Uno spreco
Il malessere che aveva colto Heris fu solo momentaneo. Quella ragazza aveva tempi di recupero davvero brevi e Yagen non poté che apprezzare la sua estrema resilienza. Sulla via del ritorno lo sommerse di domande infervorate, come se fosse adirata che qualcosa del genere potesse essere successo sotto al suo naso e che, di nuovo, nessuno della Coalizione, nessuno dei suoi mentori o alleati avesse pensato d'informarla di un dettaglio così fondamentale per il futuro del continente. Yagen accolse quell'assedio verbale placidamente, rispondendo a tutte le domande che la sua conoscenza e la sua memoria potessero soddisfare.
"Mi stai dicendo che coloro che sono al comando della Coalizione sono a conoscenza di tutto questo? Com'è possibile che niente sia mai trapelato?"
Yagen sorrise beffardo: "Perché preferiscono tenerlo nascosto e diffondere storie su un Re Demone sanguinario che ammazza per divertimento e fa scoppiare guerre solo per il piacere di farlo. È molto più conveniente creare uno spauracchio contro cui tutti possano scagliarsi per convincere la gente a immolarsi per la causa, proprio com'è successo a te, scriccioletto. Permettere che si sapesse che avevo una motivazione valida dietro le mie azioni mi avrebbe umanizzato, avrebbe suscitato dubbi e domande nel popolo e questo era inaccettabile per la Coalizione".
Heris inspirò profondamente, tentando invano di calmare la propria rabbia, poi continuò:
"Ma non è solo un problema tuo! Perdio, quella cosa non si fermerà solo ai confini di Kenmare, continuerà finché non avrà distrutto tutto Thannaus, non ci pensano a questo?"
"Che ti devo dire? Probabilmente avere una vita breve spinge a pensare più al presente che a un futuro remoto e distante. A loro preme più distruggermi e appropriarsi dei miei territori, il resto non è importante, non saranno loro a doverci pensare. Immagino che la lungimiranza non sia la loro miglior dote" disse Yagen.
"Ma com'è possibile che..." Heris avrebbe voluto chiedere molto altro ma Yagen alzò la mano per zittirla.
"Hai intenzione di sommergermi di domande ancora per molto?" chiese divertito.
"Sì" rispose lei fissandolo dritto negli occhi, poco incline all'arrendevolezza.
"Allora facciamo un piccolo gioco. O meglio, uno scambio equo."
Tirò fuori dalla tasca una piccola sfera di legno intarsiato con disegni floreali, uno dei tanti piccoli doni che era solito ricevere e che ormai si portava sempre dietro come amuleto portafortuna.
"Ci scambieremo questa sfera a turno e colui che la tiene sarà tenuto a rispondere a una domanda dell'altro. Ho anch'io dei quesiti nei tuoi confronti che sarei curioso di soddisfare" spiegò Yagen.
"Vuoi prenderti gioco di me e trattarmi da mocciosa?" esclamò Heris sulla difensiva.
"No, affatto, in realtà il bambino sono io, adoro questo genere di cose" rispose lui con sincerità. "Ora tocca a me, visto che hai già abbondantemente sfruttato più di un turno."
Le passò il piccolo oggetto e lei lo prese in mano osservandolo dubbiosa.
"Mi odi?" esordì a bruciapelo.
Un lampo di sorpresa sembrò passare negli occhi della Portatrice, era chiaro che non si aspettasse quel genere d'interrogativo. Non rispose subito ma abbassò lo sguardo sulla sfera premendola tra i palmi delle mani, quasi a voler spremere la risposta da essa.
"Pensavo di odiarti," replicò infine, "ne ero sicura, ma adesso... so che non odiavo te come persona ma quello che rappresentavi, il simbolo che incarnavi. Il te stesso come persona mi è ancora quasi sconosciuto."
Yagen tacque, colpito da quella risposta così schietta.
La bimba era intelligente, non v'erano dubbi.
Possedeva quel tipo d'intelligenza negletta, non adeguatamente coltivata ma lasciata a se stessa, come un campo abbandonato, perché a chi l'aveva educata faceva comodo così. Si erano limitati a rovesciarle in testa concetti, molti dei quali superflui, le avevano inculcato un'educazione pedante e nozionistica, perché la Portatrice non doveva ragionare, non doveva porsi domande, non doveva avere il desiderio di andare oltre, di grattare oltre la superficie; sarebbe stato deleterio per gli scopi della Coalizione, perciò doveva limitarsi ad assolvere al suo dovere come un animale ammaestrato.
Fu ridestato dai suoi pensieri quando sentì qualcosa colpirlo al petto e si accorse che Heris gli aveva lanciato la sfera cogliendolo impreparato. Si chinò per recuperarla da terra prima che rotolasse via.
"Ti sei distratto" disse lei in tono di scherno, gli occhi vispi e accesi, un piccolo accenno di sorriso, il primo che le avesse visto fare da quando era arrivata là. Un misto d'innocenza e sensualità inconsapevole che gli dette i brividi.
Yagen fece mea culpa sorridendo a sua volta, sperando di coltivare quel germe che era nato timidamente sulle labbra di lei, per farlo crescere, per averne di più.
"Prego, sono a tua disposizione" disse allargando le braccia.
Così com'era nato, quel sorriso svanì in fretta. Fu Heris a cancellarlo assottigliando le labbra in un'espressione colpevole. Sembrò esitare un attimo poi chiese: "Cosa sei?"
"Dovresti saperlo bene" ripose il Re Demone.
Lei scosse la testa: "No, non lo so con esattezza. Fin da quando sono arrivata ho visto i tratti caratteristici dei demoni: lo sguardo fisso, le vene nere sotto la pelle diafana. Esternamente sei come mi hanno sempre descritto ma..." si mosse un attimo inquieta evitando di nuovo i suoi occhi "... se escludiamo questi tratti, non ho notato altre differenze, non sembri davvero appartenere a una specie diversa, non hai quegli attributi bestiali o inumani che mi sarei aspettata, per questo mi chiedevo che cosa siate esattamente, tu e gli altri come te".
Ci fu una breve pausa. "Demone", disse Yagen inspirando profondamente come a ponderare la sua risposta, "è un termine suggestivo, ma molto approssimativo per descrivermi. Il sangue che scorre nelle mie vene mi rende praticamente invulnerabile a ciò che normalmente ferirebbe un uomo ordinario, mi permette di vivere molto più a lungo e mi dà poteri che i vostri maghi impiegano anni di studio e apprendistato per poter eguagliare. Eppure per tutto il resto sono esattamente come voi. Mi muovo, respiro, penso, provo emozioni e sentimenti e un giorno, quando sarà la mia ora, morirò lasciando questo mondo."
La guardò con occhi penetranti. "Ci sei arrivata anche tu, giusto? La verità è che siamo uomini, né più né meno. Io e quelli come me siamo una variazione dell'uomo originario, una deviazione che è avvenuta per qualche inspiegabile motivo a un certo punto della storia, ma la radice, la materia prima è esattamente la stessa, Heris. Non siamo mostri, non siamo creature differenti. Nella nostra lingua ci definiamo Valthasaki, credo che abbia un suono molto migliore del nomignolo denigratorio che ci avete assegnato voi."
"Il mio maestro una volta mi disse che gli uomini, quando si trovano di fronte qualcosa di sconosciuto e inspiegabile, tendono a ricondurlo a qualcosa di noto, di familiare, in modo che sia più semplice per loro comprenderlo" rifletté la ragazza. Sembrava parlare più a se stessa che al suo interlocutore. "Quindi l'appellativo di 'demone' è questo, una semplificazione, un nome vuoto."
Di nuovo Yagen restò in silenzio assorto.
"Che spreco."
Fu quella la prima volta che lo pensò e per qualche motivo seppe che non sarebbe stata l'ultima. Quella fanciulla era sprecata come fantoccio di quegli idioti, era intelligente, intuitiva ed empatica e una volta sgrezzata sarebbe stata un'ottima aggiunta al suo seguito e magari chissà... sarebbe potuta diventare altro, se solo lo avesse voluto.
Poi, lei alzò gli occhi verso di lui. Quegli occhi, quei maledetti occhi. Espressivi, profondi, arditi, mai veramente rassegnati.
Lei lo guardò. Lui la guardò.
Per la prima volta, in quello stretto abitacolo, si videro realmente.
Niente sotterfugi, niente inganni, niente pregiudizi, nessun eco del passato che avvelenasse quel momento, solo due anime terse che si contemplavano. C'era come una vibrazione nell'aria e, prima che se ne accorgesse, Yagen le si avvicinò, sporgendosi verso quel viso, verso quegli occhi, le mani che fremevano. Lei sembrava immobilizzata, incapace di fare alcunché.
Poi vi fu uno scossone, un battito di ciglia e l'incanto fu rotto.
Heris soffiò un "no" sulle labbra di lui, così pericolosamente vicine, si voltò dall'altro lato sottraendosi al suo sguardo fervido e si spostò sulla poltroncina verso il finestrino, guardando insistentemente fuori come se volesse fuggire, volare via da quello spazio soffocante, da quelle sensazioni scomode e complesse.
Yagen a sua volta si rimise dritto, la postura rigida, lo sguardo duro e amareggiato. Rimasero così per tutto il resto del viaggio, un velo sottile e impalpabile a dividerli.
Note autrice: qualcuno in privato giustamente mi ha chiesto "Ahó, ma la parte romance di questo fantasy romance quando cavolo comincia, malnata fedifraga!" Beh, ecco il primo minuscolo passo in quella direzione. Avverto già da ora che quando prenderò l'abbrivio ci saranno carie per tutti, siete avvisati.
Ho già detto che mi piace descrivere le cogitazioni dei due protagonisti? Mi sembra di sì.
Ah nel frattempo ho anche aggiornato la cover, che è sempre poca cosa ma almeno non sembra più fatta da una bambina di 4 anni che gioca con Paint.
Il prossimo capitolo sarà incentrato su Heris e scopriremo qualcosa di più sul suo passato e su com'è diventata la Portatrice. Grazie di nuovo e a chi legge, vota e commenta e alla prossima!
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