Impero Romano.
Surprise, surprise

E anche per questo gli dà fastidio Mario, perché glielo ricorda troppo ma sa che non è lui.
Succede, vita di emme.

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