Brividi

-Tiratela fuori.-
Due parole ed Elis spalancò gli occhi mentre quattro infermiere la circondavano.
-Cosa volete farmi?-
Suor Emelde la guardò dall'alto verso il basso.
-È l'ora della purificazione, cara. Hai già perso la cognizione del tempo?-
La ragazza fu tirata malamente fuori dalla sua stanza. Mentre veniva trascinata al piano superiore, sbattendo contro tutti i mobili che si presentavano lungo la strada, osservò le cinque celle nel corridoio nero.
Erano tutte aperte tranne una, la numero 616.
Una suora la obbligò a guardare avanti tenendole la testa ferma.
Fu gettata nella "stanza purificazioni", dove fu obbligata a denudarsi mentre il getto di acqua bollente le cadeva sulla testa dall'alto.
La pelle le diventava rossa, ma lei restava immobile mentre la purificazione del corpo avveniva.
Quella era decisamente la meno brutale di tutte le tecniche.
Il sale cadde copioso sulla ragazza che aveva dimenticato un particolare: le ferite sulla schiena. Nel momento esatto in cui il sale si depositò su di esse urlò dal dolore cercando di non piangere, invano.
La tirarono fuori dalla stanza soltanto quando il suo dolore fu terminato, per poi asciugarla e riportarla nel corridoio nero.
La suora addetta al corridoio la rinchiuse e lasciò il pranzo dallo sportello dei medicinali.
Elis attese che il suono delle sue scarpe contro il pavimento fosse terminato per poi prendere il suo piatto e mangiare.
-Sei una variante del diavolo.-
Affermò all'improvviso, sicura di ottenere una risposta.
-A cosa ti riferisci?-
Elis spezzò il pane duro, per poi inzupparlo nel sugo del tutto privo di sale.
-La tua stanza ha il numero 616, una minuscola variazione al 666 secondo il mio pensiero. Devi aver fatto incazzare di brutto le suore se ti hanno dato questo numero.-
Continuava a mangiare indisturbata, mentre la voce dell'uomo nell'altra cella non tardò a farsi sentire.
-Anche tu se ti spediscono di punto in bianco nella loro sala di purificazione.-
Elis sospirò.
-Ribadisco che io non sono condannata a morte, sei una spanna avanti.-
Silenzio, poi la risposta.
-Non sono state di certo queste suore ad avermi rinchiuso qui, non mi volevano neanche, neanche loro vogliono l'anticristo dentro casa.-
Elis poggiò il piatto sul letto, per poi sgranchire le gambe girando per la stanza.
-Ti nascondono bene.-
Sentì il rumore di qualcosa che si accende.
-Ma hai un accendino?-
Chiese di improvviso la ragazza, come se un accendino fosse utile a qualcosa che non fosse un'esplosione.
-Fiammiferi, erano tra le ultime richieste prima della morte, figo no?-
Elis rimase di stucco.
-Ti hanno chiesto di esprimere dei desideri pre-morte?-
Sentì una risatina.
-Perché ti affascina tanto questa cosa? La situazione implica comunque la morte.-
Elis annuì, come se quel tizio potesse vederla.
-Già, già. Hai ragione.-
Restarono in silenzio, a fare da colonna sonora soltanto degli sbuffi che Elis interpretò come il tizio che fumava una sigaretta, un sigaro o chissà cosa.
-È la prima volta dopo non so quanti anni che porto avanti un discorso sensato con qualcuno.-
Si ritrovò a dire ciò che pensava senza filtri, tanto quel tizio sarebbe morto di lì a poco ed Elis neanche voleva sapere cosa aveva fatto per meritare la morte, stava semplicemente parlando con qualcuno e lo stava facendo senza dover interpretare gesti o rallentare il discorso per permettere alla persona che aveva di fronte di capire.
-Non parli con nessuno?-
Elis sorrise tra sé e sé. "Sì, con suor Emelde", si ritrovò a pensare.
-C'è un bambino, si chiama Bill. Non so cosa diavolo abbia, ma non capisce, o meglio sembra capire inizialmente ma un attimo dopo mi guarda di nuovo come se stesse aspettando che io ripeta la domanda. Conta sempre i suoi capelli, poi si dimentica a che numero è arrivato e ricomincia. Io ho tentato di aiutarlo ma nulla, non ci sono riuscita. Credo di stare impazzendo insieme a lui.-
Sputò fuori tutto d'un fiato.
-Molto probabilmente sì. Insomma, non posso conoscerti ma a stare qui dentro si perde il controllo su ogni cosa, si diventa qualcun altro, qualcos altro... oggetti.-
Elis si ritrovò, quasi meccanicamente, con le unghie conficcate nelle cosce.
-Io non ho nessuno neanche fuori, ho perso il controllo della mia vita da quando ero ancora bambina. E tu? Qualcuno piange per te?-
Si guardò le gambe livide, piene di segni rossi e croste orrende.
-La mia famiglia ucciderebbe per me, ho commesso un errore madornale e non possono fare nulla. Non so cosa stiano facendo adesso, ma sicuramente il mio nome è tra i loro pensieri fissi.-
Elis sorrise spontaneamente.
-Deve essere bello. Io ho cambiato tre famiglie per essere adottata, nessuna di queste rispettava dei requisiti che lo stato richiedeva e ho dovuto lasciare tutti i loro componenti nonostante avessi voluto averci a che fare almeno un minimo. Il tempo di una cena insieme, una carezza ed una chiacchierata, mi sarei accontentata di questo molto volentieri.-
Continuava a grattarsi la pelle delle gambe fino a farle sanguinare.
-Come si ammazza il tempo in un manicomio?-
Chiese di improvviso il tizio nella cella, forse per cambiare argomento o forse perché davvero stufo di quel dolce far nulla.
-Cercando una via di fuga. Sono anni che ci provo, non ci sono mai riuscita. Bill dice che suor Emelde prima portava i suoi pazienti meritevoli fuori, in una sorta di giardino.-
Il ragazzo rimase in silenzio, poi rispose.
-Immagino che tu non lo abbia mai visto.-
Elis rise.
-Ti sembro una meritevole? Comunque sia Bill è malato e forse il suo è un effetto Mandela, insomma, ricordi distorti e cose così.-
Sentì qualcosa muoversi fuori, poi la mano di una suora si infilò nello sportello dei medicinali con il bicchiere di Elis.
-Sono aggiunte anche quelle che hai evitato ieri, più eviterai la tua dose più ne accumulerai e credo che un'overdose non te la toglierà nessuno. Buona giornata.-
Elis andò verso la porta, mentre il rumore delle scarpe della suora spariva oltre il corridoio.
-Un'overdose è un ottimo modo per evadere da questo carcere.-
Elis ridacchiò, per poi ingoiare le pasticche una dopo l'altra.

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