111. Nuovo studente
N/A: e dopo lo smut con angst della scorsa volta, ecco qua un po' di fluff. Spero vi possa piacere.
Al liceo Leonardo da Vinci di Trento inizia una nuova giornata e la classe 3°C fa, come suo solito, un moderato baccano al 1° piano dell'edificio.
La conversazione principale riguarda il nuovo banco messo in mezzo ai due in fondo, nella fila centrale della classe.
Ad un certo punto arrivano i due seduti lì, i gemeli Moser.
<Perché c'è un altro banco?> domanda Bruno, poggiando lo zaino su quello più lontano dalla porta, quello a sinistra (se come prospettiva ci si mette dietro i banchi).
<Boh, diventerà il mio scaffale per i libri.> commenta Hans.
<Forse finalmente arriva il nuovo studente, quello di cui parla da tanto la Mair.> nota invece Giulia, che ne sta parlando con un gruppetto.
<Che palle, fosse stata almeno una figa, invece un altro tipo.> sbuffa Hans, poggiando lo zaino sul banco all'altro estremo.
<Non si sa di preciso se sia un ragazzo. Sappiamo che ha vissuto in Francia un anno ma che è italiano o italiana.> ribatte Martina.
<Dai che forse è una figa!> esclama Hans, dando una gomitata amichevole ad un compagno di classe e amico, Giovanni.
<Speriamo!> gli risponde questi.
Bruno alza silenziosamente gli occhi al cielo e si toglie il giubbotto.
<Tu non commenti?> inquisisce Arianna, alzando lo sguardo dal telefono. È seduta in uno dei due banchi davanti ai gemelli.
[N/A: si, un mio cameo perché io può. Anche se è assolutamente irrealistico, io non avrei mai messo piede in uno scientifico.]
<Non sappiamo niente e non ho voglia di farmi idee per poi rimanere deluso.> risponde Bruno, indicando il fratello nell'ultima parte.
La ragazza occhialuta gli sorride, si gira e saluta la professoressa Mair, la quale sta entrando in classe. È la coordinatrice di classe e professoressa di italiano e storia.
<Buongiorno ragazzi.> li saluta la professoressa. Appoggia la borsa con i libri sulla cattedra ed esordisce: <Come avrete visto, c'è un banco in più. Dopo tutte le volte che ve l'ho detto, finalmente è arrivato il nuovo ragazzo. Cercate di non farlo scappare a gambe levate dalla nostra classe.>
E il suo sguardo si ferma non casualmente su Hans. Il biondino in questione ribatte: <Ma prof, io non faccio nulla, sono bravissimo.>
<Certo.> risponde indecifrabile la docente <Abbiamo dovuto arrangiare i banchi così, quindi Bruno, per favore, almeno tu cerca di non spaventarlo. E ti do qualsiasi autorizzazione necessaria per picchiare tuo fratello se si comporta male.>
Scoppia la risatina per la classe mentre Hans protesta fintamente offeso: <Ma questo è abuso!>
Poi si stiracchia e aggiunge: <Comunque cercherò di non spaventare il francese.>
<È italiano.> nota Bruno.
<Un anno in Francia ti rende francese, almeno per metà.> decreta Hans con un ragionamento assolutamente illogico.
Bruno sospira esasperato e la lezione incomincia.
All'inizio della seconda ora, in cui hanno ancora la docente Mair, bussano alla porta.
Dopo un coro di "Avanti" la porta viene aperta e spunta la testa di una bidella, che dice: <Prof, è arrivato il nuovo ragazzo.>
La professoressa esce per qualche istante, probabilmente per preparare psicologicamente il nuovo malcapitato nella loro classe, e scoppia il chiacchiericcio fra gli studenti.
Le ragazze sperano sia carino e i ragazzi che non sia uno snob con accento francese.
Finalmente la professoressa rientra, intimando: <Silenzio!>.
In fretta, stranamente, la classe si ammutolisce.
Allora la docente fa un sorriso incoraggiante verso la porta e muove leggermente la mano per spronarlo.
Bruno, perso a fissare la lavagna accanto la docente, concentra la sua totale attenzione sul nuovo arrivato, come un pezzo di ferro che viene attirato da un magnete.
È un ragazzo alto, ben più di lui (non che ci voglia tanto, è un tappo), molto magro, ma il volto ha ancora dei tratti morbidi che gli donano un'aria di dolcezza.
Ha i capelli scuri, ricci, una matassa indomabile, eppure sembrano così morbidi. Gli occhi sono di un colore simile, guizzanti qua e là per la stanza che li osserva.
Si schiarisce la gola e parla: <Ciao, mi chiamo Roberto Rinaldi. Ho vissuto un anno a Nizza, nella Francia del Sud, per il lavoro di mio padre, ma sono italiano. Non trentino, credo si capisca dal cognome, però qua ci porta il lavoro di mio padre. Spero di poter fare amicizia con tutti.>
<Patetico.> bisbiglia Hans in direzione del fratello, mentre alcune ragazze lo fissano senza discrezione.
Bruno dà un calcio al gemello da sotto al banco, fissandolo torvo.
<Bene, Roberto. I posti si cambiano una volta al mese e, per ora, sei seduto lì, fra i due Moser.> spiega la docente.
<Se li confondi tranquillo, lo abbiamo fatto tutti almeno una volta in prima!> commenta Giovanni, scatenando qualche risatina sciocca per la classe.
<Dato che non mi aspetto tu abbia già i libri di testo, segui con Bruno.> "impartisce" la professoressa, indicando il gemello corretto.
<Perché proprio lui?> domanda Hans, offeso perché è stato lasciato in disparte.
<È già tanto che tu non dorma durante le mie lezioni, vederti portare un libro delle mie materie è un miracolo.> commenta la signora, facendo ridere gli studenti.
A quello il biondino più chiaro non può che annuire, tornando a interessarsi al suo telefono, palesemente dietro il suo zaino sul banco.
Roberto si dirige verso di loro, in soggezione per via di tutti gli occhi della classe addosso a lui.
Bruno prende nota di come è vestito.
O vuole fare una bella prima impressione o ci tiene molto al suo aspetto in generale. Ma non ha la maniera spocchiosa di Stefano, che sfoggia merce griffata come se tutti se la potessero permettere.
È curato, ecco la parola giusta.
La camicia blu scuro con piccoli pois bianchi è mollemente infilata nei pantaloni a gamba dritta dal pattern scozzese. Sono neri e le righe che formano i quadrati sono di varie tonalità di grigio. I pantaloni sono tenuti su da una cintura nera, stretta accuratamente attorno l'esile vita.
Per metà tale outfit è nascosto dal giubbino leggero indossato, ma lasciato aperto.
Arriva accanto a loro con passo felpato, quasi non risuona sul pavimento, mentre la professoressa riprende a spiegare storia.
Sposta la sedia e appoggia lo zaino pressoché vuoto a terra. Sfila il giubbino e lo mette sullo schienale della sedia, finalmente sedendosi.
Bruno prontamente sposta il libro, affinché per metà sia ancora sul suo banco e l'altra metà su quella del nuovo arrivato.
Questo però li costringe a stare vicini, improvvisamente vicini, perché invece di osservare la docente o prendere appunti, avvicina la testa a quella del biondo e con un dito scorre la pagina finché non capisce dove sono.
Il profumo che il nuovo indossa invade le narici del biondo. È un odore inconfondibile e a lui molto noto, dato che in casa sua non manca mai una boccetta di quel profumo. È acqua di colonia e Bruno ne è sorprendentemente attratto.
Si allontana di qualche centimetro, forse troppo di scatto, perché Roberto si gira verso di lui e lo osserva con quegli occhioni scuri.
Oddio, non aveva notato fossero così grandi e impreziositi da un paio di folte lunghe ciglia.
E si accorge inoltre che ha un vago spruzzo di lentiggini sulle guance e sul naso, dritto con precisione.
Avvampa dentro dalla vergogna al realizzare di avergli fissato pure le labbra rosee e aver desiderato, per un breve istante, di baciarle.
Fissa il quaderno e ricopia assentemente quello scritto alla lavagna, vergognandosi di se stesso.
Non è il momento di darsi al gay panico, Bruno! Assolutamente no! Non con un nuovo arrivato, che ancora non ha l'influenza di Hans che ti ostricizza un'amicizia seria con lui.
E sicuramente è etero, uno così bello non può essere gay. Probabilmente aveva una fidanzata in Francia e si fidanzerà in fretta con qualche ragazza prosperosa delle altre 3°, se non della loro sezione, o con una del biennio!
La cosa che più lo scombussola è che non gli è mai capitato una cosa del genere! Da quando ha capito di essere gay l'anno precedente, non ha avuto nulla di vagamente serio.
Ha visto qualche bel ragazzo in giro, commentando ciò con Anna che gli è sempre o quasi andata contro, da brava lesbica quale è. Oppure si è segato su video porno accessibili a chiunque o su celebrità che in qualche modo gli scatenavano un po' di libido.
Quel... colpo di fulmine ancora non gli è capitato. Mai.
È carino, sì, ma non comprende cosa lo abbia catturato così all'istante di lui.
"Mi passerà in fretta. Fra un mese sarà solo un mio compagno di classe." pensa.
Si stropiccia gli occhi, imbarazzato da sé: "Spero che non avrò mai l'impulso di segarmi su di lui. Sarebbe abbastanza imbarazzante."
Perso nei suoi pensieri, la campanella della prima ricreazione suona prima di quanto spera.
Subito un campanello di ragazzi si raduno attorno a loro, soprattutto ragazze, che un po' si scambiano risolini e un po' lo guardano come se se lo volessero mangiare.
Gli sparano a mitraglia molte domande, a cui lui comincia a rispondere.
La voce è pacata e mantiene un abbozzo di sorriso, anche se cortesemente più che genuinamente.
Bruno, che non riesce ad alzarsi dal banco, attratto dal riccioluto come una falena dalla luce, ascolta tutto.
Scopre che ha una sorella minore, di nome Marie, perché la famiglia di sua madre è valdostana e molto legata alle sue radici francesi. E nonostante ciò, non li ha mai forzati a vivere la cultura francese, solo a saper parlare la lingua.
Impara che tifa il Torino perché è torinese (e non dell'area metropolitana, ma proprio della città), che suona il pianoforte da quando ha cinque anni e che i suoi genitori gli hanno fatto praticare la scherma finché non ha rischiato di rompersi il polso e non poter più suonare il pianoforte.
Infine, si svela che lui ha un anno in più di loro, quindi ha gia 16 anni anche se compie gli anni a novembre perché l'anno che ha fatto in Francia una volta in Italia non gliel'hanno contato.
Anna, la sua amica, arriva in classe una volta che legge il suo messaggio. Lo saluta solare e lo abbraccia da dietro, mentre lui è ancora seduto.
<Ora andiamo, dato che mi hai fatto scomodare fin qua?> esordisce la ragazza.
Roberto fa una faccia dispiaciuta e mezzo borbotta: <Oh, scusami, ma volevo chiedere a Bruno se poteva farmi fare un giro della scuola mentre c'è ancora l'intervallo. Non ho ancora ben visto la scuola e vorrei sapere se c'è qualcosa di interessante.>
Bruno deve auto controllarsi per non arrossire fin alla punta delle orecchie. Quel dannatamente carino torinese è semplicemente adorabile mentre frettolosamente gli chiede di passare tempo con lui.
Solo con lui.
<Ti posso far fare un giro io!> si offre Sara, quella che lo sta squadrando più intensamente.
<Se l'ha chiesto a Bruno ci sarà un motivo.> commenta Arianna, osservandola con critica.
Anna concorda annuendo.
<Volentieri.> asserisce Bruno, alzandosi di scatto, impacciato.
Roberto si alza in un gesto fluido, una grazia insolita che lo accompagna, e abbozza un sorrido grato.
"Che bello" non può non pensare il biondo, mentre prende il telefono in mano ed esce dalla classe, seguito dal nuovo compagno.
Camminano con calma. Solitamente è così semplice essere ignorati, ma quel giorno no. Un ragazzo vestito così elegantemente non passa inosservato.
Soprattutto le ragazze si girano a fissarlo. Bruno sospira e allo stesso tempo è geloso, perché tutte loro hanno ben più chance di lui.
E lo scombussola come quel ragazzo dai capelli così morbidi che vorrebbe solo accarezzare gli ha fatto breccia.
<E qua, in culolandia, abbiamo i laboratori di fisica e chimica. Ammirali ora, perché in due anni ci saremmo andati una sola volta ciascuno e a fare un cazzo.> commenta il biondo con il suo solito umorismo.
Non sa come altro comportarsi e ha paura che all'altro non piaccia.
Ma Roberto non ha ancora dato segno di essere infastidito e, anzi, risponde: <Davvero? Peccato. In Francia andavamo spesso in laboratorio. È anche vero che l'istruzione è molto diversa che da qua.>
<Funziona tipo all'americana?> chiede Bruno mentre si dirigono verso il bar della scuola.
<Si, per il fatto che sono gli studenti a muoversi e non sei mai con gli stessi. Niente armadietti, però. O gente popolare, tipo cheerleader e quarterback. Meno male, altrimenti sarei stato il nerd che suona nella banda scolastica.> ironizza il riccioluto.
Il trentino ridacchia genuinamente e annuisce. Poi domanda: <Ti dispiace essere tornato in Italia?>
<È ancora troppo presto per dirlo, ma almeno qua ho sempre gli stessi compagni di classe, quindi per forza di modi devono parlare con me, circa.> giudica il più alto, il tono basso.
Si tortura le mani, spaventato di aver detto troppo. Bruno si ferma e così fa anche Roberto.
Il primo indaga: <Non avevi molti amici laggiù?>
Il più grande fissa per terra e ammette, vergognandosi: <Nessuno, essenzialmente. Tutti conoscenti. Passavo il mio tempo solo con Marie, mia sorella, e l'istruttrice di pianoforte che avevo. I miei genitori li vedevo ancor meno che i miei compagni.>
<Come è possibile? Hai... un qualcosa che ti fa notare. E non sono solo i vestiti, te lo assicuro. È qualcosa del tuo essere te.> asserisce il trentino.
Il piemontese arrossisce sulle orecchie e continua a fissare per terra. Si rinchiude nelle spalle, timido, e sussurra: <Sei molto gentile.>
<Sono onesto.> ribatte Bruno, il cuore che batte più forte. È così dolce e timido e tenero che vorrebbe solo abbracciarlo e accarezzargli la guancia.
Cambia discorso: <Stai cercando una scuola dove insegnino a suonare il pianoforte? C'è un conservatorio che fa lezioni al pomeriggio per->
<Lo so, i miei genitori mi hanno iscritto lì e vado per la prima lezione questo pomeriggio, appena dopo scuola.> lo interrompe Roberto, senza essere brusco <Dovrò capire come arrivare con google maps e trovare un posto dove mangiare lungo la via.>
<Anche io questo pomeriggio ho lezione al conservatorio, subito dopo scuola! Ti posso far vedere io. C'è una hamburgeria giusto poco prima.> fa all'istante Bruno, ringraziando chissà quale Dio per tale coincidenza.
<Suoni anche tu il pianoforte?> indaga Roberto.
<No, flauto traverso. È nel mio zaino, bello al sicuro. Se Hans lo vede, chissà come me lo restituisce.> risponde Bruno.
<Capisco. Quando Marie prova a suonare il pianoforte che abbiamo a casa ci vuole tutto il mio autocontrollo per non fare smorfie di dolore.> racconta Roberto e il biondo ridacchia.
La campanella suona e loro tornano verso la loro classe.
<Quindi è confermato? Andiamo al conservatorio insieme?> domanda il piemontese, con i suoi occhioni castani che lo fissano speranzosi.
E lo lasciano formicolante per tutto il corpo.
Annuisce velocemente, cercando di sorridere dolcemente e asserisce: <Sì, ti farò da guida anche per tutta la ridente Trento, se vuoi.>
<A me piacerebbe.> commenta Roberto, entrando in classe.
Bruno, dietro di lui, cammina a tre centimetri da terra. Non importa se è etero, quello sguardo che gli ha rivolto vale tutto.
Vuole rivederlo e custodirlo per sé.
Come quello che stanno creando fra loro due.
N/A: eeee niente, uno school!au un po' più allegro dell'ultimo.
Io vi lascio questo, se voi volete espanderlo o darci il vostro contributo, io mica disprezzo, anzi 👀👀👀
E niente, spero che viso sia piaciuto.
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