202. Cit a Protagora senza sapere

N/A: anche oggi tardi per via di impegni universitari. E anche sabato, di nuovo. Poi, forse, per un po', avrò i soliti orari.
E forse il mio cervello non sarà una fonduta più ore che altro.



Maurizio bussa insistentemente alla porta del bagno del piano terra. È a tanto così dal strappare la porta dai cardini, in un modo o nell'altro. O renderla un groviera con la sua lancia.
E rappresentare il suo "a tanto così" con due dita, vorrebbe dire che non si stanno toccando solo per l'ampiezza di un atomo o due di ossigeno.

<Ancora un attimo! Mi hanno già sfrattato dal mio bagno!> lamenta, per la terza volta, Michele.
<E hanno ragione! Sei dentro da mezz'ora! E solo qui!> ribatte Maurizio.

<Ma non è niente! Ho ancora tanto lavoro!> si difende il pugliese.
<Ma che cosa stai facendo? Anzi, non me lo spiegare! In ogni caso, non puoi occupare l'unico bagno accessibile per chi deve farsi troppe rampe di scale per il "proprio" bagno se è in salotto!> sbuffa il marchigiano.

Odia sentire le voci in testa che lo rimproverano perché sicuramente lo odierà e vorrà fargli del male per ripicca, ma le sue necessità biologiche premono più delle sue paranoie, circa.
Ora stanno tornando alla carica, ronzando come uno sciame di vespe pronto ad attaccarlo. Vorrebbe poterle ammazzare con una racchetta elettrica come si fa d'estate.

<È qualcosa di veloce?> chiede il meridionale dopo lunghi secondi.
<Si!> afferma subito il povero disperato.

Una pregna pausa di riflessione e, finalmente, un: <Allora puoi entrare, dai. Se a te non dà fastidio.> e la chiave viene girata nella serratura.

Maurizio spalanca la porta, quasi prendendo in pieno il pugliese con essa.
Si fionda sul gabinetto, la porta sbattuta dietro di sé contro lo stipite, ma la chiusura è lasciata al destino.
Per fortuna la chiude il pugliese che, per rispetto del pudore altrui (che lui non ha), rimane con le spalle rivolte verso l'altro.

Finalmente Maurizio, dopo aver estinto i suoi bisogni primari e tirato lo sciacquone, si volta verso il lavandino per lavarsi le mani e nota una piastra accessa appoggiata accanto.
Michele si sta piastrando i capelli? Perché?
Si gira mentre finisce di sciacquare i capelli e capisce il perché. Neanche un terzo dei suoi capelli è liscio, come è abituato a vederli, il resto...

Il resto sono un caos di ricci sparati in tutte le direzioni. Per un attimo il marchigiano pensa che abbia messo un dito nella corrente e abbia preso la scossa.
Poi però riflette che Michele è sempre molto restio a farsi bagnare in qualsiasi zona superiore al collo e, come normale e ovvio che sia, conclude che quelli sono i suoi capelli naturali.
Sarà strano da pensare, ma sono più -Michele- quei capelli che quelli lisci, solitamente raccolti, a cui è abituato.
Perché Michele ha una natura attiva, quasi da folletto, sempre pronto a fare qualcosa e con mille pensieri (per quanto bislacchi) in testa.

E quei capelli rappresentano ciò.

Quel suo non piegarsi di fronte al raziocinio, quasi vivi, incapaci di stare fermi, che risaltano in qualsiasi ambiente...
È un peccato piastrarli. Può immaginare siano una tortura da mantenere così, ma sono belli.
Poi lui non dovrebbe "parlare" perché li tiene sempre il più corti e "naturali" possibili perché la sua testa si affolla di proposte e non sa mai che decidere. Quindi lascia fare alla natura. Che è sempre una scelta, eh, ma non così "attiva".
Però lo rispecchia, no? Odia prendere decisioni significative, quindi spesso compie le scelte più banali.

Ma non è questo il punto!

Michele, sotto lo sguardo scrutatore di Maurizio, gli passa attorno per afferrare la piastra e la alza come se fosse la cura di tutti i mali del mondo.
E inizia a straparlare: <Sì, lo so, sono osceni così, ma capisci che viene lunga a piastrarli tutti e ti assicuro che in mezz'ora si fa ben->

<Sono i tuoi capelli naturali, no? Allora non sono osceni. Sono solo stranito... Non ti avevo mai visto così.> risponde prontamente Maurizio.
Svariate voci approvano tale scelta, commentando come così, forse, non lo picchierà dopo (ma, ad onor del vero, pochi sussurri concordano sulla seconda parte).

Michele lo fissa guardingo, appoggia la piastra e incrocia le braccia al petto.
<Mh-h> commenta con grande loquacità.

Quasi tutte le voci di Maurizio iniziano a disperarsi e gridano alla catastrofe. Ma il marchigiano si sforza di ascoltare quelle reminghe e sparute voci che lo rassicurano e rimane fermo sulla sua posizione.
Perciò ribadisce: <Puoi credermi o non credermi, ma ti assicuro che non ci vedo niente di osceno. Anzi! Sono particolari, diversi!>

Il meridionale ruota gli occhi e borbotta sottovoce: <Diverso e particolare non vuol dire né bello né accettato.>
Però ha sottostimato l'udito sovrannaturale di Maurizio, che ha udito perfettamente il commento cinico. Quindi ribatté quasi all'istante: <Ma non vuol dire neanche "brutto" o "rinnegato". A volte è difficile dare un giudizio, sai? Soprattutto per quanto riguarda "bene o male" e "bello o brutto", perché il metro di giudizio è chi parla. E io ti posso fare tutti i complimenti che si possono immaginare, ma se il tuo giudizio è diverso, rimarrà diverso.>

Michele sospira e scioglie le braccia, dovendo ammettere la sconfitta, e sospira: <Non vale usare Protagora, anche se ha ragione in questo caso.>
Maurizio aggrotta le sopracciglia e si lascia sfuggire un mangiucchiato: <Chi?!>

Il pugliese spalanca subito gli occhi e, la voce un mezzotono più alto per lo stupore e l'affronto, inquisisce: <Non sai chi è Protagora?!>

<No-...?> ammette il marchigiano.
Svariate vocine lamentano i guai di varie dimensioni che seguiranno, altre ribadiscono il potere dell'onestà, ma molte... Ma molte dicono, con varie sfumature, che è un coglione e basta.
E non se la sente di dissentire chissà quanto.

Michele alza le braccia al cielo e indica con tono imperioso la tavoletta del cesso, ordinando: <Abbassa tutto e siediti lì, che abbiamo un bel po' di cui parlare!>
Maurizio vorrebbe ribattere, ma viene bloccato da altre domande: <Conosci Talete? Anassimandro? Almeno Pitagora?>

<Pitagora quello del teorema dei triangoli?>
<E...?>
<E basta?>

Michele si porta una mano tra i capelli ancora ricci, che paiono animati ed indignati quanto lui mentre muove la testa sconsolato.
<C'è un mondo di conoscenza da farti recuperare! Susu, che intanto che io continuo qua, imparerai qualcosa di sensato!> ammonisce.
Successivamente borbotta, ma apposta per farsi udire: <E poi quel polentone chiama me ignorante! Bah!>

Maurizio lo compiace, anche se si pente un po' della sua onestà. Ma una piccola vocina, che parla più forte e sicura di altre, commenta che è il suo modo per sviare l'argomento, anche se ha capito il succo del suo discorsetto. E che, purtroppo, rimarrà col suo giudizio negativo.

Ma non si cambia dall'oggi al domani, aggiunge un'altra vocina, e Maurizio si rassicura.

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