230. Per mare (in mare)

N/A: allora.
L'altra storia è finita.
E questa invece no.

Ma il "problema" è un altro.
A parte le mie stesse storie e tiktok, "consumo" poco Hetalia. E sono tornata in un "vecchio" fandom. A cui mi sono appassionata ad una nuova ship, che prima non sapevo esistesse o comunque non avevo cagato, e che ovviamente è relativamente poco popolare e ci sono poche Fanfiction che soddisfino i miei esigenti appetiti.

Tutto questo per dire che forse, più in là, quando non avrò la sessione addosso e la voglia di scrivere di nuovo con me, potrei o non potrei scrivere una Fanfiction non inerente ad Hetalia in nessun modo.

Ve lo chiedo per sapere se voi sareste interessati, anche se dubito, ma non si sa mai.
Per darvi una vaga idea, il fandom è Harry Potter, la ship è RonxHarry (nonmenefregadellavostraopinione,sonopiùbellidellaDrarrynonvogliosentirragioni) e il pretesto sarebbe post seconda guerra magica ma l'epilogo chi se lo incula.

E niente.
Dopo questo preambolo vi lascio al capitolo. Buona lettura!


Attorno il 500 d.C.

Galatea, finalmente tornata nella sua casa, annusa l'aria. C'è ancora un debole odore di Veneziano.

Chiama un servo che le spalanchi la finestra, mentre va alla ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa, da fare.
È inutile rimanere nel passato, bisogna andare avanti, cancellando i ricordi dalla propria memoria.

O almeno schiacciarli fino a che non saranno più lame che possono trafiggerla, fino a che non diventeranno lamine di metallo con cui creare collane e bracciali da tenere nascosti e protetti in un cassetto recondito.

E il primo passo di quel tortuoso processo è togliere qualsiasi cosa che possa ricordare il passato.
In questo specifico istante, Veneziano, l'eredità di Romulus, la sua ultima preghiera che lei ha esaudito perché non avrebbe mai avuto il cuore di negarglielo, non quando l'ha amato e odiato e respinto e bramato per secoli.

Può solo sperare che per i secoli a venire, né Veneziano né Romano (che stranezza poi, se affidarlo a Sicilia era l'idea da sempre, perché non chiamarlo Siciliano?) siano alla ribalta nel mondo.
Prega di non sentirli sulla bocca di tutti.

Perché sarebbe ricordarsi ogni volta di Romulus e di come l'abbia lasciata indietro, ancora una volta.
Non vuole odiarli per i crimini del loro creatore.

Ma per non odiarli, ha bisogno di non vederli o sentirli.
Chissà se il mondo glielo permetterà.
Ha i suoi dubbi, gli dei e Dio non sono mai clementi.

•~-~•

Nell'XI secolo

Pisa ha potere. Sempre più potere. E lei vuole partecipare.
Ma sta somigliando sempre più ad una donna. E come rimediare a ciò?
Dovrà fingere.
Costringere anche i suoi uomini a pensarla uomo, e non donna.
Ma può ancora funzionare. Non ha ancora seni prosperosi.

Basta fasciarsi il petto. Abbassare la voce. Rovinare i propri capelli. Usare per sicurezza i propri poteri sulle sue genti. Barrare la porta delle proprie stanze in venti modi così non possono entrare di soppiatto.
Bazzecole, insomma.

Ma ce la farà.
Vuole esplorare, vuole sentirsi viva e potente dopo secoli in cui si sente in balia, assoggettata dalla vita e dai fantasmi del passato.
Forse è il suo riscatto, la sua chance.

Adora il mare.
Adora arricchirsi.
Adora sentirsi viva e potente.
Adora sottomettere.
Adora spuntarla.

Capisce perché-

No.
Non capisce niente. Non conosce nessuno bramoso di potere come lei, che ha conquistato ben più di lei.
Conosce altri desiderosi.
Come la ormai derelitta Amalfi, la nemica Genova e la superba Venezia. Ma sono ancora in un gioco aperto, ognuno con la sua sfera, ma nessuno è capo assoluto.

Lei non conosce nessuno che ha conquistato ben più di tutti loro ammessi assieme e moltiplicati per chissà quante volte.
Nessuno.

•~-~•

Non che odi gli altri suoi terreni.
Anzi, li ama.
Ama Firenze. Ama Prato. Ama Lucca.
Ama, ama e ama.
Anche se tutto sta cambiando.
Anche se è stanca e lacerata e spesso si graffia le braccia e si squarcia la pelle nella speranza che la sua pelle bruci e strilli più della sua testa.
Anche se prega che questa situazione cambi, ma va avanti da secoli e ha paura sia la nuova normalità.

Ama le sue città e odia perché sono litigiose e divise, odia il loro odio.
Ma non potrebbe mai volerle annichilite. Non quando la distrugge fisicamente ogni spargimento di sangue con guerre intestine, non quando le si frantuma il cuore perché è come vedere i propri figli scannarsi e non poterli fermare.

Però è così la sua vita.
Può fare finta di dimenticare a Firenze, Prato, Lucca e tutte le altre.
Ma è solo per mare che il legame si fa meno forte e riesce a respirare. A sentirsi viva.

Adora quella vita.

•~-~•

Fine 1200

Forse è una coincidenza, forse è una premonizione, forse è fato, ma quando viene scoperta come donna e non può più cancellarlo dalle menti dei suoi uomini, è l'inizio della fine.
Di un declino che, per quanto vuole impedire, prosegue e scorre tra le sue dita come acqua e allaga la stretta stanza in cui si trova e la schiaccia e la fa annaspare fino a che non può più respirare e può solo annegare.

Dannata Genova, lei e il suo rappresentante Andrea, che la sconfigge clamorosamente a Meloria.
Da lì si può dire che piano piano l'acqua inizia a scorrere tra le sue dita e non la può costringere a invertire il flusso.

Per una che ha tanto adorato il mare, è ironico che la sensazione di star piano piano cadendo nel baratro sia assimilabile al soffocare sott'acqua. Ma Dio potrebbe essere così poetico; sì sadicamente, ma pur sempre poetico.

Quando di fatto smette di provare a prendere per sé Corsica o solo un suo pezzo, l'acqua è alle sue caviglie, gelida, che la fa rabbrividire con così poco.
E quando, poco dopo, deve dare parte della Sardegna conquistata a Genova, -a quello sbruffone di Andrea che ha sempre avuto tutto dalla vita, che vive facile, perché è un uomo-, l'acqua arriva alle ginocchia.

Quando i catalani le strappano le ultime città in Sardegna, ormai l'acqua algida le accarezza i fianchi, in una sussurrata promessa di ucciderla.
Sa che è solo questione di tempo.

È una minaccia che si risolve nel giro di un secolo, poco nella sua lunga vita, ma così tanto per dover sopportare quell'agonia, con il terrore di non sapere quando e come succederà, ma che succederà.

•~-~•

Nel 1400

Quando Pisa passa sotto Firenze, da un lato è quasi contenta.
Forse ci saranno meno litigi.
Ma vuol dire anche finalmente seppellire un'era. Un'era che tanto ha amato, che tanto le ha riempito le giornate e ha reso tollerabile la sua vita.

Ormai Feliciano e Romano sono conosciuti, anche se sono ancora piccoli, ma forse non fa così male come credeva.

Dopo essere stata schiacciata, forse non solo è spirata quella gioia, ma anche quel peso.
Non totalmente.

Su quei pensieri non vuole ancora finire.
Ma va bene.
Prima o poi ce la farà.
Spera.

Nella vita può succedere di tutto.







N/A: fatemi sapere se sareste interessati alla stronzata, ancora nebulosa, scritta sopra, se vi va, e spero che questo capitolo vi sia piaciuto!

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