169. Io bambino
N/A: sono abbastanza sicura che questo capitolo vi piacerà!
Questa settimana, Casa Vargas di Ary offre un pizzico di angst e giusto una spolveratina di traumi affogati in un delizioso fluff.
Buona lettura!
Giorgio e Aleksander passeggiano per Trieste, entrambi che bevono lo spritz delle 11.
Il veneto neanche si è lamentato del prezzo troppo alto rispetto a quello nei suoi territori (eccetto i luoghi spilla-soldi), è troppo contento di passare del tempo con il suo moroso, un po' più sereno del solito.
Ovviamente non possono passeggiare per mano per colpa degli omofobi del cazzo, ma finalmente stanno vivendo la loro pausa di due settimane pianificata a lungo e strutturata in modo tale che gli altri di casa si insospettiscono.
<Poi ti mangi tu la mia arancia?> domanda Giorgio, staccandosi un attimo dalla sua bevanda con basso tasso alcolico.
<Ma ti piace la spremuta-> nota Aleksander.
<E non mi piace mangiare così l'arancia, ma a te sì.>
<Vaaaaa bene!>
Ritornano in pacifico silenzio, mentre Aleksander decide la direzione della loro passeggiata, lasciando al più giovane tutto il tempo per ammirare i negozi.
A Giorgio, casualmente, cade l'occhio su un negozio di giocattoli che, in modo accattivante, ha un cartello dentro la vetrina che recita: "Giochi per nipotini e i loro nonni!", mostrando una sfilza di giochi vecchio stile, alcuni con qualche rivisitazione per essere più papabili ai bimbi nati nell'era digitale.
Bambole di pezza e bambolotti di legno riccamente dettagliati, macchinine di ferro di varie forme e colori, un cavallo a dondolo, trottole (una con uno schermo digitale sopra) e... biglie.
Biglie sparse intorno ad un sacchetto traboccante di biglie. Biglie di tutti i tipi. Biglie con su personaggi di cartoni moderni e biglie più classiche; biglie trasparenti e biglie opache; biglie colorate per intero e biglie con qualche linea astratta e colorata all'interno... semplicemente tante, tantissime biglie e tutte bellissime.
Vicino ci sono anche scatole con dei set già pronti da montare e in cui far girare le biglie più "tecnologiche"!
Giorgio scopre di essersi fermato a fissare come uno stoccafisso solo quando Aleksander lo scuote per la spalla.
Per un attimo il friulano si è spaventato, perché è andato avanti e non ha subito visto che il fidanzato è rimasto indietro.
Una volta individuato un ricciolo specifico, notando come fosse impalato davanti una vetrina con lo spritz mezzo pendente, Aleksander è pronto a sgridarlo appena gli è vicino (gli ha fatto venire un infarto!)
Ma la sua risoluzione svanisce quando nota lo sguardo rapito del fidanzato. Segue la sua traiettoria, scoprendo che tutta l'attenzione altrui è rivolta a delle biglie.
<Cosa hanno di così particolare?> domanda, scrollandolo per la spalla.
Giorgio si gira verso di lui di scatto, emette un verso strozzato, fa un passo indietro e va sul difensivo: <Non posso fermarmi per guardare qualcosa?>
<Certo che puoi, mi stupisce che sia per delle biglie.> commenta il friulano.
<Perché?> indaga l'ex repubblica marinara, come scioccata.
<Sono biglie. Palline di vetro o finto vetro colorate.>
<M-ma sono belle!>
<Non ho mai detto questo-.>
<Fanculo, porca Madonna.> e Giorgio, sbottando, dà una spallata al fidanzato e procede per la via dritto, a passo spedito, quasi spappolando il bicchiere di plastica.
Senza più usare la cannuccia, tracanna l'ultimo terzo del liquido rimasto in due secondi, evitando di strozzarsi con il ghiaccio.
Butta via il bicchiere in un cestino lì accanto e non rallenta quando sente Aleksander richiamarlo.
Il friulano però sta correndo, rischiando di buttarsi addosso quel poco di spritz rimastogli, quindi lo raggiunge e lo afferra per il polso.
Giorgio è costretto a bloccarsi e tirare, mentre non può non sentire il tono ferito di Aleksander domandargli: <Gigi, per favore, parlami.>
Per quanto gli piaccia essere "il duro" della relazione, quello intoccabile, basta sfiorare i punti giusti per farlo sgretolare. Infatti si gira, per come può, nella presa dell'altro per guardarlo in faccia, la vergogna che inizia a bloccargli la gola.
Ha fatto il bambinetto del cazzo.
<Cosa ho detto di sbagliato?> domanda il friulano, ricevendo silenzio.
Però questa assenza di risposta la conosce, non è data dalla rabbia, ma dalla vergogna. Cambia approccio.
Sospinge Giorgio per una via traversa, stretta stretta, non si può stendere per intero un braccio, e lo fa appoggiare vicino al muro. Con il braccio libero gli cinge i fianchi, si mette in punta di piedi e lo bacia appena sotto il mento.
Il veneto diventa duttile nella sua presa, si piega verso l'altro, alla ricerca dell'affetto. Infatti le braccia altrui si alzano e gli circondano il collo e solo allora Aleksander domanda: <C'entrano le biglie?>
Giorgio annuisce, muto.
<Per te sono importanti?>
Un altro assenso.
<Puoi parlarmene meglio?>
Dopo qualche attimo di trepidazione, il veneto annuisce. Appoggia il volto tra i capelli del fidanzato e spiega: <Mi sono sempre piaciute le biglie, anche quando ero una merdina di neanche un secolo. Ma non ne ho mai avuta una. O ero troppo povero e stavo ancora costruendo i miei commerci per poter vivere senza scrocco dai miei capi o mi stavo occupando di Feliciano o ero impegnato nelle guerre per rimanere libero e/o avere più ricchezze... Quando avrei poi potuto comprare le biglie, ero diventato troppo grande e a Feli non piacevano più, non avevo neanche più la scusa. E quindi mi è rimasta la fissa, ecco.>
Aleksander lo stringe forte, il cuore che si contorce in una presa invisibile e stronza. Anche se Giorgio ci prova a fare il muro di pietra (cosa che assolutamente non è e odia quando lo fa!), ogni tanto qualche traccia umana scappa.
Infatti, nonostante abbia cercato di mantenere il discorso il più coinciso possibile, il rimpianto aleggia nel suo tono e il suo volto è un ritratto della tristezza.
Aveva scoperto qualche tempo prima che gli umani ogni tanto parlano del loro "io bambino", quella parte di sé dell'infanzia che si porta dietro la gioia e anche il dolore di quel periodo. Il friulano si era chiesto se anche loro regioni potessero possedere qualcosa del genere ed era arrivato a tendere per il sì senza affermarlo.
Ora ne ha la conferma. Si sente di star abbracciando non solo il Giorgio "grande", con circa 1500 anni alle sue spalle, ma anche un Giorgio piccolino, grande qualche secolo, che vorrebbe essere un bambino ma che deve fare l'adulto e non può permettersi di giocare come tutti gli altri piccoli, compreso quello che cura.
<È una stronzata, te l'ho detto.> balbetta un po' il veneto, trattenendosi dal tirare su con il naso.
<Non lo è; ci tieni. So che... i bambini e l'infanzia sono un argomento brutto per te.> lo rassicura Aleksander, accarezzandogli i capelli.
E poi ha un'idea.
<E sai cosa ti dico?> domanda retorico il più basso.
<Mh?>
<Andiamo a comprare delle biglie in quel negozio e poi filiamo subito a casa che così ci giochiamo!>
<Cosa?! No! Non devi! Sono per bambini!> e Giorgio scuote la testa, la vergogna che lascia spazio alla sorpresa. Sposta le braccia e afferra l'altro per le spalle. Che vuole fare quel cretinetto?!
<E qua dentro c'è un bambino che da oltre un millennio vuole delle biglie e io gliele darò.> ribatté risoluto Aleksander, battendo l'indice sul petto del fidanzato.
Il friulano prende per mano l'altro e lo riconduce sulla via principale, tornando davanti al negozio di giochi.
<Ora le guardi e scegli le più belle mentre io finisco lo spritz.> asserisce il più vecchio, tornando a bere dalla cannuccia, ma fissando l'altro in una maniera che non lascia spazio a discussioni.
Giorgio sospira frustrato ma torna a guardare le biglie con gioia: le ammira e sceglie le sue preferite.
Quando entrano e tocca a loro non ci mette troppo a fare l'ordine e gli sembra che potrebbe correre sui soffitti quando riceve la sua busta con le biglie, per cui Aleksander paga nonostante le sue proteste.
E protesta anche quando sono dentro casa di Aleksader in fretta e furia grazie al loro potere del teletrasporto.
Il più basso lo zittisce con un bacio a stampo e con un promemoria: <Vedilo come un regalo per il te piccolino che non ho conosciuto.>
Per convincerlo ulteriormente a non protestare, va a prendere una bottiglia di bianco fermo e due bicchieri per accompagnare il gioco. Si mettono sul tappeto, mentre Giorgio tira fuori le biglie, le osserva e decide il percorso che devono fare.
Il veneto ci mette poco a dimenticare la vergogna per aver ammesso quella parte di sè e il fastidio aver lasciato l'altro pagare e trattarlo come un bambinetto: si sente euforico e quel gioco semplice con le biglie gli sembra la cosa più bella che ha fatto in tutta la sua vita.
Aleksander cerca di trattenere le risatine ai comportamenti bambineschi del fidanzato, ma il suo cuore si piega su se stesso nella gioia quando ammira i sorrisoni raggianti che Giorgio rivolge a lui e al gioco.
Ci giocano fino a che non è ora di preparare il pranzo, ergo per oltre un'ora.
Al pomeriggio non giocano con le biglie, almeno, non nel modo convenzionale: Aleksander lo coccola mentre Giorgio le ammira nelle sue mani e alla luce del sole e mentre le fa tintinnare tra di loro.
Di notte, quando sono finalmente tra le coperte, il veneto stringe fortissimo il friulano, gli scocca un lungo bacio sulle labbra e sussurra: <Grazie.>
Il più anziano lo abbraccia, elargendogli altre coccole, contento e soddisfatto.
L'io bambino del suo fidanzato sta meglio di come stava quella mattina.
E ripensando ai sorrisi e al gesto di Giorgio, si addormenta con il cuore a cuoricino, come il suo moroso.
N/A: awwww, adorabiliiiii.
A me è piaciuto molto scrivere questo capitolo con un po' di cuteness, nonostante si accennano a vecchi traumi (perché ai miei ocs elargisco principalmente due cose, ormai: essere queer e traumi).
Spero vi sia piaciuto il capitolo. Se fosse così, fatemelo sapere.
E niente, ciao ciao!
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