Scacco matto

Il grande camino illuminava il salone. Le lingue di fuoco proiettavano ombre mutevoli sul muro e sul pavimento, conferendo a quel luogo un'atmosfera quasi solenne, eppure il Re Demone era particolarmente rilassato, seduto lì in mezzo ai suoi proseliti e consiglieri più stretti. Mosse l'alfiere sulla scacchiera di fronte a sé, poi si rivolse al suo avversario:

"Il tuo pezzo preferito, mi sbaglio?"

Kair, l'individuo seduto all'altro lato del tavolo da gioco, fece un breve sorriso. Inclinò la testa, i capelli color ebano che ricadevano sul viso in modo asimmetrico, poi si fermò un attimo a ponderare la sua mossa successiva, afferrò la torre tra l'indice e il pollice e la mosse sulla scacchiera per poi dire: "Mi risulta che a fare scacco matto sia stato tu, hai ingabbiato una pedina niente male. Resta solo da capire cosa farne".

Un piccolo gruppo di persone popolava la sala senza prestare loro troppa attenzione. Il cavaliere che aveva accompagnato il re nelle segrete aveva dismesso l'armatura e se ne stava seduto vicino alla finestra a fissare un punto imprecisato in lontananza, grattandosi nervosamente la testa dai capelli neri e irsuti, l'incarnato scuro e granuloso segnato da cicatrici e antiche piaghe.

All'improvviso un ragazzo molto alto e dalla curiosa testa a punta, le cui orecchie prominenti dovevano aver captato i loro discorsi, emerse dal gruppo e intervenne a voce alta e infervorata:

"È tua prigioniera ormai, uccidila e basta!"

Yagen lo guardò condiscendente, poi fece un breve cenno di diniego.

"Non siamo un po' troppo precipitosi ? Non risolverebbe assolutamente nulla. Nel giro di qualche anno nascerebbe un altro Portatore e saremmo punto e a capo, com'è già successo altre volte. Senza contare che Kiogin, quell'arnese maledetto, è ora in nostro possesso e questo ci concede un vantaggio troppo grande per non approfittarne." 

Picchiettò la punta dell'indice su un pedone, incerto se muovere o no. "Forse sei troppo giovane per saperlo ma, se il Portatore cessa di vivere quella spada non avrà motivo di trovarsi in altro luogo che non sia quello di origine, quindi morta la ragazzina... " mosse le mani in un gesto significativo, mimando un 'pouf' con le labbra " ...la spada svanirebbe dalle nostre mani e ci ritroveremmo con un pugno di mosche. Non dobbiamo uccidere ma neutralizzare, la prima azione è del tutto inutile se non otteniamo la seconda, mi segui, giovane Ian?" motteggiò guardando il ragazzo imberbe che sembrava costantemente sul punto di fare sfracelli in preda a un furore sacro. Quanta tenerezza gli ispirava! Era l'ultimo acquisto del suo seguito, un giovane in boccio che ancora inseguiva la menzogna eterna dell'eroismo.

"In realtà stavo pensando ad altro, una via traversa per giungere al fine con più soddisfazione da entrambe le parti" proseguì a mezza voce.

Kair sollevò lentamente lo sguardo dagli scacchi, forse iniziando a realizzare le implicazioni di ciò che il suo sovrano stava dicendo. Yagen continuò: "Se riuscissi a persuaderla, a far nascere in lei una sorta di affezione, di sentimento nei miei confronti, le cose sarebbero infinitamente più semplici e senza spargimenti di sangue".

Ian annuì, senza ancora afferrare pienamente il senso di quelle parole.

"Beh, perché no? È un'idea brillante" disse Kair sorridendo allusivo. "Non credo che al nostro sovrano manchino il fascino e l'astuzia per riuscire."

"Vero? Vero?" esclamò il re, battendo le mani con entusiasmo quasi puerile.

Una coppia di cortigiani stesi pigramente sui canapè in mezzo alla sala sbadigliò all'unisono, poco impressionati dall'esito di quel discorso, poi si alzarono e si congedarono. Izmir, il prode cavaliere che era ormai abituato alle sue mattane, si allontanò dalla finestra.

"Fa' quello che vuoi, basta che la concludi in fretta, il tempo stringe" disse asciutto.

Yagen s'irrigidì un istante, per poi sciogliersi e riprendere la calma.

"Ne sono consapevole, credimi, non vi è giorno che non ci pensi."

Izmir non aggiunse altro e se ne andò dalla sala lasciando un re immusonito per lo scarso entusiasmo che la sua iniziativa aveva riscontrato.

"Che crudeltà! Potrebbero darmi più soddisfazione" si lamentò.

Per quanto apprezzasse il clima rilassato e conviviale del suo entourage, a volte si domandava se un po' di vecchia sana tirannia non li avrebbe rimessi in riga, costringendoli a tributare il sacrosanto rispetto che il suo umorismo meritava. Non gli sembrava di chiedere poi molto.

"Solo tu mi capisci, mio spietato Kair" sospirò rivolto all'unico rimasto.

"Beh, tra i due sei tu il più spietato... sedurre una povera fanciulla indifesa... " obiettò l'altro simulando un tono melodrammatico.

Il re sorrise. Kair era un demone vecchio stampo, mordace e disincantato, era davvero l'unico che lo capisse fino in fondo. Era un suo lontano cugino da chissà quale ramo della famiglia. Del resto, di demoni ve n'erano talmente pochi ormai che erano tutti un po' imparentati tra loro, visti anche i tempi biblici con cui sfornavano la loro longeva ed esigua progenie. I fratelli erano rari tra quelli della sua specie, di solito ogni coppia aveva un solo bambino nell'arco dei loro quattrocento o cinquecento anni di vita.

"Sarà anche troppo facile" disse il Re Demone con una certa noncuranza. "So bene come vengono addestrati i Portatori, ormai conosco alla perfezione gli individui che l'hanno cresciuta, nutrita, indottrinata. Di sicuro non conoscerà niente, non avrà visto niente del mondo esterno, quello vero, quello più atroce. È pura e incontaminata. Probabilmente cederà alla mia prima lusinga."

 Mosse abilmente la regina lungo tutta la scacchiera, dichiarando scacco matto in tutta calma. Kair accettò l'ennesima sconfitta, appoggiandosi rassegnato allo schienale della poltrona. Il re rise deliziato per la vittoria, per quanto insignificante fosse, poi aggiunse: "A proposito, grazie per il tuo aiuto oggi. Certo, sarei riuscito a fermare quel gruppo di marmocchi anche da solo, ma un diversivo ha reso le cose più veloci e mi ha evitato delle seccature".

Kair, però, scosse la testa in maniera inaspettata.

"Non esprimerei giudizi così affrettati fossi in te, non erano poi tanto sprovveduti. La maga ha percepito la nostra presenza prima del previsto e mi ha tenuto testa senza battere ciglio." Esitò come a cercare le parole adatte. "Era uno di quei talenti che sono frutto di una formazione durissima, unita a capacità innate e a una tempra fredda e lucida; non si è scomposta minimamente, ha subito intuito che non avrebbe mai potuto nuocermi e che sarebbe stato inutile attaccarmi direttamente, quindi ha preferito contrastare l'incantesimo che avevo usato, costringendomi a concentrare tutta la mia attenzione per poterlo mantenere. Ha ingaggiato una lotta di resistenza sapendo che, se fosse andata troppo per le lunghe, avrei dovuto versare altro sangue e quindi mi sarei trovato in svantaggio. Si tratta di una Poliedrica, senza dubbio" concluse fissando la propria mano, un taglio nero trasversale che ne sfregiava il palmo.

"Una Poliedrica così giovane! Quanti anni avrà avuto? Quindici, sedici al massimo, che seccatura! Comunque non è da te esprimere lodi così sperticate, è difficile trovare qualcosa che catturi davvero la tua attenzione. Però la tua logorrea è sempre la stessa" disse Yagen in tono di scherno.

Kair fece una breve risata che contrastava col suo sguardo inespressivo, gli occhi neri privi di sclera puntati nel fuoco.

"Sicuramente quella ragazza vestita di bianco è l'elemento più pericoloso, meglio evitare di ritrovarsela tra i piedi. Certo sono pur sempre giovani e inesperti, buttarsi in quel modo nella foresta di Aser... "

"Sono molto giovani, decisamente troppo, li hanno davvero mandati allo sbaraglio" disse Yagen. "In ogni caso non c'è da preoccuparsi, quando la Portatrice mi giurerà fedeltà, questa farsa avrà finalmente fine e nessuno potrà più minacciarmi, neppure tutti i miei nemici che si nascondono usando quella ragazzina come loro baluardo. Questa per me è la vittoria più dolce, mi capisci vero?"

Kair annuì rallegrato. Il re sapeva che non si sarebbe mai sognato d'interrompere i suoi monologhi, per il suo consigliere erano intrattenimento puro e lui era ben lieto di offrirli a chiunque fosse in grado di apprezzarli.

"Piegare l'avversario con sangue e carnai si addice più a un mattatore, non certo a me" continuò Yagen scuotendo brevemente la testa. Accarezzò con la mano sana lo stiletto che portava sempre appresso cucito dentro la manica; non poteva mai sapere quando avrebbe avuto bisogno di versare il proprio sangue. Purtroppo la bravata di quel pomeriggio gli era costata una fasciatura stretta alla mano sinistra e delle fitte lievi ma fastidiose che s'irradiavano per tutto il braccio ogni volta che aveva l'impulso di muoverla. Le normali ferite non potevano impensierirlo in alcun modo, ma quella non era una lesione comune, era il frutto di un artefatto e avrebbe richiesto tempo per guarire, eppure non se ne pentì affatto, immaginando l'effetto disorientante che doveva aver avuto su quell'umana poco più che bambina. Era stato un atto di sfida, imprudente ma sicuramente efficace, aveva potuto percepire il suo sgomento, fiutarlo nell'aria come un effluvio. Era un ottimo punto di partenza per raggiungere ciò che si era prefissato.

"Bene, sono decisamente curioso di assistere al tuo prossimo scacco matto allora. Sono certo che non mi deluderà... " concluse Kair, alzandosi dalla sedia.

Note dell'autrice: il piano di Yagen ha preso forma, chissà come e se riuscirà a portarlo a termine?

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