CAPELLI BIONDI OCCHI AZZURRI

Davide era rinchiuso in casa dal giorno della sua nascita. O, meglio ancora, nella sua camera da letto. Porta sbarrata, solo lui e lui.

Non aveva mai visto nessuno, non si era mai fatto amici: come avrebbe potuto, in una stanza isolata? Nemmeno dei suoi genitori sapeva dell'esistenza: vedeva sempre solo una mano che, esattamente alle 13 e alle 20, bussava alla sua porta. Lui apriva uno spiraglio perché così doveva fare, giusto quel che bastava per afferrare i piatti che quella mano dalle enormi venature e le dita con lo smalto color porpora gli offriva.

Quella mano si chiamava mamma. Era stato lui, da piccolo, a volere sapere a tutti i costi il nome di quella mano, così lei aveva risposto con quella semplice parola di sole a e sole m, così facile da memorizzare. Si era accorto da subito che anche lui aveva una mano, anzi, due, e ben diverse da quella. Erano sempre calde, dai palmi rosei e graziosi e dalle dita affusolate. Le sue unghie erano ben curate anche se non le aveva mai tagliate, anzi, nemmeno sapeva cosa significasse il verbo tagliare. Infatti non era mai andato nemmeno a scuola e non aveva conoscenze su nulla. Se fosse stato istruito, quello sarebbe stato l'anno della seconda superiore, aveva 15 anni. 

Viveva in una camera molto più bella rispetto a quelle di molti suoi coetanei, anche di quelli che andavano bene a scuola visto che con un dieci non ti compri la play5, un canestro e una batteria come invece aveva lui. Inoltre la sua stanza era collegata anche a un piccolo bagno del quale solo lui poteva usufruire. Gli erano stati acquistati solo videogiochi di formula 1 e lui giocava volentieri, senza chiedersi cosa diamine fosse questa fantomatica formula 1 di cui non aveva mai visto una gara. Già, la TV l'aveva, ma non sapeva usarla. Inoltre la mano una volta gli aveva detto che la televisione poteva diventare pericolosa, dunque lui non si era mai fidato e l'accendeva solo per giocare ai videogiochi. Anche il cellulare era considerato rischioso, infatti non gliene era mai stato regalato uno. Inoltre, chi avrebbe potuto chiamare visto che non conosceva nessuno?
Davide non stava nemmeno troppo male da solo, perché credeva che la sua fosse l'unica vita possibile. Forse anche le altre stanze erano occupate da altri ragazzi che facevano le sue stesse attività, o almeno così s’immaginava dovesse funzionare il mondo. 

Avrebbe tanto voluto uscire per cercare quei suoi coetanei che si era immaginato, ma non sapeva che aspetto avrebbero avuto perché non aveva uno specchio e non conosceva nemmeno il suo. Il problema erano le chiavi per uscire, che possedeva solo la mano.

Almeno aveva la batteria, la ragione della sua esistenza. Era davvero abile a suonare, aveva un ritmo innato nel corpo. Nessuno gli aveva spiegato come fare, eppure lui riusciva a unire tutti quei rumori con le bacchette in armonie meravigliose. Dopo avere suonato per ore, a volte iniziava a muoversi per la stanza seguendo il ritmo che aveva ancora nella testa. Era molto coordinato e si muoveva bene, con la leggerezza delle nuvole bianche mosse dal vento. Poi si coricava sul letto stremato, chiedendosi con orgoglio se mai qualcuno, in un'altra stanza, avesse avuto la sua stessa idea d'inventarsi quei movimenti. Credeva che tutte le camere fossero uguali, che in tutte ci fossero la play, il canestro e la batteria. Aveva chiamato i suoi primitivi passi di danza “Cobotto” e ogni volta che li eseguiva lui “cobottava”. 

Non sapeva che tutto ciò si chiamava ballo e che non era una passione solo sua.

Anche quella sera stava cobottando, ma dovette smettere quando sentì la mano bussare e inserire la chiave nella serratura della porta
”È pronto!”
urlò allungandogli le cibarie dalla feritoia sulla porta, che il giovane prese subito, affamato. La porta si stava per richiudere quando Davide trovò il coraggio di chiedere ciò che pensava da giorni
”Mamma?”
iniziò schiarendosi la voce. Doveva sempre tossire, perché usava le corde vocali così poco che, appena apriva bocca, gli facevano subito male
”Dimmi, Davide.”

Davide. Sapeva il suo nome solo perché lo ripeteva sempre la mano. Il ragazzo deglutì
”Ehm... Posso uscire di qua e incontrare i ragazzi delle altre stanze?”

🎬Ciao amico lettore, solo una piccola interruzione pubblicitaria (ti prometto che sarà la prima e l'ultima)🎬

Sono una giovanissima autrice 17enne che ha scritto 3 libri 📖

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