•CAPITOLO 1• SENTO BUSSARE ALLA PORTA•
•Cassia•
Metro Boomin, The weeknd, 21 Savage -Creepin
Ho sempre detto e ripetuto a me stessa che mai sarei tornata indietro, che niente e nessuno sarebbe mai riuscito a scalfirmi e nonostante ciò, mi ritrovo a fare la fila per salire su un maledettissimo aereo che mi porterà dall'altra parte del Mondo.
Stringo tra le mani il biglietto bianco e verde che mi farà volare a New York. Ho subito la sensazione di voler fare dietro front in men che non si dica.
Sono tesissima come una corda di violino ma nonostante ciò, sono certa che sia la scelta più giusta per me.
Le persone avanti a me si muovono anche se con estrema lentezza, in un certo senso la mia anima si sente più leggera al pensiero di non doverci salire subito.
So che è solo una questione mentale ma ho la certezza di sentirmi meglio.
A volte ho la costante tentazione di far passare avanti la persona dietro di me fino ad essere ultima a tutti.
Molti bambini sono la felicità che sta per scoppiare, felici della loro piccola vacanza, altri sono ansiosi per il volo in sè e poi ci sono io che mi sento in costante disagio, consapevole del fatto che vorrei solo ed esclusivamente scappare via, andare a chiudermi in una stanza in compagnia della pioggia e leggere solo gli innumerevoli libri che mi porto dietro.
L'enorme aeroplano non passa inosservato alla mia vista, è enorme, interamente bianco con qualche striscia verde e gialla come il pezzo di carta che stringo tra le dita, non ho mai avuto paura dell'altezza o della velocità, non è nemmeno tra le prime volte che mi ritrovo a girovagare da un posto all'altro.
Da bambina viaggiavo spesso con i miei genitori per andare dai nonni. Ho sempre adorato volare, mi faceva sentire libera.
Libera di essere me stessa, di immaginarmi a bere innumerevoli succhi di frutta distesa su una di quelle bianche, soffici nuvole e mangiarle come fossero zucchero filato.
Non dimentico queste mie storie immaginarie nonostante la mia giovane età.
Sento improvvisamente un lamento dietro di me e abbasso subito la testa in quella direzione, un uomo abbastanza anziano mi fa segno di avanzare, effettivamente ha ragione, la fila si è fatta parecchio avanti ma purtroppo la mia mente è andata da qualche altra parte a fare un viaggio insieme ai succhi di tutti i generi.
Avanzo per un bel po' fino a toccare con le mie converse bianche alte le scale di ferro che dovrebbero portarmi dentro quell'ammasso di ferraglia enorme.
Non appena una bambina cerca di salire il primo scalino, inciampa tornando indietro sedendosi a terra. Il suo pianto non manca di certo.
Sorrido, è davvero buffa. Mi abbasso per arrivare alla sua altezza e aiutarla ad alzarsi.
-Hei piccolina, sta più attenta, ti aiuto a rialzarti- Le parlo con voce dolce per farla calmare.
Asciuga subito le sue lacrime e mi regala uno dei suoi sorrisi più belli come se avesse appena visto una caramella gigante.
Le metto le mani sui fianchi e la alzo in piedi, ha degli occhi davvero carinissimi, sono azzurri con qualche sfumatura verde. Avrà all'incirca tre anni ma sembra molto sveglia. La mamma che era intenta a controllare i biglietti, si accorge della bambina che presumo sia sua figlia.
La riprende dicendole di stare più attenta per poi ringraziarmi del gesto, dopodiché prende la mano molto più grande della donna facendo attenzione che il suo interesse si distolga da lei per poi riguardarmi.
Mette una delle sue manine piccole nella tasca del giubbotto e ne estrae qualcosa che non riesco a capire, con la stessa mano, mi fa capire di dovermi avvicinare e così faccio.
Mi porge qualcosa che non riesco a capire cosa sia, quando mi alzo e apro il palmo, noto che è un portachiavi a forma di zucchero filato.
Per poco non piango, faccio segno di no con la testa per farle capire di non poter accettare ma lei nonostante la sua piccola altezza sembra già cocciutissima.
Le sorrido e non appena la mamma le lascia la mano per posare della cose in borsa, si avvicina a me e abbraccia una mia gamba, mi abbasso per l'ennesima volta, si avvicina al mio orecchio e mi sussurra qualcosa che mi lascia a bocca aperta.
-Quando sono triste, mangio dello zucchero filato, purtroppo non ne ho ora, mi sembravi piuttosto giù di morale, quindi tieni con te questo, non si può mangiare ma spero possa esserti d'aiuto ugualmente.-
Rimango spiazzata, stringo quel piccolo portachiavi come se fosse la cosa più preziosa del Mondo. Velocemente abbraccio la bambina che subito ricambia. Si stacca e torna dalla mamma facendomi l'occhiolino che non le risulta perchè chiude entrambi gli occhi facendomi ridere.
Noto con molta sorpresa di aver raggiunto già le scalinate da salire, resto per l'ennesima volta paralizzata senza riuscire a muovere nemmeno un arto. Stringo quel piccolo portachiavi come se potesse infondermi energia pura, stranamente, mi regala una sensazione disorientante ma positiva.
Mi faccio coraggio e salgo il primo gradino argentato, fino ad arrivare in cima insieme alla mia valigia di un blu elettrico accecante.
Una volta arrivata in cima, una ragazza più o meno sulla trentina mi saluta cordialmente, incitandomi a darle il biglietto per constatare che tutto vada bene, una volta finito il tutto, mi regala per l'ennesima volta un sorriso e mi informa che per qualsiasi cosa io abbia bisogno lei ci sarà.
Sorrido cordialmente, riprendendo il biglietto ed entro. Un'aria viziata si fa da subito sentire, mi da un leggero fastidio ma credo sia tutto normale date le circostanze. Le persone sono davvero troppe, non riuscirei nemmeno a contarle e non oso immaginare nemmeno quante ancora ne debbano salire.
Meglio non pensarci, la mia claustrofobia dice assolutamente no.
Guardo il mio biglietto e leggo il posto a sedere assegnato, per mia sfortuna noto che è quasi centrale, con non poca fatica riesco ad arrivare a destinazione, ripongo la mia piccola valigia sopra lo spazio apposito e dopo essermi scrollata di dosso lo zaino nero e averlo metto sotto le mie gambe, mi siedo cercando di rilassare quanto più possibile i muscoli del mio corpo.
Con ancora il biglietto e documenti in mano, guardo oltre il finestrino, per fortuna ho avuto il posto vicino ad esso, i miei occhi chiari vengono accecati dai raggi del sole del primo mattino, do un'occhiata al display e noto che sono le sette in punto.
Al di fuori di quel pezzo di vetro, molteplici operai stanno lavorando già sodo, chi sposta macchinari, chi guida innumerevoli bus, c'è persino chi sistema i coni.
Mentre mi perdo ad osservare tutti, un ragazzo perlopiù della mia età nota il mio sguardo perso e cerca di attirare la mia attenzione, inizialmente lo lascio perdere ma poi comincia fare delle mosse davvero buffe con quella specie di palette rosse lucenti.
Inizio a ridere come una cretina, lo saluto con la mano destra e lui fa lo stesso, sembra abbastanza alto e con un fisico niente male, non scorgo né il colore degli occhi né quello dei capelli dato che indossa un casco giallo.
Come se mi avesse appena letto nel pensiero, se lo toglie facendo uscire all'esterno un ciuffo biondo ricciolino abbastanza lungo. Lo guardo assottigliando gli occhi e un suo collega, improvvisamente gli da una gomitata ridendo.
Credo che gli abbia appena chiesto cosa stesse facendo perchè indica verso la mia direzione, quando mi vede, butta un'occhiata al misterioso ragazzo e inizia a scuotere la testa in senso di negazione ma sempre sorridendo.
Una voce che suona come robotica si fa largo nei miei timpani informandomi che i passeggeri sono tutti entrati e che inizieranno a chiudere i portelloni.
Quel piccolo momento di leggerezza sparisce immediatamente lasciando solo angoscia che cerco di non far notare.
Fortunatamente nessuno sembra sedersi accanto a me e questo mi fa buttare fuori un sospiro di gratitudine verso i piani alti oltre le nuvole.
Dopo che la confusione di poco fa sembra essersi fermata, delle Hostess, passano per il piccolo corridoio e chiudono tutte le piccole cabine dove misi la valigia.
Man mano che passano, controllano anche che le cinture siano state allacciate a tutti, senza farmelo ripetere due volte, subito metto la mia stringendola al punto giusto.
Una di loro mi sorride, ricambio cordialmente.
Quando si accertano che tutto vada bene, iniziano la loro classica poesia per spiegare le norme sulla sicurezza, credo di averle imparate a memoria per quante volte io l'abbia visto e sentito.
Non presto particolare attenzione a loro e torno dal ragazzo di prima, è ancora là, gli sorrido e inizio a salutarlo.
Lui mi guarda e mi saluta ricambiando, il suo sguardo sembra un po' rattristito, per tutto il tempo agito la mano come una pazza e lui regge il gioco, rido trattenendomi dal non farlo in modo esagerato.
Mi fa un cuoricino con le mani, rido e ricambio, tanto quando mai lo rivedrò in vita mia.
L'aereo accende i suoi motori, lo sento dalla strana vibrazione sotto i miei piedi, il mio cuore perde un battito per l'emozione negativa ricevuta.
La voce robotica si fa risentire, avvisandoci che a breve partiremo. Ci informa che il nostro volo durerà all'incirca tre ore a causa di qualche variazione. Metto il cuore in pace e mi rilasso per quel che mi è possibile.
Il grande ammasso di ferraglia, inizia a muoversi, chiudo istintivamente gli occhi per non farci caso anche se risulta abbastanza difficile.
L'aereo comincia a prendere velocità e mi preparo a quel vuoto di qualche secondo che dovrò affrontare.
Non appena sento che sta per arrivare, sto immobile senza fiatare e stringo le mani sui bracci dei sedili blu, il mio stomaco accompagnato dalle mie interiora sembrano ballare un valzer tutto loro con tanto di connessione spirituale.
Dopo qualche secondo, riesce a prende la sua linea giusta, rimanendo sul suo asse dritto.
Guardo quei piccoli palazzi e distese di aree verdi, diventare sempre più piccole fino a lasciarle totalmente indietro per potermi concentrare invece sull'infinito spazio azzurro e bianco, un contrasto perfetto tra nuvole e mare.
Prendo il cellulare e scatto qualche fotografia, ammirare i paesaggi o scattare foto da altezze molto elevate è sempre stato il mio passatempo preferito.
Mi perdo nel guardare tutto e nulla allo stesso tempo.
Mi accorgo che nel sedile davanti a me ci sono dei piccoli schermi dove poter guardare dei film, non perdo tempo, raccatto il mio zaino, lo apro, poso il biglietto insieme ai documenti ed estraggo le mie cuffie bianche enormi stile Apple che non lo sono neanche lontanamente.
Sorrido e le indosso, collego il tutto e inizio a scorrere nel catalogo dei film horror, uno dei miei generi preferiti insieme a quello storico e crime.
Devo dire che non pensavo ce ne fossero così tanti ma meglio per me, l'imbarazzo della scelta mi aspetta. Per una manciata di minuti non faccio altro che scorrere e scorrere senza alcun risultato, alla fine dopo aver perso le speranze opto per ''It Follow'', abbastanza carino dalla trama e dalle recensioni.
Quando sto per premere play, sento toccarmi il braccio, mi volto e ritrovo la bambina dello zucchero filato.
-Ciao piccolina, che ci fa qua?!!-
Le chiedo sfilandomi le cuffie per darle attenzioni.
-La mamma non vuole guardare un film con me, dice che ha paura degli horror.-
Una passione coltivata, rido.
Allungo il collo verso le mie spalle e noto una donna che cerca qualcosa, non vorrei fosse la madre.
-Cloe, dove sei? Cloe...-
Rivolgo lo sguardo verso la bambina che se la ride sotto i baffi.
Mi alzo per fare segno alla signora che va tutto bene.
-Signora, sua figlia è qui con me.- Parlo più forte per farmi sentire.
Fa una corsetta verso la mia direzione e quando arriva fin qui, guarda la bambina sorridendo.
.Cloe, ma cosa combini, andiamo, stai disturbando la signorina, lasciamola in pace.- Cerca di tirarla.
Lei inizia a fare i capricci, spiegandole che vorrebbe vedere un film ma che lei ha paura.
In soccorso alla madre, cerco di fare qualcosa.
-Facciamo così, noi due ce ne stiamo qui a guardarci un film, ma prima che l'aereo atterri, torni dalla tua mamma va bene?-
Parlo sia con lei che con la madre.
La bambina inizia a fare i salti di gioia.
-Grazie davvero, spero non sia un disturbo cara, sono Allison, se avete bisogno, sono qualche posto più in là. Grazie ancora.-
La ringrazio presentandomi a mia volta e ci mettiamo comode con Cloe.
-Questo ti va bene come film?- Le chiedo attaccando anche le sue cuffiette.
Annuisce contenta e dopo aver preso qualcosa da sgranocchiare dalle hostess, clicco su play facendo iniziare il film.
Le prossime ore le trascorriamo tra piccoli sussulti e risatine che soffochiamo per non farci sentire dalle altre persone che a volte ci hanno guardate malissimo.
Ad interromperci dal nostro momento di comfort è la voce di una donna che parla al microfono annunciando che tra poco atterreremo.
Guardo Cloe con sguardo sereno.
-Piccolina, devi tornare dalla mamma adesso, stiamo per atterrare- Le dico prendendo una ciocca dei suoi lunghi capelli mettendola dietro l'orecchio.
Il suo sguardo si fa improvvisamente triste, un po' mi dispiace.
-Ti prometto che ci rivedremo.-
Le prendo la mano e ci alziamo dai sedili. Percorro il piccolo percorso senza fatica e arrivo dalla mamma di Cloe.
Non appena i nostri sguardi si scontrano capendo la situazione, mi sorride ringraziandomi di tutto, soprattutto per la pazienza.
Ricambio il sorriso, abbraccio la bambina e staccandomi a fatica, torno al mio posto, allaccio la cintura e guardo fuori.
Si iniziano a vedere i primi grattacieli anche se piccolissimi, sorrido in modo poco visibile, spero solo di aver fatto la scelta più giusta e saggia.
Perdendomi fuori non mi accorgo che l'hostess fosse passata per controllare se tutto filasse liscio, presumo di sì dato che non mi ha neppure disturbata.
Improvvisamente sento una forte fitta la testa, segnale che l'aereo stia iniziando a perdere quota. Odio quando succede, vorrei essere direttamente sulla terra ferma in questo momento.
Poggio la testa e mi rilasso chiudendo gli occhi.
Un'altra fitta arriva e la mia mano destra come per attenuare il dolore massaggia le tempie.
Credo di essere quasi atterrata, apro gli occhi e ci sono quasi.
Fitta dopo fitta, l'aereo fa il suo tonfo a terra riportandomi alla realtà dei fatti.
Sono appena arrivata a New York City.
Pian piano le ruote iniziano a rallentare fino a fermarsi del tutto. Resto immobile per qualche secondo prima di slacciare la cintura, non conosco il motivo ma sicuramente l'ansia può aver colpa di qualcosa.
Le persone iniziano ad ammassarsi per uscire o prendere le valigie, non sono mai stata una persona che fa ciò che succede nella massa, per questo motivo, aspetto che escano la maggior parte delle figure per poi alzarmi in tutta la mia tranquillità.
Metto lo zaino in spalla e prendo la piccola valigia nel contenitore che si trovava sopra la mia testa, una volta giù alzo il manico e mi dirigo verso l'uscita,
Ad aspettarmi le ragazze di prima che mi augurano una buona permanenza nonché giornata, ricambio le gentilezze ed esco.
Finalmente, riesco a respirare aria pulita e soprattutto non di altre persone.
Attraverso la piccola scivola e mi dirigo verso la zona superiore per recuperare le altre due valigie, una solo per i miei amati libri, hanno un posto nel mio cuore, non potevo assolutamente lasciarli. Ho bisogno di loro e loro hanno bisogno di me. Sì i libri hanno un'anima tutta loro.
Quando arrivo su, dopo lunghi corridoi e scale interminabili, aspetto con impazienza le mie valigie, molte girano su quella specie di rullo ma nessuna sembra la mia.
Spero non si siano smarrite.
Dopo che l'ansia stava per prendere il sopravvento, vedo spuntare due mattoni enormi di un grigio chiaro con il mio bigliettino e capisco che sono le mie.
Faccio il più in fretta possibile prima che se ne vadano.
Cerco di trasportarle tutte con fatica riuscendo nel mio intento fortunatamente.
Mi dirigo verso quella che dovrebbe essere l'uscita, sperando di non perdermi, io e il senso dell'orientamento non andiamo proprio d'accordo purtroppo, mannaggia a me,
Quando le porte scorrevoli si aprono, cerco con lo sguardo la figura di mia nonna.
Purtroppo però non vedo nessuno.
-Ma insomma, mi faccia passare e si levi dai piedi.-
Voce inconfondibile per le mie orecchie.
Nonna sta litigando con un ragazzo più o meno della mia età, sorrido fino a scoppiare a ridere.
Mi avvicino a lei con cautela e le tocco il braccio per farle presente che sono sono proprio qui davanti ai suoi occhi.
-Nonna...-
Lei si gira.
-Non mi disturbi, sto discutendo.- Si rigira ma poi si blocca subito dopo.
Mi guarda pietrificata, in effetti non ci vedevamo da un bel po'.
-Ciao anche a te nonna, sei proprio una peperina, possibile tu debba litigare proprio con tutti?- La prendo in giro.
Mette una mano sulla bocca per poi abbracciarmi, ricambio subito sentendo un calore indescrivibile.
Dopo esserci staccate, mi dice di seguirla verso la sua auto, nel frattempo mi soffermo a guardarla, ha il suo solito caschetto biondo scuro ben pettinato senza un capello fuori posto, un leggero trucco che le dona moltissimo e un vestito beige lungo accompagnato da un tacchetto basso.
Nonna Josephine è sempre stata una di quelle che lavora sodo senza mai darsi per vinta. Credo sia sempre stata il mio esempio, mi piacerebbe essere come lei.
-E per tua informazione, sono troppo giovane ancora per essere chiamata nonna, ma per te farò un eccezione.- Dice dandomi un buffetto in testa accompagnato da un occhiolino.
Mi tocco la nuca e le faccio la linguaccia, quando arriviamo davanti la sua auto, apre il cofano per posare i miei bagagli.
Corro verso il posto d'avanti e mi siedo sbattendo la portiera.
-Scommetto che Leyla non vede l'ora di vederti, avvertiva delle strane vibrazioni di felicità quando stavo uscendo di casa, sembrava lo sapesse.-
Sorrido a quella notizia, Leyla, mi ha accompagnata per anni, è un cucciolo così adorabile e allegro. Cucciolo per dire, è un labrador che se alzato su due zampe per poco potrebbe superare la mia altezza.
Nonna mette in moto e parte.
Imbocchiamo l'autostrada dove altre macchine sfrecciano a tutta velocità, nonna fa molta attenzione per tutto il tragitto, non si direbbe ma è abbastanza scrupolosa.
Quando l'auto si avvicina al cartello d'ingresso, sento un peso che tenevo dentro andar via, come se entrare in questa città mi portasse sollievo.
Sono contenta di questa mia auto reazione.
Non posso far a meno di perdermi in quegli enormi grattacieli che sfrecciano di fianco a me non troppo veloci. Sono davvero alti, monotoni tra di loro ma nonostante ciò mi lasciano a bocca aperta.
Più lontano, tra uno spiraglio e l'altro, riesco a scorgere la statua della libertà, enorme, maestosa, ho sempre desiderato farci visita da vicino, purtroppo non ho mai avuto l'occasione per farlo, mi riscatterò ne sono sicura.
Visiterò tutto questo ben di Dio, a partire dall'Empire State Build è una promessa che mi faccio mentalmente.
E proprio mentre continuo a perdermi tra i miei pensieri che noto che la macchina comincia a decelerare per intraprendere una strada che conduce verso una serie di case con giardino, un luogo di pace.
So che casa di nonna è tra le ultime infatti per arrivare passano alcuni minuti, sembra corta come strada ma in realtà non lo è.
Non vedo l'ora di arrivare, voglio davvero abbracciare il mio bel musetto.
Come non detto l'auto si ferma ed io scendo di corsa ma vengo fermata da nonna.
-CASSIA LILI ACKERMAN...- Sento come un tuono arrivare a ciel sereno.
Mi blocco da qualunque cosa stavo facendo e giro la testa di quarantacinque gradi tirando su un sorriso di circostanza.
-Nonna?- Sussurro con una leggera paura sul tono.
So che quando mi chiama per nome completo non è mai nulla di buono.
-Non penserai di lasciare le tue cose qui, vero?- Alza un sopracciglio.
Butto fuori una risatina e torno in macchina per togliere tutte le cose che invadono la macchina, estraggo lo zaino che posizione sulle mie spalle e dal cofano esco le tre valigie, per fortuna nonna mi da una mano.
Con i trolley al di fuori, percorro i primi passi verso la staccionata bianca che mi separa dall'entrata del giardino.
Un manto verde chiaro davvero curato benissimo, i tulipani di quasi tutti i colori sono un toccasana per i miei occhi, ce ne sono di rossi, bianchi, rosa e persino blu. Ho una sorta di fissazione per questi fiori, oltre che per alcuni nello specifico.
Ci sono alcuni addobbi, persino un piccolo pozzo che presumo sia finto, almeno spero, qualche panchina bianca qua e là e per non farsi mancare nulla questo giardino, ci sono molteplici giochi di Leyla. Mi fanno sorridere.
La casa che si staglia ai miei occhi è totalmente diversa da come ricordavo, prima era assente di colore, niente la decorava a parte piccole cose, ora invece è davvero stupenda, in questi pochi anni nonna si è data davvero da fare.
Un ingresso molto elegante e moderno, con tetto a triangolo dai colori bianco solo per le cornici per poi essere rivestito da un verde pastello scuro ma allo stesso tempo chiaro. Le finestre contornate da cornici nere che spiccano alla luce del sole. Ci sono addirittura delle colonne bianche che sostengono la parte sotto.
Attraverso il vialetto dove i miei piedi toccano delle pietre lisce in un grigio chiaro stupendo. Non appena salgo i tre scalini che mi separano dal portone di casa, noto un filo dove c'è appeso un acchiappasogni con dei campanellini davvero carini.
Tutto mi riporta a pensare che forse così male tutto ciò non è.
Mi guardo attorno e noto che di Leyla nessuna traccia.
Butto un fischio che le insegnai da piccola e sento dei passi avvicinarsi.
Non appena spunta all'angolo un batuffolo di pelo enorme si blocca appena mi vede.
-LEYLA.- Urlo correndo verso di lei e stessa cosa fa lei venendomi incontro.
Si butta a terra cominciando a piangere di felicità, mi sdraio pure io e iniziamo a giocare l'una con l'altra, mi lecca, gira attorno alla mia figura, salta, per poco non vola.
Continuo ad accarezzarla e farle mille coccole, poi fa una corsa allontanandosi da me per prendere un giochino, torna con una palla gialla incastrata in bocca, la lascia a terra e aspetta che io giochi con lei, l'afferro e gliela lancio lontana, di corsa la rincorre per poi riportarla indietro.
Va così per almeno un paio di volte.
Dopo un po', mi alzo e trovo nonna che piange, mi affretto ad andare da lei, preoccupata.
-Che succede, perché piangi?- Prendo un suo braccio.
Tira su con il naso per poi parlare.
-Vedervi giocare insieme mi ha riempito il cuore di felicità, erano anni che non scodinzolava così.-
Sorrido e l'abbraccio per poi incitarla ad aprire la porta di casa.
Un vasto ingresso si fa spazio ai miei occhi, totalmente bianco con tonalità diverse di marrone. Il parquet beige chiaro è davvero stupendo, accompagnato da innumerevoli tappeti di diverse forme e colori che insieme creano un'accoppiata micidiale.
Ovviamente le scale davanti a me non potevano passare inosservate, bianche e color legno accompagnate da dei piccoli faretti ai lati per ogni scalino.
I quadri all'entrata mi fanno subito sorridere, nonna non ha perso il suo talento per la pittura.
-Ti piacciono questi dipinti?- Ne indica alcuni come se mi avesse appena letto nel pensiero.
Annuisco.
-Non cambierai mai nonna, tu e la tua arte.- Dico orgogliosa di lei.
Dopo aver dato un piccolo sguardo generale alla casa, decido di soffermarmi dopo ai particolari per portare le valigie al primo piano nella mia solita stanza.
Nonostante gli anni passati, so che quella terza porta a destra rimarrà sempre il mio posto sicuro.
Apro la porta in legno bianco e i miei occhi come per magia iniziano a luccicare di gioia, la stanza è davvero pazzesca.
C'è un letto da una piazza e mezzo, messo laterale al muro, grande e sistemato con molteplici cuscini di tutti i colori non troppo accesi dalle tonalità pastello come piacciono a me che sulle lenzuola bianche spiccano. Accanto ad esso, si trova una grande libreria bianca vuota che aspetta solo di essere riempita, una scrivania del medesimo colore, un armadio di modeste dimensioni che va a riempire la stanza ancora di più e dei tappeti a terra di un marrone chiaro.
Lascio le valigie davanti la porta e mi precipito sul letto dove di fianco si trova una grande finestra da cui guardare il giardino che si trova all'esterno, da qui riesco a vedere Leyla che gioca senza mai fermarsi.
Mi giro dando le spalle all'esterno e noto le pareti bianche che mi circondano pieni di quadri e piantine qua e là, non mi dispiacciono per niente.
Vorrei potermi rilassare ma il bisogno di disfare quegli enormi blocchi prende la priorità, quindi anche se con poca voglia riesco ad alzarmi e portarle all'interno.
Ne apro una a caso e becco quella dove ho messo tutti i vestiti, scarpe, felpe, ecc...
Pian piano fino allo sfinimento cerco di piegare e sistemare al meglio tutte le mie cose dividendole tra il cassettone che mi era sfuggito di vista e l'armadio.
Dopo qualche ora, riesco a sistemare anche altre cose invadendo il resto della casa delle mie cose, tra piastre, trucchi, oggetti per l'igiene personale e chi ne ha più ne metta.
Finalmente posso dire di essere arrivata alla mia parte preferita, la valigia che contiene le meraviglie del Mondo, i libri.
Guardo gli scomparti disponibili che arrivano ad un totale di sette e spero vivamente di farli entrare tutti, mentre prendo alcuni libri, penso che potrei metterne alcuni anche sulle mensole e ciò mi consola.
Inizio a sistemarli, alcuni per colore, altri per autrice e altri ancora per altezza. Li sfoglio, alcuni mi portano in mente ricordi, le frasi sottolineate mi ricordano i miei pensieri in quel momento, alcune mi fanno sorridere e altre pensare.
Nonostante ciò, continuo nella mia impresa fino a precipitare a letto stanca morta, senza più un briciolo di forza.
Prendo il cellulare e noto parecchi messaggi da parte di Amanda e Luke due delle persone più importanti della mia vita, li conosco da molto e per esperienze diverse, in alcuni momenti non so come avrei fatto senza di loro.
Rispondo in modo veloce ad entrambi informandoli che sto bene e che ci sentiremo in questi giorni, sono troppo stanca per prestare attenzioni ai dispositivi elettronici.
Le mie palpebre diventano pesanti e quando il mio nome viene urlato da nonna salto dal letto.
-Vieni a mangiare, è tardissimo.-
Come non detto, mi alzo e metto una tuta comoda, scendo di sotto e noto nonna che poggia i piatti sulla tavola che odorano di buono.
Vado a sedermi e noto che nel mio posto, una porzione di lasagna mi aspetta, non ci penso due secondi e inizio a mangiare.
I miei occhi per un millisecondo si spostano all'orologio appeso sulla parete bianca che segnano le nove di sera, quasi mi soffoco, era giorno poco fa, quando si dice che il tempo vola.
Il silenzio regna nella stanza dandomi un senso di pace interiore, la cucina di nonna mi piace un sacco, è moderna al punto giusto sulle tonalità anch'esse del beige ma con un tocco di nero e grigio, i quadri e piantine che non mancano mai e l'enorme isola su cui mangio è deliziosa, le mensole sono nei posti giusti insieme a tutto l'arredamento.
Non saprei avere lo stesso buon gusto di nonna, io sono troppo indecisa su tutto.
Mentre mi perdevo nei pensieri la mia porzione finisce, ne chiedo un'altra e subito vengo accontentata, finisco anche quella in un batter d'occhio, il mio stomaco ne aveva proprio bisogno.
Appena finisco, mi alzo e poso il piatto nel lavandino, cerco di pulire ma vengo subito fermata dalla persona a fianco a me che mi spedisce subito a riposarmi, cerco di controbattere ma purtroppo perdo e vado sù.
Decido di fare un bagno caldo per rilassarmi e andare a dormire immediatamente, la stanchezza che sento è davvero troppo esagerata.
Quando rimetto la tuta, mi infilo sotto le coperte, guardo fuori la finestra, accendo l'abat jour sopra il comodino e chiudo gli occhi addormentandomi.
Qualche ora dopo mi sveglio con una sete incredibile, bevo un sorso d'acqua dalla bottiglia e quando sto per chiudere gli occhi, sento bussare alla porta d'ingresso, guardo oltre la finestra ma non vedo nessuno.
Penso di averlo immaginato per un secondo ma quando bussano per l'ennesima volta capisco che è realmente successo, così un senso di ansia mi assale invadendo tutto il mio corpo.
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