•CAPITOLO 6• AXEL ANDERSON•

•Cassia•

-In the name of love- Martin Garrix, Bebe Rexha.🩹💙🎶

Gli spasmi continuano senza tregua lungo il mio corpo. Cominciando dalla mia nuca fino alle punte dei miei piedi.

Nonostante stia camminando a passo spedito verso l'uscita, sento ancora il suo sguardo sulla mia figura. Non l'ho più visto, né percepito ma sono sicura sia qui da qualche parte.

L'aria continua a mancarmi di continuo e il via vai del fumo e l'odore di alcol non aiuta i miei poveri polmoni.

La gente intorno a me sembra dare di matto, più che una festa mi sembra un cazzo di street club con persone nude da tutte le parti.

I miei occhi girovagano e non nego che abbia visto peggio nella vita ma non è un gran bello spettacolo quando capita.

Gente che si struscia negli angoli più remoti delle stanze, ragazze e ragazzi anche dello stesso sesso pomiciare ovunque.

Nulla contro di loro, anzi, vorrei proprio avere un amico gay ma cavolo, prendete una diavolo di stanza se proprio dovete fare dei figlioletti.

Alcune persone invece fumano e non solo sigarette, l'odore pungente mi fa pensare a della droga leggera.

Prima di uscire da questo postaccio però, ho bisogno di una bottiglietta d'acqua da portare via con me.

I miei passi, nonostante non sappiano dove andare, camminano in una direzione che dovrebbe essere una sorta di cucina.

Sbuffo alla vista di altre persone che si limonano come se non ci fosse un domani sopra il piano cottura. Lascio stare il loro momento super romantico e apro il frigo.

Birre, alcol, altre fottute birre e solo in fondo dell'acqua naturale.

Prendo quella bottiglietta azzurra tra le mani e la apro senza pensarci due volte portandola alle labbra ma la ritraggo subito data l'elevata anidride carbonica contenente, per poco non la sputai a terra.

Rigiro il tappo alla superficie per chiuderla per poi agitarla e farle perdere quelle bollicine.

Dopo qualche movimento di mano, assaggio di nuovo e per fortuna diventa bevibile.

Guardo il cellulare e noto solo ora che sono mezzanotte passata da poco.

Mi sento davvero un pesce fuor d'acqua.

Devo andare via, voglio andare via e non rimettere piede in questo posto del cazzo, preferire farmi tagliare un dito.

Ripercorro la stessa strada di prima e a fatica ma tra uno spintone e l'altro riesco a varcare la porta d'ingresso.

La leggera aria fresca mi colpisce il viso facendomi raggelare piacevolmente.

Ho sempre preferito l'inverno all'estate. L'aria fresca, la pioggia, i maglioni e le coperte, mi fanno sentire tremendamente al sicuro, nessuno che ti guarda con un occhio diverso, tutti si fanno gli affari propri e l'unica cosa che non vedi l'ora che succeda è un bel temporale per poter leggere il tuo libro preferito o semplicemente guardare un film/serie tv.

Puoi indossare ciò che vuoi e non hai bisogno di scoprire dei lembi di pelle per il troppo caldo, se stai male, un bagno caldo è proprio quello che ti fa rigenerare.

Se hai bisogno di piangere e piove, puoi farlo con il viso rivolto verso il cielo e nessuno capirà che lo stai facendo.

Tutto diventa più semplice secondo il mio cervello.

La musica continua a rimbombare dietro le mie spalle e facendo dei piccoli passi, riesco ad arrivare all'auto parcheggiata, prendo le chiavi dalla borsa e dopo aver premuto il piccolo tasto che fa scattare la serratura, apro la portiera e mi siedo di lato lasciando le gambe fuori a penzoloni.

Estraggo il pacchetto di sigarette dalla borsa e aprendolo ne porto una alle labbra che accendo.

Guardo il cielo, è scuro, non vedo le stelle a causa delle nuvole che le coprono, magari arrivasse un acquazzone, sarei la persona più felice del Mondo. La luna è coperta ma nonostante ciò, la sua luce si protrae per tutta la zona in cui riesce ad arrivare.

I miei pensieri vanno immediatamente a quel ragazzo di poco fa, ripensandoci, presumo abbia la mia età, anno più anno meno. La sua voce era particolarmente familiare nonostante io non l'abbia mai sentita.

Se ripenso all'accaduto mi verrebbe da dire surreale, che capitò circa un anno fa o giù di lì, invece sono passati forse solo venti minuti, le sensazioni sono state abbastanza strane, uno sconosciuto che gioca così con una persona che non conosce.

Magari sapeva chi sono ma non me l'ha voluto dire, semplicemente, ma sarebbe impossibile dato che l'ultima volta che fui qui ero solo una misera bambina.

Non conosce me ed io non conosco lui.

Nonostante quel piccolo abuso di potere non posso negare a me stessa che in fondo all'anima dannata del mio essere, mi sia piaciuto un sacco, sarà qualche problema che ho ma il pensiero che sia successo senza aver programmato nulla, mi fa pensare che non sia proprio una casualità.

Mi ha fatto sentire viva.

Ha risvegliato il mio animo.

Non sarei mai stata al gioco di qualcuno ma lui, non so cosa mi abbia fatto ma ha mantenuto il mio interesse, dall'inizio alla fine.

Nonostante ciò di positivo, vedo molto anche il lato negativo delle cose perché come sempre anziché vedere il bicchiere mezzo pieno lo vedo mezzo vuoto.

Era un fottuto sconosciuto che potrebbe essere ora chissà dove a raccontare di aver sedotto una ragazza nella sua fottuta piscina e che per ripicca non ha nemmeno fatto orgasmare.

Ho sbagliato tutto, ma cosa mi passa a volte per l'anticamera del cervello non riesco nemmeno io a spiegarlo.

Tocco con la mano libera il mio viso e noto di avere ancora quella maschera allacciata alla testa, con una mossa rapida la sciolgo e la butto in macchina verso i sedili posteriori.

Chiudo gli occhi continuando a fumare e i pensieri mi riportano dritti in un posto ben preciso.

Le sue mani si protraggono lungo le mie cosce non dandomi la forza di muovermi, mi paralizzano sul posto.

I miei occhi da che asciutti si riempiono di lacrime e una riesce a solcare il mio viso.

Il sorriso della persona che mi sta di fronte diventa più cattivo, il suo pollice si fa strada sulla mia guancia asciugandola.

-Sei bellissima quando piangi, mi ecciti ancora di più.-

La sua mano precedentemente messa sulla coscia inizia a salire facendomi male, mi stringe, mi palpa dandomi delle sensazioni esageratamente brutte.

I pensieri negativi prendono il sopravvento ed è proprio per queste ragioni che dal mio occhio destro una lacrima si fa strada per scendere veloce verso il mio collo.

Alzo la testa beandomi del venticello, guardo in un punto indefinito della distesa blu notte sopra di me e mi chiedo cosa io abbia fatto di male per meritarmi tutto ciò.

Vorrei solo avere delle risposte, un consiglio, una guida, qualcosa che mi porti alla strada giusta senza pensare ai sè e ai ma...

Vorrei sentirmi dire che vada tutto bene, che domani mattina quando mi sveglierò, non dovrò avere paura della solitudine perchè non sarò messa in quelle condizioni brutte.

Voglio solo un segno, voglio la mano di mia madre che accarezza la mia chioma e mi dica che sia solo un brutto periodo, i consigli di mio padre che esclamano che la vita non è poi così male come sembra.

Invece no, nulla di tutto ciò sarà mai possibile, per colpa mia, per uno stupido gesto, so che loro non mi darebbero mai la colpa di nulla, ma io come posso non infliggermi un dolore tanto lancinante quando ripenso a ciò che successe.

Le mie domande continue sono sempre le stesse, uguali identiche tra loro.

Cosa sto facendo e cosa sbaglio, ogni volta che me le ripeto in testa, arriva sempre la stessa identica confusione di sempre. Quel vortice nero pieno di fili ingrovigliati tra loro e lo sono così tanto che non sembra esserci un inizio o una fine.

Voglio solo trovare l'inizio del filo e cercare di arrivare alla fine per farlo diventare dritto e limpido.

Con questi pensieri in testa, il mio respiro diventa affannoso, facendomi abbassare e alzare il petto gradualmente fino a diventare abbastanza veloce.

Voglio urlare, buttare fuori quello che tengo dentro, dicevano che farlo avrebbe aiutato a liberare la mente.

Urlare.

Piangere.

Urlare ancora e piangere fino a che non ne avessi più sentito il bisogno.

Ma piangere mi sembrava impossibile, non lo facevo ormai da anni mentre urlare sarebbe stata una buona soluzione.

Con tutta la musica ad alto volume chi diavolo mi avrebbe sentita.

E fu così che cacciai fuori un urlo potente che non mi fece sentire bene per nulla inizialmente.

Avrei solo bisogno di scappare lontano da quel posto.

Mi chiusi in macchina non prima di buttare la sigaretta che stavo consumando precedentemente.

Sbattei la portiera con poca eleganza, presi il cellulare e l'unica cosa sensata che mi venne in mente da fare fu quella di inviare un messaggio a Crystal per dirle che sarei andata via con la sua auto, sapevo che fosse in compagnia dei suoi amici e che sarebbe potuta benissimo tornare con loro, mi avrebbe perdonata ne sono sicura.

Con tutta la convinzione che mi ritrovai in corpo, premetti sulla frizione, misi la prima marcia e partì.

Subito dopo qualche minuto, mi ritrovai in una strada larga, deserta dove potevo andare ad alta velocità ma sempre con moderazione.

Mi sentivo libera, guidare nella notte quando le file sono inesistenti e l'unica cosa che riesci a sentire sono la musica o i tuoi pensieri mi dava un senso di solitudine bella.

I cartelli scorrevano alla mia vista, la striscia bianca discontinua centrale ma laterale alla mia vista scorreva velocemente sotto le ruote dell'auto.

Sono qui solo da pochi giorni ma nonostante ciò in un certo senso è come se non fossi mai andata via, i ricordi sono rimasti immobili nella mia mente, ogni singolo posto, avvenimento e parola.

Guardando ancora quei tabelloni colorati, una scritta mi fece venire in mente qualcosa di cui avevo ''scordato''.

Uscì dalla strada principale per entrare in una stradina non proprio uniforme, era sterrata e non riparata come dovrebbe essere.

Ma nonostante la macchina dovesse andare lentamente per arrivare dove volevo, sorrisi sperando che quel posto non fosse cambiato negli anni.

Una lunga salita si parò davanti ai miei occhi e questo mi fece pensare che c'ero quasi al mio obiettivo.

Con non poca fatica, riuscì ad arrivare in cima, parcheggiai a caso e non scesi subito dall'auto anzi...

Mi presi del tempo per riflettere su ciò che stavo facendo.

Un bel respiro profondo e coprendomi bene, ebbi il coraggio di poggiare un piede fuori dall'auto per toccare l'erba verde chiaro.

La vista da quassù è veramente mozzafiato e nonostante la tarda ora e quasi nessuna luce, potevo scorgere i fiori bianchi, blu e rosa spiccare in modo notevole.

Un sorriso spontaneo comparve sulle mie labbra, mi piace ciò che vedo, i ricordi non cancellati.

Quei tre bambini scorrazzare felici e spensierati.

Voglio andare verso quei ricordi, vedere se nonostante le tempeste e gli uragani, quelle quattro mura siano ancora in piedi.

Facendo attenzione a non inciampare e cadere, inizio a scendere dalla collina a piedi aiutandomi anche con la torcia del cellulare.

Per fortuna non avevo scarpe scomodissime, quando arrivai totalmente giù, mi feci spazio per un sentiero dove le piante non erano troppo alte, molti anni fa erano sempre basse ma con il tempo sono cresciute anche loro.

Nonostante le difficoltà però, riuscì ad addentrarmi ancora di più fino a arrivare ad una specie di cancello fatto di corde, se il mio ricordo non mi inganna e non credo, da qualche parte ci dovrebbe essere un laccetto che apre una specie di sagoma a forma di porta per entrare.

Mi incammino verso la parte destra della costruzione e noto un laccetto color marrone chiaro poco distinguibile che sciolgo in un sol colpo per poi attraversare tutto ed entrare.

I mei occhi alla vista di ciò che compare, si riempiono di lacrime.

Tutto è rimasto com'era, leggermente più malandato ma uguale.

L'albero alto che ora ha qualche ramo in più, la scaletta fatta di corda e legno che è sostenuta alla base e finalmente quelle quattro mura familiari come non mai.

La voglia di salirci è davvero troppa, ma un groppo in gola mi sale solo al pensiero di poggiare un piede su quella specie di costruzione.

Nonostante ciò, l'ansia e la preoccupazione non mi fermano e quando poggio il piede destro sulla prima trave ogni ricordo sfiora la mente.

I pentimenti e i sensi di colpa mi uccidono, mi fanno tremare interiormente.

Forse non sarei dovuta andare via.

Forse sarei dovuta rimanere.

Forse non avrei vissuto ciò che è accaduto.

Forse avrei potuto cambiare le cose.

Forse non sarebbe stata colpa mia.

Ma se continuo a pensare ai continui forse, rimarrò sempre con il dubbio.

Un passo in più, un ricordo, un altro, un senso di colpa. Fino ad arrivare in cima con gli occhi lucidi.

Quando sono quasi sopra, con la testa sbircio l'interno, come se potesse esserci qualcosa o qualcuno.

L'interno non sembra tanto distrutto come l'esterno, anzi sembra addirittura pulito e curato. Non riesco a scorgere più di tanto, il buio pesto non lo permette ai miei occhi, l'unica cosa che riesco a vedere è che il posto non è troppo malandato.

Prendo il cellulare e accendo la torcia, la muovo a destra e sinistra e con mia grande felicità, qualcuno ha continuato a prendersi cura del ritrovo, le travi su cui poggiano i miei piedi, sono ben salde, nessun rumore quando ci passo sopra, le pareti sono di un color legno non troppo chiaro e ci sono dei cuscini buttati qua e là.

In fondo alle quattro mura, c'è una specie di bauletto a cui mi avvicino, è sempre fatto di legno scuro, ha al centro un gancetto di ferro che alzo verso su emettendo un piccolo rumore.

Alzo piano la parte superiore e trovo al suo interno delle coperte, qualche altro cuscino e dei preparati di cibo.

Qualcuno viene ancora qui perchè guardando la scadenza del cibo, non è vicina a questo periodo.

Sorrido perchè la mia mente va da altre parti.

Mentre mi copro per bene con una coperta, un'imprecazione attira la mia attenzione-

-Cazzo...-

Mi allarmo immediatamente perchè quando ero una bambina in questo posto non veniva nessuno, è un posto alquanto isolato, dovresti venire appositamente.

Cerco di ricordare il tono della voce ma è stato talmente veloce che non riesco a ricordare bene.

Dal piccolo buco della casetta, guardo verso fuori e l'unica luce che illumina qualcosa non mi fa scorgere quella persona.

Che sia un fantasma quello che ho sentito.

Rido tra me e me. Impossibile.

Quando stavo per arrendermi ecco che la risento.

-Impossibile, non sarebbe potuta essere lei.-

La voce è di una ragazzo, abbastanza roca e profonda, continuo a guardare ovunque da quel buco che dovrebbe essere una finestra.

Improvvisamente vedo una piccola fiammella rossa illuminarsi nella notte.

Chiunque sia, sta fumando.

Socchiudo gli occhi per poterci capire qualcosa ma non riesco.

Il telefono suona, facendomi capire che è appena arrivato un messaggio.

Impreco silenziosamente, che fortuna ogni volta.

Sono rovinata.

Vedo la sua testa girare e scattare sull'attenti.

Scruta qualsiasi cosa, i suoi occhi puntano proprio dove mi trovo io in questo momento.

Mi si mozza il fiato alla vista dei suoi occhi con il riflesso lunare che lo colpisce dritto in viso.

Mi guarda, so che mi sta guardando, sento il suo sguardo bruciarmi le pupille.

Si alza, è alto, nonostante non sia vicino a me, riesco a vedere la sua prepotenza mentre cammina, quando mi rendo conto che si sta avvicinando verso la casa, rientro immediatamente ''correndo'' verso un punto dove non mi possa vedere.

Mentre mi giro inciampo e cado.

Maledizione, ma come si fa a cadere in un quadrato di casa, lo dico sempre che da lassù non mi vuole bene nessuno.

Dovrei scendere le scale e correre via immediatamente ma non credo sia una buona idea, se mi vede scendere saprà che effettivamente ci sta qualcuno.

Non so nemmeno se voglia farmi del male, se sia qualcuno che abbia qualche brutta intenzione. Non ho nulla nemmeno per difendermi perché ovviamente non penso mai ad una possibile conseguenza in un momento di confusione.

Da un piccolo spiraglio, riesco a sentire i suoi passi avvicinarsi, l'adrenalina crescere e le gocce di sudore scendere dall'alto verso il basso sulla mia schiena.

Ho timore, paura che sia nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Quando penso che per me sia effettivamente finita una volta per tutte, i suoi passi si bloccano senza un apparente motivo. Sollevata di una piccola percentuale mentalmente, caccio fuori un sospiro di sollievo silenzioso.

Guarda ancora, squadrando questa piccola area, i suoi occhi scrutano molto attentamente per poi tornare sull'erba verde, ormai coperta dalla penombra.

Mette una mano sulla sua capigliatura leggermente lunga per tirarla indietro fermandosi sulle punte.

-Sto diventando pazzo, ne sono sicuro...-

Raddrizzo le orecchie, voglio ascoltare quanto più possibile.

-Esci, non sei reale in questo momento.-

-TI ODIO, CAZZO...- Urla.

Metto una mano davanti alla mia bocca per non far sentire il respiro improvvisamente accelerato. Le sue emozioni mi trafiggono l'anima, posso essere la persona meno vulnerabile, ma questo è troppo.

Lo vedo struggersi.

Vorrei provare a fare un passo, cercare di calmarlo, ma so meglio di chiunque altro che una persona arrabbiata con il Mondo, ha bisogno del suo silenzio.

Continuo a guardarlo senza mai distogliere lo sguardo.

Fa avanti e indietro e sembra aver preso qualcosa dalla tasca del suo giubbotto, non riesco a capire esattamente cosa, forse una sigaretta.

Calcia a terra, credo stia avendo un leggero attacco di panico che non dimostra apertamente nonostante pensi che sia da solo.

Dopo qualche secondo, va via, scappa e scompare.

In men che non si dica, con le gambe tremolanti, compio qualche passo verso le scale, scendo rettangolo dopo rettangolo fino a toccare terra ferma.

Ripercorro la via per arrivare dove si trovava lui, mi abbasso per sedermi e sentire ancora la sua scia di profumo estraneo alle narici.

Mentre mi concentro a guardare le stelle, con le mani tocco i fili d'erba che si incastrano in mezzo alle dita dandomi una leggera brezza di freschezza in tutto il corpo.

Qualcosa di estremamente freddo però sembra toccarmi la mano, allungo lo sguardo a terra e noto essere un piccolo ciondolo a forma di mezza luna, lo prendo e lo studio attentamente nonostante la poca luce lunare.

Forse era di quel ragazzo di poco fa.

I dubbi e le domande attraversano la mia mente senza pietà.

Io non credo che fosse lui.

Anche se, in questo posto venivamo solo io, Crystal e lui.

Axel.

Finalmente una calda giornata di sole dopo le peggiori tempeste, per quanto ami la pioggia, stare seduta su questa distesa di prato verde circondata da un milione di colori diversi, mi fa sentire la bambina più fortunata del Mondo intero.

-Cassia, vieni a giocare con noi...-

Crystal mi chiama urlando, distacco gli occhi dal piccolo regalo che sto ''costruendo'' per loro. Delle coroncine di fiori.

Mamma mi aveva insegnato come intrecciare i fiori tra loro senza spezzare il gambo e soprattutto a scegliere i migliori.

Le faccio cenno che arriverò subito.

Poco dopo però sento la terra sotto di me tremare leggermente, alzo gli occhi e noto da lontano che Axel sta per raggiungermi, così con una mossa veloce tolgo le coroncine pronte mettendole via dietro la mia piccola schiena.

Pronta a sentire il suo richiamo.

-Perchè non vieni con noi?- Mi guarda con quegli occhietti furbi e la voce fina.

Cerca di sbirciare ma glielo impedisco.

-Axel non guardare è una sorpresa, va via, tra poco arrivo, promesso.-

Senza esitare, fa spallucce e qualche versetto scorbutico per poi andare via.

Sorrido e mentre corre dall'altra parte, non posso fare a meno di vedere il suo ciuffo nero fare su e giù.

Rido.

Lui è un bambino davvero riservato soprattutto rispetto a me e Crystal, non parla mai con nessuno e non rivolge importanza ad anima viva, se lo fa è perchè davvero gli importa qualcosa di quella persona.

Nel frattempo continuo da dove avevo lasciato fino a completare.

Richiamo la loro attenzione per farli avvicinare.

-Axel, Crystal, venite, in fretta!- urlo.

Vedo che iniziano a correre arrivando immediatamente.

-Cosa c'è Cassia?- parla Axel tra un respiro e un altro.

Prendo le coroncine che stavo nascondendo dietro la schiena.

-Ho fatto queste per noi-

Guardano con occhi meravigliati.

-MA SONO DELLE CORONCINE DI FIORI- Urlano contemporaneamente.

Quella di Axel l'ho fatta con dei fiori blu chiamati myosotis. Quella di Crystal con dei fiori di cieligio dato che lei ama il rosa.

Le prendo e le metto direttamente sulle loro piccole testoline.

-Sono davvero bellissime, hai le mani magiche- Ride Crystal facendo una giravolta su se stessa, come se potesse vedersi.

-E la tua che colore è? - continua Crystal senza fermarsi un attimo.

-La mia coroncina è bianca con una punta di giallo.- dico mostrandola.

-Perchè solo bianco?- mi chiede Axel.

Sorrido.

-Mi ricorda la luna-

Axel mi fa segno con la mano di dargliela e faccio come dice.

Abbasso la testa quando noto che vuole farmela indossare.

-Allora da oggi per me sarai la mia piccola luna.- mi dice appoggiando la coroncina sulla mia testa.

Sorrido. Piccola luna suona bene.

Dopo essermi ripresa da uno stato di trance, guardo di nuovo quel piccolo ciondolo bianco contornato da una striscia esterna dorata, penso se portarlo con me o semplicemente lasciarlo dove l'ho trovato.

Guardo i fiori attorno a me che nonostante le infinite piogge e tempeste, non muoiono mai, strappo un ibisco bianco e lo porto con me mentre mi alzo per ripercorrere la strada per la casetta sull'albero.

Salgo gradino dopo gradino e quando sono in cima, riposo tutto quello che ho messo in disordine e lascio il ciondolo sulle coperte insieme al fiore. Con mille dubbi, esco da quelle quattro mura.

I capelli vengono spostati dal mio viso per il vento, a quest'ora della notte, fa leggermente freddo, dovrei tornare a casa ed è esattamente quello che farò nonostante il groppo al centro della gola e un nome nella testa.

Axel Anderson.


















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