58. Cristianesimo, peggior male
N/A: lo so che li stavate aspettando (PFT, COME NO!) e quindi ecco qua, di nuovo, per la vostra gioia (*coff coff* orrore *coff coff*) un altro disegnino che non c'entra con la storia del capitolo ma lo trovavo abbastanza buffo (e due dei tre personaggi ci sono nel capitolo, quindi é perfetto).
Tag yourself, I'm Maurizio perché aracnofobia portami via.
Ma ora vi lascio al capitolo, buona lettura!
É una normalissima mattina di un giorno qualsiasi della settimana. Angela si trova in salotto, con in mano la settimana enigmistica, impegnata a risolvere alcuni rebus.
Intanto Domenico passa distrattamente da un canale all'altro, già propenso a chiamare qualcuno e guardare qualcosa insieme su Netflix.
Con lo zapping casuale finisce su un telegiornale regionale, che riporta le notizie della mattina.
<-dove é stato scoperto un circolo di abusi su minori, picchiati e seviziati in numerose occasioni mentre venivano ripresi. Il perpretatore di tali violenze era il parroco della chiesa locale, arrestato grazie alle combinate forze dei Carabinieri e della Polizia Postale. Quest'ultima ha permesso di rintracciare il pubblicatore dei video di abusi dei minori venduti sul dark web e in alcune chat su Telegram.> spiega la giornalista con voce ferma.
Angela spalanca gli occhi e alza leggermente lo sguardo, mentre Domenico smette un attimo di girare per i canali, curioso (e insieme disgustato) di sapere di più a riguardo.
La umbra prende a stringere con forza il giornale che tiene in una mano, mentre l'altra mano, che sorregge una penna, si ferma a mezz'aria.
Con attenzione, ascolta la cronaca.
Lo stomaco si gira sottosopra a sentire le barbarie che quei maiali hanno commesso su dei poveri ed innocenti umani, che sarebbero rimasti scossi a vita.
Segnati per sempre, marchiati in modo invisibile, ma quel segno, quel marchio, mai se ne andrà.
Rimarrà sempre nella profondità della loro pelle, tatuato nella loro anima, e farà sempre male.
Lei lo sa benissimo.
Ha simili segni sul suo cuore pure lei.
Stringe la collana d'oro con un piccolo crocifisso come pendolo, il quale é sempre nascosto sotto i propri vestiti.
Quel gioiello lo indossa sempre, le da una sorta di stabilità.
Anche se ogni tanto le pare di tenere un coltello premuto per il piatto contro il petto, vicino al cuore.
Anche se fissa lo schermo della televisione, non é più lì con la mente.
Va indietro nel tempo con il pensiero e le viscere si contorcono ai ricordi.
•~-~•
Una figura la scaraventa a terra e la giovane regione emette un verso di dolore.
Il freddo del pavimento é l'unica cosa che le ricorda che é ancora cosciente.
Ma agli uomini attorno a lei é ben visibile l'espandersi e il rimpicciolirsi della cassa toracica, che immette grandi quantità d'aria.
Dove é?
<É ancora viva?! Come?> esclama in pieno stupore, ed orrore, uno degli uomini.
Quando ci é arrivata?
<É davvero la figlia del demonio!> commenta un altro, inspirando rumorosamente, spaventato, facendo un segno della croce.
Come é finita lì?
<Non possiamo evitarlo. Dobbiamo ricorrere all'esorcismo. Portatemi dell'acqua santa.> ordina uno dei chierici, l'unico fra i presenti vestito d'oro, con in testa la mitra e in una mano il bastone pastorale.
Fino a quel momento é rimasto in un angolo e ha guardato impassibile mentre l'umbria é stata ripetutamente ferita e praticamente torturata.
Le sue ferite gravi guariscono in fretta e si rigenera, ma non perché é un demonio!
É oltre gli umani, lei. Rappresenta un territorio e non può morire come loro!
É questo quello che vorrebbe urlare la poco più che bambina a terra, che piange silenziosamente.
Quanto vorrebbe alzarsi e avere abbastanza forza da far ribellare la sua gente e farla confluire tutta in quel palazzo.
Quanto desidererebbe vedere i loro corpi venire mutilati in modo peggiore di come loro hanno fatto con lei.
Quanto sognerebbe udire le loro urla strazianti, che si levano al cielo senza freni, pregne di dolore e di suppliche.
Ma non può fare nulla del genere, é troppo debole. Può solo odiarli e immaginare.
Una persona torna con una grande bacinella di acqua santa, con qualcosa dal manico ligneo che spunta dall'acqua.
Il vescovo afferra l'oggetto e, avvicinandosi alla regione, tremante e spaventata, inizia a recitare frasi in latino e a schizzarle addosso l'acqua santa.
Non sente dolore, assolutamente, anche se l'acqua fredda in quella stanza buia e umida non é il massimo.
Sono i mormorii e gli sguardi degli altri che la spaventano.
Si sussurrano concitati e la occhieggiano, spaventati da quello che vedono e, allo stesso tempo, paiono impazienti di quello che accadrà dopo.
Quando l'uomo finisce di recitare, e nota che la piccola creatura si é solamente sollevata sulle braccia e messa a sedere, tremolante e spossata, indietreggia velocemente.
<Quest'essere é troppo legato al Diavolo perfino per me! Pare essere immune anche all'acqua santa! Il Demonio deve avere usato qualche inganno per far in modo che questa giovane adepta si salvasse!> spiega con orrore il vescovo.
<Uccidiamola, allora! Una figlia di Satana non merita la vita!> asserisce qualcuno.
<No! É un caso particolare e, se la uccidiamo così, forse il demonio andrà a cercare un'altra dimora! Dobbiamo ricacciarlo all'Inferno. Portiamola a Roma, dal Santo Pontefice. Saprà lui cosa fare.> decreta il vescovo, battendo il suo bastone pastorale a terra.
Poi si gira ed esce.
In fretta lo seguono gli altri, assicurandosi di rinchiudere la regione nella gabbia.
La bambina, allora, sopraffatta dalla disperazione (e dal dolore ancora presente, anche se le ferite si stanno rimarginando) si rannicchia su se stessa e piange.
É solo un mostro?
Merita davvero la morte?
Perché quelle persone l'hanno ferita a tal punto?
Sotto il controllo dell'Impero Romano non era così... lo ricorda bene.
Romulus era il primo a glorificare se stesso per come era e, quelle sporadiche volte che lo aveva visto, le aveva detto la medesima cosa.
Cosa é cambiato da allora?
Con la mente percorre secoli.
E capisce velocemente.
Il cristianesimo era diventata l'unica religione dell'Impero e, una volta che esso era crollato, la religione é sopravvissuta.
E si é fatta Stato.
É nata a Roma e si é espansa acquisendo territori, fra cui anche lei in quel momento.
E la piccola regione asserisce fra sé e sé che il cristianesimo é il peggior male che possa essere mai stato creato.
•~-~•
Domenico, volgendo lo sguardo verso Angela, osserva il suo tremore e il suo sguardo perso e lucido verso il televisore.
Spaventato e confuso, vorrebbe dire qualcosa, ma non sa cosa.
Allora si accorge di un evento raro: Angela sta piangendo.
Con ancora più panico dipinto in volto e in circolo nel corpo, balbetta: <A-Angela-! C-Ch-Che su-succede?! Pe-perché pia-a-ngi?!>
Ma l'umbra non le può rispondere, mentre un altro ricordo le passa davanti gli occhi.
•~-~•
Dopo un infernale viaggio, con le braccia legate dietro la schiena e un secchio accanto per i bisogni, la piccola regione si stupisce delle condizioni in cui si risveglia finito il viaggio.
Non ricorda di essere arrivata in quella stanza spartana ma pulita, quindi deve essere stata trascinata nell'incoscienza.
Dopo qualche secondo, si accorge con giubilio che ha finalmente le braccia libere!
Ed... é vestita con altri abiti e non puzza più?!
"Mi avranno lavato..." pensa e rabbrividisce al pensiero di avere avuto delle mani estranee sul suo corpo.
Si rannicchia, cercando di scacciare lontano il terrificante pensiero, quando un rombante rumore non la distrae.
Alza la testa e vede qualcuno entrare dalla pesante porta di legno, che non ha notato prima.
La figura é abbastanza bassa e pare un uomo nel fiore dei suoi anni.
La regione capisce subito che non é umano: quell'odore è troppo simile al proprio.
"Una personificazione...? É... A capo di tutto questo?!" si domanda spaventata la bambina.
L'uomo sorride affabile e la saluta: <Piacere, io sono Pietro. Sono la personificazione dello Stato Ponteficio.>
Le teorie della regione si fanno veritiere e, spaventata da cosa può fare, si rannicchia contro la spalliera del letto.
Pietro si avvicina alla figura tremante, le mani alzate in un gesto rassicurante.
<Tu cosa rappresenti? Come ti chiami?> domanda con tono innocente la nazione.
La figura abbassa lo sguardo sulle sue gambe, nude data la corta vestaglia che indossa.
Ormai l'hanno chiamata così tante volte "mostro" che ha quasi dimenticato il suo vero nome.
<Rappresento Umbria... mi chiamo Curia.> afferma con flebile voce la regione.
Pietro schiocca la lingua contro il palato e scuote la testa in disappunto.
<Dovrai cambiarlo, ora. Tu non sarai più Curia, d'ora in poi sarai... M-... Serafina. Il tuo nome sarà Serafina.> dichiara la nazione, dopo aver riflettuto un minuto scarso sul nome.
<Come? Perché? Curia mi piace... e me l'ha dato Romulus Augusto Iulia, Impero Romano in persona.> ribatte Umbria, ma con pacatezza e calma.
Non é mai stata una "persona" troppo espressiva: vederla esprimere le sue emozioni in modo crudo era raro... E, da quando ne ha ricordo, son stati quei sacerdoti cristiani a farle esternare emozioni senza filtri.
<Non mi importa quello che pensava quello là! Ormai é morto e tu non sei più un suo territorio, ma mio.> contesta la nazione, calcando l'ultima parola, indicandosi il petto.
<Come...?> sussurra spaventata Curia.
<Ma-> tenta di dire, ma Pietro la interrompe: <Tu sei un mio territorio, Umbria.>
La regione scuote la testa con vigore, spaventata.
Se quelli che l'avevano torturata prima erano solo umani suoi adepti... di quali crudeltà era capace la personificazione di uno stato fondato sul Cristianesimo?
Non voleva assolutamente scoprirlo!
Pietro, seccato dalla sceneggiata, afferra con forza Umbria per il mento e la costringe a guardarlo dritto negli occhi.
Curia si sente rabbrividire sotto quelle iridi argentee, fredde come il metallo che rassomigliano.
<Senti, sgorbio di regione. Tu ora sei mia, ti chiamerai Serafina e farai tutto quello che dirò io!> impone l'uomo, non lasciando la presa.
La piccola regione sente il cuore battere a mille.
Quell'uomo é crudele come gli altri.
<E se non lo farai... oh, se non lo farai...!> minaccia vagamente la nazione.
Rafforzando la presa sul mento della regione, chiarisce crudemente: <Farò andare i miei soldati nelle tue terre, farò saccheggiare i villaggi, uccidere i padri, violare le mogli, picchiare vecchi e infanti.>
Il respiro di Curia si velocizza, terrorizzata al pensiero di quella minaccia trasformata realtà.
Immagina le urla e il dolore del suo popolo. L'ha già provato con l'arrivo dei barbari in tutti i territori dell'Impero...
Non può permettere ai suoi umani dolori simili.
<Ti distruggerò totalmente, ti costringerò a inginocchiarti davanti a me, baciarmi i piedi e supplicarmi di essere un mio territorio e non un nemico da razziare. A te la scelta, Serafina. Ti ricordo che la perseveranza é diabolica.> afferma Pietro, scandendo bene e coscienziosamente l'ultima parola.
La paura diventa un tutt'uno con la piccola regione, tremante da testa a piedi e sul punto di piangere.
In quel momento pare davvero la bambina che fisicamente é ancora.
Ripensa al dolore delle fustigazioni sulla schiena, dei tagli sulle braccia e gambe, degli annegamenti con la testa in una bacinella piena d'acqua.
Non vuole risperimentare quel dolore e con tutta l'anima desidera non percepire una volta di più il dolore totale provato dai suoi cittadini poco tempo prima.
<V-Va bene...> pigola Umbria <S-Sono Se-Serafina... e-e-e sono un t-tuo territorio...>
Pietro ghigna vistosamente, gli occhi freddi, vuoti di gioia.
<Sapevo che potevamo ragionare.> commenta l'uomo, che si allontana velocemente da lei ed esce dalla stanza.
Con il battere della porta, Cu-Serafina decreta mentalmente di aver firmato la sua condanna.
•~-~•
Nel presente, Angela é appallottolata sul divano, le mani fra i capelli che stringono con forza e tirano verso il basso i capelli.
Il corpo é scosso dai singhiozzi, mentre le lacrime nascoste scorrono senza freni.
Domenico é accanto a lei, con le ginocchia puntellate sui cuscini, e cerca di sciogliere senza eccessiva forza gli arti dell'umbra dalla palla che si é creata.
Ma la ragazza tiene una presa ferrea e continua a piangere, i ricordi che le passano velocemente in testa.
Domenico allora ritiene che non c'è più tempo per la gentilezza e che l'unica soluzione sia la forza vera e propria, anche se un po' bruta.
•~-~•
E i secoli successivi per la maggior parte del tempo si mescolano.
Rinchiusa per la maggioranza del tempo in un convento, ha sempre pianificato attentamente le sue sgattaiolarne notturne.
In quelle occasioni correva su per le colline vicine, ammirando la sua amata Perugia, e sorridendo amaramente.
Perché non poteva stare con la sua gente.
Comunque con il suo capo ci ha periodicamente parlato, può uscire solo per andare alla sede del potere (da scortata) o mensilmente quando la matrona l'ha ritenuta una brava suora.
Ma, nonostante da rinchiusa, ha fatto sempre del suo meglio per distinguersi.
In fondo é una regione, uno spirito libero rispetto gli umani.
E ha sempre tentato di andare contro Pietro e il suo cristianesimo, usando la religione solo per la magia, ma affidandosi pure alla stregoneria.
Spesso é riuscita a passarla franca nelle sue scappate serali e i suoi riti magici e i pochi istanti che riesce a ritagliarsi in quella prigione di silenzio e religione senza senso.
Ma quando viene beccata...
Dolore.
Solo dolore.
Sangue, lacrime, suppliche e odio.
Odio per quella gabbia, odio per Pietro, odio per il cristianesimo... e odio per se stessa, che non riesce a liberarsi di quel peso.
E il suo cuore si é indurito di conseguenza.
Già pacata, silenziosa e schiva di natura, quegli orribili secoli l'hanno totalmente alienata dal mondo.
È diventata solo una bambola in mano di altri, una cantante provetta che oltre alla voce perfetta da soprano per recitare formule in latino, non é nulla agli occhi di chi la circonda.
I suoi istanti di libertà sono stati l'unica cosa ad ancorarli alla realtà.
Anche se non sa, tutt'ora, quanto è legata alla realtà.
Ha passato troppo tempo distante per essere sicura di ciò.
•~-~•
Angela si sente strappata da quei pensieri quando le sue braccia sono tolte con velocità da attorno le proprie gambe e viene sospinta contro qualcosa.
Con gli occhi semichiusi e traboccanti di lacrime, non capisce all'istante cosa sia l'appoggio duro contro cui é.
Poi sente una mano che le accarezza con dolcezza e delicatezza i capelli corti, un calore da quella superficie insieme un battito potente, lento e stabile.
<Sono con te. Non sei sola.> sussurra Domenico con premura.
Angela solitamente é restia verso il contatto fisico, ma il suo spirito é troppo abbattuto per rifiutare quella gentilezza.
Stringe la polo azzurrina dell'abruzzese e singhiozza parole sconnesse.
Ma l'altra regione le capisce e annuisce piano, greve, senza essere visto.
"Pietro" é stata la parola più ripetuta dalla ragazza.
Intuisce subito.
Quella nazione é riuscito ad inimicarsi chiunque sotto il suo potere.
Lui non ha mai avuto l'opportunità di conoscerlo, per molto tempo sotto il potere degli Aragonesi e, per estensione, della Spagna.
Ma capisce l'impotenza che le parole singhiozzate di Angela le trasmettono.
Lui é sempre stato ignorato, infatti non ha mai visto il tanto odiato catalano dai meridionali e dal lombardo.
È stato sempre troppo poco importante per ciò. I suoi stessi capi, vedendolo piccolo come era allora, lo ignoravano.
E abusavano della sua debolezza, ovviamente.
Perché appena uno si mostra vagamente come un agnello, le aquile arrivano per sbranarlo.
Per quello aveva deciso di allenarsi, per essere notato, importante e rispettato.
Per non essere più un bambolotto.
Anche se non poteva immaginare la frustrazione di Angela, la quale rammenta un altro evento.
•~-~•
Cristoforo.
Quel ragazzo di Perugia, grande credente del cristianesimo che ha avuto la possibilità di incontrare.
L'onore di conoscere.
Non é stato cattivo come tutti gli altri. Puro di cuore e credente nei principi di amore, fratellanza e tolleranza del cristianesimo.
I veri valori che Serafina ha visto sempre masticati, sputati e calpestati.
Cristoforo le ha fatto capire che non c'è solo del marcio in quella religione, che persone che credono veramente in quei bei valori esistono.
L'umbra realizza, grazie quel ragazzo, che non sono solo parole vuote.
E, grazie a lui, inizia ad apprezzare la religione.
Ma non quella di Pietro, dei vescovi e delle matrone. I più grandi ipocriti esistenti.
Quella da seguire é quella dei puri, degli innocenti e dei semplici credenti.
Quelli che amano davvero.
Serafina, grazie a Cristoforo, trova qualcosa di diverso in quella prigione che le permette di sopravvivvere meglio al supplizio.
•~-~•
Angela non si stacca dal fratello, contro cui piano piano calma il pianto.
Quando riesce a recuperare il controllo su di sé, si stacca leggermente e alza la testa.
É comunque tra le braccia di Domenico e non le da ancora fastidio.
Anche se le si sta formando una leggera emicrania.
Guarda con attenzione il volto del fratello, alla ricerca di qualche indizio che le dica che la sta sbeffeggiando dentro di sé.
Ma vede solo genuina preoccupazione...
E tira un lungo sospiro di sollievo.
Si sporge e da un leggero bacio sulla guancia al fratello, per poi scostarsi e alzarsi.
Domenico la fissa, confuso e paonazzo.
Angela abbozza un sorriso e dice: <Grazie per il supporto... Ne avevo bisogno.>
L'abruzzese vorrebbe dire qualcosa, ma é ancora abbastanza stupito dal gesto della sorella.
Non dimostra affetto in modo fisico.
L'umbra prosegue, fissando il divano: <Con gli abusi perpetrati dalla Chiesa... sono sempre molto sensibile.>
<Quando avrai bisogno di me, io ci sarò.> asserisce Domenico. Vorrebbe appoggiare una mano sulla sua spalla, ma si trattiene.
<Grazie.> e la regione più piccola si alza <Ora penso mi andrò a sciacquare la faccia, ne ho bisogno.>
E va verso il bagno.
Però si gira prima di uscire totalmente dal salotto e, con ironia, commenta: <Non pensare che ti darò altri baci così facilmente. É stata un'eccezione. E prova a dirlo per casa e ti faccio finire sottosopra con le tue coperte attaccate al soffitto di camera.>
<Dato che ci tengo che al mio cervello ci vada solo il sangue strettamente necessario... terrò la bocca cucita, suppongo> risponde con la medesima ironia l'abruzzese, osservando la sorella scomparire oltre l'ingresso per il salotto.
N/A: un po' di trauma religioso perché sì.
E perché Angela mi sembra uno dei personaggi a cui, purtroppo, non ho ancora dato molta tridimensionalità.
Ma giuro che nessuno é solo una macchietta ignorata in questa storia.
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