First letter
Cara Carolina,
Sono triste.
Esageratamente triste perché la colpa mi sta divorando.
Tu pensavi non ti volessi, Carolina. Quante volte lo hai pensato? Quante? No, non è vero.
È che si cresce, si matura, ma non sempre si è in grado di mostrare la propria crescita. A volte si fugge. E io mi sento in colpa.
Tu hai pensato che non ci fossi, io ne sono certa. Non lo avresti fatto. Lo diceva sempre mia nonna: uno si uccide quando pensa di essere da solo.
Le persone hanno bisogno delle persone e tu avevi necessità di qualcuno che ti ascoltasse, che passasse con te i pomeriggi a bere cioccolata da Chemical Romance e che non ti facesse sentire inesperta. Tu lo odiavi. E io non ero in grado.
Ed ora mi sento in colpa.
Mi dispiace. Mi dispiace se d'improvviso non c'ero più. Mi dispiace se tutto d'un tratto mi sono abbattuta e non ho dato a te lo spazio che meritavi. Divorzio, Carolina. I miei genitori stavano divorziando e non c'era niente di peggiore. Avevo così freddo, così tanto freddo che da allora mi dico che avere caldo è meglio.
E mi sento in colpa.
Mi dispiace se ti ho chiuso fuori: non lo meritavi. Mi dispiace se ti ho tolto il saluto senza motivazione? Perché non ce n'era una. Solo io e la mia voglia di farlo da sola. Le persone non fanno sempre la scelta giusta, a volte si sbaglia.
E mi sento in colpa.
Mi dispiace per quando ero a conoscenza del male che ti perseguitava e giravo il volto. A cosa pensavo? A parare il mio culo. Ti ho lasciata da sola e non ho scuse. Mi dispiace e non ho scuse.
No scuse.
Quella sera, quando mi hai chiamata..... Tu stavi chiedendo aiuto e io ho permesso a mamma di prendere il mio telefono e di posarlo sul frigo. "Basta con questo affare, Catherine." e tu mi stavi chiedendo aiuto! Come ho potuto? Perché lo hai fatto?
Hai.... Avevi diciassette anni. Tutta una vita. Come ho potuto? Non mangio, non dormo, il cuore è sprofondato nell'angoscia. E mi sento in colpa.
Tutto ti divorava e io stavo lì a ridere con quelle oche giulive (te lo ricordi Fitzgerald? Tu AMI Fitzgerald, Carol) di ciò che trovavo superficiale. Io sono superficiale e lo so.
Quando piangevi e nemmeno ti sorridevo. Quando avevi i lividi sulle braccia e fingevo di non vederli. Quando lui ti strattonava il polso nel corridoio e come altri mi voltavo. A cosa pensavo? Quanto sono ipocrita a raccontarti tutto ora? Mi sento in colpa.
Tu non tornerai, tu sei andata. Ed eri bellissima. Avrei voluto avere più tempo per dirtelo. Eri bellissima. Coi tuoi modi, i tuoi discorsi e la tua retorica. Le tue fiabe. Le tue bambole. La tua camera azzurra. I tuoi silenzi che sapevo che la soluzione stava nello scriverti. I tuoi sorrisi buffi. La tua risata. Tutto. Le altalene. E mi sento in colpa.
Non ti ho aiutata a dare valore alla tua vita e se soltanto io ci fossi stata, ad aiutarti a dare un'ultima possibilità alla vita, forse ora staremmo bevendo una cioccolata calda e ti starei dicendo del ragazzo che mi piace. Si chiama Harold, ma a te non può fregare di meno, vero? E hai ragione. Mi sento in colpa.
Non davo valore e non ti ho aiutata a farlo. Ora lo so. Che uno sguardo, una parola, può ammazzare. Mangi la marmellata lì su? Ora so che una presa in giro distrugge l'autostima. Anzi no... Aiuta a distruggerla. Da quanto eri morta dentro? Da quanto eri vuota? Perché non c'ero? Scusa.
Scusa. Scusa. Scusa. Scusa. Scusa. Scusa. Scusa. Scusa. Scusa. E scusa.
Scusa.
Tu non tornerai vero? Tu potevi restare. Non tornerai. Non torneranno il su e giù dell'altalena. Non torneranno. E mi sento in colpa. Aiutami. Da lassù. O li giù. Eri anche agnostica. Come hanno potuto farti un funerale? Non ci sono andata. È ipocrita. Io lo sono. Ma non come loro. Io ti voglio bene.
Scusa. Scusa. Scusa. Se tornassi, ti abbraccerei. Ma non posso. Scusa.
Ora sto dimagrendo. Credo mi faccia bene. Ero diventata una vacca. Me lo dicono spesso. Scusa.
Saluta la morte per me.
Scusa.
Catherine.
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