CAPITOLO 21

Mia madre era perfetta come sempre. Una vera attrice.Ormai non lavorava più ma conservava la sua bellezza intatta come anni fa.
Nonostante l'età dimostrava molto meno, indossava un vestito verde con uno spacco e per coprirsi una pelliccia di non so quale animale.
Un abbigliamento insolito per una madre che va a prendere sua figlia in stazione.
Mentre la madre di Andres, anche lei donna ricca, aveva un giubbotto azzurro e un paio di pantaloni a vita alta che lasciavano le caviglie scoperte.
Andres non era un figlio d'arte era solamente ricco.

Io mi ero innamorata di lui perché non era come tutti gli altri della nostra cerchia.
Lui non ti giudicava in base a quanti soldi hai sul tuo conto bancario, lui non ti giudicava affatto. Era la mia via di fuga da quel mondo troppo ricco ma anche lui mi aveva abbandonata come fecero tutti.

«Com'è andato il viaggio tesoro?» mia madre mi abbracció a lungo poi si decise a parlare.
«Tutto ok, a parte un imprevisto spiacevole.» dissi lanciando uno sguardo gelido a Loredana, la madre di Andres.
«Su tesoro non te l'ho detto perché sapevo che non saresti venuta e poi è stata una cosa improvvisa.»
Nel frattempo anche il "contrattempo spiacevole" si aggiunse alla simpatica conversione.
«Ci puoi scommettere mamma. Non sarei venuta se sapevo di... di lui!»
Loredana mi prese le mani tra le sue -solita diplomazia da ricchi- e mi guardò intensamente.
Non mi faceva paura perché lei le cose non le diceva in faccia, ci girava in torno.
Insopportabile.
«Tu e Andres avete molto da parlare e magari scopri cose interessanti.»
Ora ero imbestialita. «Con tutto rispetto signora Loredana, io non ho nessuna voglia di parlare con suo figlio né tanto meno chiarire.» Tolsi con sforzo, delicatamente le mani dalla sua presa. Quanto avrei voluto strapparle con furia, ma mia madre mi aveva già scoccato uno sguardo intimidatorio conoscendo fin troppo bene i miei modi di reagire.
«Camilla, credo che dovresti darmi una possibilità, e questo era l'unico modo per poter parlare con te.» Lo stronzo stava parlando e non mi aveva chiamata con quei nomignoli insopportabili.
A lui non risposi con la stessa educazione che usai per sua madre anzi. « Senti, ti ho già ripetuto che a me non devi parlare. Volete passare il Natale con me? Fate pure, voi da una parte e io da un'altra. Non ho intenzione di perdere tempo con te.»
Rimase zitto.

Andres abitava nella nostra stessa via, per l'esattezza di fronte.
La nostra via era una di quelle fatte per assomigliare ai quartieri americani dei ricchi nei film. Era un susseguirsi di ville mozzafiato di gente ricca e divi della televisione.
Quando eravamo piccolini io e Andres giocavamo sempre in mezzo alla strada, il bello di quella via era che non passavano macchine.
Avevo sempre abitato in quella zona, non avevamo mai traslocato ma possedevamo un paio di case delle vacanze, una in Sicilia per l'esattezza a Capo d'Orlando dove nacque mio padre e una in Grecia, la patria dell'amore tra mia madre e mio padre.

L'ultima volta che tornai in grecia fu all'età di diciassette anni. È stata in assoluto la vacanza più bella della mia vita. Da non contare la scappatella con Andres, per me non è mai esistita.
I miei genitori si sono conosciuti li, mio padre era un regista emergente di vent'anni mentre mia madre una Greca bellissima e giovane che sognava di diventare un'attrice famosa. Così si sono conosciuti mentre lui era in vacanza nel paradiso.
Ora per me è un inferno.

Mi risvegliò Geff, l'autista della nostra famiglia, dai miei ricordi dolorosi. «Ben tornata signorina Camilla.»
Era dietro la portiera posteriore aspettando che io e mia madre entrassimo.
Ma io, come da tradizione, mi sedetti avanti mentre Geff rideva sotto i baffi.

Geff. Mio caro Geff, era con noi da quando avevo cinque anni era il mio amico fidato. Quando andavo in giro o a ballare lui c'era. Stava più con me che con mio padre, l'amante guidatore, mi ascoltava e io mi confidavo.
L'unico lusso che mi piaceva e che mi tenni stretta fino alla mia partenza.

«Oh Geff! Per favore non mi chiamare così! Sono sempre io. Non ci vediamo da un paio di mesi non da una vita!» Dissi quando si accomodò al posto del guidatore.
Sorrise.

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