Capito 9: Never say never

L'alba a Seattle è spettacolare.
Prestando attenzione si riescono a vedere un'infinità di colori diversi.
O forse è solo la mia immaginazione..
Adoro svegliarmi così presto per vederla.
Soprattutto quando non riesco a dormire.
Mi rilassa sedermi sulla poltrona in terrazza a osservare il cielo.
Per di più un cielo così meraviglioso.
La nostra casa si trova nella zona centrale della città. Mio padre la scelse forse proprio per questo motivo.
È molto facile da qui arrivare a piedi alla nostra scuola, al suo ufficio e ai vari negozi.
Fin da subito noi la adorammo.
È accogliente e piena di stanze.
Così tante che all'inizio di alcune non sapevamo cosa farne.
Ora esse sono diventate lo studio di papà, una piccola palestra in cui ogni tanto io e Lexa ci alleniamo e una stanza che mia madre usa per dipingere in tranquillità.
I quadri che realizza sono davvero belli.
Purtroppo però non ha ancora trovato qualcuno che li apprezzi quanto meritano. Ma sono certa che un giorno ci riuscirà.
Mia madre e Lexa dormono ancora.
Mio padre invece ha affittato un appartamento sul suo ufficio e si è trasferito lì.
So bene che questa è la cosa migliore per i miei genitori ma fa comunque male.

Oggi si ritorna a scuola.
Aspettavo da tanto questo momento.
Ho bisogno di un po' di normalità.
Di vedere altre persone e di relazionarmi con esse.
Le vacanze di Natale sono passate più in fretta del previsto.
Sono successe tante cose in questo periodo, forse troppe.
Ma la cosa più strana è avvenuta la sera della vigilia di Capodanno..
Io e Step non abbiamo più parlato da allora.
Non mi ha più richiamata.
So che non vuole affrontare questa situazione ma potrebbe chiamarmi anche solo per dirmi cosa sta facendo in Italia, se ha conosciuto qualcuno, com'è la nuova casa o come si sta trovando in un paese così diverso da quello in cui ha sempre vissuto. Sa bene che lo capirei se ignorasse l'argomento.
E invece sta ignorando me..

Sono le 7:00.
Mia madre dovrebbe aver appena svegliato Lexa che impiegherà più o meno un'ora per prepararsi.
«Ah Hollie sei sveglia..menomale. È finito il latte. Potresti scendere a comprarlo mentre aspetti tua sorella? I soldi sono sul tavolo» dice mia madre mentre rientra in cucina.
Non mi ha dato neppure la possibilità di rispondere.
Per non dare inizio ad inutili discussioni prendo i soldi ed esco rassegnata.
Nonostante l'ora ci sono già tantissime persone che camminano per le strade di Seattle.
Ragazzi, adulti, anziani, bambini.
Da Tom c'è una fila lunghissima.
Dovrò aspettare così tanto solo per un po' di latte..
«Buongiorno!» dico rivolgendomi a tutti ma specialmente a Tom. Lui mi sorride.
È un uomo speciale.
Lavora tutto il giorno senza mai stancarsi.
Ama ciò che fa e si vede.
E io adoro le sue ciambelle.
La fila comincia a diminuire sempre di più mentre arrivano altre persone che si posizionano dietro di me.
«Ciao Hollie» sento dire da una voce alle mie spalle.
Non c'è bisogno che mi giri per capire di chi si tratti.
È la signora Clinton. Una delle donne più invadenti che io conosca.
Il suo hobby preferito è farsi gli affari degli altri.
«Salve signora Clinton» dico fredda.
«Ho saputo dei tuoi genitori» risponde aspettando qualche mia reazione.
Non so come faccia a saperlo ma non mi stupisce affatto. E non mi interessa.
Tanto prima o poi tutti lo sapranno.
All'improvviso Tom chiama il mio numero.
Menomale. Mi ha evitato una conversazione sicuramente spiacevole.
«Mi scusi ma devo ordinare» le dico senza nascondere il mio sorriso soddisfatto.
Lei mi guarda delusa per non essere riuscita a scoprire nulla.
Mi giro e vedo al bancone un ragazzo che parla con Tom.
Ha saltato la fila.
Io sono qui da quasi un'ora ad aspettare mentre lui è appena arrivato e sfacciatamente ha sorpassato tutti.
Mi meraviglio che Tom lo abbia permesso.
Mi avvicino.
«Scusa ma è il mio turno, quindi gradirei che ti spostassi» dico in tono arrabbiato.
Poco dopo mi rendo conto di conoscere quel ragazzo.
È il fattorino della pizza!
Ancora.
Mi aveva scritto quello strano messaggio da parte del suo capo chiedendomi se la pizza mi fosse piaciuta ed io gli avevo risposto il giorno dopo con un pollice all'insù.
Mi era sembrato più che sufficiente.
«Emh no guarda che..» comincia lui.
«Senti non voglio sapere se stai facendo tardi, se hai un problema intestinale e quindi devi necessariamente mangiare adesso o se ti è morto il gatto. Devi rispettare la fila» dico brusca.
Lui mi guarda quasi divertito facendomi innervosire ancora di più.
Poi arriva Tom con dei soldi in mano e li da al ragazzo.
Non ci credo..
«Hollie lui è Caleb, il ragazzo delle consegne. Devo sistemare un attimo queste cose e poi sono subito da te» dice velocemente girandosi verso gli scaffali.
Arrossisco e vedo Caleb che cerca di trattenersi per non scoppiare a ridere.
«Va bene puoi ridere» gli dico alzando gli occhi al cielo.
E lui lo fa.
Finalmente posso vedere se ha una fossetta anche sulla guancia sinistra.
No, lì non c'è.
La sua risata è talmente coinvolgente che ad un certo punto comincio a ridere anch'io.
Non la smetto più.
«Ho l'impressione che tu mi stia seguendo» dice poi interrompendomi.
«Invece secondo me è il contrario» rispondo con aria di sfida.
Lui sorride.
«Ora devo andare ma sono sicuro che ti rivedrò ancora»
«Seattle non è poi così piccola» dico cercando un modo per continuare a parlare con lui.
«Beh allora il destino vuole proprio farci incontrare..»
Poi raccoglie gli scatoloni vuoti e va via.

È tardissimo.
Quando entro in casa mia madre mi fulmina con lo sguardo.
Mentre prende il latte e lo posa in frigo mi dice di andare a chiamare Lexa che è in camera sua.
«Lexa muoviti! Non possiamo fare così tardi il primo giorno dopo le vacanze!»
Non risponde.
Incredibile.
Ha avuto tantissimo tempo a disposizione eppure non è ancora pronta. Uno di questi giorni la uccido.
Entro nella sua camera pronta a sgridarla..
Ma non c'è nessuno.
E la finestra è aperta.

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