221. Esser "uomo"
La prima volta che ci riflette su, è molto piccolo.
Come un fulmine a ciel sereno, forse un cielo ignaro ma pur sempre sereno; è capitato durante la prima, e probabilmente ultima, volta in cui Romulus l'ha visitato.
Stava gironzolando e semplicemente l'Impero Romano l'aveva trovato, raggiante e possente come un Marte in terra, e gli era andato incontro esclamando: <Venetia!>
Nessuno lì attorno s'era domandato l'impossibile nome, perché Romulus li aveva piegati al suo enorme volere e tutti erano rimasti immersi nelle loro faccende e vite.
Ma ancor prima che parlasse, forse anche prima che registrasse che fosse in quella piazza qualsiasi, aveva saputo che c'era qualcosa in lui.
Perché era stato scosso.
Qualcosa dentro di lui lo riconosceva come suo capo, suo sovrano.
Il suo Impero.
L'unico e glorioso impero in tutto il mondo conosciuto, escluso il mistico Oriente.
Romulus l'aveva abbracciato, quasi spaccandogli le allora gracili spalle, e una volta liberatolo da quella presa aveva esclamato: <Con il giusto allenamento, in fretta diventerai un grande uomo, degno di essere mio discendente!>
E poi aveva prestato poca attenzione al resto.
Perché più volte, a momenti anche casuali, sarebbe tornata la domanda che s'era fatto in quel momento.
"Uomo? In che senso uomo?"
Perché Romulus non l'aveva inteso come umano, bensì come uomo umano, diverso da donna umana.
Ma lui era già uomo umano, no?
L'uomo umano era diverso dalla donna umana per via di caratteristiche fisiche.
Aveva già un pene, non doveva crescere; non tanto in lunghezza, quanto in spuntare dal nulla dal basso ventre. Ed era abbastanza sicuro che la seconda cosa non fosse possibile per gli umani (né per lui, probabilmente!).
Era nato uomo umano, per comodità, supponeva.
Per mescolarsi meglio.
Infondo, altrimenti, come avrebbe dovuto mescolarsi? Rimanendo un blocco di terra, con fiori e rampicanti e tutto il resto?
Ogni tanto ci pensa e sorride, pensando che forse sarebbe meglio così.
Perché più continua a pensarci, più volte nel corso dei secoli accarezza quella domanda, più la confusione si complica.
Cos'altro vuol dire essere uomo?
Ma quel giorno passò e, nel giro di un mesetto, la domanda sbiadì gradualmente con la venuta di Romulus.
La domanda ritornò con violenza un giorno qualsiasi in quel lungo e turbolento declino dell'Impero, durante una delle tanti invasioni barbariche che aveva attraversato anche i suoi terreni.
Al segnale di pericolo, aveva afferrato la prima arma a portata di mano e aveva iniziato a urlare a chi aveva attorno di seguirlo, principalmente i servi del palazzo in cui viveva, correndo alla ricerca di un rifugio per tutti loro.
Sperò disperatamente che la cantina più in profondità, la più fredda tra tutte, fosse abbastanza lontana per far desistere qualcuno dal trovarli.
E proprio mentre era pronto a barricare l'entrata, si palesò una guardia del palazzo che lo squadrò da cima a fondo e sbraitò: <Perché ti vuoi nascondere! Sii uomo e vieni fuori a combattere!>
E ancora una volta la domanda lo investì come un pugno nello stomaco, mentre fissò imbambolito l'umano di fronte.
Questi s'arrabbiò in fretta e lo trascinò via, lasciando quei poveri umani a sé stessi, mentre borbottava come fosse doppiamente non-uomo, in quanto voleva nascondersi con gli altri e, per di più, con dei servi.
E continuava a non capire.
Cosa intendeva?
Era anche cresciuto, s'era allenato e aveva imparato a maneggiare le armi. Era ormai un ragazzo sviluppato agli occhi umani, un giovane adulto quasi, dalle spalle larghe e forti. La sua fisionomia era indubbiamente quella di un uomo umano, ma allora cos'era che mancava?
Se lo chiese mentre la città venne chiazzata di sangue e lui sfuggiva alla morte solo perché si rifiutò d'esser "uomo", perché preferì rimanere con i suoi umani che morire e sperare di rinascere.
Insomma, scappò.
E ad ogni passo, la domanda gli martellava le tempie.
E non avrebbe mai interiorizzato cosa voleva dire, ma avrebbe iniziato ad ascoltare e costruire cosa volesse dire essere un "uomo" per chi attorno a lui.
Nel tempo mutava, ma alcune cose rimanevano lì, forse tinte di certe sfumature, ma intrinsecamente imperiture.
Non che, nella sua continua costruzione e modifiche, avesse mai ben compreso come mai esistesse questa idea, tra l'altro.
L'"uomo" vero (perché c'era anche l'uomo inferiore, lo schiavo, il contadino e tutti i dimenticati dalla storia ma pur sempre sue genti) era forte, era protettore, era stratega, non si piegava, era audace, non si faceva prendere dalle emozioni, conquistava e procreava con la donna, ma non mostrava l'amore, perchè era un'emozione.
Ed era tante altre cose che aveva aggiunto, sostituito o riscritto nella sua lunga lista, trovando il tutto solo una fonte di un altro grande mal di testa.
Ma era anche vero un'altra cosa: per mescolarsi al meglio, doveva fingere.
Fingere di capire, fingere di essere.
Non sarebbe mai riuscito pienamente neanche nella seconda cosa.
Perché lui provava emozioni e adorava provarle e non capiva perché non potesse mostrare di amare le donne ed era aberrato dal fatto che non fosse neanche più accettabile avere relazioni con uomini.
Non che avesse mai creduto che per un "uomo" la relazione con un altro uomo fosse migliore di quella con una donna.
E ne aveva avuto la conferma dopo aver sperimentato con entrambi.
L'amore (perché non l'avrebbe mai rifiutato, calpestato, nascosto!) era potente, soffocante e liberatorio in entrambi i casi.
Cambiava il come, non il cosa.
Soprattutto quando conobbe la Repubblica di Venezia, o Girolamo per gli umani, e anche uno dei due discendenti prediletti di Romulus, Veneziano.
Erano uomini che credevano ed erano sicuri di essere uomini, anche se ancora bambini o al massimo ragazzini ad uno sguardo umano, eppure non lo erano sempre.
Soprattutto Veneziano.
Era aperto con le sue emozioni, era pacifico, veniva incontro risultando flessibile se lo trovava vantaggioso, amava (anche se in maniera bambinesca) liberamente, apertamente.
Non era un uomo come lui sapeva, eppure Veneziano assicura di esserlo.
Simile e opposto era Girolamo, che era più simile alle descrizioni che conosceva.
Audace, non si piegava, protettore, stratega e tanto altro.
Ma si lasciava prendere dalle emozioni, soprattutto la rabbia, e sembrava orripilato dal concetto di dover procreare con donne e, in generale, ripudiava l'idea "mascolina" di dover conquistare e prendersi una donna.
E con il corso dei secoli, con la loro amicizia che si sviluppò soprattutto una volta che divennero eguali, entrambi giovani adulti agli occhi umani (anche se Girolamo, poi Giacomo, era ancora più verso il ragazzo che l'adulto), scopri come Giacomo fosse ancor meno "uomo".
Perché Giacomo crollava appena tutte le serpi erano lontane, diventava come un bambino che voleva essere protetto e guidato piuttosto il contrario.
Si sentiva inferiore; non abbastanza.
Ma non abbastanza uomo, bensì non abbastanza bravo ad essere quello che tanto proclamava.
E lui continuava a non capirci.
Perché erano convinti, con un'onestà innegabile, d'essere uomini quando non lo erano secondo il modello che tanto accuratamente avevano costruito?
Sicuramente conoscere Dalmazia e innamorarsi e scoprire che non fosse solo quel che credeva, ma Mila, sia uomo che donna aveva aumentato il ripetersi la solita domanda e accresciuto i dubbi.
Ma era arrivato ad una sorta di tregua mentale: alla fine non gli pesava più troppo essere chiamato "uomo" quando non si sentiva ciò. Ma Giacomo e Veneziano erano fieri di essere uomini.
Per loro funzionava diversamente, a questo punto.
E per Mila funzionava in un modo ancora diverso.
Se per lui era solo una costruzione confusionaria, se per Giacomo e Veneziano era un caposaldo, per Mila era solo una possibilità. Perché Mila era sia uomo che donna.
E in mancanza di repliche, di motivi per cui non potesse essere così, e nell'ignoranza di non conoscere sé stesso, l'aveva accettato volentieri.
Amava Mila per chi era, non perché era "uomo". E se amare Mila voleva dire amare sia Mila uomo sia Mila donna, allora che fosse così.
Il dolore di perdere Mila annebbiò il dubbio per molto tempo.
Si perse la domanda nelle ondate dell'ultimo secolo in cui si provava a scardinare dei capisaldi della società ma, per quel poco che approfondiva lui, l'idea di uomo esisteva ancora.
Forse mutata, smussata in alcuni angoli, ma c'era ancora.
Ma tutto cambia quando si fidanza con Giorgio e scoprono che è asessuale.
Entrambi conoscono solo l'essere etero (""normale""), gay o bisessuale. Aleksander è un "uomo" bisessuale.
Ma scoprire che si può andare oltre a tali compartizioni, uscire dagli schemi stessi del fare sesso, e sapendo per esperienza (Mila e alcuni umani) e poca conoscenza, che il proprio corpo può non rispecchiare chi si è a livello di identità, ha acceso una lampadina.
E se non sia il solo a sentirsi così? Se ci siano anche umani che non si sentono uomo o donna e basta?
E allora va dall'unica fonte affidabile che conosce relativamente bene.
Marie.
La un po' eccentrica Marie che, al sentire la sua domanda, gli sorride dolce e lo fa entrare, notando retorica: <Sai che ho proprio una possibile risposta per ciò?>
E così Aleksander scopre che esiste l'essere non-binary, che il non binarismo vuol dire non rientrare in schemi specifici, possibilmente anche non capirli tali schemi.
Aleksander è interessato.
Sulla carta è perfetto.
Forse finalmente ha trovato uno schema (che non è uno schema, come Marie sottolinea) in cui calza a pennello?
La valdostana gli manda una serie di articoli e descrizioni, raccomandandogli di prendersi il suo tempo nel leggerli, digerirli e esplorare ciò che sente con questa nuova coscienza e sensibilità.
E giorno dopo giorno, riflessione dopo riflessione, ricalibrazione dopo scoperta, piano piano è sempre più sicuro di chi è.
Aleksander è non-binary, e non c'è un modo giusto di esserlo, solo modi più o meno "popolari" di mostrarlo ed esprimere quel non senso di appartenenza al resto degli schemi che fa parte di sé fin nel suo DNA, se possibile.
N/A: e niente, è un capitolo che avrei dovuto fare tanto tempo fa, anche perché già per altre regioni non "cis" (che tecnicamente sono tutte trans essendo pezzi di terra che decidono di identificarsi con tale genere o altro, ma shhh), e tra i rimanenti c'era solo il nostro sfortunato Aleksander!
Beh, almeno ci è arrivato e l'ha scoperto, no?
Spero di essere riuscita a dare una realistica, perché veritiera è un parolone e non si addice, visione di cosa possa voler dire essere non-binary, non essendolo io.
Se qualche personcina non-binary o comunque non-cis pensa ci sia qualcosa di altamente (o anche solo lievemente!) sbagliato, lo scriva liberamente e vedrò come e quando riscrivere e pubblicare il nuovo capitolo con una prospettiva più sensibile e realistica.
In ogni caso, spero che a tutti voi lettori il capitolo sia piaciuto e se si va di dirmelo, leggere i vostri commenti mi fa sempre piacere (anche se non vi è piaciuto, è importante la critica costruttiva!).
E dopo questa pappardella, vi auguro una buona settimana!
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