238. (Im)Possibile Redenzione

N/A: immagino che sia davvero arrivata l'estate perché vedo che c'è meno coinvolgimento da parte di voi lettori ma è normale!

Purtroppo la mia paranoia non vuole stare a sentire e si preoccupa :')

Vabbè, miei problemi a parte, ecco qua il capitolo.
Leggermente lungo, non troppo.
Stato interessante da scrivere.

Spero possa piacere ai 4 gatti che in questi giorni estivi ancora leggono la mia storia!


Marie, la prima volta che la vedi, la puoi accantonare, se non tralasciare in tronco. Soprattutto durante l'unificazione italiana, con così tanti territori da conoscere, bisogna capire di chi avere paura o non far arrabbiare. E lei viene accantonata.

È un territorio piccolo sabaudo, non strategico, povero e neanche totalmente "italiano", in quanto non solo si trovano dialetti, ma anche il francese e il provenzale.

Però l'illusione si rompe abbastanza in fretta. Perché il pericolo può arrivare da dove meno ce lo si aspetta e Marie è la prova.

Questo perché dei quattro territori sotto i Savoia prima dell'unificazione conclusasi, in una prima fase, nel 1861, è stata la più ignorata.
Non che la valdostana li possa biasimare.

Rosa pare disposta ad ucciderti al primo passo falso ed è pure decisamente pronta a farlo, se la fai incazzare troppo.

Rita è antica, la più vecchia tra loro, ha visto vari imperi e regni e popoli nascere e crollare. E anche se sa essere molto dolce, fino a che non la conosci e non entri nelle sue grazie, la sarda è distante e poco accogliente, come l'isola principalmente brulla quale ella è.

Roberto è stato temuto più per lo status. Il braccio destro, se non il lacchè, dei Savoia. Colui che ha combattuto nel Rinascimento per unificare l'Italia, o almeno è quella la facciata narrata.

Poi lo conosci e realizzi che è un tenerone abbastanza timido, che Rita sa essere sia ferro che piuma e che Rosa è Rosa e quindi è come un chihuahua sotto steroidi pronto a mordere e fa male.
Ma ancora Marie rimane l'innocua e ingenua regioncina.

Poi la prima cosa che realizzi, oltre alla sua strana relazione con Roberto, è che lei sia estremamente vigile. Fa la finta tonta, ma poi ti fa una domanda su una cosa detta en passant qualche giorno prima e ti ritrovi spiazzato perché come cazzo fa a ricordarlo, quando tra l'altro non si aveva parlato direttamente con lei?

Poi realizzi che sicuramente non è ingenua.
È tagliente, almeno quanto Rosa o Rita nei giorni peggiori, ma il tutto è avvolto da una facciata dolce e innocua che rende la frecciatina più dolorosa e infida.

Dopo diventa ovvio che non è neppure innocente.
Essendo un territorio di natura, non possiede quell'innocenza bambinesca umana. Per di più, ha vissuto con i Savoia, nella loro corte, cioè in seno a un covo di serpenti. Quindi, la sua esperienza, tra rigidità del mondo aristocratico, mischiata agli insegnamenti di Francis, al genuino affetto solo da parte di Roberto, al bisogno di sentirsi amata e quindi di conoscere come funziona l'amore, l'ha resa un cocktail abbastanza effervescente.

Non ha l'esperienza di molte altre regioni, in fin dei conti non è mai andata a letto con qualcuno, al massimo baci e toccatine qua e là. Ma quel che non ha di esperienza diretta è colmato dalla teoria e fervida immaginazione.
Ha fatto rabbrividire più di un territorio per via dei suoi commenti crudi, la prima volta.

Infine realizzi che non è innocua.
Non totalmente, per lo meno.
Ha una balestra, riesce ad incantarne le frecce ed è precisa. Non ha la mira di Giovanna, ma se ti vuole ferire ci riuscirà.

Come ciliegina sulla torta, è estremamente protettiva e vendicativa in nome dell'affetto per i suoi cari.

Quindi Michele è a un attimo dal farsi il segno della croce quando Marie lo punta con passo lesto e sguardo risoluto.

Sotto lo sguardo vagamente preoccupato di Vincenzo, Michele accetta di andare a parlare con la valdostana, che lo guida fino allo sgabuzzino.

Lo sollecita ad entrare con tono ancora dolce ma nessun sorrisetto in volto (e già questo dovrebbe preoccupare. E lo preoccupa!) e chiude (ma non a chiave) la porta dietro di sé quando entrambi sono al suo interno.

Sotto la luce dai toni arancioni della lampadina della stanzetta, a braccia conserte, Marie sembra un incrocio tra un Umpa-Lumpa e un Simpson. Ma ciò non basta a renderla meno minacciosa, date le occhiate di fuoco che rivolge al pugliese.

Con tono poco paziente, incalza subito: <Che problema hai con Franco?>
<Non ho nessun problema.> risponde quasi in automatico Michele, alzando le mani <Mi piace infastidirlo, tutto qua.>

<Il tuo non è un semplice infastidire. È borderline bullismo. Se non già bullismo. Non è per niente carino, sai, sentirsi dire ancora e ancora che non esisti. Ti scombussola la testa, soprattutto a lungo andare.>
Ed ecco il lato mordente.

<Ho smesso.>
<Già, e perché? Così, tutto d'un tratto?>
<Mi ha chiesto di smettere.>
<Ah, e perché solo ora e non negli ultimi 50 o 60 anni no? Cosa è cambiato?> e Marie avanza di un passo. E anche se deve piegare sensibilmente il collo all'indietro per fissarla negli occhi, non la rende meno minacciosa.

Sibila: <Ti dà fastidio che ora non è più la tua vittima che subisce tutto, eh? Ti dà fastidio che ha più palle ora, mh? Complimentoni, l'hai cambiato. Gli serviva un po' di cattiveria, ma gli hai tolto un po' di quella bontà che lo rende lui.>

<Non è proprio così...> pigola Michele, anche se sa di star mentendo.
Sa che l'ha cambiato. E quando ci pensa, vorrebbe affossarsi. Tutto quello che ha fatto, aveva lo scopo di proteggerlo. E invece ha fatto tutto il contrario.
Avrebbe dovuto smettere, ma non ce l'ha mai fatta. Perché almeno sapeva cosa succedeva in quel caso. Se si interrompeva di botto, avrebbe anche potuto peggiorare la situazione. Perché almeno dava delle attenzioni a Franco.
Ma adesso non ne ha bisogno. Ha altri che gli danno quello che si merita.

<Ah no?! Non è vero che l'hai tormentato per decenni?!> quasi strilla Marie, pestando un piede.
<Ho smesso.> pigola.
<Non cambia il passato!>
<Non ho detto questo.>

<Perché hai smesso?!>
<Non sei contenta che ho smesso?! Perché mi fai questo interrogatorio sconclusionato del cazzo?!> ribatte Michele con furia, avanzando di un passo.
Per fissarlo negli occhi, la giovane regione ha il collo piegato di circa 90°, e deve farle pure male, ma non fa trasparire tale fastidio, borderline dolore, sul volto. Solo rabbia. Cocente rabbia.

<Perché voglio capire perché hai smesso! Perché non ha senso che tu abbia smesso tutto d'un tratto, a meno che non sia cambiato qualcosa in Franco che ti ha fatto cambiare rotta!>
<L'hai detto pure tu! È diventato più cattivo o una cosa così!>

Ormai sembra una gara a chi urla di più.
Non gli interessa.
Forse qualcuno verrà a interrompere la discussione perché avranno paura che di lì a poco ci sarà uno spargimento di sangue.
Che lo facciano. Continuerà a urlare fino a che non si è sgolato, perché Marie gli vuole tirare fuori con gli artigli quell'ammasso orribile incastrato tra cuore e stomaco per farlo confessare e ci sta riuscendo.

<Ma non può essere bastato quello! Perché già alcune volte ti ha urlato contro e non ti ha mai fermato! Mai! Sai cosa è cambiato invece negli ultimi anni?>
E in volto le si dipinge un ghigno orribile, più una smorfia sofferente e insieme promettente sofferenze.
Digrigna i denti prima di scandire: <È diventato più grande. Sta crescendo. E a te non piace.>

L'implicazione è ovvia.
E proprio come con Giovanna, s'inorridisce.
E poi s'incazza. Come osa pensare che sia un pedofilo, una -merda che non merita di esistere- proprio come quello che voleva rapire Franco per usarlo e pubblicarne le violenze in rete?

<No!> strilla subito, mentre gli ritorna in mente quello stronzo, come aveva stretto il povero molisano, come aveva sussurrato contento il destino che gli avrebbe riservato...- <Non sono come- come- come quello stronzo, merda della merda, troia e figlio di una cagna che ha provato a rapire Franco!>

Marie non abbandona quella smorfia, ma urlando ribatte: <Sicuro che tu non l'abbia salvato solo perché non volevi che qualcuno prendesse il tuo giocattolino?>

<No!>
E Michele, incazzato dall'affronto, spaventato dal ricordo di quella merda e disgustato dal pensiero di vedere Franco in quel modo, prova a mollare un cazzotto.

E fa centro.

Spalanca gli occhi, terrorizzato, mentre Marie barcolla indietro con un gridolino di dolore. Appoggia la mano contro la zona colpita, e gli occhi sono due fessure mentre da una narice le cola sangue.

<Fa male la verità, eh?> sghignazza Marie, a mezza voce, come incurante del dolore.
Sembra pazza. E forse anche lui è pazzo.
Lui non è così. Non picchia se incazzato. Soprattutto non una ragazza, Giovanna gliel'ha ingranato in testa.
A quanto pare non abbastanza.

<No! Volevo solo proteggerlo!> strilla di rimando. Stringe le mani in pugni e prosegue, le parole come una valanga: <Lui non era come te, non è ancora come te, e sicuramente non è come me! Non ha... non ha quel qualcosa che ci rende noi, quel qualcosa di brutto e orribile che ci rende crudeli e stronzi nonostante tutta la bontà che possiamo mostrare. Franco è sempre stato più buono, più puro. Anche se ha visto e vissuto e percepito orrori nel suo profondo, anche se ha visto guerre e stupri e violenze di ogni genere! È sempre rimasto come al di sopra di tutto ciò. È come se avesse un briciolo di quell'ingenuità bambinesca umana. E volevo proteggerla.>

Mentre il sangue le cola lungo il mento, Marie l'osserva silente. Vuole sentire prima di pungolarlo di nuovo.

<E sono uno dei primi che si è accorto che sa diventare invisibile, se non il primo. E diventava invisibile ogni volta che si sentiva tremendamente ignorato. E allora ho pensato "se lo faccio abituare al pensiero che non conta, sarà più facile per lui diventare invisibile e proteggersi in situazione di pericolo". Era subito chiaro cosa implicasse. Trattarlo come una merda per poter ingranare tale pensiero, già presente, anche se più latente. Soprattutto i primi anni faceva un male cane vederlo ferito per via delle mie parole e azioni, anche perché ero uno dei più vicini a Franco, confinandoci geograficamente. Aveva cercato aiuto in me. E io glielo avevo dato. Per poi toglierglielo così, d'un tratto, senza spiegazione.>

La voce s'incrina ma continua tra i primi singhiozzi.
<Era orribile farlo, continuare, recitare una parte del genere. Avevo coinvolto anche gli altri per renderla più credibile, per fargli credere più convinzione di essere invisibile, così gli fosse più semplice diventarlo. Gli altri hanno interrotto in fretta, a parte qualche piccola volta perché sapevano perché lo facevano, non condividevano, ma se glielo chiedevo di tanto in tanto mi aiutavano, un poco.>

Le lacrime iniziano a sgorgare.
<Mi faceva, mi fa ancora un male cane, a pensare come l'ho trattato. Ma mi sono ripetuto per anni che era per il suo bene, per permettere a quella sua impossibile innocenza di esistere. E alla fine non ce l'ho fatta. Sono diventato quello che volevo evitare, quello che volevo scongiurare. E quando mi ha risposto per le rime, più grande rispetto a quello che mi ero costruito nella mente, cresciuto, ho realizzato che non potevo evitargli il nostro destino, per quanto avessi voluto. Anzi, ero stato da catalizzatore. E l'ho perso per sempre. Non sai quante volte lo rimpiango, Marie, ma davvero pensavo di fare la cosa giusta, anche se mi faceva male e gli facevo male. Pensavo che il dolore sarebbe stato ripagato dal preservare la sua innocenza. E invece ho solo fatto danno.>

Non sa quanto Marie possa aver capito, soprattutto alla fine, dato che le parole si sono mescolate sempre di più ai singhiozzi.

Si sente svuotato, mentre piange, e le lacrime sembrano non finire.

Marie lo osserva per lunghi secondi, qualche goccia di sangue che cade a terra, anche se si sta iniziando ad incrostare ai bordi della scia.

<Franco ha ancora quella innocenza. In parte. Sotto sotto.> sussurra, quasi a sé stessa.
Ma allo stesso tempo sa che lei vuole che lo senta. Ma che non c'è più spazio per le urla.

<Ha un cuore grande. È ancora lì. Infatti perdona anche chi non se lo merita.>
S'avvicina alla porta, incurante del suo sangue e dello stato in cui versa Michele.
Ma è meglio così. Non vuole la pietà di Marie.

<Chissà se è ancora abbastanza grande e puro quel suo buon cuore da perdonare pure uno come te, prima o poi. Più poi che prima, quello è sicuro. Il resto dipende tutto da te. È già deciso da te.> e se ne va, dopo avergli uno spiraglio.

Una possibilità di salvezza, di redenzione.
Michele è disposto a tutto pur di riavere un rapporto sereno con Franco.
Ma allo stesso tempo è chiara anche la minaccia, la orribile possibilità.
Che non basterà.
Che ha fatto davvero troppo danno.

E solo come si è comportato e come si comporterà determinerà l'esito di uno suo possibile riscatto.


N/A: e niente, Marie pronta a fare botte con Michele per via di Franco non l'avevo ancora fatto.
Anche se alla fine quello che ha fatto a botte è stato Michele, lol.

Spero vi sia piaciuto!

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