28. Senza freni ne pensieri Pt.1

A pochi passi dal Castel dell'Ovo, dopo una appena accennata curva, si erge davanti a noi in tutta la sua magnificenza il signore indiscusso di questa città, il gigante buono che veglia su intero popolo, immensamente amato e, silenziosamente, temuto: il Vesuvio.
Che spettacolo!

"Un giorno ti ci porto."
Sono talmente estasiata ed assorta nell'ennesima dimostrazione di pura bellezza di questa città che per poco non sobbalzo.

"Dove?" Gli chiedo voltandomi verso di lui.
"Li, sul Vesuvio."
"Perché è possibile arrivare fino in cima?" Sono improvvisamente elettrizzata.

"Oh si, è abbastanza faticoso salire fin lassù, ma ne vale la pena! Visto da qui fa un certo effetto, ma niente in confronto al panorama che si può ammirare da lì."

Lo credo bene, sovrasta totalmente l'intera città e immagino che la vista dalla cima sia da mozzare il fiato!

Siamo sempre sulla stessa strada pedonale quando ci fermiamo dinanzi ad un palazzo storico decisamente ben tenuto.
Non saprei dire a che periodo storico possa corrispondere, ma è davvero bello con tutte le rifiniture grigio chiaro che contrastano un grigio più austero che domina l'intero edificio.
Ci avviciniamo al portone costituito da un immensa porta in legno massiccio. È tutto così antico e raffinato. Lui vive qui?
Mi sembra uno di quei palazzi in cui solo un certo tipo di persone possono vivere e lui non sembra appartenere a questa categoria.

Digita un numero sul citofono ultramoderno in netto contrasto con lo stile retrò del palazzo ed il portone si apre.

"Prego..." mi lascia passare ed entro in una sorta di mondo parallelo. Da fuori non avrei mai pensato che entrando mi sarei ritrovata in una sorta di giardino incantato, pieno zeppo di fiori coloratissimi, ai cui lati si trovano due grandi scalinate in marmo lucido degne di un palazzo principesco.
Mi prende per mano nuovamente conducendomi su per la rampa di scale di destra fino al terzo piano.
Ci fermiamo davanti ad una porta imponente quanto il portone. Mi ritrovo a boccheggiare, lui se ne accorge.

"Che hai?" Chiede accarezzandomi una guancia. Per poco non svengo, questi crampi seguiti da una strana sensazione di vuoto ogni qualvolta lui mi guarda o tocca deve finire.

"Niente...è che mi vergogno!"
"Ti vergogni? E di cosa?" Mi chiede incuriosito e divertito come al solito.

"Dei tuoi genitori, per esempio?!" Ammetto abbassando lo sguardo.
Non c'avevo pensato all'eventualità di ritrovarmi faccia a faccia con i suoi genitori. Sono una mezza pippa con i miei coetanei figuriamoci con i genitori di questi!

"Se è solo di questo che ti preoccupi, puoi stare serena e rilassarti. Non c'è nessuno in casa."
Inserisce le chiavi nella serratura, ma continuò a sentirmi agitata e nervosa. Cos'è un veggente? Magari è convinto che siano a lavoro o fuori per delle commissioni quando invece non è così.

Apre la porta ed entra in casa. Io restò immobile dove sono, sull'uscio.
Mi guarda e sorride odiosamente di nuovo.

"Mia, non c'è nessuno in casa a parte noi. I miei non vivono qui. Dai su, entra!"
Suona un po' come un ordine ed io eseguo, a piccoli passi entro in casa acquistando un pizzico di coraggio e convincendomi che non mi direbbe una bugia su una cosa tanto sciocca.

Il palazzo è bellissimo, un giusto mix tra antico e moderno, il cortile è stupendo, una sorta di tuffo in un prato fiorito intrappolato nel cemento, ma questa casa è anche meglio di tutto il resto e sono solo nell'ingresso.

"Sai cosa mi piace di te?"
Lo guardo arrossendo dopo essere stata scoperta ad osservare minuziosamente ogni angolino di questa prima gigantesca stanza.

"Cosa?"
"Il fatto che ti entusiasmi come una bambina di cinque anni al parco giochi ogni due metri!"
Beccata!

E come potrei spiegare questo mio entusiasmo senza dire troppo? Come potrei motivare la mia immotivata euforia che nasce ad ogni angolo senza rivelare quello che non voglio rivelare?

"Lo so, ho l'entusiasmo facile!" La butto lì.
"Sei contagiosa lo sai?"
"Che vuoi dire?"
"Che sono entusiasta anch'io improvvisamente e non per il palazzo, o il giardino e neanche per il Vesuvio..." non so come ci stia riuscendo, ma inizio, senza rendermene conto, ad indietreggiare avvicinandomi alla parete. Diego è attaccato al mio corpo e non ho dubbi che possa chiaramente sentire il mio cuore che quasi mi schizza fuori dal petto.
Quando sono ormai in trappola, con le spalle al muro, sento il suo fiato sul collo e l'umido dei suoi baci che piano piano si fanno largo sul mio collo. Sento le gambe abbandonarmi insieme al buon senso.
La situazione non migliora, anzi peggiora soltanto, quando prende di mira il mio orecchio destro facendolo preda prima della sua bocca carnosa e poi dei suoi denti.
Oddio che sta facendo? Io che sto facendo? Non ho neanche messo piede in casa sua, non ho neanche superato l'ingresso che sono già completamente sopraffatta da lui. Che stregoneria è ma questa?
Continua la sua personale danza alternandosi e dedicandosi prima al collo, poi all'orecchio e poi ancora il collo, mentre io sono inerme, schiava della sua bocca che si muove sapientemente facendomi capitolare un po' per volta.
Tento invano di oppormi al suo attacco spingendo leggermente le mie mani contro il suo petto. Lui me le prende e le intrappola nelle sue al di sopra della mia testa mentre continua a baciami e succhiami il collo fino ad arrivare dove voglio che arrivi.
È a mezzo centimetro dalla mia bocca e mi sembra di impazzire, cosa aspetta a baciarmi? Ho la bocca socchiusa e lui guarda il suo capolavoro, la me completamente persa, e sorride compiaciuto sfiorando le mie labbra delicatamente.
Questo piccolo giochino innocente non ha niente di innocente e un brivido corre lungo tutta la mia schiena che si inarca in avanti senza che io ne abbia controllo.
La sua bocca e sempre lì ad un soffio d'aria dalla mia e sorride, sorride ed io muoio e mentre io muoio, la mia schiena si inarca e il mio fiato arranca e qualcosa dentro di me si muove ed io fatico a capire cos'è.
So solo che è bello.

Completamente persa e con gli occhi socchiusi, sento la sua bocca premete sulla mia e gli mordo il labbro inferiore. Mordo forte tanto da fargli male.
Si porta una mano alla bocca liberando la mia mano destra. Ed è a questo punto che una piccola Mia si fa largo e prende il comando.
Lo spingo contro il muro e lo guardo dritto negli occhi:
"Te l'avevo detto che non ti avrei permesso di baciarmi..."

Mi guarda con gli occhi sgranati e con un' espressione un po' delusa.
Spingo tutto il mio corpo contro il suo e gli sussurro all'orecchio: "...sono io che bacio te!"

E lo bacio come non ho mai baciato nessun altro, come non ho baciato mai.

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