27. L'interrogatorio

"Allora? Chi comincia a fare domande?"

Sto masticando l'ultimo pezzo di una buonissima focaccia quando il mio dirimpettaio mi pone questa assurda domanda.

"Scusa?"
"Hai detto di volermi fare delle domande, sono pronto, quando vuoi chiedi pure."

Vero, me ne ero completamente dimenticata. Del resto siamo passati da una strana sintonia iniziale ad un imbarazzo assurdo dopo il suo "ti sei innamorata di me" che quasi non ricordo come sono arrivata fin qui. Mi sono totalmente concentrata sul cibo pur di non incrociare quel suo sguardo vigile e malizioso che non ha smesso un attimo di essere puntato su di me.
Non ricordo di essermi mai sentita tanto a disagio come in questo momento. Sono sicuramente una persona impacciata, le mie relazioni con gli altri si sono sempre sviluppate nella mia comfort zone e adesso, per forza di cose, non so bene come gestire tutto il fiume in piena di novità e situazioni che mi stanno capitando. Una normale ragazza non si farebbe grossi problemi, sarebbe tutto normale per chiunque altro, ma non per me.

"Non è detto che abbia ancora voglia di farti delle domande."

"Comincio io allora!"
Che? Chi ha parlato di domande a me? Io no di certo!

"Quando abbiamo stabilito che io avrei risposto alle tue domande?"

"Persavi sul serio che tu avresti fatto delle domande a me ed io mi sarei limitato solo a rispondere? Mica è un interrogatorio, siamo a pranzo insieme ed una conversazione civile prevede un equo scambio di domande e risposte!"

Mi decido ad alzare gli occhi su di lui e mi viene da sorridere in risposta al sorriso disegnato nei suoi occhi. Mi sta trasformando in una persona strana al pari di lui, un attimo prima lo adoro, l'attimo dopo lo detesto è quello dopo ancora lo guardo con aria sognante come se fosse la cosa più bella che abbia mai visto. Insomma, Io provo a tenergli testa, ma lo guardo e capitolo ogni volta.

"Bene, hai ragione. Inizio io allora!" Butto fuori l'aria che mi accorgo di trattenere, sperando che con essa fuoriesca anche tutta l'ansia.

"Perché siamo qui?" Chiedo.
"Perché avevamo fame, mi sembra ovvio."

Giuro che lo uccido!

"Sei un deficiente, aggiungi anche questo alla lista delle cose che non ti hanno mai detto! Dai, sii serio."

"Lo sai perché siamo qui, volevo stare un po' di tempo con te."

Guardo il bicchiere d'acqua che ho davanti e penso che se continua a slittare le mie domande glielo butto in faccia. È snervante!

"Si ma perché?" Chiedo ancora spazientita.

"Eh no, adesso tocca a me fare una domanda! Allora, vediamo... Perché mi hai baciato quella sera?"

Booom, dritto al punto! Imbarazzo a palla e scacco matto per Diego.

"Un pochino troppo diretto non credi?"
"No, non lo credo. E adesso rispondi."

"Ne avevo voglia e l'ho fatto. Tu perché mi ribaciata ancora e ancora?" Se è diretto lui, che sia maledetta se non lo sarò anch'io!

"Per il tuo stesso motivo, ne avevo voglia la prima volta e l'ho fatto, poi ne ho avuto ancora più voglia la seconda e l'ho rifatto, poi l'ho rifatto ancora e ancora e, stai pur certa, che lo rifarò!"

Per qualcuno questa sua risposta potrebbe suonare quasi come una sorta di minaccia, io spero soltanto che sia la sottile previsione della piega che prenderanno le sue intenzioni al termine di questo pranzo. E qualcosa nel suo modo di sorridere sghembo mi dice che sia proprio così.

"Cosa ti fa pensare che io te lo permetta?"

"Me lo permetterai e ti piacerà da morire e non farmi ripetere il motivo che poi vieni divorata dall'imbarazzo e non mi guardi più per almeno un'altra mezz'ora!"

Quindi lo stronzo si è accorto dell'imbarazzo che mi ha dominata per l'intero pranzo.
Ho come la sensazione che si diverta a punzecchiarmi, che gli piaccia da morire vedermi in difficoltà.

"Io continuo a non capirti, veramente sei una sottospecie di enigma di bassa lega. Un puzzle dove mancano dei pezzi."

"Non mi manca nessun pezzo, semplicemente non ci provi neanche a completare il puzzle!"

Ah quindi adesso la colpa sarebbe mia? Ma poi questa metafora cosa vorrebbe significare?

"Smettila di fare così, fai tanto il diretto poi finisci sempre per fare giri di parole inutili. Questa conversazione è inutile, le nostre domande sono sterili e sembra un interrogatorio insensato dove si è prima accusatore e poi accusato. Tutto inutile!"

Come mio solito fare, quando sono in tensione, parlo di getto, senza riflettere e tutto in un fiato. Però dico ciò che penso. Questa discussione è priva di ogni senso, non conduce da nessuna parte, se non a creare ancor più dubbi e domande dentro di me. Ci parliamo ma non ci diciamo niente, buttiamo parole qui e raccogliamo possibili significati li.
Dico "possibili" perché ognuno ne da un significato, ma non è detto che lo stesso valga per l'altro. È come una sorta di gioco tra il gatto ed il topo, dove non ho ancora capito io in che ruolo giochi.

Il sole sembra essere in accordo con me e si ritrae. In un batter d'occhio una bellissima giornata di sole si trasforma quasi in tempesta ed io ne approfitto per liberarmi da questa pesante situazione.

"Penso sia meglio andare via, tra un po' ci sarà un bel temporale."

Mi alzo dalla sedia e allontanandomi con un segno saluto il cameriere che si è occupato del nostro tavolo, il quale a sua volta mi saluta con un cenno del capo ed un sorriso appena accennato.
Mi sento afferrare la mano.
Guardo prima la mia mano nella sua, poi guardo lui.

"Che c'è? Per quale motivo adesso non posso tenerti la mano?"

"È che mi sembra strano..."
E lo è! Fino a due minuti fa sembrava volessimo colpirci alla carotide con le posate buttate sul tavolo e adesso lui che fa, mi prende per mano? Qualcuno mi dica che non sono io ad essere pazza, ma che è tutta questa situazione ad essere strana.

Non mi risponde, tiene ben salda la mia mano nella sua e ci incamminiamo uno accanto all'altra. Mi passano davanti tante coppie felici e non posso fare a meno di pensare che anche noi agli occhi degli altri potremmo sembrare due fidanzati, forse non felici se si considera la mia espressione in questo momento, ma comunque fidanzati.
Cosa che chiaramente non siamo né lo saremo, ma fantasticarci su non mi dispiace affatto.

Mi rendo conto di andare nella direzione opposta a quella da cui siamo arrivati fin qui e quando gli chiedo perché non facciamo semplicemente il percorso all'inverso mi guarda come un padre guarda la sua bambina capricciosa che fa sempre troppe domande.

"Non ti sto riaccompagnando a casa, tra pochissimo pioverà."

Il titolo di miglior inventore di risposte non esaustive e per nulla chiare se esistesse sarebbe senza alcun dubbio suo.

"Allora dove stiamo andando?"
"A casa mia, è a due minuti da qui."

Casa sua?
P A N I C O

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