120. Solo un mostro
N/A: preparatevi gente! Questo capitolo è lungo e soprattutto alla fine sarà un continuo altalenare di emozioni diverse.
Buona lettura!
Giorgio quasi letteralmente schizza di sopra, correndo per tre rampe di scale, e si fionda in camera propria.
La sbatte ma non la chiude effettivamente, la scena vista in televisione che lo ha scosso e incazzato insieme in una maniera indescrivibile.
Stavano guardando tutti insieme un film con protagonista un uomo andato in guerra e tornato con una vistosa cicatrice in faccia, che al veneto parve troppo familiare.
Poi lui torna dall'amata e questa gli dice che lui è sempre il suo adorato marito e che per lei è sempre bello, specialmente dentro perché è andato in guerra per poterle dare i soldi per affrontare la spese mediche del parto; quindi non le importa di quel segno.
E lì allora lui è scoppiato.
Quanto era falso quel film, dall'inizio alla fine!
Giorgio si ferma davanti allo specchio che ha in camera, il fiatone che gli muove il petto freneticamente.
Chiude gli occhi e muove la mano davanti il volto. Quando la allontana, tiene in mano, con enorme cura, una carta che ben conosce.
La maschera.
Una carta che nasconde e inganna, abbellendo una triste realtà.
Giorgio apre gli occhi e il riflesso mostra quello che effettivamente è, un mostro.
La differenza fra i due occhi ogni volta quasi lo spaventa. E la cicatrice che sfregia una gran parte del volto non aiuta a farlo sentire meno uno schifo.
L'occhio sfregiato funziona ormai da vari secoli, stranamente, e questo lo rende ancora più disturbante: un occhio giallognolo, in cui iride e sclera si confondono, vede limpidamente la differenza con l'altro occhio, vivo.
Si sfiora dove la cicatrice parte, chiudendo l'occhio danneggiato.
Chi mai potrebbe sopportare la sua vista, senza alcuna maschera?
È ripugnante un volto così giovane (e dannatamente bambinesco) rovinato da quel segno che lo distrugge come uno strappo su un foglio di carta e riparato alla bell'e meglio con dello scotch.
È così simile a Feliciano, eppure così opposto. Due facce nella stessa medaglia e lui è quella negativa. È il lato scuro della luna, è il buio che ribolle dove la luce non filtra.
Condivide con la nazione tutto: l'altezza, il fisico, il volto, il colore di capelli e gli occhi. Le uniche cose a differenziarli sono l'acconciatura dei capelli e il carattere.
Oh, il carattere. È quello a fare la differenza. A rendere Feliciano un angioletto e lui un mostriciattolo.
Chi pensa che un sorriso su un volto non faccia la differenza, non ha mai visto lui e Feliciano vicino.
Non che voglia essere nella situazione di Feliciano, con spesso e volentieri addosso idioti molesti che provano a tenersi per sé il bel faccino del padre.
Ma vorrebbe essere visto oltre la sua facciata, anche se fa di tutto per non far vedere agli altri come sta davvero.
Chi è causa dei suoi mali pianga se stesso.
E quindi Giorgio piange silenziosamente, perché si è reso lui il mostro quale è. È esuberante ed irriverente di suo, quello sì, e quello lo separa così tanto dal mite e dolce Veneziano, ma la enorme rabbia... è spesso una farsa.
Un gioco in cui ormai ha messo radici.
Ha dovuto essere lui il mostro fra i due, per permettere a Feliciano di vivere libero il più a lungo possibile.
In cambio, Giorgio ha dato via tutto quello che avrebbe potuto renderlo amabile.
Sa che Feliciano gli vuole bene, lo sa, oh se lo sa, ma gli sembra che sia costretto a volergli bene. Perché lo ha accudito e protetto e l'ha visto prima che diventasse un mostro.
Vorrebbe essere amato senza condizioni, visto per quello che è sotto i suoi modi bruschi e accettato con le sue imperfezioni.
Ma cosa c'è di amabile in lui? In un mostro brutto sia dentro che fuori? Non ha qualità positive e la faccia lo rispecchia.
Non si è sfregiato il volto per uno scopo nobile, in guerra. Era una guerra nata per ingordigia, per avere di nuovo un pezzettino di terra in più utile per i suoi commerci.
Cosa c'era di nobile nel voler strappare a qualcuno qualcosa rubato in precedenza?
Niente.
E Giorgio si sente stupido, tremendamente stupido, mentre resta davanti lo specchio e piange, desiderando eliminare i mali che si è costruito.
Non vuole essere se stesso, ma si è creato lui, un po' artificialmente, ed è solo il frutto delle sue scelte. Nessuno gli ha imposto effettivamente niente. Ha deciso lui di comportarsi in quel modo per sopravvivere.
Vorrebbe essere capito e amato, ma come si può fare ciò se continua ad usare la rabbia, risultando sgradevole, ed erge muri su muri per non essere compreso?
Che ipocrita che è!
Un falso, mostruoso e rabbioso ipocrita.
Come fa ancora a sopportarsi? Come riesce a portare avanti la sua recita?
Per esaurimento? Per assenza di scelte diverse? Per tradizione?
Chi lo sa.
Quando gli viene ricordato, in un modo o nell'altro, della sua ferita o dei crudeli danni che ha inflitto ad altri, azioni che l'hanno reso un mostro vero e proprio, si sente svuotato.
E vorrebbe solo piangere come il bambino quale è, nel profondo della sua anima. Quel bambino che non ha mai avuto l'opportunità di esistere e ora è rinchiuso in un angolo di sé.
La porta si apre e tutti i pensieri si schiacciano sotto il peso della paura.
<Giorgio, che è successo? Sei scappato via-> chiede Aleksander, preoccupato, entrando cautamente.
Il veneto si spaventa e si copre il volto con le mani, troppo preso dalle sue emozioni per poter pensare di riusare la magia, la carta caduta a terra accanto lo specchio.
Il friulano lo osserva di spalle, incurvato, mentre trema leggermente.
<Stai piangendo?> sussurra il più basso.
<Vattene!> strilla Giorgio, comportandosi come un ipocrita come al suo solito.
Vorrebbe solo essere capito, compreso e confortato e lui che fa? Spinge via l'unico sulla faccia della terra che per qualche assurdo modo si interessa a lui così tanto.
Ed ecco perché è un idiota, perché spera di capire qualcosa in quel miscuglio di spigoli e porte chiuse a tripla mandata quale è lui.
E Aleksander, mostrandosi ancora una volta "idiota", non se ne va e, anzi, si avvicina.
<Non c'erano scene di sesso e di solito a quelle di lamenti e distogli lo sguardo. Cosa è successo?>
Silenzio.
Giorgio in un angolino di sè spera, quasi prega, che Aleksander capisca tutto. Ma come può, se lui non parla?
<C'entra la guerra? La ferita del tipo e la reazione della tipa?> propone il più vecchio.
Giorgio si irrigidisce, stupito di come abbia colto perfettamente nel segno.
Il volto di Aleksander si ammorbidisce nel dispiacere, intuendo che c'è qualcosa di enorme sotto che sarà ben costudito da quel riccio, emotivamente parlando.
<Sai che mi puoi parlare di tutto, mh?> chiede il più anziano, avvicinandosi, provando a vederlo in volto.
Ma il veneto si gira di scatto, continuando a dargli le spalle: <Ti farei schifo.>
<Come, scusa?>
<Non voglio che tu mi veda come il mostro che sono... non tu.> sussurra Giorgio, mordendosi l'interno guancia.
"Bravo coglione" si dice "fagli vedere quanto sei patetico, così se ne andrà. Chi vuole avere a che fare con un debole del genere?"
Apparentemente Aleksander, perché imperterrito prova a guardarlo in faccia, fallendo miseramente, mentre asserisce: <Tu non sei un mostro, Giorgio!>
<E invece sì.>
<Come puoi pensare così basso di te?!> si stupisce Aleksander, stringendo le mani a pugno.
Ci tiene tantissimo al veneto e lo ferisce nel profondo definirsi in quel modo...
Oh, chi vuole prendere in giro? Lui ama quel testardo bestemmiatore ed appassionato di vino.
<Perché non posso dimenticare quello che ho vissuto.>
<Abbiamo avuto tutti le nostre esperienze negative, Gio. Se me ne parlassi, potrei aiutarti...! Sono più vecchio di te, ho visto e subito e fatto più cose.>
<Sei sicuramente meglio di me. Non che ci voglia tanto, ma lo sei.>
Aleksander rimane scioccato di fronte alla fragilità di Giorgio in quel momento, fragile come le sue parole tremolate.
Vorrebbe solo abbracciarlo e fargli capire quanto lo ama e che per lui è perfetto così come é.
<Perché allora ti comporti come se niente ti ferisse? Come se tu fossi sopra tutti? Ti fai ferire di più, così, perché hai le tue debolezze come tutti, ma le nascondi e fai finta non esistano. Perché?> chiede Aleksander.
<Mi sento il peggiore di tutti, quindi faccio finta di essere il migliore.>
<Non devi. Tu non sei il peggiore.>
<Tu che ne sai?!> urla allora Giorgio, ma ancora rifiutandosi di guardarlo in faccia, nascondendosi dietro quelle mani affusolate ma callose da tutte le spade tenute fra le mani nei secoli.
<Ne so perché ti conosco da secoli Giorgio! E potresti guardarmi mentre parliamo!>
<Non sai un cazzo Ale, come tutti gli altri! Non sai un cazzo di quello che sono, perché nascondo tutto il peggio!>
<E vuoi sapere perché mi nascondo? Vuoi saperlo? Vuoi davvero saperlo?!> incalza il veneto, le mani strette sul volto, ma le braccia tremolanti.
<Si.> è la risposta secca del friulano, cercando di vedere oltre le mani dell'altro.
E Giorgio leva le mani dal volto.
Aleksander inspira bruscamente, spalancando gli occhi nello shock. Giorgio... il suo volto... è squarciato da una cicatrice ormai guarita, che però ha lasciato dietro di sé devastazione.
Gli si chiude la gola e le viscere si attorcigliano alla vista, dal dolore che prova per l'altro. Quanto deve aver sofferto quando è stato ferito? E dopo?
La cosa che lo spiazza più di tutte è quell'occhio.
Se c'è una cosa che gli occhi di Giorgio sono, oltre a essere stupendi nell'opinione di Aleksander, è essere estremamente espressivi. Sono la prima fonte di emozioni genuine dal più giovane.
E vedere quell'occhio ormai danneggiato, giallognolo e spento... sembra morto.
E, con esso, una parte di Giorgio.
Per qualche istante il giovane lo guarda con un miscuglio di disperazione e resilienza, per poi abbandonarsi ad un mesto ghigno.
<Soddisfatto?> sussurra con un tono arreso il veneto <Ora sai la verità. Sai quanto sono davvero un mostro, sotto la maschera di magia che indosso sempre davanti a tutti voi.>
<C-Come?> riesce a balbettare Aleksander <Chi te l'ha fatta? Quando?>
Il desiderio di saperlo gli brucia nelle vene, perché sente le mani prudere dal desiderio di usare la sua ascia addosso il volto di chi ha sfregiato quello dell'amato.
Giorgio barcolla all'indietro, sedendosi sul letto. Lo fissa, dritto nelle pupille, inchiodandolo lì, quasi al centro della stanza.
E il friulano rimane fermo, mentre l'altro prende un gran respiro e racconta.
Alla fine del riassunto, il veneto ancora una volta sfoggia un ghigno mesto, pieno solo di dolore.
<Ora sai la verità, Ale. Mi stupisce tu sia ancora qua e non sia scappato appena tu mi hai visto->
<Perché avrei dovuto?>
<Perché sono inguardabile, sono un mostro!>
<Sei solo una regione che ha vissuto molti eventi burrascosi.>
<Non rendermi un vittima, per favore. Semplicemente, non farlo.> impone Giorgio, la disperazione che trasuda dalla sua voce.
Aleksander si avvicina cautamente, ma si blocca per qualche attimo nello stupore, quel "per favore" che gli rimbalza fin nello stomaco per quanto fosse genuinamente sconsolato.
<Perché no?>
<Perché il dolore che ho ricevuto è niente in confronto a quello che ho dato.>
<Hai sbagliato, come tanti altri. Hai lasciato la parte sbagliata prendere il sopravvento, ma hai capito i tuoi errori e la tua parte buona ti impedirà di ripeterli.>
<Quale parte buona? Quale parte cattiva?> scatta di nuovo giorgio, alzandosi in piedi come una molla <C'è solo una parte dentro di me, ed è la parte mostruosa e falsa che mi sono costruito nei secoli!>
Aleksander resta fermo e zitto, conscio che interromperlo sarebbe un danno.
E Giorgio scoppia come un fiume in piena, fra i singhiozzi: <Ho dato tutto me stesso per diventare lo stronzo che sono oggi, ho rinunciato ad essere bambino per essere uomo in mezzo a degli stronzi! Tutto, ho fatto di tutto per Feli, anche se ero io il più piccolo! Ho lasciato la mia innocenza uccidendo un uomo in piazza che ha tentato di fregarmi, facendo capire a tutti che con me non bisognava scherzare!>
Prende svariati respiri profondi e continua: <Ho dovuto scacciare la paura di affogare e dell'alta marea per creare commerci per sperare di sopravvivere. Ho dovuto lottare e lottare e lottare mentre Feli disegnava innocentemente per dargli la possibilità di vivere sereno un altro giorno!>
Scuote la testa e sfrega gli occhi, mentre ammette: <E forse c'era un altro modo, anzi, sicuramente c'era, ma io non l'ho trovato! E sono diventato, giorno dopo giorno, il mostro che sono oggi, rinunciando a qualsiasi umanità! Questa ferita almeno mi ricorda chi sono davvero; qualcuno di rotto che non può essere aggiustato, che per incastrarsi nel mondo deve fingere.>
E, non distogliendo lo sguardo da quello bicromo di Aleksander, continua a piangere solo dall'occhio buono.
Il friulano sente tutte le viscere contorcersi nel dolore all'udire la sua confessione. «Non è così!» vorrebbe urlare, ma non basterebbe.
<Sei umano, Giorgio. Il mostro più umano esistente.> asserisce Aleksander.
Giorgio lo guarda confuso.
<Tu... hai fatto qualcosa di estremamente nobile, rinunciare alla tua gioia per quella di qualcuno che ancora non conoscevi.> aggiunge.
E il friulano sorride dolcemente, affermando: <E anche se non pensi di esserlo, ti assicuro che sei ancora umano, tremendamente umano, come me e gli altri. Perché per quante volte ti sei spezzato, ti sei sempre rimesso insieme. Me lo stai dimostrando ora!>
Si avvicina, Giorgio che non fa niente per allontanarsi, e allora leva le mani al volto altrui e gli asciuga la scia di lacrime, accarezzandogli nel mentre il volto.
<Piangi, ridi, ti incazzi, provi dolore... come tutti gli umani. E hai sbagliato e non tutto è perdonabile, anzi, tanto di quello che sbagliamo non è perdonabile, ma hai avuto le tue ragioni. Come tutti noi, per sbagliare, ferirci e sentirci mostri.>
Il veneto è muto davanti il suo discorso.
<E se è la cicatrice a preoccuparti... a me non dispiace. Perché ti rende chi sei. Giorgio. Qualcuno di incazzato, vero, ma che è passionale in tutto ciò che fa e, in special modo, con chi tiene davvero.>
<Perché...?> domanda fra nuovi singhiozzi il veneto.
<Perché sei venuto qua? Perché hai insistito per vedere cosa nascondevo? Perché hai ascoltato? Perché mi stai confortando?> incalza.
<Perché tengo a te, Giorgio, più di quanto tu possa immaginare.> risponde Aleksander.
"O la va, o la spacca." pensa, e aggiunge: <Ti amo, Giorgio.>
E lo bacia, mettendosi goffamente in punta di piedi.
Tutto, nel mondo di Giorgio, finisce sottosopra mentre chiude gli occhi e schiude leggermente le labbra dalla sorpresa.
Aleksander ne approfitta e usa la lingua, gustandosi il momento. Non riesce a reprimere il mugolio di piacere: aspettava da così tanto baciare quelle labbra sottili e rosee.
Lo sospinge indietro, delicatamente, e Giorgio si siede sul letto. Aleksander si mette sopra di lui a cavalcioni, attaccandosi a lui. Gli accarezza il volto con cura, mentre prosegue il bacio.
È il paradiso.
Finché non si tramuta in inferno.
Giorgio lo allontana bruscamente, urlando: <Ma che cazzo?!>
Aleksander lo fissa come un pesce lesso, un dolore pungente che lo attacca alla base dello stomaco.
Il veneto lo spintona via, la testa che gira, il cuore che batte forte, troppo forte, il fiato irregolare e il mondo ancora sottosopra.
Aleksander... ha detto di amarlo? E l'ha baciato? Quello lì ha baciato uno come lui?!
Lo spintona giù dalle proprie gambe, scatta in piedi, e ordina: <Va via!>
<Ma->
<Vattene!> strilla il giovane.
Aleksander esce dalla stanza, maledicendosi per la impulsività. Giorgio crolla e piange di nuovo, comportandosi per l'ennesima volta come il mostro quale é.
Tiene ad Aleksander, forse davvero lo ama, ma lo ha colto di sopresa... e non lo merita. Lo stancherebbe fino allo stremo, spezzando la gioia quasi perenne che ammira nel più vecchio.
E continua a piangere, mentre si ripete che è solo un mostro.
N/A: ah, Giorgio, sei proprio poco furbo! Ma capitelo, ha un complesso di inferiorità (sorprendentemente)!
E comunque sono stata pure abbastanza buona con questo capitolo, mh?
Cosa accadrà a questi due?
Chissà ~
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