Distrazioni

"Stupida strizza cervelli"
Elis guardava Sarah da lontano mentre lei, tutta carina e gentile, dialogava con i malati del manicomio.
Non sembrava così stronza con gli altri, forse aveva visto in Elis qualcosa che gli altri non avevano: forza. La forza per andare avanti e non mollare, la forza di rialzarsi sempre, la forza per non cadere nella trappola della follia in un istituto dove un carillon suonava dalla mattina alla sera e le suore infliggevano punizioni tremende ai loro pazienti.
Sarah si voltò per un attimo, come se avesse sentito lo sguardo della ragazza bruciarle la pelle sotto quel vestito nero.
Le sorrise.
Per lei era già un sì, una sorta di "diventiamo complici e tirami via di qui", ma se voleva così tanto quell'alleanza da ricattare una paziente evidentemente aveva capito che lì, in quel limbo di matti, qualcosa non andava.
In realtà non andava proprio nulla.
In più, sommato a tutte le paranoie, si aggiungeva il pensiero costante di quel ragazzo rinchiuso nel corridoio nero, il regno di Satana, insomma quel tugurio lì.
Sentiva qualcosa di strano, un'emozione così diversa da quelle provate normalmente nel manicomio da non poter essere ignorata.
Voleva sapere, voleva parlargli ancora e voleva farlo proprio in quel momento.
-Prendi le tue pillole, Elis.-
Suor Nadia, la consumatrice seriale di marijuana.
Sarah la stava guardando da lontano, così come suor Emelde, pronta ad infliggere le sue punizioni.
Erano anni che Elis si rifiutava di assumere medicinali e puntualmente la forzavano a farlo.
Elis prese il bicchiere tra le mani per poi rovesciarlo "accidentalmente" a terra.
-Ops.-
Disse guardando le pillole sporche per poi sorridere alla suora.
Una strana luce negli occhi di suor Nadia e la sua mano era già stretta intorno al polso della ragazzina di fronte a lei, ma qualcosa interruppe la punizione plateale: suor Emelde.
-Elis, vieni in infermeria.-
Quattro parole che volevano dire "Elis, vieni a prendere calci nello stomaco".
La ragazza venne trascinata via dagli infermieri.
Mentre la lasciavano strisciare a terra lei si voltò e guardò Sarah negli occhi, per poi ridere, come a dire "valuta questo."
Fu portata nello studio di suor Emelde, sbattuta a terra con violenza inaudita.
-Continui a cercare di condurre il gioco, quando imparerai ad obbedire?-
La suora la guardava con occhi quasi felici, non vedeva l'ora di torturarla, di farla soffrire fino a vederla sdraiata a terra in una pozza di sangue, il suo sangue.
-Quando la smetterete di darmi quelle droghe, non ne ho bisogno.-
Suor Emelde sorrise.
-È difficile da accettare lo so, ma, Elis, senza una famiglia, una figura cara, una casa, degli amici, come potresti stare bene? Hai bisogno del nostro aiuto, delle nostre cure e finché non assumersi quelle pillole senza protestare non potremo rilasciarti.-
Elis strinse un pugno, indispettita e logorata nel profondo da quelle parole cariche di odio e finta compassione.
-Io sono sana di mente, non ho bisogno di un Dio in cui credere, una realtà migliore in cui sperare perché non accetto quella in cui mi trovo. Suor Emelde, la realtà è che lei non accetta la sua vita di merda e ha scelto di creare questa stronzata della fede in Dio per non affrontare il vero problema: nessuno le vuole bene. Ha mai avuto un pene vero o aspetta ancora quello di Gesù Cristo?-
Nel silenzio del manicomio si sentì soltanto un suono, quello dello schiaffo in pieno viso che la suora regalò alla ragazza di fronte a lei.
Elis rise.
-Non farà mai male come la sua schifosa vita.-
Un altro schiaffo.
La suora le afferrò i capelli obbligandola a guardarla dritto negli occhi.
-Tu sei una schifosa strega, una puttana del diavolo ed è con lui che brucerai all'inferno.-
Un ultimo schiaffo fece cadere Elis a terra, mentre la suora afferrava il suo frustino e iniziava la punizione.
Ogni singolo atomo del corpo di suor Emelde bramava il dolore, ogni singolo millimetro di pelle era imperlato di sudore mentre colpiva con ferocia la ragazza inerme sdraiata a terra.
Le vesti di Elis si laceravano sotto i colpi della frusta e lei urlava ogni volta, ma non piangeva, non le dava quella soddisfazione.
-Parla adesso, Elis! Forza, sputa il tuo veleno ora!-
Una frustata sulle labbra fece sputare sangue alla ragazza che continuava a subire le violenze passivamente.
Aspettava soltanto di essere spedita nel corridoio nero, sapeva che le suore non avrebbero potuto mostrarla in quello stato pietoso a "suor Sarah", avrebbe dato troppo nell'occhio una paziente piena di lividi e tagli sul viso.
Suor Emelde riprese fiato, Elis rotolò sul lato opposto tentando di rimettersi in piedi, ma le sue gambe non risposero ai comandi, così si mise a sedere a volto basso. Alzò la testa contornata da un groviglio di capelli neri e guardò con i suoi occhi azzurri come il mare in tempesta la donna alzata di fronte a lei.
Rise.
-Ti eccita vedermi urlare?-
Una pazza, era davvero una folle, ma quella follia l'avrebbe portata dove voleva andare e insieme alla sua scomparsa Sarah si sarebbe resa ancor più conto della degenerazione della situazione. La sua pazzia l'avrebbe salvata.
Ci sperava davvero, altrimenti aveva sofferto per nulla.
Sarah doveva scrivere di lei, di quanto fosse pazza ma allo stesso tempo vittima.
-Cospargimi di acqua santa, suora. Lavami col sangue di Cristo, io continuerò a darti contro, continuerò a non ascoltare i tuoi sciocchi comandamenti e, soprattutto, continuerò ad essere me stessa. Non riuscirete a modellare la mia mente come fosse plastilina, vi farò pentire di ciò che state facendo, ve lo giuro.-
Suor Emelde le sorrise.
-Continua a fare sogni tranquilli, pazza. Quel giorno non è oggi, né domani. Quel giorno non arriverà mai.-
Terminò il suo discorso così, poi tornò ad accomodarsi al suo posto dietro la scrivania e fece entrare gli infermieri che somministrarono ad Elis le sue pillole e le misero un panno davanti al naso e alla bocca per farla cadere in un sonno profondo.
La portarono via dalla stanza.
Suor Emelde sospirò posando il frustino e guardando la sua immagine riflessa nello specchio.
Un tempo non era così.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top