Cause where there is desire there is gonna be a flame

Quando apro gli occhi intorpidito vedo i miei compagni attorno a me. Qualcuno mi offre una mano e io ne approfitto per tirarmi su, non senza fatica. La schiena fa male per l'impatto con il pavimento. Sono sicuro di essermi procurato un brutto livido.

Sento Andrea discutere con l'arbitro. "Guardi che è un fallo antisportivo"

"No, stava per tirare. Il fallo c'è ma non è tecnico. Ha solo un tiro libero"

"Ma cosa stava guardando? Lo ha letteralmente placcato."

"Andrea basta sto bene" dico al mio compagno, leggermente preoccupato che questo si becchi un'espulsione.

"No che non stai bene, guardati!"

"Sto bene" dico con tono severo. Ottenendo finalmente il silenzio desiderato. Con un fazzoletto che mi porgono mi tampono il sangue uscente dal labbro leggermente tagliato e dal sopracciglio. Nascondo invece la mia mano destra da sguardi attenti.

"Non sembra malissimo" dice il coach esaminandomi.

"Si infatti, ho detto che sto bene" .

"Allora continuiamo. Prima il libero" dice l'arbitro in tono sbrigativo.

Quando prendo la palla in mano, il mio timore si realizza. Mi sa che ho rotto almeno uno o due delle mie dita della mano destra nell'impatto. Il gonfiore è palese, e il dolore si acuisce quando cerco di stringere la presa sul pallone. Potrebbero essere semplicemente insaccate, penso. Questo volendo proprio essere positivi in realtà. Quando ho rotto il mignolo sinistro era molto meno violaceo e grosso di quanto siano il mio indice e mignolo destro al momento.

Non importa, devo resistere. Evito di chiedere il ghiaccio. So che il coach potrebbe volermi far sedere in panchina per precauzione e poi da lì a dichiararmi infortunato è un attimo. Addio al finale della partita.

Quando tiro segno per miracolo. Nessuno si accorge che era un brutto tentativo. Non gioco mai. Non sanno nemmeno quanto io abbia effettivamente una buona tecnica e per questa volta la cosa torna a mio favore.

Siamo a meno due.

La palla però è in mano loro e mancano venti secondi.

Quando inizia l'azione agisco senza pensare. Il play fa un passaggio rischioso, lo anticipo e rubo palla. Corro per il contropiede. I muscoli in fiamme per lo sforzo e il giocatore avversario alle costole. Vedo Andrea libero alla mia destra, fingo di tirare, mi faccio girare la palla attorno e la passo al mio compagno. Uno, due e rosso. Il tabellone si illumina un secondo prima che la palla faccia ciuff. Abbiamo perso.

Le braccia mi cadono sui fianchi e sospiro esausto. L'adrenalina che ancora mi annebbia il cervello. Vedo che Andrea si avvicina e so già che ha intenzione di scusarsi così gli faccio cenno che no, non importa. Vado verso la panchina per una toccata e fuga. Prendo la felpa e la borraccia. Sputo il paradenti e lo sistemo nella custodia.

"Bravo Dani, hai giocato bene" mi dice l'allenatore. Le mie orecchie praticamente sanguinano. Cos'è, una presa in giro? Lo guardo di traverso e rispondo con un mugugno che nemmeno saprei classificare.

Tappa alla borsa medica per il ghiaccio, e poi dritto in spogliatoio.

Quando passo davanti alle tribune non alzo nemmeno lo sguardo. Ci parlerò dopo con Emma, mia mamma, la gente, "le persone".

La doccia la faccio bollente. Posso percepire la pelle arrossarsi. Il silenzio che regna in spogliatoio ha dell'irreale. Non incrocio uno sguardo neanche quando ne sono alla ricerca. Tutti a guardare in basso o a bisbigliare.

Quando sono finalmente pronto ad uscire, lo faccio sbattendo la porta.

---------------------------------------------     Emma's pov     -------------------------------------------------

Entriamo nel locale con la mano nella mano. Io lo seguo a ruota mentre cerca una stanza dove poter sistemarci in tranquillità, ma allo stesso tempo non essere troppo isolati.

Ci diamo la sinistra. La destra l'ha infortunata giocando e non so nemmeno se si tratta di un dito rotto, il polso storto o altro perchè non ha voluto approfondire l'argomento dopo che mi sono offerta di controllare. 

"Preferisco passare la serata ad una festa con la mano rotta che aspettare cinque ore in ospedale con un codice bianco" ha risposto in macchina. Freddo e severo come solo lui sa essere da arrabbiato.

Attraversiamo una stanza dopo l'altra. Il festeggiato non è di sicuro un poveraccio a giudicare dall'ambiente che mi circonda. Vedo due ragazzi che pomiciano davanti ad un caminetto e penso che mi piacerebbe se ci fossimo io e Dani al loro posto. No, no, che dico. Io e Tommy.

La partita è stata un disastro. Un vero e proprio Caporetto cestistico, e sono sicura che l'aver giocato alla fine, dimostrando di poter cambiare le carte in tavola, non abbia fatto che innervosirlo ulteriormente. Almeno avesse vinto.

Ho quasi il fiatone quando finalmente ci fermiamo. L'arresto è così improvviso, una volta entrati in cucina, che quasi gli finisco addosso.

Si gira verso di me. L sua espressione in contro luce è indecifrabile.

"Ti faccio un drink" mi dice.

Lo vedo dirigersi verso il bancone sul quale trova bottiglie, bicchieri e drink abbandonati.

"Lo sai fare?" gli chiedo incerta, con la visuale limitata dalle sue spalle larghe.

Quando si gira ha già due bicchieri pieni in mano. Me ne porge uno e sorride. Un sorriso da gatto, sornione.

"No, mi sono limitato a creare un gustosissimo sistema omogeneo di vodka liscia  e succo all'arancia. Non troppo succo perchè se no non sei brilla nemmeno con 10 di questi, non troppo poco così non senti il sapore amaro della vodka".

Prende il suo primo lungo sorso e lo seguo a ruota, anche se con riluttanza.

Trattengo a stento una smorfia. "Ok, fa schifo".

"Non ho detto che era buono" risponde lui. Ancora quello stupido sorriso. Non da divertito, felice, no. E' un sorriso che non interessa gli occhi, che scalda senza essere caldo di per sè. Mi guarda perplesso, in attesa che io continui a bere. O che io smetta di fissarlo?

"Tu mi vuoi ubriaca" gli dico tossendo dopo il mio secondo sorso. 

"Si, sto cercando di capire se almeno da ubriaca sei simpatica"

"Idiota" gli rispondo a tono. So quanto ama prendermi in giro e spero che almeno questo lo riporti un po' con i piedi a terra. Qui, alla festa. Non alla partita.

Certo che se non sarò io a rallegrarlo, sono sicura che ci penserà l'alcool. Lo guardo di sbieco mentre si prepara il secondo drink dopo aver steccato il primo.

"Non guardarmi così"

"Così come?" 

"Con aria di rimprovero"

"Non ti sto guardando con aria di rimprovero, ma con incredulità" dico in mia difesa.

"Sii certo. Incredulità con un pizzico del tuo solito moralismo" ribatte deciso, girandosi verso di me e mandando giù il primo sorso. Io sono ancora ad un quarto del mio primo bicchiere.

Non rispondo ma alzo gli occhi al cielo. In ogni caso sarebbe una battaglia persa in partenza. Lo vedo osservare la stanza con noncuranza, forse alla ricerca di una faccia conosciuta. Così colgo l'occasione per studiarlo. I capelli sono stranamente in ordine, tirati indietro in una pettinatura uniforme e ordinata. A tenerli fermi il solo fatto che non sono del tutto asciutti. La mascella è contratta e noto il taglio sul labbro già quasi cicatrizzato. Deve aver preso una bella botta perchè è anche un po' più gonfio del solito, e pieno.

Penso senza volerlo a quando vorrei morderlo, prima piano, con delicatezza per vedere se gli fa male, e poi forte. Serrare i denti sulla carne. Poi baciarlo per alleviare il dolore.

Quando si gira mi becca che lo fisso imbambolata e no, non sono abbastanza veloce da distogliere lo sguardo. Passo dalla sua bocca agli occhi e rimango stordita dal contrasto creato dal verde della sua maglia e gli iridi azzurro chiaro.

Sembra così sbagliato. Due colori così semplici e puri messi assieme. Il tutto mi mette in un leggero stato di confusione.

"Tutto bene ?" mi chiede con un tono leggermente divertito.

"Si, scusa. Pensavo.."

"Incredibile, brilla dopo un sorso" lo sento borbottare.

"Guarda che sto benissimo"

"Sisi..ti credo" dice, alzando lo sguardo al cielo. Dio quanto sa essere insopportabile. Mi sistemo il vestito, cercando di coprire il possibile, consapevole che se l'obiettivo era coprirsi non avrei dovuto optare per questo. E' nero, con le maniche lunghe in pizzo e un profondo scollo a V.

Tiro in giù la gonna, che mi sta al così detto "livello inguinale" e mi raddrizzo. Il problema di essere alta e non proprio grossa, ma neanche magra, insomma "giusta" è che la mia taglia di vestiti è la stessa delle ragazze alte due spanne in meno di me. Le mie gambe così vengono coperte la metà , se non meno, di quanto vengono coperte le loro.Quindi devo stare attenta a cose come sedermi, abbassarmi, saltare... Insomma devo stare dritta come un palo.

"Ti sta bene quel vestito"

"Che fai flirti?"

"Mmm no, faccio un complimento ad un amica?" mi risponde ironico.

"Sarà" dico, senza sapere bene come e prendere un complimento da un ragazzo che non sia Tommaso. 

Senza preavviso, mi prende la mano e inizia a scriverci sopra con il pennarello con cui si segna il proprio nome sul bicchiere.Mi accorgo troppo tardi di COSA sta effettivamente disegnando e tiro via la mano, metà incazzata, metà divertita. 

"Che fai, ma sei fuori'" devo trattenere le risate.

Lui mi guarda: un leone a caccia..

"Purtroppo l'artista ha iniziato. Non si lascia mai un'opera d'arte incompleta".

Quando fa per avvicinarsi faccio un passo indietro, sull'attenti.

"Non  ci provare"

"Ohh ora si che sono scoraggiato" e si avvicina terribilmente. Conto una frazione di tre secondi tra la fine della sua frase e il momento in cui inizio a correre. Imbocco il corridoio e rido a crepapelle nel momento in cui Daniele, facendo a zig zag tra gli invitati, ne spinge uno rischiando di fargli cadere il drink sulla preziosa tappezzeria. Non ho neanche il tempo di sentire gli insulti che riceve tanto sono concentrata nel seminarlo.

Non capisco bene se il nervoso gli sia già passato o semplicemente se in lui vivono molteplici personalità. Quando entro in quello che mi sembra il salotto mi guardo indietro compiaciuta. Lui non c'è. Faccio per rilassarmi ma due braccia mi circondano da dietro e mollo un gridolino stridulo. Deve conoscere la casa meglio di me. Mi tiene stretta con un solo braccio e con l'altro libero mi immobilizza e finisce il disegno. 

"Se tu fossi stata ferma sarebbe venuto meglio" mi dice mostrandomi il palmo. E' ancora stretto a me, pericolosamente vicino. Sento il suo respiro sul collo e il suo fresco profumo. Sa quasi di menta. 

Posso percepire i centimetri che distanziano le sue labbra dalla mia pelle. Le sento come se potessero potenzialmente baciarmi. Come quando ci si aspetta che qualcosa di brutto uscirà dalla stanza buia. Il disegno non l'ho degnato di uno sguardo, troppo distratta.

Sento il suo fiatone, il mio in ritardo rispetto al suo, poi piano piano i due si sincronizzano. Tanto che sembra che ci sia una sola persona a respirare. 

"Ei, ti sarai mica arrabbiata?" mi dice, mollando leggermente la presa. Posso sentire le cellule del mio corpo lamentarsi.

Mi giro verso di lui, con ancora le sue mani sui miei fianchi. Il suo sorriso questa volta è ancora un sorriso diverso, è già il terzo tipo che mi concede in serata. Stavolta è un sorriso innocente. Semplice, disarmante. 

"No" dico, quasi in un sussurro, e penso che a questo punto forse è meglio che mi creda brilla.

Mi sto comportando da scema. 

Non sembra intenzionato a mollare la presa. Non sembra nemmeno che voglia smettere di guardarmi. Non sembra nulla e sono stufa di tenere dentro di me una tempesta di emozioni che infuria. Così appoggio la mia testa al suo petto. Arresa,quest'ultimo sollevarsi e abbassarsi. Le sue mani passano dai miei fianchi alla schiena e mi stringono forte.

"E' tutto ok" mi dice. Non so a cosa si riferisca. Alla mia storia con Tommy? Al volersi reciproco? Alla sua partita? Posso contare i battiti del suo cuore nonostante il volume della musica. Quando finalmente alzo lo sguardo, mi ritrovo il suo viso pericolosamente vicino. 

Mi sovrasta di poco, questo perchè nonostante la sua altezza ho anche i miei di centimetri dalla mia parte. I suoi occhi azzurri sono fissi nei miei. Mi sembra di stare in una bolla. Isolati dal resto. Immobili. Due personaggi di un dipinto neoclassico in cui viene messo in luce il momento prima o dopo l'evento.

Dischiudo le labbra impercettibilmente nel momento in cui lo vedo abbassarsi verso di me. Si tratta di frazioni di secondo ma a me sembra un periodo infinito. Quasi come se ci muovessimo all'interno di un liquido denso. Non aspetto che sia lui a raggiungermi. No, il mio corpo è staco di aspettare. Impaziente, sollevo il mento di scatto e le nostre labbra si incontrano. 


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