158. Lorenzo e Leopoldo

<Beatrice!> la richiama una dama di corte, mentre la toscana si avvicina impudemente al suo capo, sottraendo l'attenzione dalla sua capa e consorte dell'uomo, Clarice.

La regione s'inchina al suo cospetto e dichiara: <Grazie di tutto, Magnifico.>
E magnifico lo é, perché ha fatto l'impossibile. Le ha dato pace con quegli altri idioti con cui condivide la penisola.
Ha dato stabilità politica ai suoi territori.

È un pensatore, uno stratega, colui che ha comandato, con trattati e paroline giuste, i pezzi grossi d'Italia.

E non solo.
È stato consigliere di re e principi stranieri.

È pure un artista. Uno scrittore non estremamente formale, ma bravo. Le sue poesie l'hanno ispirata in qualche recente dipinto, che Lorenzo ha elogiato.

Le si sono tinte le guance di rosso tutte le volte, il che la infastidisce, in un certo senso. Adora i complimenti, ci si crogiolerebbe per sempre, ma non hanno solitamente la potenza di mille fuochi.
I complimenti altrui non la lasciano vibrante come quelli di Lorenzo.

È amore? Chi lo sa.
Ma in fondo, cos'è l'amore? Soffrire perché chi si ama è irraggiungibile? E puro d'animo? E benefico per chiunque attorno che ha la possibilità di avere posati addosso i suoi occhi?

No, non per lei.
Non è Dante, né Petrarca. E loro parlavano di donne.

Lei è una donna innamorata di un signore che vede ogni giorno, non un uomo perduto per una dama vista qualche volta.
Il suo Lorenzo, poi, ha una sposa e tanti figlioli. Lei è solo una bella ragazza per lui. Anche se estremamente importante.

Lorenzo sa la sua vera natura.
La tratta con estremo rispetto.
Eppure, eppure, le sembra ci sia qualcosa sotto. Qualcosa di non detto.
Un desiderio da parte sua.

O forse è lei che immagina.
E forse è meglio che sia così.
Chi ha amato ha fatto un'orribile fine, che lei non voleva, nonostante gli innumerevoli auguri di morte.

Non può accadere di nuovo.
Era un'altra lei, quella che ha sofferto.
Era Etruria quella addolorata.
Lei è Toscana. Firenze.
È diverso.
Deve esserlo.

<Grazie per la tua enorme fiducia.> risponde lui, osservandola dritto negli occhi.
Gli sorride radiosa, usando i suoi poteri per convincere chiunque lì attorno, eccetto lui, che tutto ciò è assolutamente normale.

(È destinata a ferirsi. Non lo vuole accettare.)

•~-~•

Potrebbe uccidere.
Vuole uccidere. Ma i responsabili sono già quasi nelle mani della Morte.
Però lei vuole farli soffrire.
Hanno provato ad ucciderlo.
Lorenzo sarebbe potuto morire.

Non vuole pensarci.

Per esseri come lei, di solito la morte è quasi un'estranea.
Ma dopo Romulus, si è fatta una compagna di vita. Si era promessa di non innamorarsi più. Anche le cose "eterne" avevano una fine.

Una fine lenta, dolorosa, come tante coltellate nel costato che non vanno fino in fondo.Ti graffiano. Sanguini. Ma non muori, perché non toccano i punti vitali.

Questa è stata una coltellata mancata.
Per davvero.
Sfrega gli occhi umidi.

Lei, potente e pericolosa, che piange per un mortale! La giovane Galatea la definirebbe una debole.

La vecchia Galatea, conscia che tutto nella sua vita è destinato a cambiare, l'abbraccerebbe, condividendo il suo dolore.

Non vuole che Lorenzo muoia.
Eppure morirà. Le Parche lo reclameranno in fretta. La Morte aspetta di segnarlo sulla sua lista.
È lei la stupida. L'ha elevato a mito.
L'ha reso intoccabile, nella sua mente.

Purtroppo, il mondo delle idee e quello delle cose sono distanti, come affermava Platone.

•~-~•

Beatrice ha deciso di odiare le malattie mortali. Già la peste bubbonica non l'aveva molto apprezzata.
Ma il risentimento puro che prova per la gotta è a tutt'altro livello, indicibile.

Il suo cuore le si stringe a notare come Lorenzo stia sfiorendo, appassendo giorno dopo giorno. Le terme non servono a niente.
È solo questione di tempo.

Vorrebbe poter cambiare il corso della vita di lui, tra tutti al mondo, ma non può. È oltre i mortali, ma confinata come loro nell'imperfezione.

I suoi occhi, prima vispi, sono spesso spenti, eppure persiste, come un fiore al vento. Quanto ci vorrà per vederlo piegato sull'erba e senza petali?

Non vuole pensarci.
Maledetta malattia dei re*. Tra tutti, proprio il -suo- re doveva colpire?

•~-~•

Firenze è cupa, in lutto.
Beatrice è in lutto.
È rinchiusa in una stanza della proprietà dei Medici. Non ce la farebbe a vedere la tomba. La sepoltura.
Preferisce soffrire da sola, senza limiti.

Era dai tempi di Romulus che non piangeva così tanto. Si è fatta fregare di nuovo, idiota come è.
Volubile. Perché si innamora?
Sarebbe così semplice non amare. Ma non può. Lei ama. Ama e soffre.

Che combinazione di merda.

•~-~•

Odia i capi stranieri, ma quell'Asburgo (o, per essere precisi, quell'Asburgo-Lorena) è un riformatore.
Un vero illuminato.

Sta dando una spinta nella giusta direzione, per ridare un po' di dignità alle sue amate terre, ormai dimenticate dal mondo, belle solo se viste nel passato.

Non può competere né con la Francia, né con l'Inghilterra, ma può diventare la più potente tra gli italiani.
La più avanzata.

Ha sorriso raggiante a Leopoldo quando  ha deliberato che tutte le tracce rimaste di feudalesimo nei suoi territori siano tolte.
Avrebbe voluto ballare per la sala quando ha creato le livellazioni leopoldine.

Ha sentito nei mesi (e anni successivi) la gioia e la speranza di tante delle sue genti crescere esponenzialmente.

Finalmnete un capo bravo, che sa che fare!

Le viene in mente, spesso, Lorenzo. La gioia le pare familiare; la sensazione di risplendere è quella.
Inoltre, entrambi iniziano per L. Ma di quest'uomo non si è innamorata.
E non lo farà a breve.

È comunque uno straniero. Non che ci sia un miglior candidato. I de Medici non esistono più. È rimasta distrutta quando l'ha saputo.
Sarà quel dolore a impedirle di innamorarsi? Non lo sa, ma quasi qausi ci spera.

Non vuole soffrire per un altro capo che inizia per L.

(Leopoldo però è diverso.
Non la guarda come faceva Lorenzo. Le riserva pazienza e tolleranza, ma non l'ammira e la tratta come faceva lui.

Per Lorenzo era una donna ad un passo dall'essere angelo. Per Leopoldo è uno strumentino da tenere sotto controllo, come i conteggi e la nobiltà.

Non potrebbe mai innamorarsi di chi la tratta come scontata e come un peso.

Di Romulus, infatti, si è innamorata quando ha iniziato a cercarla con più serietà, discutendo nei suoi momenti di pace, durante il periodo aureo, di filosofia e arte.

Da Lorenzo è stata attratta, un pochino, dopo che ha iniziato a interrogarla di tanto in tanto sul piano politico estero da seguire. Poi l'attrazione è esplosa quando le ha dedicato una poesia di cui solo lei è custode.

Con Leopoldo non c'è niente di tutto ciò.)

•~-~•

Ha fatto bene a non innamorarsi.
Quello stronzo è tornato nei suoi terreni natii, avendo ereditato quella corona. Ora governa i suoi territori da lontano.

Francesca è solo un pescetto piccolo e nella politica estera qualcosa ribolle. In Austria qualcosa ribolle, anche se lì Leopoldo cambia poco e niente.
Sembra diventato un inetto.

Ciò non la dispiace.

Perché ha pianto, silenziosa, con il cuore pesante, quando se ne è andato. Si è sentita tradita.
Raggirata.
-Usata.-

L'unica cosa che la consola è che l'offeso non è il suo cuore, ma il suo orgoglio. Può sopportare l'ennesimo strappo nel suo animo, schiacciato dopo il tramonto dello splendore in Italia.

Ma non potrebbe sopravvivere ad un'altra frattura nella fragile struttura che è il suo amore, ricomposto più volte e a fatica.

Di nuovo desidera essere la Morte.
Vuole vendetta.
Ma non vuole salvare il suo "capo".
-Vuole distruggerlo.-

•~-~•

Il destino ha fatto il suo corso, le Parche l'hanno reclamato. Ci hanno pure messo troppo per i suoi gusti; fanno sempre il contrario di quel che le prega.

Non ha pianto per la sua morte, come ha fatto con Lorenzo.
Ha riso della sua dipartita.

Si dice che potrebbe essere stato avvelenato. Non sa se crederci, dato che ha visto per secoli come i malanni possono essere rapidi e improvvisi.

Ma se ci fosse stato lo zampino di un veleno, avrebbe voluto stringere la mano dell'artefice, per ringraziarlo.

Quel bastardo se l'è meritato, perché l'ha fatta di nuovo sentire bene, per poi abbandonarla in un angolino.

Però almeno il suo cuore è saldo. E l'orgoglio in parte risanato.

Come ha fatto a farsi venire il dubbio che quei due si rassomigliassero?
Leopoldo non è neanche lontanamente comparabile al Magnifico Lorenzo.




N/A: malattia dei re*= la gotta è stata definita così perché era causata da un consumo smodato di vino, possibile solo ai ricchi nei secoli addietro.

E niente, era da un po' che volevo parlare di Lorenzo de Medici e ne ho approfittato per parlare di Leopoldo, un asburgico che in toscana non ha fatto troppe stronzate, ma ha commesso l'errore di ignorare la nostra Francesca.

Spero vi sia piaciuto questo capitolo introspettivo su di lei <3.

Purtroppo è stato scritto in fretta perché fino a ieri ero concentrata sul mio primo esame universitario da fare (andato benone, ma finché la docente non ha detto il voto il mio stomaco si stava annodando in mille modi diversi!).
Quindi, se ci sono erroroni fatemelo sapere.

Alla prossima settimana!

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