Cappuccino di Splendore

Il cielo sta ancora albeggiando quando una curiosa ragazza entra nel bar, si accomoda e ordina un cappuccino. Con panna, certamente.
Seduta al suo tavolo, guarda fuori dalla vetrata del locale e, senza preavviso, sorride.
Ma il suo sorriso è... particolare. Diverso.
Gustando la propria colazione, osserva il mondo svegliarsi e riprendere l'ordinarietà della vita dopo l'apnea di una notte come tante.
Una notte passata al buio, a differenza della curiosa ragazza che sorride.
Infatti è stata la notte in cui ha aperto di scatto gli occhi; così, senza una ragione precisa.
Ha aperto gli occhi e lo splendore di mille nuovi pensieri non le ha permesso di tornare al suo dolce sonno.
Tra questa luce, però, ha presto iniziato a formarsi un'ombra, che, silenziosa, è divenuta una presenza fin troppo pressante.
Se prima la purezza della luce avvolgeva ed elevava la sua mente, con l'avvenire di quella macchia opaca la ragazza si è ritrovata spiazzata, immersa in un tutto in cui il palpitare di un'ombra non poteva essere assecondato.
Quell'ombra era una cosa ben precisa: una domanda.
Una questione illogicamente sensata.
Ma, per quanto abbia cercato, la ragazza non è riuscita a trovarvi risposta.
Così si è alzata, si è vestita ed è uscita di casa, il tutto in uno stato di, come ella stessa lo ha definito, "pacata follia": l'organismo rilassato, la mente che, tranquillamente, vola. E vola in alto, volteggiando tra luci ed ombre, danzando leggiadra tra sterminati universi che nessuno ha mai notato.
Una follia geniale.
Arriva quindi al bar, dove si accomoda al tavolino all'angolo del vetro, quello che offre la miglior vista sulla strada, sulla vita.
Ordina un cappuccino.
Con panna, certamente.
Ci immette un velo di zucchero, giusto per saporirlo un po'; mescola bene, tranquillamente.
Studia rilassata ogni grammo di panna smosso dal cucchiaino e la posizione che la sostanza va ad assumere una volta spostata.
Socchiude appena gli occhi quando immerge nel liquido il piccolo cucchiaio, come a voler cogliere ogni dettaglio di quest'azione tanto comune da apparire quasi banale.
Quasi.
C'è un miracolo dietro ogni grinza che un sottile metallo fa a qualche grammo di panna; è sorprendente la movenza di un cappuccino smosso da un cucchiaino. Una movenza fine, delicata.
Ben presto però la curiosa ragazza tira fuori il cucchiaino dalla tazzina semplice, per poi portarselo alle labbra e assaporare il liquido di cui il metallo è bagnato.
Delizioso.
Soddisfatta, posa il cucchiaino sul piccolo piatto che le è stato dato e prende tra le mani la tazzina.
Prima di avvicinarla alla bocca, rivolge lo sguardo al vetro della parete, avvistando in cielo le rosee pennellate di un'alba novella: all'orizzonte si iniziano ad intravedere i luminescenti raggi del dì nascente.
Scenario amabile, cappuccino delizioso.
E un dolce silenzio che immerge il mondo che sta per tornare alla vita.
La ragazza riesce a sentirne l'effervescenza, il desiderio di nuova luce e nuove occasioni.
Ogni tanto si possono udire rumori come un motore che parte, dei tacchi che in lontananza già picchiettano spediti sull'asfalto, un paio di tazze che vengono spostate dal barista semi-addormentato.
Il suono emesso dal cozzare della porcellana le piace: sapora di energia, ma al contempo di
tranquillità. Il medesimo gusto appartiene anche ai motori azionati, alle scarpe che lavorano.
Rumori che non interrompono il dolce silenzio, anzi: ne fanno parte.
Dopo aver soppesato qualche altro secondo i suoni dell'atmosfera, la ragazza torna a dedicarsi al suo cappuccino, che avvicina lentamente alle labbra.
Dischiude la bocca quanto basta a farci posare il bordo della tazzina, soffermandosi un attimo sulla percezione della ceramica sulla carne.
Prima di far scivolare il soffice liquido nella bocca alza impercettibilmente un angolo delle labbra.
Il cappuccino è ancora caldo, le sciacqua il palato e le scende fluido per la gola.
Bollente.
Delizioso.
Scosta la tazzina dalle labbra, senza però riporla sul piattino.
La ceramica sul fondo scotta, ma la curiosa ragazza non ci dà troppo peso.
Al contrario, le piace.
Sta bene.
Se qualcuno le chiedesse come sta, risponderebbe proprio questo, "sto bene", ma non perché è sovente ed automatico.
No.
È la prima volta, questa, in cui pensa ciò.
Lo pensa davvero. Sta bene.
Il cappuccino in mano, le gambe accavallate sotto al tavolo, l'organismo in stato di inebriante, meravigliosa "pacata follia": il corpo rilassato, la mente che viaggia.
Resta qualche minuto così, senza muoversi troppo, la tazzina in mano, gli occhi ad osservare il mondo che si sta svegliando.
Il cielo si sta tingendo di maestosità, l'effervescenza della vita sta fermentando.
Vede passare le prime persone da quando è arrivata, nonostante sia ancora piuttosto presto: una donna in bicicletta vestita di rosso e bianco, la custodia di un violino in spalla; un postino stanco e mingherlino; una donna in tailleur col telefono alla mano, che dietro di sé lascia l'assordante ticchettio dei suoi décolleté; il commesso che combatte contro la serratura del negozio di fronte.
Passano diversi minuti prima che la curiosa ragazza riaccosti la tazzina alle labbra e assapori un altro sorso.
Entra nel locale un anziano, chiede il giornale e i numeri del Lotto. Un uomo per bene, forse un po' "becero", come dicono in Toscana, ma simpatico.
La curiosa ragazza continua ad osservare, quell'angolo della bocca sempre alzato, il corpo rilassato, la mente che gira, volteggia, corre.
Ogni tanto prende un altro po' del suo cappuccino, gustandone ogni goccia.
E poi, il sole compare all'orizzonte.
Luminescente. Nuovo. Incredibile.
Uno splendore ordinario, quasi banale.
Quasi.
E allora, la ragazza sorride.
Un sorriso illogico. Un sorriso vero.
Sorride.
Lentamente, si passa la lingua sul labbro superiore, leccando i residui di cappuccino.
Nella tazzina ne resta ancora un po', quanto basta per un sorso poco abbondante.
Ma la ragazza si alza.
Sorride.
Fa un cenno con la testa al barista. Esce.
Sorride.
Una volta all'aria aperta, chiude gli occhi.
Il volto rivolto verso il sole, fa un profondo respiro, i capelli che, smossi da un soffice venticello, le solleticano le guance.
Sorride, come ubriaca dall'effervescenza della vita.
Si era alzata pensando a quale ne fosse il senso, di questa vita, e adesso lo sa.
Ma non è importante.
L'importante è inebriarsi del vivere, questo basta.
Questo le basta.
Quando riapre gli occhi, il sorriso si attenua, ma non si spegne.
Decide di lasciarne un residuo per la vita che sta andando a vivere.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top