Josh - Now
Cammini per il corridoio affollato, eviti qualche spallata che ti viene mossa per la fretta e stai attento a non guardarti intorno. Temi che sappiano che hai privato la morte di qualcosa che le apparteneva. C'era scritto e lo sai: per la morte. E ti turba questa consapevolezza, quasi termini nell'estasi. Te la immagini con gli occhi del rancore, adesso, la morte.
Uno zaino stretto tra le dita lunghe e callose, le orecchie pronte ad ascoltare ciò che puó farti comodo e entri in classe, scansando le parole di cortesia che per prassi dovresti rivolgere ai tuoi compagni.
Siedi al solito posto, braccia stese sul banco e testa appoggiata ad esse; il tormento che ti attanaglia non è dei consueti, è più deciso, meno filtrato, per niente comodo. Non vi è alcuna possibilità che queste sensazioni divengano soffici. Abbandoni il mondo di carta pesta, ti accoccoli al soave suono dell'abbattimento delle tue fibre: cadi a terra pezzo dopo pezzo.
Un corpo ti passa davanti, ma non si sposta come altri. Sta accanto a te in piedi e, la sua voce, non vorresti sentirla. Ti sta parlando, ti sta chiedendo se stai bene. Tu ignori. Tenti.
«Non eri alla commemorazione. Per questo te lo chiedo.» Elizabeth ti sta osservando di bieco, i suoi capelli rossi sono particolarmente mossi stamane. Dondola sui talloni e unisce le mani, cosicché i braccialetti traccino un rumore confortevole fra loro.
«Perché ci sei andata?» le domandi soltanto, non incroci i suoi occhi verdi.
«Frequentava con me diverse lezioni e --» ti chiedi quando la sua voce sia diventata tanto acuta e fastidiosa. Quasi deturpa i tuoi momenti intimi; i suoi discorsi matricolati e la sua banalità nella mattina corrente ti appaiono in discorde armonia rispetto alle tue maniere.
«Sbaglio o ridevi quando passava in corridoio?» sei duro, ardito. Il tuo tono spacca la sua pelle pallida, la fa cedere, e il sorriso che indossa viene rimpiazzato da un'espressione di delusione. Stringe fra i palmi il telefono che sborda di foto, di superficialità.
«Non devi essere per forza stronzo, pensavo fosse giusto --»
«Tu? Che pensi?» ora la guardi e le regali un finto sorriso amorevole. Ironico, la getti a terra con tutti tuoi sensi di colpa. Sta urlando, ora, ma la ignori. Non ti interessano le sue lamentele, i suoi riferimenti al suicidio perché altre ragazze risultano più affascinanti di lei, le sue polemiche e gli insulti facili che definiscono la sua bocca saccente. Questa ragazza è riempita di superficialità e incalza alla perfezione la sua dieta costituita dal non mangiare.
«Vaffanculo, Josh.» se ne vuole andare via, lo racconterà alle sue amiche del cuore e insieme cercheranno la prossima ragazza da tormentare perché diversa da loro. Ma ti alzi, sollevi il tuo peso sconfortato, e la fermi con una sollevata e rauca emissione di voce «Beth.»
Si volta e aspetta tu le chieda scusa, ma «È questo il tuo problema, non lo vedi? Non fai attenzione alle parole che usi, emani suoni con la tua voce stizzita pretendendo tutto e subito: parli di suicidio, tu! Perché un ragazzo ti ha lasciata e perché una ragazza è più bella di te. Ma sai una cosa, Elizabeth? Preferirei strisciare a carponi ai piedi di Carolina, piuttosto che ascoltare un altro solo dei tuoi discorsi narcisisti.» gliele butti in faccia senza emozioni, queste parole satiriche, sei freddo, distaccato, mentre le gridi contro colpe che sono anche tue. Lei trasalisce.
Tocca le braccia chiare con le mani e si aggiusta una ciocca di capelli ribelle, muovendosi verso la tua direzione, «Carolina era una schizzofrenica bisognosa di emergere in ogni occasione: piangeva e parlava, parlava, parlava. Puoi strisciare ai suoi piedi, ma è morta ed è meglio così. Non ho mai conosciuto una persona più antipatica.»
«Antipatica? Questa è la tua versione dei fatti. Tua, una persona neppure in grado di capire che ci sono delle differenze. Se è morta, è anche colpa tua. O è stata la mamma a dirle anche questo?» porta una mano al petto, se ne va senza dire un'altra parola e sai che lo scriverà alle chat che si ritroverà davanti non appena aprirà whats app. Le hai caricato sulle spalle una menzogna veritiera: sai perfettamente che si tratta di te. E di lei. E di altri. Ma di te ed è fin troppo semplice scagliare su individui il proprio egoismo.
Provi ad inghiottire il magone -- è ancora fermo in gola, rimane incastrato nelle tue fessure di falsità. Guardi davanti a te, hai quei tuoi zaffiri blu illuminati e spalancati, mentre afferri il tuo zaino ed esci dall'aula affollata prima che entri l'insegnante di francese.
Hai avute milioni di ragioni per scegliere differentemente, lei ne ha avute: eppure ha scelto la morte e il suo pensiero crea in te un baratro di incertezze. La paura striscia lungo il tuo corpo, arriva alle viscere e vi si stabilizza. Corrosiva, recessiva, i tuoi sentimenti vengono corrotti da un terrore che avrà anch'esso gli occhi del rancore.
Corri nel corridoio, vuoi che stamattina voli via. Vuoi che termini, non sai cosa, ma vuoi che passi. E ti imbatti nel viso frastornato di Catherine che è attenta nel riporre i suoi libri nell'armadietto decorato. Risulta più riposata, come libera da un carico prorompente che in te, invece, è ancora ben assiso sul cuore.
Le sorridi, non ti nota, ma percepisce su di sé uno sguardo minimale, frastornato. Cammina inconsciamente lontana da te.
L'ultimo sguardo ai cartelloni che protestano contro il suicidio e lo trovi persino ridicolo: esci di scuola e sai già dove andrai. È la quinta volta in questa settimana.
N/A: no scusate ma devo rendervi partecipi del mio disagio. Praticamente stavo con una persona e questa mi offre una crepes (la obbligo, ma son dettagli). Fino a qui tutto okay, ma entriamo nel bar ed io inizio a fissare delle tizie lì presenti e mi estraneo. Ad un certo punto la persona al mio fianco mi fa un cenno e "Martì lo zucchero?" ma tipo io non avevo capito niente, il mio sguardo vagava fra lui e il tizio dietro il bancone e a random, mentre pensavo a cosa dire per non fare una figura di merda mi esce "Che cos'è lo zucchero?". Che ve lo dico a fare, il tizio mi guardava strano, la persona rideva, io volevo sotterrarmi. Sono una figuraccia vivente.
Già che ci sono vi ricordo la pagina instagram Mine1509_stories e che potete trovarmi anche su twitter con Mine_1509 (giusto perché qui non l'avevo mai detto).
ADDIO
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