Diamo inizio alle danze
Una delle due settimane a mia disposizione è già passata e di parlare con la "ragazza misteriosa" non c'è stato verso. Oltre al fatto che raramente l'ho intravista a ricreazione e altrettanto raramente era da sola, il professor Lindono, docente di scienze, ci ha fissato un test d'ingresso su tutto il programma di chimica inorganica svolto lo scorso anno. Così tra lo studio e gli allenamenti avevo ben altro per la testa che il patto stretto con i miei amici.
La situazione sportiva tra l'altro, mi sta proprio deprimendo.
Gioco a basket da cinque anni ormai e sono sempre stato un ragazzo di talento. Parlo oggettivamente quando dico che, tra l'altezza e il buon tiro da fuori, sono sempre stato tra i migliori e ho mancato raramente convocazioni per rappresentative e raduni vari. L'anno scorso ho fatto panchina in serie B per una mia scelta personale. Volevo infatti migliorare e allenarmi con giocatori più forti di me, sacrificando il divertimento di giocare la partita del sabato sera.
Quest'anno, tra il fatto che essendo in quinta superiore bisogna studiare di più e la voglia di tornare ad assaporare il prelibato gusto della competizione, ho accettato l'offerta dell'EagleBasket, serie D che mi proponeva un campionato tranquillo da titolare.
Ecco però che alla seconda settimana di allenamento arriva Marco Pauli, ex serie A2 che, guarda te che culo, ha il mio stesso ruolo.
Non ho niente contro Pauli anzi, è un bravissimo giocatore e con le sue naturali doti da leader ha cambiato radicalmente il potenziale della squadra. Purtroppo però, c'è da dire che io sono rimasto bello che fregato perchè ormai il prestito era stato firmato e ora mi ritrovo a dover scaldare la panchina dell'EagleBasket per tutto l'anno a venire.
Il livello di gioco non è niente in confronto a quello dell'anno scorso e ne consegue che agli allenamenti una mia prestazione molle e svogliata eguaglia quella di coloro che giocheranno poi in partita. Durare tutto l'anno sportivo sarà difficile.
C'è chi gioca per divertirsi, chi per compagnia e chi per tenersi in forma: io gioco per migliorarmi.
Amo il basket questo è vero. Amo correre. Amo il sudore che scende dalla fronte e scivola sotto la canotta e poi giù giù fino all'elastico dei pantaloni. Amo il contatto con l'avversario e l'energia che sprigiona la competizione. Amo fare giocate intelligenti, passaggi che il difensore nemmeno sogna che io possa fare. Amo tirare dalla linea di tre punti e fare un canestro con un ciuff, con la precisione di un cecchino.
Più di tutto però, amo migliorarmi. Amo sentire il mio corpo e capire i miglioramenti che posso ancora ottenere, sapere quanto forte devo diventare.
Ecco quindi che quest'anno mi vedo questa possibilità sottratta. Non importa infatti quanto bene mi allenerò, e con quanta costanza, a Pauli non sarà mai tolto il posto. L'obbiettivo di squadra infatti, si è trasformato da "campionato tranquillo" a "vincere la serie e salire in C", e per un qualsiasi sportivo navigato nello sport, si sa che l'obbiettivo di squadra viene sempre prima di qualsiasi crescita personale.
Entro in classe con lo sguardo corrucciato dovuto alla tempesta di pensieri che affolla il mio cervello, pensando già con sconforto all'allenamento di stasera. Prendo posto vicino a Lele dopo essermi tolto la giacca leggera della Colmar ed averla buttata sullo schienale.
L'ora della Marchese la passo a modificare le immagini del libro, disegnando corna e forcone a Lucia e inserendo pensieri demenziali a mo' di fumetto agli altri personaggi. Lele infatti ha lo sguardo perso nel vuoto e questo pregiudica la possibilità di iniziare un qualsiasi dialogo con lui per evitare di ascoltare la noia in persona che parla.
Emma oggi è assente ma sinceramente poco mi importa. Forse è meglio così che vederla per cinque ore successive appiccicata a Tommy, il quale sfrutta ogni occasione buona per accarezzarle i capelli, stringerle il fianco e stamparle un bacio sulla guancia.
"Prof posso andare in bagno?" Chiedo sperando di dare una tregua al mal di testa che mi tortura senza sosta dal risveglio.
"Valenti, è solo la prima ora. E' così urgente?"
"In realtà si prof.." dico simulando alla perfezione l'espressione di uno che "la tiene" da ore.
"Vai allora Valenti, ma sappi che a tuo rischio e pericolo perderai la storia delle Monaca di Monza!"
Ahhhhh che peccato! Quasi quasi me la tengo e ci vado a fine ora così non mi perdo neanche una frase! Penso ironicamente mentre mi alzo e mi dirigo verso il bagno.
Il corridoio è deserto e dopo pochi passi mi ritrovo a fissare la mia immagine riflessa nello specchio. I miei occhi azzurro ghiaccio mi guardano fisso, ma non hanno la stessa energia del solito. Li vedo spenti, un celato indizio della mia stanchezza e delusione. Mi sciacquo la faccia con l'acqua gelida e mi ravvio i capelli biondi, più per abitudine che per dar loro ordine. Mi slaccio il primo bottone della camicia rosata che indosso e mi stiracchio un po'. Forza, ci vuole un po' di spirito. Un ultimo sguardo dubbioso al mio viso riflesso ed esco dal bagno, ma invece di ritornare in classe salgo le scale direzione macchinette. Un bel caffè cancerogeno è proprio quello che ci vuole per darmi una svegliata.
A due scalini dal pianerottolo noto però che non sono il solo ad aver avuto questa stramba idea. Davanti al distributore c'è infatti proprio la "ragazza misteriosa" a cui davo la caccia da giorni. Ha i capelli raccolti in uno chi-gnon disordinato che le da un che di sbarazzino. La felpa azzurra le sta larga fino a coprire parte dei jeans strappati che porta seguendo la nuova moda. Ai piedi ha degli anfibi neri che la rendono leggermente più slanciata e alta di quello che deve essere in realtà e tiene la schiena dritta e il petto in fuori come una ballerina. Non escludo infatti che lo sia.
Mi avvicino senza cautela. Non voglio mica che mi noti all'ultimo e si spaventi. In questo modo il rumore delle mie sneakers sul pavimento preavvisano il mio arrivo e la fanno girare. Il mio "Ei ciao" , con tanto di sorriso smagliante, però mi muore in gola quando noto che sta piangendo. Lei si porta veloce le mani al viso e cerca di portar via il più possibile delle lacrime ma gli occhi, di un caldo marrone scuro, sono gonfi e arrossati. Non lasciano dubbi.
Ora, sembrerà egoista e spregevole, ma vorrei essere dovunque tranne che qui in questo momento. E con dovunque intendo dovunque.
Io infatti sono una vera e propria frana nel consolare. Non ne sono proprio capace. Capisco magari anche bene cosa provano le persone, perchè soffrono, ma quando si tratta di aprire la bocca e dire qualcosa non mi escono che cavolate. Nessuno mi vorrebbe vicino in questi momenti. Ricordo ancora quando Tommy da piccolo non trovava il suo cappellino e probabilmente voleva solo sentirsi dire che se avessero cercato attentamente avrebbero scoperto dove lo aveva lasciato. Ecco io, pensando di consolarlo almeno convincendolo della sua innocenza nella scomparsa, gli dissi che secondo me lo avevano rubato. L'esito fu che lui pianse ancora di più e si convinse di averlo perduto per sempre.
Mi trovo così imbambolato a guardare negli occhi questa ragazza indeciso sul da farsi. Presa la giusta dose di coraggio e stabilito che lei sta effettivamente aspettando che sia io a dire qualcosa esordisco con un:"Ei, tutto bene?"Mettendo su lo sguardo più preoccupato che trovo nel repertorio.
"Potrebbe andare meglio.."Mi dice lei, accenando un sorriso triste e tirando su con il naso.
"Vuoi dirmi cos'è successo?" Le dico avvicinandomi.
Mi accorgo che esita e quindi mi sento in dovere di rassicurarla.
"Non lo racconto a nessuno eh" le dico sorridendo.
Lei accenna un sorriso sincero e gli occhi le si illuminano impercettibilmente. Evvai, sono sulla strada giusta!
"Non è questo. E' che non voglio scaricare i miei problemi su di te.. Non ci conosciamo nemmeno!"
"Beh, sinceramente, non credo che i tuoi problemi possano annoiarmi più di una lezione della Marchese sui Promessi Sposi" Dico ridendo e alzando gli occhi al cielo.
Lei si asciuga una lacrima solitaria e mi sorride.
"In effetti non credo sia possibile raggiungere il suo livello.."
"Ecco, quindi non ti preoccupare. Racconta" Dico mentre inserisco i 35 centesimi nella macchinetta per il mio macchiato caldo.
"Beh, la scorsa settimana ho avuto un lutto in famiglia" Fa una pausa e abbassa gli occhi. "Mio nonno è morto e sono stata parecchio assente.." Dice con voce incrinata a tal punto che sto per mettermi a piangere anche io.
Questo è decisamente troppo per me. E' un dolore senza consolazione e se mai subissi una perdita del genere io non mi limiterei certo a stare assente qualche giorno.
Cerco di mascherare la tensione e la preoccupazione di dire qualcosa di sensato di seguito alla dichiarazione di questa piccola creatura.
"..e oggi il prof Lindono mi ha interrogata proprio sugli ultimi argomenti nonostante gli abbia mostrato la giustifica. Ho preso 4 non era proprio così che volevo iniziare l'anno.."
Il mio sguardo da incerto e preoccupato diventa furente.
"Che stronzo!"Impreco a voce piuttosto alta. Che mi sentano pure. Io lo odio Lindono, lo odiavo prima, figurarsi ora.
"Già.." Dice lei guardandomi con rassegnazione.
"Ahh io lo odio proprio quello. Tu devi essere nuova, ma è nella sua natura essere perfido. Non sono uno psicologo ma ritengo sia piuttosto facile intuire che deve avere una vita privata frustrante e che di questo ne risentiamo noi alunni. Credo che l'unica vera gioia delle sue giornate sia esercitare potere su noi che nei suoi confronti non possiamo nulla" Dico con tono concitato e gesticolando esasperatamente con mani e braccia.
"L'anno scorso" Continuo in una sorta di monologo liberatorio mentre lei mi guarda divertita" ha interrogato un mio amico per recuperare l'insufficienza a fine anno e come domanda decisiva gli ha chiesto una nozione di terza. Una volta capito che questo non aveva idea di quale fosse la risposta, il nostro amico Lindo ha deciso di rimandarlo dicendogli che le cose che si studiano anno per anno mica vanno buttate nel cesso. Devi abituarti, quello il cuore non ce l'ha." Dico sbuffando contrariato.
"Lo so che mi ci devo abituare, ma comunque ci sono rimasta male.. Mai avrei immaginato potesse capitarmi una cosa del genere. Io sono una che studia sempre e iniziare l'anno così tra mio nonno e sto voto mi ha fatto andare in crisi".
Vedo che la tristezza e la frustrazione hanno lasciato posto alla rabbia e reputo di aver fatto un buon lavoro.
"Lo so, lo so. Però alla fine scienze è scienze. Se studi e sai le cose per le prossime interrogazioni dovresti recuperare. Il voto è per forza oggettivo e lui non può assecondare più di tanto le sue preferenze."
"Si, hai ragione"
"In caso contrario, so qual è la sua macchina. Tu avvertimi e munito di chiodo gli insegno io cos'è il dolore"
Ridiamo assieme spensierati e mentre bevo l'ultimo sorso del caffè mi riavvio i capelli e mi concedo di guardarla nella sua semplice bellezza.
"Grazie davvero" Mi dice e la vedo arrossire per il mio sguardo penetrante.
"E di cosa?" Dico, sfoggiando uno dei miei migliori sorrisi.
"Mi chiamo Daniele comunque" e le porgo la mano.
"Francesca" Dice porgendomi la sua, che è piuttosto minuta.
La stringo forte.
Signore e signori diamo inizio alle danze.
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