6 - SUNSET 'N LIPS
"I've been seeing angels
in my living room
that have walked the sun
and have slept on the moon"
Angels, Khalid
14 gennaio 2021
Wave stringe tra le mani la sua macchina fotografica e sorride all'alternarsi delle immagini in cui risiedono istanti da lei stessa catturati nel corso di un gelido pomeriggio qualsiasi di un giorno del mese di gennaio.
L'arrivo di un nuovo anno è tutto un riporre ricordi di cui resterà traccia nel tempo in scatole di cartone troppo piccole e fragili per il reale peso di ciò che dovrebbero contenere.
Aspettative e sensi di colpa si accumulano in una pila di infinite incertezze e dispiaceri, sinuoso il dolore si attorciglia allo sterno e attacca il cuore, riposto esattamente dietro all'osso stesso che sembra sgretolarsi e farsi cenere tutto d'un colpo, esponendo l'organo vitale al pericolo del male che corre unicamente chi ha l'anima dannata dal principio e Wave non potrebbe sentirsi più vulnerabile e ferita di quanto già percepisca.
Mette da parte, ripone, stipa, momenti negli angoli più bui e nascosti che possa trovare in sè, come fossero tante fotografie di una stessa serie.
Vorrebbe dimenticare tanto di ciò che è ormai passato ma il suo è un costante presente, mai iniziato, mai finito.
La concezione temporale di Wave si riduce a un'esistenza colorata di grigio che sa di apatia, satura di dolore, come se ormai niente potesse aggiungersi al male che già prova in sè perché sarebbe insignificante a tal punto da non toccarle più minimamente l'anima.
È già abbastanza.
A distruggerle il petto è il battito di un cuore ferito che pur fragile si contrae e pompa con forza il sangue che corre impetuoso ai tessuti di cellule.
Wave non se lo spiega, si domanda ma non si risponde, non capisce, non sa come e perché il suo cuore ancora regga. Poi guarda alle foto che ha scattato e ne trova una plausibile, misera, ragione che cela però qualcosa di più grande, un Bene che ora le è sconosciuto ma che forse, in minima parte, ancora risiede in lei, perché è un Bene che c'è stato e ha lasciato traccia, è un caro ricordo che si ripresenta in rare visioni.
Lola è il Bene che le manca e che non potrebbe avere nuovamente indietro neanche se pregasse il cielo fino a farsi male, in ginocchio, con le mani giunte. Eppure frammenti di lei colorano le fotografie che adesso Wave scatta perché è stata proprio Lola a fornirle il modo per trovarla ancora, ogni giorno, ogni volta che fa la sua silenziosa, non appositamente celata, entrata nello studio fotografico in cui lavora.
Le immagini che ha catturato oggi ritraggono una coppia di sposi monegaschi e gli invitati al loro ricevimento, tutti vestiti di abiti eleganti e visibilmente costosi.
Il Principato offre un paesaggio mozzafiato che fa da sfondo alle fotografie e risulta difficile non innamorarsene.
Quando Wave è di ritorno dalla cerimonia, si reca allo studio e ripone la sua attrezzatura nel suo angolo di ufficio, privo di qualsiasi forma di personalizzazione, ma parte integrante di una routine ormai quotidiana che, a rifletterci, le piace.
Rivolge un saluto distratto ad alcuni dei colleghi che siedono concentrati alle loro scrivanie, intenti a trasferire fotografie su dispositivi per stamparle, riempiendone album interi, confezionati e pronti per le consegne ai clienti, mansione, questa, che spetta anche a Wave ma ha la possibilità di rimandare a domani e si appropria della libertà di farlo.
È stanca.
La schiena è debole e a pezzi, sente le gambe cederle sotto il peso di un corpo inerme che non potrebbe reggere ulteriori impulsi. Abbandona quindi lo studio fotografico e lascia che la porta le si chiuda alle spalle. Senza batter ciglio si incammina distrutta, le suole degli anfibi neri che, come di consuetudine indossa, sembrano consumarsi per attrito, l'asfalto quasi li deteriora, e lei non curante si stringe nel cappotto, colta da un improvviso e tremendo brivido di freddo.
Dallo studio, ha portato con sè solo la macchina fotografica, ciondolante da un laccio apposito che Wave ha attorno al collo, e una vecchia borsa in cui, quando esce, deposita il cellulare che, per giunta, non è per lei indispensabile, un numero indefinito di scontrini accartocciati di cui dovrebbe decisamente disfarsi, un paio di occhiali da sole che non mette mai, utili però a nascondere le pesanti borse che le calcano di sotto il contorno degli occhi, e il suo portafogli.
Si porta il floscio manico della borsa sulla spalla, appoggiato tra le pieghe del cappotto scuro, e lo stringe con sicurezza mentre avanza.
È diretta verso casa e la stessa, stranissima, costante, puntigliosa Malinconia le tocca il cuore e le impedisce di acquisire sicurezza nel passo, i muscoli dei polpacci delle gambe sembrano quasi tremarle, il fiato le si appesantisce e in sè annaspa, come a bramare l'aria di cui non riesce ad appropriarsi.
Si ferma e si preme una mano sul petto, come a regolarizzare invano un respiro ormai fin troppo affaticato, poi riesce a calmare il Male, il sinuoso serpente del dolore e delle mancanze che le si era attorcigliato all'esofago.
Ora riposa, il Male, attende le sue debolezze per appropriarsene e vincere su Wave di prepotenza, approfittando meschinamente della sua immensa fragilità.
Riprende a camminare piano, soppesa i passi, ne limita il corso, respira con una certa lentezza, come se l'aria, penetrando nei polmoni, potesse far rumore o farle male.
Il dolore è ovunque e da nessuna parte, è una falce nascosta tra le pieghe delle vesti bianche di cui si coprono i più contraffatti angeli della morte per trarla in inganno, è un bastone a cui si appiglia ma che poi si spezza in due, fragile proprio come la sua anima ferita.
Quando giunge davanti alla porta della sua abitazione, Wave pensa.
Fa per inserire la chiave nella toppa dell'entrata in legno e per far sì che possa aprirsi tramite il meccanismo ad incastro della serratura ma esita poco convinta e ritrae le chiavi dalla porta, riponendole distrattamente tra le cartacce e gli scontrini della vecchia borsa che tiene intanto ancora salda sulla spalla destra.
Si volta, è girata dal lato opposto adesso rispetto all'entrata e vi si appoggia.
Il peso del suo esile corpo abbandonato alla porta, i capelli spettinati, caoticamente ordinati, sono migliaia di fili castani, parte di un insieme confuso, il cappotto scuro fascia la sua figura stanca, proteggendone la pelle dal vento gelido.
Si figura altrove, si immagina al sicuro, lontano, a casa.
Perché, realizza ancora una volta, che sente soltanto in minima parte suo ciò che a tutti gli effetti lo è, ciò che dovrebbe trasmetterle il Bene che ha perso tempo fa.
Sceglie di prendersi una pausa dal suo ambiente, dal suo spazio, i piedi la sostengono e la spingono oltre la porta. Si solleva e si incammina nuovamente, le gambe procedono alternandosi in avanti e un sorriso genuino, spontaneo, le colora il volto, illuminandole gli occhi di una scintilla nuova e brillante, di un fuoco che sembra sciogliere le sue iridi di ghiaccio.
Una fissa dimora per un cuore rovinato come il suo, pensa, non le apparterrà mai perché ha perso, tre anni fa, ciò che di più simile ad una casa abbia mai avuto ed ora i battiti le corrono come impulsi vagabondi e disorientati nel petto.
Wave nota però che, nonostante sia consapevole che nessuna porzione di Bene, neanche la più piccola, le sarà mai completamente restituita, intatte come se l'è lasciate sfuggire dalla presa delle dita della mani sanguinanti quella maledetta notte di giugno, riconosce che avrà sempre una porta alla quale abbandonarsi di peso, alla quale appoggiarsi quando non riuscirà ad inserire le chiavi nella toppa, quando preferirà lasciarle distrattamente in uno degli infiniti meandri della vecchia borsa, quando non avrà abbastanza coraggio per farsi spazio, per accogliersi nella sua stessa casa, per lasciarsi andare, per dedicarsi alla cura del suo fragile essere.
Wave sa che Daniel ci sarà, che ne sosterrà il Male, il dolore e l'enorme accumulo di sensi di colpa che Wave accetta, vedendosi costretta dal destino crudele, di conservare in sé.
Daniel si approprierebbe di un peso che, probabilmente, potrebbe non aver mai avuto in vita sua pur di non perdere quello stesso scintillio che riempie adesso gli occhi chiarissimi di Wave, pur di saperla felice.
Wave non potrebbe allora recarsi altrove se non da lui, stanca com'è di sè stessa e della sua abitazione, del lavoro, della giornata trascorsa. Ma, paradossalmente, fino a questo momento, Wave non è mai stata a casa di Daniel e a pensarci un sentimento bizzarro, miscuglio inscindibile di una dose di curiosità e di ansie, le assale lo stomaco e lo strizza fino a farlo quasi rimpicciolire, a tal punto che potrebbe disintegrarsi.
Sa però dove dirigersi perché Daniel, durante una delle loro uscite, gliel'aveva indicata col dito da lontano, casa sua, ripromettendosi che Wave avrebbe dovuto venirci. Wave, quella volta, pensò che non sarebbe venuta meno all'accordo e che si sarebbe presentata alla sua porta un giorno qualunque, senza neanche avvisare che sarebbe passata.
In sè ha uragani di idee e problemi, vortici tremendi che trascinano la sua anima tra i sensi di colpa, lasciando che si tinga di nero e di dolore. Eppure, quando fa per avvicinarsi alla porta della casa di Daniel, avverte l'assordante rumore dei suoi pesantissimi pensieri farsi tenue, sottile, lieve, quasi come se potesse cessare di distruggerle la mente almeno per pochi secondi, sufficienti a farle ingenuamente credere di essersi redenta, libera dai peccati di cui il suo cuore è macchiato.
Bussa al campanello e attende fremendo impaziente che l'uscio aperto possa rivelare la figura dell'amico che più ama, il suo toccasana, rimedio insostituibile al Male che cova in sè.
Daniel si presenta in pochi secondi agli occhi di Wave, come al solito vestito di una bizzarra allegria che solleva Wave dalle paure e la trae in salvo.
"Sei finalmente venuta a trovarmi, vedo" Daniel le guarda i dettagli, dai capelli, agli occhi, al sorriso, al cuore e sembra toccarglielo mentre le parla con la voce zuccherata di una felicità che lo emoziona e che non prova nemmeno a celare.
Perché Daniel non ha mai vissuto di orgoglio, non ha mai avuto paura di mettersi completamente a nudo nel nome dei sentimenti ma Wave, al contrario, è talmente debole che protegge il poco che ha, si traveste di un'intoccabilità che non le appartiene e talvolta risulta arrogante per via del rancore che riserva, che trabocca veloce in fiumi di parole grigie dalla bocca.
"Non vengo mai meno alle mie promesse" Sorride di gusto Wave, abbassando di poco il capo e guardandosi le scarpe, per poi puntare i suoi occhi in quelli di Daniel.
"Puoi seguirmi dentro allora" Daniel le parla voltandosi verso la porta aperta per farle strada. La sua voce è colorata di un'intrigante misteriosità ma mai di malizia perché lui è una forma tutta nuova di Bene presentatasi nella vita di Wave con la consapevolezza di doversi far carico dei suoi mali e di mettere insieme i pezzi frammentati del suo essere.
"Con piacere, Dan" Lui le sorride di rimando, esaltato dal solito nomignolo che Wave si ostina ad attribuirgli.
Camminano l'uno di fianco all'altro mentre Wave si guarda intorno, curiosa ed impaziente com'è di far suo tutto ciò che Daniel non gli ha ancora mostrato di sè.
Perché Daniel, a Wave, piace.
È fatto della stessa luce che invade il lungo corridoio che stanno attraversando a grandi falcate, i raggi del sole in procinto di tramontare filtrano tenui dalle tende chiare dell'ampia finestra della stanza che Wave immagina essere un piacevole salotto e verso la quale si stanno dirigendo.
Wave prende posto su una poltrona, invitata da Daniel che si siede a sua volta.
"Questa è la mia stanza preferita, tante volte ho pensato che avrei dovuto sedermi qui con te, prima o poi" Daniel si protende verso il suo volto per accarezzarle con l'incredibile delicatezza che lo contraddistingue la guancia sinistra.
Al suo tocco, gli zigomi di Wave si tingono di rosso e il suo sorriso sembra confondersi quasi, perdersi, tra mille sfumature vermiglie di impaccio.
Gli occhi di Wave corrono agli oggetti che li circondano nella stanza, ben disposti in ordine su ripiani, tavolini, mensole e nonostante l'ordine non le sia mai appartenuto, figlia di un incessante caos che le corre nel sangue velocissimo e che sempre risiede in lei, trova piacevole la sistematica disposizione d'insieme.
In particolare, le sue iridi cerulee si soffermano sulle fotografie che Daniel conserva, esposte e racchiuse in cornici, manchevoli di decorazioni ma in perfetto abbinamento per tonalità con l'ambiente.
"Posso vederle?" Chiede Wave, accennando col capo alle foto. Daniel annuisce serenamente rassegnato, come se sapesse dal principio che questo momento sarebbe arrivato, prima o poi. Si alza infatti, abbandona per qualche secondo la sua poltrona, afferra alcune delle cornici e le porge a Wave.
"Era proprio ciò che aspettavo di sentirti dire" Le risponde ulteriormente Daniel, prendendo di nuovo posto, appoggiandosi a pieno al morbido schienale della poltrona.
"Devo parlarti di una cosa, in proposito" Aggiunge poi, dopo pochissimi istanti, prima ancora che Wave possa soffermarsi sulle immagini e proferire parola. Wave si rigira tra le mani le cornici ma il suo sguardo è sulla stessa traiettoria di Daniel, si genera quindi un bellissimo scontro di campi visivi che le toglie sempre il fiato, ogni volta che succede.
Daniel inspira in modo silenziosamente ma all'evidenza forzato, si appropria di una quantità eccessiva di aria, come se la necessitasse in modo disperato e potrebbero venirgli meno tutte le forze che ha in corpo se non lo facesse.
Ora il suo volto si incupisce di un'espressione tesa e grigia, i suoi occhi scuri sono acque profonde, mari in tempesta, e Wave, come di consueto, ci annega, immersa dalla testa ai piedi.
Eppure tende la mano, Wave, verso Daniel, come ad incontrare la sua, a stringerla per rassicurarlo e per spingerlo a far precipitare fuori le parole pesanti che gli ballano in bocca.
"Dan, sono io" La voce di Wave calda avvolge il cuore in tensione di Daniel e calma il suo irrequieto battito.
"Non hai nulla di cui preoccuparti" Aggiunge mentre Daniel le sorride accennando una smorfia rasserenata ma Wave sa meglio di quanto Daniel possa immaginare che è ancora schiavo delle parole che non dice.
"Sono un pilota di Formula Uno, Wave" La lingua gli spinge velocemente fuori dalla bocca, dalla gola, le sillabe che si susseguono a formare parole di una frase che Daniel avrebbe dovuto dire da tempo.
Wave contrae le labbra in un cenno sorpreso, il viso le si colora di mille tonalità di piacevole sbigottimento, guarda subito alle foto che ha tra le mani.
È un pilota di Formula Uno.
"Questa fotografia è stata scattata quando ho vinto per la prima volta, nel 2014" Wave si lascia indicare l'immagine e la guarda rapita da una curiosità bella, nuova.
Daniel ride perché la vede, guarda al suo sorriso, ai suoi occhi grandi, azzurri, un cielo immenso le avvolge le iridi.
"Stai sorridendo, è un buon segno. Significa che non te la prenderai con me per non avertelo detto prima, vero?" Daniel le si avvicina al volto, delicato come le onde del mare monegasco che lente si accasciano sulla battigia e che scorgendosi dalla stessa finestra del suo salotto è possibile perdersi a guardare, desideroso di un perdono che ha implicato scuse silenziose da parte sua.
Wave non ne sapeva nulla.
"Non me lo aspettavo, campione. Avresti dovuto parlarmene, chissà quante cose hai nella testa, quante frasi non mi dici..." Dalla voce di Wave traspare una malinconica ironia e a guardarla risulta satirica la sua stessa mimica facciale perché il sorriso accennato le tradisce l'orgoglio.
"Voglio conoscerti, Dan, per davvero" Guarda alle fotografie, stringe alcune cornici tra le mani, altre sono in equilibrio sulle gambe, le restanti giacciono sui massicci braccioli della sua poltrona.
"Non mentirmi, non nascondere, ti prego" Gli dice infine Wave, accarezzandogli la guancia con la stessa premura che contraddistingue lui ma che è, in realtà, anche sua. Daniel sembra sciogliersi al contatto, le dita della mano del peccato gli sfiorano la pelle e muore dalla voglia di abbandonarvisi.
"Non lo farò, Wavey" Sussurra lui, ormai perso al tatto e al coincidere delle loro traiettorie visive. Vicini, il Male e il Bene non si fronteggiano. Soldati dannati e angeli del cielo demordono, depongono armi, si abbandonano, si toccano, si abbracciano. L'Inferno e il Paradiso sono scenari di un unico luogo, apocalisse escatologica. Il peccato e la redenzione, il serpente maledetto e la colomba candida della pace, vivono e convivono. Il Nero e il Bianco si completano, si mischiano. Il respiro affannato del dolore e il soffio della vita si trasmettono linfa, si fondono, l'aria giunge ai polmoni allo stesso modo. Wave e Daniel si baciano.
Ale's space
Hi 'yall ☀️
Mi scuso per il mio immenso ritardo, considerando che sto pubblicando questo capitolo dopo più di un mese da "Christmas Eve" ma il tempo libero è poco e l'ispirazione tanta e spesso si fa fatica a conciliare le due cose.
Scriverlo però è stato bellissimo, aspettavo questo capitolo con emozione e fremo per quelli che verranno.
Wave scopre ciò che finora avevamo dato per scontato sapesse, Daniel è un pilota di Formula Uno.
Il resto è tutto tramonto, fotografie, contatto.
Grazie per aver atteso, per aver letto, per aver votato.❤
Instagram aleeclerc16
Love you all, kisses ✨
- Ale
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top