247. Non ti odio ma...

N/A: diciamo che sto sperimentando con coppie che non ho mai fatto interagire tête-a-tête e mi sta piacendo, soprattutto quando sono personaggi che già interagiscono in un contesto più ampio.

Buona lettura!

Marie alza lo sguardo dal suo libro appena percepisce che Rita si sta sedendo nel divanetto di fronte al suo.
Marie fissa per alcuni secondi la sarda e questa ricambia lo sguardo, anche se con una tinta di confusione sul suo volto.

Marie chiude con un colpo secco il libro e s'alza rapida come un fulmine ma flessuosa come l'acqua.

É un gesto calcolato, fine, che riesce a passare per maleducato senza però rompere l'etichetta richiesta a corte.
O, per lo meno, è ciò che immagina l'isolana mentre Marie le riserva un'ultima occhiata mentre è in piedi, rigida, impassibile.

Nonostante sia così piccola e sottile, poco più di un giunco, avvolta nei suoi eleganti vestiti, in quel momento sembra imporsi nella sala come una statua su una piazza o una muraglia nei confronti di un uomo.

<Perché mi odi?> scivola dalle labbra di Rita prima che possa fermarsi.
Ma forse neanche prova a fermare quelle tre piccole paroline che scivolano come sapone e che però penetrano come proiettili nell'animo di Marie, che si blocca appena prima di uscire.

Il piccolo territorio si gira a fissarla, libro stretto al petto, schiena dritta e sguardo sicuro.

Vicino a quella grande e opulenta porta pare così piccola, così innocua, che è assurdo pensare che abbia un giorno in più dei dieci anni che dimostra.

Poi avanza di un passo, lasciandosi alle spalle la porta.

Quegli occhi nocciola la tradiscono e ricordano a Rita che, nonostante sia comunque così piccola rispetto a sé, ha ben oltre dieci anni. Perché nessuna bambina umana può fissare con una tale intensità, con quell'aria di sicurezza e realizzazione che ha solo una persona adulta.
O, nel loro caso, che ha un territorio fin dalla nascita o quasi.

Marie pare esitare dopo quel passo, ma poi avanza e torna davanti a Rita, ma con molta meno distanza tra loro due.
La sarda rimane seduta, quasi placida, se non fosse per come i suoi occhi scuri seguono ogni movimento della valdostana.

<Odiare è una parole forte.> nota Marie, inclinando leggermente la testa <La riservo per poche persone.>

Poi pare pensarci e arriccia brevemente il naso mentre si corregge: <O molte a seconda della prospettiva.>

<Sono compresa tra queste tante o poche persone?> indaga Rita, incrociando le braccia sotto il seno.

Marie arriccia le labbra e non la guarda per un istante o due, poi però la scruta in volto.
<Quando sei arrivata e sei stata promessa sposa di Roberto... forse sono arrivata vicino all'odio. Ma non ti ho mai potuto odiare perché era chiaro quanto non lo volessi. Ma non mi stavi simpatica perché trattavi male me e Roberto senza nessuna spiegazione.> ammette la piccola e montagnosa regione.

Rita annuisce. Non può ribattere perché è la verità: non era stata la persona più accomodante o simpatica una volta arrivata, ma è convinta di non aver davvero sbagliato.
Aveva le sue ragioni, perché trovava assurdo che per secoli le avevano permesso di essere sotto qualcuno ma rimanere nei suoi territori e tutto d'un tratto non può più; deve trasferirsi a corte tra mille serpi ed è costretta a sposare il suo "padrone".

Poi ha squarciato quella patetica illusione messa su dagli umani e in parte da sé stessa e ha visto la realtà dei fatti.
E le dispiace essersi fatta terra bruciata con Marie e Roberto, inizialmente.
Ma, per come erano le cose quando era arrivata, come avrebbe dovuto reagire per non permettere a qualche umano di renderla qualcosa che non era?

Anche a posteriori, immagina solo quello che ha fatto, anche se forse una briciola in più di tatto sarebbe stato meglio perché le avrebbe impedito quel momento.
Ma ha fatto le sue scelte e non le rinnega, non è un verme.
Quindi ascolta ed è comunque sorpresa che quella piccola regione non l'abbia mai davvero odiata, apparentemente, nonostante le sue parole e i suoi atteggiamenti.

<Ma quell'enorme fastidio...> continua Marie <Ormai non so più neanche dove sia finito.>

Rita aggrotta le sopracciglia e Marie non si trattiene dall'esalare un respiro che sembra quasi un risolino un po' sofferto.

L'isolana non può che fissare l'altra incuriosita e insieme confusa mentre Marie sorride un po' amaramente.
<Ma non so neanche se essere arrabbiata con me stessa perché non sei più così antipatica nei miei occhi.>

<Cosa è cambiato?> chiede Rita.
Il sorriso di Marie si fa più grande e anche l'amarezza si fa più forte, ma brilla nei suoi occhi una certa tenerezza.

<Roberto, ecco che è successo.> risponde Marie con una naturalezza e devozione che ricorda quella di un fervente religioso mentre prega Iddio di aiutarlo.

<Roberto è qua da prima di te ed è il capo di nome.> puntualizza Rita.
<Ma non sai da quanto tempo che non lo vedevo così... leggero. In qualche modo comunque appesantito da problemi e incubo di cui non mi vuole parlare, ma nei momenti di gioia non c'è un dolore che lo appesantisce. Ed è grazie a te, anche se non so cosa hai fatto.>

<Non ti dirò cosa è successo.>
Marie sorride mesta: <Immaginavo. E non credo che te l'avrei mai chiesto esplicitamente. Se c'è qualcuno che me ne deve parlare, è Roberto stesso. Quando vorrà.>
<Se mai vorrà.> replica Rita e non può trattenersi dal digrignare i denti e ingoiare a vuoto.

Quando ci ripensa, è l'unico momento in cui si sente crudele e inconsciamente sadica, per tutte le volte che aveva urlato addosso al piemontese che non poteva capire cosa significasse sentirsi un burattino nelle mani di qualche stronzo inclemente.

Marie la fissa con quegli occhi nocciola che sono troppo calcolatori e attenti per appartenere ad un volto così delicato e rubicondo.

<Se mai vorrà.> ripete Marie, annuendo lentamente.
Rita abbozza un piccolo sorriso e chiede: <Quindi possiamo smettere di comportarci come se avessimo paura che l'altra ci salti addosso?>

Marie si morse il labbro inferiore e, stringendo meglio il libro al petto, si muove avanti e indietro sui piedi, andando prima in punta e poi appoggiandosi sui talloni e avanti e indietro così.

Adesso sembra decisamente portare gli anni che mostra, se non fosse per quegli occhi che luccicano troppo nel divertimento, insieme alle labbra vagamente incurvate all'insù.

Dopo poco Marie si ferma, si mette sul divano dove era prima, toglie le scarpe, si mette a gambe incrociate e risponde: <Forse.>
E torna a leggere con tranquillità.

Rita non può che sospirare con un leggero sorriso in volto, evoca il suo grimorio e una grafite e va su una nuova pagina per scrivere delle nuove cose sperimentate in quei giorni.

Passano piacevolmente parte del pomeriggio così.

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