•CAPITOLO 2 •MOODY•

•Cassia•

Collide- Speed up

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Qualche anno fa mi avrebbero detto di gestire l'ansia in modo diverso, facendo respiri profondi o pensando ad altro, ma in questo momento l'unica cosa che riesco a pensare è proprio questo senso di agitazione che mi assale.

I battiti alla porta cessano e riesco a rimettermi a letto, giro la testa verso la finestra per dare un ultimo sguardo per sicurezza ma il nulla si fa spazio davanti ai miei occhi.

Prendo il cellulare e guardo la home, mi accorgo che nessuna notifica è apparsa, tranne di qualche gioco stupido o inutili mail, lo poso sul comodino e finalmente riesco a chiudere gli occhi per cercare di riposare.

La pioggia che sento battere improvvisamente sul vetro mi fa stendere i muscoli e rilassare i nervi che sentivo fino a pochi secondi fa, ho sempre amato quelle piccole gocce che sbattono ovunque, trasparenti, minuscole ma che ti colpiscono dritte nel profondo subconscio.

Riesco ad addormentarmi quasi immediatamente, ma purtroppo, il mio sonno dura estremamente poco a causa dei miei soliti incubi che mi accompagnano da anni.

-Cassia...-

Con un urlo estremamente sommesso, mi sveglio di soprassalto nel letto, credo di aver dormito un'eternità invece mi accorgo dalla sveglia accanto a me a led che sono passati a malapena sessanta minuti. Butto una mano in fronte per asciugare il sudore che cola.

Non riesco più ad avere sonni tranquilli da troppo tempo, gli incubi mi occupano gran parte delle ore notturne, i miei muscoli iniziano a diventare tesi, il mio corpo emana calore e le goccioline escono da ogni poro del mio corpo, succede nella maggior parte del tempo invernale, con la pioggia, riesco a cadere in un sonno talmente profondo da farmi scordare tutto.

La mia mente, cade nella parte più profonda e inizia a viaggiare senza il mio consenso, riportandomi sempre in un punto preciso, a volte cambia ma poi come per magia o incubo, finisce sempre lì.

La morte dei miei genitori. Io lo so perchè succede, so che è colpa mia, è tutta colpa mia, ogni singola cosa, sbaglio tutto, non riesco a farmene una ragione.

Vorrei poter tornare indietro nel tempo e magari riuscire a cambiare le cose, non commettere nessun errore, non aver fatto quella maledetta telefonata e soprattutto cavarmela da sola.

Ma no ero soltanto una bambina, mi ripetevano sempre.

Le voci vorticano nella mia mente non dandomi alcuna tregua, prendo la testa tra i palmi e la stringo con forza, come se questo gesto potesse attenuare qualcosa che fa male da troppo tempo.

Scosto le coperte ancora con la testa estremamente pesante, poggio i piedi a terra e subito il freddo del pavimento, fa raddrizzare tutti i peli del mio corpo.

Con fatica riesco a mettermi in piedi e a dirigermi in bagno.

Apro la porta e accendo la luce che subito mi acceca gli occhi facendomeli chiudere leggermente fino a quando non riesco ad abituarmi.

Il grande specchio di fianco a me, inquadra la mia intera figura facendomi raggelare sul posto non appena mi giro.

I capelli sono estremamente scompigliati, segno di essermi divincolata durante l'ora di sonno, le occhiaie sono ben evidenti e il mio corpo sembra martoriato.

Poggio le mani sul lavandino bianco e cerco di riprendere lucidità per quel che riesco.

L'unica soluzione che so per certo funzioni è una doccia.

Mi privo del pigiama blu con gli ananas disegnati e facendo attenzione a non cadere, mi infilo dentro la doccia. Regolo il getto dell'acqua e pian piano riesco a raggiungere la temperatura desiderata.

Mi rilasso più del dovuto, insapono i capelli e consecutivamente il corpo, beandomi di quell'odore al cocco che tanto amo.

Mentre applico il balsamo, non riesco a non pensare all'incubo, il mio corpo... Dovrei solo rilassare il cervello.

Così per i cinque aspettando che quel prodotto faccia effetto sulle mie punte, inizio a toccarmi il labbro inferiore mordendomi l'indice che piano faccio scivolare all'interno della bocca fino a toccare le pareti della gola.

Lo muovo piano, dentro e fuori per darmi la giusta eccitazione iniziale, quando lo estraggo lentamente, una piccola dose di saliva rimane sulla punta del dito, lucida e in attesa di essere inserita ma non è quello che faccio perchè la applico sul capezzolo destro turgido più che mai, nonostante l'acqua che scorre per qualche secondo quella piccola quantità viscida rimane attorno all'areola.

Strofino in modo circolare fino a pizzicare il capezzolo abbastanza evidente, lo stringo tra pollice ed indice regalandomi delle scariche elettriche all'inguine che non soddisfo subito, voglio far durare questa piccola tortura.

I piccoli getti d'acqua che scorrono dall'alto verso il basso mi colpiscono dritti sull'altro capezzolo libero e non torturato, per qualche secondo è fastidioso ma quando ad intermittenza riesco a scorgere il piacere non riesco a smettere di ripetere il movimento.

Continuo a torturare la parte superiore, con la mano libera, prendo la bottiglia del bagnoschiuma e ne verso una buona dose sulle spalle, con la pressione dell'acqua che scorre verso il basso, inizia a scendere fino a quando arriva sulle natiche dietro e sulla parte intima davanti.

Quel contatto freddo improvviso con la pelle calda, mi manda in estasi, butto fuori un leggero gridolino che subito tappo con la mano per non farmi sentire.

La mano che torturava la parte destra del petto, scende lentamente verso la pancia, tastando come se fosse la prima volta quelle razioni di pelle non liscia.

Mi blocco per un attimo cancellando il ricordo che cerca di riaffiorare nella mia testa.

Riesco a scendere senza indugiare e arrivo alla parte più intima del mio corpo perfettamente liscia.

Con qualche attimo di esitazione, infilo un dito nella fessura iniziale già umida, inizio a muovere il bacino verso quel piccolo dito, in sincrono senza perdere tempo, muovo anche la mano che chiudo a coppa.

Faccio dei gesti circolari uniti a delle stoccate laterali che aprono le labbra superiori, mi eccita fin troppo per accontentarmi solo di un misero dito, per questo ne aggiungo un altro.

Cambio velocità per non arrivare subito al culmine, da veloce a lento e viceversa, il mio cuore batte velocemente, il mio corpo galoppa verso la zona vietata senza darsi un attimo di tregua.

In un movimento involontario, mi alzo sulle punte dei piedi, questo gesto non so come, riesce a far tendere i muscoli delle gambe ancor più di quel che sono già, un fascio di nervi il cui bisogno è quello di scoppiare per poi cedere.

Con le dita che continuano la loro lotta freneticamente, allungo il medio verso la parte ancora più profonda, il mio clitoride non riesce ad accontentarsi perché l'imene cerca di più.

Con il medio scivolo sull'entrata e con un movimento abbastanza lento, inizio la piccola penetrazione che riesce ad appagare pian piano la voglia di essere soddisfatta che ho.

Prima infilo la parte iniziale del medio fino ad inserirlo tutto, una volta che le labbra interne iniziano ad abituarsi alla presenza esterna, non ci penso due volte a pompare dentro e fuori senza sosta.

Mi regalo quel piacere che solo io riesco a darmi, continuo a pompare fino a raggiungere la vetta, il punto più alto ma non riesco ancora, aggiungo un altro dito facendo allargare di qualche altro centimetro la mia apertura.

Ora si che sento il piacere crescere al mio interno sempre più, vorrei urlare, lasciarmi andare ma so che non posso, sento di stare per scoppiare, mi tappo la bocca con la mano libera.

Mugugno, forte, abbastanza da dover trattenere anche il respiro, il mio corpo ormai non collabora con me, i miei muscoli troppo tesi, le gambe erette e tenute in piedi solo dalle punte dei piedi, la schiena inarcata, gli occhi girati all'indietro.

Il getto dell'acqua continua a scorrere sui miei capezzoli, quel fastidio ormai è diventato solo piacere per la mia mente ormai andata da qualche altra parte.

Con i pensieri totalmente annebbiati, sento il calore espandersi per il corpo, colpendomi dalla punta dei piedi fino ai capelli per poi concentrarsi nella parte centrale dell'inguine.

Con il pensiero di venire, riesco a raggiungere l'orgasmo così atteso, urlo, ma tappo la bocca più che posso infilandomi di nuovo le dita in bocca, gli occhi si socchiudono e girano le pupille indietro, segno che sto ancora sentendo delle scariche elettriche invadermi ogni pezzo di pelle interno ed esterno.

Estraggo le dita, tolgo la mano dalla bocca appena sono sicura di riuscire a non emettere un piccolo gemito e torno a respirare anche se con fatica, l'acqua continua a cadere sulla mia testa che fa scivolare il restante prodotto.

Sono immobile, incapace di fare un singolo passo, le gambe sono diventate di gelatina, i muscoli delle braccia prima tesi ora sono bloccati come se avessi dei macigni al loro posto.

Poggio la testa alle piastrelle della doccia e chiudo gli occhi.

Cazzo, non posso crederci, è successo per l'ennesima volta, mi arrabbio con me stessa per ciò che è appena accaduto, cos'è che non va in me? Me lo chiedo ormai troppo spesso.

Il senso di colpa mi invade facendo stringere il mio petto in una morsa troppo forte che mi fa piegare leggermente.

Voglio piangere, voglio farlo perchè ho sbagliato di nuovo, per l'ennesima volta, sono ancora vittima delle sue mani, nonostante gli anni, sono ancora sotto il suo controllo.

Mi odio per essere così, vorrei spaccare tutto, piangere, ma non riesco a fare nemmeno quello, vorrei che le gocce che cadono sul mio viso fossero le mie lacrime ma so che non è così, so che sarebbe solo finzione se io ora mi convincessi di ciò.

Sollevo il viso verso il getto beandomi delle gocce che si fanno strada su di esso, alcune vanno anche dentro le orecchie dandomi quel silenzio momentaneo di cui avrei bisogno per tutta la vita.

Resto così per almeno qualche minuto, mi rendo conto che dovrei uscire perchè l'acqua calda sta per finire ma sono abituata a quella fredda, prima di uscire da un bagno, passo sempre un attimo alla temperatura gelata, mi da un senso di risveglio, come se mi facesse capire che al Mondo ci sarà sempre quella parte ghiacciata e oscura.

Non scomparirà mai.

Quando chiudo definitivamente il getto, mi giro ed esco facendo attenzione a non combinare qualche guaio come al mio solito.

Quando arrivo davanti lo specchio, con la mano cerco la mia figura che non vedo dato il vetro totalmente appannato, con le dita faccio un leggero movimento a zig zag e riesco a vedermi anche se non troppo.

I miei capelli bagnati ricadono fino al fondoschiena, mi volto di spalle continuando a guardare, sono talmente lunghi da coprire tutto il male evidente e a volte sono contenta così, eviterò di vedere quelle piccole cicatrici ogni singola volta che il mio sguardo ci cadrà.

Un flebile sorriso compare nella parte inferiore della mia faccia, non so cosa voglio dimostrare facendo così, ogni volta che mi guardo allo specchio, compare quella bambina che piange ininterrottamente, che chiede aiuto mentalmente ma che sa di essere spacciata ancor prima di essere successo tutto.

Ho versato troppe lacrime per poter continuare a piangere oggi, forse è per questo motivo che dai miei occhi non solca nemmeno una singola goccia.

Le mie palpebre si socchiudono leggermente sulla mia figura, non sono orgogliosa di me e credo non lo sarò mai con il senso di colpa che continua a mangiarmi da dentro.

Con il senso delle mie emozioni ancora impresse dentro al bagno, esco per prendere dei vestiti puliti che metto immediatamente, una semplice tuta nera, composta da una felpa di tre misure più grande di me.

Avvolgo i capelli nell'asciugamano e dopo aver messo i calzini, estraggo un libro dalla libreria.

Cime tempestose

Non potevo scegliere di meglio mi verrebbe da pensare, un amore tormentato fino all'ultimo, non lo leggo, per lo meno non un'altra volta, l'ho fatto fin troppe volte.

Sfoglio solo qualche pagina, quel gesto mi da una pace momentanea che solo i libri ti sanno dare, per un lettore provare empatia verso questo gesto sarebbe facile, per qualcun altro, sembrerà una misera sciocchezza.

Il mio sguardo si ferma su una frase che leggo mentalmente.

''Qui riesco quasi a concepire come un amore possa durare tutta una vita: mentre finora ero assolutamente convinto che nessun amore potesse resistere un anno''

Leggerò molti libri, anche quelli più tormentati e oscuri ma sono ancora convinta che l'amore non duri neanche un mese, altro che anni.

Non voglio passare la mia esistenza ad essere imprigionata nella monotonia dei giorni a seguire, se alla domanda, vorrei avere il vero amore risponderei che non lo so.

Nella mia testa non c'è il pensiero di un uomo, voglio incontrare qualcuno che mi regali l'adrenalina di vivere, il senso dei giorni e soprattutto voglio una mente complice alla mia.

Ma non è un mio problema per ora dato che quelli che ho sono già belli grandi e difficili da gestire, non ho bisogno di qualcuno che mi incasini il cervello ancora di più.

Con un gesto rapido chiudo il libro aperto sulle mie mani e lo ripongo nello spazio vuoto creato non appena lo estrassi.

Torno in bagno, chiudo la porta e nel frattempo tolgo l'asciugamano che libera la mia lunga chioma, applicando prodotti senza sosta, riesco a districarli e asciugarli per bene.

Quando finisco, l'unica cosa che riesco a dire è, finalmente, non ne potevo più, ogni volta è un trauma.

Torno a letto prendendo il telefono, metto le cuffie e ascolto qualche canzone, sono quasi le sei del mattino, non credo riuscirò più a dormire ormai, non mi arrabbio nemmeno, sono abituata ad avere un sonno non regolare.

Mi volto verso la finestra e le prime luci del giorno iniziano a spuntare, da qui, riesco a vedere l'alba perfettamente, guardare il sole che cala o si alza è sempre stato uno dei miei momenti preferiti della giornata.

Vedere il cielo che si colora di arancione/rosso non è poi così male, anzi se riesci a trovare un posto adatto, potrebbe diventare la cosa più bella del Mondo.

Di Leyla nessuna traccia, sicuramente starà dormendo nella sua cuccia, non voglio svegliarla.

Ho capito che ormai Morfeo non mi vuole tra le sue braccia quindi per questo motivo scendo di sotto in cucina per preparare la colazione.

Guardo gli sportelli nella penombra e decido di accendere le luci, apro tutto e faccio un recap degli ingredienti presenti.

Posso fare dei muffin al cioccolato, spero che a nonna piacciano.

Mi metto subito all'opera cercando di non fare troppo casino ma risulta tutto parecchio difficile, mi piace troppo cucinare ma sono esageratamente disordinata, sporco davvero tutto.

Cerco la ricetta su un sito internet e dopo aver seguito passo passo tutta la preparazione, l'impasto assomiglia proprio a quello della foto, fiera di me stessa, verso una quantità più o meno uguale su ogni stampo disponibile, nel frattempo imposto il forno alla giusta temperatura e quando si riscalda metto tutto dentro e lascio fare a lui il resto.

Imposto il timer per poi iniziare a pulire tutto, contenitori, scodelle, mestoli e quant'altro, amo combinare casino ma pulire proprio non fa per me, anche sono una partita dell'ordine, praticamente sono un controsenso, ma mi accetto così.

Dopo aver pulito e posato tutti gli ingredienti avanzati nei posti iniziali, controllo i muffin e noto che stanno iniziando a crescere, il profumo si propaga per tutta casa e il mio stomaco comincia a brontolare.

Con la mano sinistra faccio dei movimenti circolari come se questo possa far diminuire la fame o quel rumore, il risultato è che brontola ancora.

Sorrido.

Mancano ancora cinque minuti e saranno pronti da sfornare.

Accendo qualche candela profumata per ammazzare il tempo e proprio quando l'ultima fiammella compare, il timer suona senza smettere fin quando non lo stacco io manualmente.

Trenta minuti, puntuali.

Non li esco subito, mamma mi diceva sempre di lasciarli cinque minuti in forno spento per non far abbassare la parte superiore e farli diventare mollicci.

Aspetto questi cinque minuti con troppa impazienza, come se fossero l'eterno e nel frattempo riesco a perdermi persino in questi momenti nei miei pensieri.

Penso se tutto questo sia giusto o se comunque vada bene per i miei giorni a venire, ho lasciato tutto molti anni fa e non so se posso recuperarlo, se le persone che mi erano accanto mi darebbero un'altra possibilità. Guardo l'orologio che segnano le sette in punto e decido che a questi punti interrogativi della vita, ci penserò più tardi.

Apro il forno e con l'aiuto di un guanto da cucina esco la teglia fumante che emana un profumo che mi invade le narici immediatamente.

Appoggio le pietanze sopra il piano cottura e da una vetrina prendo un vassoio, estraggo tutti e dodici muffin e li posiziono a cerchio tra di loro, cerco di farci più attenzione possibile, li decoro con qualche altra goccia di cioccolato e finalmente sono pronti.

Proprio quando li metto al centro della penisola, compare mia nonna sulla soglia della porta.

Ha la sua vestaglia blu scuro e nonostante sia ancora parecchio assonnata, i suoi capelli sono sempre perfettamente pettinati.

Non appena mi vede balza in aria portandosi una mano al petto come per calmare quel piccolo spavento. Le sorrido e lei non appena vede le leccornie, ricambia subito.

-Cassia, non pensavo fossi già sveglia, non sei riuscita a dormire?- Mi chiede avvicinandosi all'isola.

-Qualcosa del genere.- Cerco di essere il più convincente possibile scrollando le spalle.

Avvicino il piatto offrendogli ciò che ho preparato, lei li scruta attentamente prendendone uno.

-Muffin al cioccolato...-

Ne addenta un pezzetto mettendomi ansia, ho come l'impressione che qualcosa non vada, inizio a dubitare che non siano più i suoi preferiti.

-Non ne mangiavo uno da quando tua madre e tuo padre morirono, li fai davvero simili a lei.-

Quel commento mi lascia con il cuore palpitante, mamma da piccola mi insegnò la sua ricetta magica che l'ap ilprese a sua volta dalla sua nonna.

Quel commento mi fa sentire molto vicina a lei, non sarà stato facile perdere sua figlia.

Gira verso la mia parte e allunga una mano verso il mio viso.

-Le somigli tanto, hai la sua stessa forza d'animo e la sua identica caparbietà, non farti abbattere mai da nulla, lei non l'ha mai fatto e quando senti un vuoto, ricordati che lei vivrà per sempre qua.-

Mi guarda per poi mettermi una mano sul petto facendomi capire dove sarà sempre il posto di cui parlava.

Il mio cuore.

Stringo la sua mano senza dire una parola e lei capisce che questo gesto per me vale più di mille parole.

Prendo un muffin tanto desiderato, mi siedo e lo addento.

Una vera delizia per il mio palato.

-Tesoro, volevo chiederti quando vuoi riprendere gli studi, sai è molto importante, soprattutto perchè ti manca veramente poco, l'ultimo anno, non voglio metterti pressione però non voglio che tu possa rimanere indietro con il programma, è quasi la fine di Ottobre.- Mi spiega dal nulla sedendosi anche lei.

So che ha perfettamente ragione, gli studi sono importanti, sono quasi cinque mesi che non frequento alcun corso, potrei fare una piccola deviata però, non me la sento proprio di incontrare persone lungo i corridoi a cui assestare occhiatacce.

-Sono d'accordo con te ma preferirei fare delle video lezioni o studiare da casa almeno per il momento, non mi sento pronta a questa ''nuova'' città per il momento, spero tu possa capire le mie esigenze.-

Per l'ansia inizio a rigirare i pollici tra di loro.

Tira un piccolo sospiro, segno che non è d'accordo.

-Preferirei frequentassi, conoscere gente nuova non può che farti stare meglio sicuramente, ma so che per te non è così facile quindi ti seguo, faccio come vuoi tu, oggi stesso mi andrò ad informare con i direttori e il preside.- Mi informa tranquillamente.

Tra una chiacchierata e l'altra passano le prime luci dell'alba.

Un'ora e qualche minuto più tardi, nonna è tutta pimpante e pronta per andare in qualche posto che non ricordo.

Prende il suo giacchetto di cotone azzurro e con un gesto rapido mi saluta informandomi di andare al negozio di fiori a qualche isolato da qua.

Il suo negozio di fiori è in vita da parecchi anni ormai, sicuramente sarà rimodellato e curato all'ennesima potenza, ricordo che qualche anno fa era solo una piccola stanza con a malapena una finestra, so che con gli anni ha ristrutturato, purtroppo presumo che voglia ingrandirlo ancora di più, spero che riesca nel suo intento.

Mentre tolgo le ultime cose e spengo le luci, sento bussare alla porta principale.

Sbuffo sonoramente, sono in questa città da appena due giorni, un tempo davvero troppo breve e già mi sento esausta, stanca e nervosa, d'altronde non ho nemmeno chiuso occhio, potrei prendermela persino con i muri di casa.

Mi precipito all'ingresso aprendo la porta, pronta per sbraitare come non mai.

Quando sto per dire di andare via, una ragazza si para davanti ai miei occhi, ha un non so che di familiare ma non mi concentro troppo sul ricordo, più che altro inizio a squadrarla da capo a piedi per dei secondi buoni.

Ha dei lunghi capelli biondo rame, lisci e lucenti, un corpo minuto ma abbastanza alto più di me, i suoi occhi azzurri non troppo chiari, qualche lentiggine qua e la e delle labbra piene ma non troppo.
È vestita con dei jeans, un maglione nero e un cappotto lungo del medesimo colore. Noto che ha le mani propense in avanti, tiene un mazzo di tulipani bianchi, tra i miei preferiti, questa ragazza acquista qualche punto in più.

Non capisco cosa ci faccia qui davanti casa mia e mi viene spontaneo dirlo anche se forse risulta un po' maleducato, vivrò lo stesso per questa mia mossa azzardata.

Credo sia lecito.

-Ciao, posso aiutarti?- Chiedo il più cordialmente possibile.

Non appena focalizza la mia figura, si paralizza all'istante. Alzo un sopracciglio spontaneamente.

Mi guardo attorno in cerca di qualche risposta, glielo richiedo ma lei sembra muta.

La mia pazienza inizia ad esaurirsi. Chiudo gli occhi e li riapro un secondo dopo, come a riprendere l'autocontrollo.

Cerco di riformulare la domanda e finalmente parla lei.

-O mio dio, se è un sogno non svegliatemi...-

Mette le mani sui capelli battendo i fiori su di essi.

-Si può sapere chi diavolo sei, sto perdendo la pazienza e ti garantisco che non ti conviene- Le do un ultimatum.

Lei non mi da ascolto e continua a fare l'esaltata. Ma poi come per magia si blocca finalmente.

Grazie ai cieli.

-Il tuo carattere peperino non è cambiato Cassia Ackerman, quando lo farai, sarà troppo tardi.- Dice puntandomi i tulipani.

Mi gratto il sopracciglio destro.

Lei sbuffa, intuisce che io non ci sto capendo un accidente.

-Sei proprio una testa bacata, imbecille, mi offendi se proprio non sai chi io sia.- Alza gli occhi al cielo.

Con le spalle al muro, dice una cosa che subito mi fa capire.

-Sei ancora lunatica oppure no, Moody ti si addice ancora.-

Una lampadina si accende magicamente.

Arretro di un passo ma poi capisco buttandomi sulle sue braccia.

Lei mi aspetta a braccia aperte con un sorriso dolce, le cade il mazzo per lo schianto del mio abbraccio.

-Crystal, non ci posso credere sei davvero tu, cioè sei tra le mie braccia davvero o solo un illusione?- La mia voce è rotta dalla felicità.

Mi sembra un miraggio, ma è tutto vero, una lacrima mi scivola velocemente e con la stessa rapidità l'asciugo.

Mi stacco da lei e ci sorridiamo a vicenda, raccolgo il piccolo mazzo da terra e la invito ad entrare.

Non la vedo da troppo tempo, dalla morte dei miei genitori e sono passati all'incirca sei anni, sono stata una stupida a non riconoscerla, a guardarla, è cambiata molto. Come avrei potuto.

Ma adesso e qui e lo sono pure io, non ci lasceremo più andare, sento di essere davvero tornata a casa nonostante manchi ancora un piccolo tassello.

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