54. Cattiveria necessaria
N/A: questa storia ha compiuto il suo primo anniversario di nascita!
Ha un anno e, wow, non ci credo che ho trovato così tanto supporto e apprezzamento, grazie di cuore ❤
E dato che é in tema e per rendere un poco speciale questo capitolo, ecco un piccolo disegnino!
(ignorate gentilmente la carta a quadretti di un'agenda banale e il fatto che le virgolette non siano chiuse alla fine)
E dopo questo scarabocchio, buona lettura!
<Ehi-!> prova a reclamare Franco, imbronciato, quando Michele prende senza dire alcunché la bottiglia d'acqua che stava palesemente per prendere.
<Me la potresti passare?> domanda il molisano, cercando di rimanere cortese.
Il pugliese lo ignora completamente e beve il suo bicchiere d'acqua, poggiando la bottiglia accanto a sé sul tavolo, ma comunque tenendola.
Il piú giovane aggrotta le sopracciglia, imbronciandosi, e gonfiando bambinescamente le guance.
Pare piú un bimbo lasciato da parte durante l'ora dei giochi all'asilo che un essere semi immortale che esiste da piú di un millennio.
E, nonostante ciò, beffa della sorte, é una regione a se stante da neanche cento anni. Solo nel 1967 é diventata una regione.
Prima era unita all'Abruzzo, con cui aveva creato un legame abbastanza forte.
Ma non avrebbe mai avuto con Domenico l'intimità o la vicinanza che, per esempio, erano riuscite a creare Anna e Sofia; loro due erano davvero una unica regione, scissa nelle sue diversità in loro due.
E, in fondo, loro due hanno persone e opere e fatti e dialetti e tradizioni e tanto altro per cui essere distinte mentre lui ogni tanto si chiede cosa abbia di speciale.
É sempre passato in sordina e come accessorio.
Era nato nell'XI secolo e nel corso del tempo i suoi territori furono divisi e assorbiti in altri territori.
Non era mai stato coinvolto nelle faccende politiche, sempre lasciato in disparte, alcune volte sapeva delle decisioni riguardo i suoi territori nello stesso tempo dei suoi cittadini.
Era frustrante.
Se poi ci si aggiungevano crisi d'identità e mal di testa da sentire la testa spaccata in tanti pezzi, la sua vita prendeva una condizione davvero, davvero pietosa.
Il dolore e le crisi si placarono solo verso il 1800, quando vennero riuniti i suoi territori, aggiunta qualche cittadina, e considerato un contado separato.
Ma, appunto, poi venne annesso all'Abruzzo, anche se considerato comunque distinto, e solo nel secolo scorso aveva acquisito la sua autonomia.
E questo, in casa, lo rendeva il piú piccolo, anche se in realtà quella ad essere nata dopo era Marie, verso il 1300. Ma dato che lei fu considerata fin da subito un territorio distinto e presa in considerazione, slittava lui ad ultimo posto.
Ma lui non si era mai arreso, aveva sempre provato a insistere sul fatto che lui esisteva e valeva, importava come tutti gli altri.
Con l'ottenere della secessione dall'Abruzzo nel 1967 pensava di essere arrivato all'apice, di essere finalmente riuscito a far capire a tutti quanto valesse!
Quanto miseramente si sbagliava!
I commenti riguardo la sua inesistenza si erano solo che moltiplicati in casa. E prese piede anche fra gli umani.
In fretta era diventato uno scherzo, uno zimbello: i molisani non esistevano e il Molise era una leggenda.
Tutt'ora la situazione é così.
E lo ferisce, nel profondo.
Qualcosa che esiste viene considerata inesistente solo quando é inutile.
Il Molise non esiste, indi per cui il Molise é inutile.
Lui ci prova ad andare contro quell'ironia (che ironia non gli pare, perché é sempre una coltellata al petto) e alle messinscene dei fratelli, che fanno finta non sia lì e non lo ascoltano.
Allo stesso tempo, alcune volte si chiede se davvero esiste, se non é solo un fantasma che vaga.
Se non é solo un impostore e un peso morto.
Immagina che, se svanisse, il mondo andrebbe benissimo avanti senza di lui, senza batter ciglio.
Il Molise non é importante.
Per fortuna, esistono anche persone con empatia in quella casa, che gli ricordano che lui esiste ed é importante come tutti gli altri.
E nel caso di Rita, sempre pronta a dare calci nel sedere a chi lo prende in giro.
In primis c'é Michele, sicuramente.
<Ehi! Cagami!> sbotta Franco, avvicinandosi al maggiore e provando a sventolargli una mano davanti il volto.
Michele lo ignora, proseguendo a scorrere i post su Instagram.
Il molisano si arrabbia ancora di piú.
Le parole, almeno, gli ricordano che é lì presente e che vale abbastanza da avere una risposta.
Il silenzio e l'ignoranza totale lo fanno sentire un fantasma.
Franco strappa la bottiglia dalle mani dell'altro, il quale non oppone resistenza, e si versa un bicchiere d'acqua.
Beve e sospira piano, percettibile solo a se stesso (almeno così pensa, perché la verità é diversa).
Poi poggia il bicchiere ed esce dalla cucina, abbattuto ancora una volta dall'essere stato ignorato.
Michele lo segue con la coda dell'occhio, discreto, finché può, non mancando ovviamente di notare come il suo ricciolo sia rivolto all'ingiú come pressocché sempre.
Appena l'altro esce, il suo viso si piega in una smorfia dispiaciuta.
Odia fare cosí, non lo diverte davvero.
Forse all'inizio, quando i commenti erano leggeri e sporadici. Ora dalle sue labbra fuoriesce solo cattiveria pura.
Si chiede spesso come mai Franco non lo abbia mandato a 'fanculo e abbia deciso di vendicarsi.
Poi si risponde che é ancora troppo piccolo ed ingenuo per riuscire a fare ciò. Ha vissuto sí varie guerre, tra cui le due guerre mondiali come tutti, ma anche lí difficilmente é stato in prima linea.
Data la sua poca importanza, é riuscito sempre a salvarsi e preservare quell'innocenza infantile che anche loro possono regioni averla.
Però la si perde sempre, miseramente, solitamente in fretta. In quella casa nessuno é stato risparmiato, tutti hanno avuto quell'innocenza strappata da sé.
Chi prima, chi dopo, tutti l'hanno persa; anche Marie! Si comporta sí infantilmente, ma non ha l'innocenza e la speranza che brilla invece negli occhi del molisano.
Neanche gli estroversi di casa ce l'hanno. Né lui, né Giuseppe, né Giovanna, né Rita, né Anna, né Mario... nessuno ce l'ha, perché tutti sono stati calpestati e feriti nel profondo.
Eccetto Franco.
Lui é ancora salvo.
E l'unico modo per mantenerlo salvo é tenerlo in riserva, farlo ritenere ancora secondario e poco importante.
E il modo migliore per riuscirci é fargli ancora credere di non essere indipendente. Se si é sotto direttive altrui, si finisce per stare in disparte e cosí non si finisce a non dover affrontare di petto la merda che la vita riserva.
Quando aveva iniziato con gli insulti sempre piú pedanti ed assilanti, i suoi fratelli l'avevano preso da parte e gli avevano chiesto il motivo.
Michele aveva spiegato la sua idea e il suo piano di far continuare a credere a Franco di non valere cos tanto, affinché potesse essere risparmiato e vivere con l'innocenza per più tempo di loro.
Inoltre, aveva notato come il molisano avesse il potere dell'invisibilità, incontrollato e sepolto.
Supponeva che, continuando a nullificare il ragazzo, sarebbe riuscito a far sorgere in superificie quel potere e domarlo.
Era un'arma molto utile e sintomo di grande forza magica interna, a differenza sua. Sapeva usare sé la magia, come era normale che fosse, ma in modo molto vago e debole, e solo se incanalata nella sua arma prediletta (cioè, un enorme martello di ferro e acciaio, duro e resistente).
Se Franco fosse riuscito a incanalarla ed esternarla con controllo, sarebbe stato ancora più al sicuro.
I suoi fratelli erano un poco contrari, almeno all'inizio. Poi Vincenzo convenne che fosse una buona idea, per quanto all'esterno paresse crudele e poco ortodossa.
Se si vuole preservare qualcuno, non lo si può imprigionare in una bolla di vetro.
Vorrà romperla e uscirne, danneggiandosi di sicuro.
Se invece si tenta di bloccarlo con le parole, si ha un risultato più efficace e duraturo.
Su questo le altre regioni del meridione non poterono non convenire.
E quindi diedero una sorta di lascia-passare verbale a Michele, promettendo anche di aiutare se necessario.
Nonostante questo, ovviamente, Michele si sentiva uno schifo a riguardo.
Da un lato, quella speranza infantile é rimasta sempre lì, la vede, splendente come il Sole, ma d'altro canto il resto del suo spirito é sempre più abbattuto.
Lo dimostra che il suo ricciolo sia sempre rivolto verso il basso, come una strana goccia.
Se ha mai visto il ricciolo su qualcun altro assumere quella posizione, é durato per poco tempo.
Non é una condizione normale.
Eppure per Franco la é diventata.
Lui ne é la unica causa.
Ormai continuare a ripetersi che lo fa per il suo bene non aiuta molto.
Il senso di colpa lo attanaglia e lo divora. Gli pare di essere il peggiore mostro esistente sulla terra.
Però poi si immagina Franco privo di quella luce... e non riesce a concepirlo. E se quasi lo concepisce... non riesce a capacitarsene.
Non sarebbe il molisano che conosce.
Franco é chi é ora, senza un pezzetto non sarebbe lo stesso.
La sua piccola statura e corporatura, come quella di un ragazzino.
I capelli tenuti conciati in modo da nascondere uno dei suoi grandi occhi nocciola dietro un ciuffo.
La voce flebile e dolce, piacevole come un venticello fresco d'estate.
Il suo modo di fare quasi irrequieto, di chi non riesce mai a stare fermo: deve sempre muovere le mani, i piedi, il corpo in generale o giochicchiare con qualsiasi cosa.
Il sorriso abbozzato e timido, che riesce a scorgere solo con la coda dell'occhio, da lontano.
Perché appena si avvicina, il suo unico occhio visibile si spalanca e la sua normale irrequietezza si tramuta in ansia.
Fa male, anche se sa che se lo merita. Ha capito che sarebbe stato dalla parte del cattivo, é venuto a patti che sarebbe divenuto il tormento e la paura del molisano.
Ma riscontrarlo e riconoscerlo non significa accettarlo. Michele non vuole essere un mostro.
Vuole essere il meglio per Franco e proteggerlo.
Ma per fare ciò deve essere il cattivo. E allora si piega al circolo vizioso che ha creato, in cui sia lui che il molisano soffrono.
Un giorno spera di potergli spiegare tutto questo e finalmente smettere con questa crudele recita.
Vuole vedere arrivare quel giorno, venire accettato... e finalmente vedere ridere Franco grazie a sé.
Si farà perdonare per tutte le lacrime che gli ha fatto versare con sorrisi, risate e gentilezze.
Franco ne ha il diritto.
E se il molisano non lo perdonerà subito, come può tranquillamente capitare, farà di tutto per guadagnarsi il perdono.
Sposterà mari e montagne, se necessario, pur di farsi accettare da Franco.
E finalmente poterlo vedere sorridere d'istinto nella sua direzione, e non tremare come una foglia al vento.
N/A: zan zan zaaaaan!
Ecco qua il motivo per cui Michele tratta così malamente Franco la maggioranza del tempo.
Spero di essere stata esaustiva _Ev1n4_ e che il capitolo sia stato di tuo gradimento.
Grazie mille per averlo proposto, era un'idea che avrei dovuto scrivere secoli fa e che ho in testa da sempre 😅
Spero anche che a chiunque altro lettore sia piaciuto il capitolo e vi chiedo se si aspettavate una simile spiegazione o aveste tutt'altro in mente.
Ciao ciao, alla prossima!
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