1 - LAST CALL

"Where do we go?
Will you take my hand?
Meet me for a final dance,
something like a last call"
Last Call, Khalid


17 giugno 2018
3 anni prima

Il passato divora tutto, spesso senza lasciare scarti, ma non importa quanto lontano possa essere il lasso di tempo in cui è avvenuto un certo evento, se è stato portatore di traumi e tante lacrime, si trasformerà quotidianamente in presente.

Fa male rifletterci su, fa male la consapevolezza di non poterci fare niente. Dicono di non pensarci e andare avanti, di distrarsi, fare altro, tutto semplice e veloce, ma se a Wave fossero piaciute e riuscite le cose semplici, sarebbe stata un'altra persona.

Wave è complicata proprio come il suo passato e, di conseguenza, il suo presente, perchè un solo evento, ne è bastato soltanto uno, un unico momento, un ultimo momento che sapeva di ultima chiamata, di ultima volta, a condizionare la sua vita, ogni giorno.

I sensi di colpa le divorano le interiora, la mente, il cuore. Le fanno tremare le gambe, ha l'ansia, la tachicardia. Si attorcigliano alla gola, non le lasciano possibilità di parlare, certe volte più di altre. È taciturna adesso, riservata, incupita.

Lei, la stessa Wave che in compagnia di Lola, la migliore amica che potesse desiderare, non perdeva occasione per mostrarsi loquace ai suoi occhi. È paradossale. Le raccontava tutto, Lola sapeva, sa tutto di lei. Difetti, pregi, paure, passioni.

E fu proprio per questo che a Wave sembrò strano ricevere in regalo da Lola, il giorno del suo compleanno di quell'anno, il diciassette di giugno, una Polaroid nuova di zecca.

A Wave non piacevano le fotografie, o meglio, non le piacevano abbastanza da spingerla a dedicare il suo tempo a scattarle, quindi non era per niente una sua passione.

Ma Lola ci aveva visto lungo e ci aveva visto giusto, in qualche modo sapeva che un giorno Wave avrebbe apprezzato davvero quel regalo.

Ma in quel momento, Wave non aveva ancora capito che la sua vita sarebbe poi ruotata proprio in funzione delle fotografie, che avrebbero avuto per lei un valore diverso.

Adesso, nel presente, Wave se ne rende conto, pensa al sorriso di Lola e la ringrazia a mani giunte, mentre le colpe la assalgono e divorano pezzi del suo essere.

Pensa ancora a quel giorno, il suo evento del passato che ritorna nel suo quotidiano, il suo trauma più grande e il peso da cui non riuscirà mai a liberarsi.

Wave vorrebbe dimenticare, fare come se non fosse successo niente per illudersi di aver reso leggere le colpe che gravano sulla sua coscienza, ma Lola è troppo importante per diventare un frammento insignificante nella sua memoria.

Ripercorre allora tutti gli eventi, scorrono cronologicamente nella sua mente, ogni giorno con la stessa precisione, come se fossero avvenuti la notte appena precedente.

Quel diciassette di giugno, dopo la polaroid, la torta per Wave, il sorriso sghembo di Lola e i suoi capelli biondi, alle orecchie di Wave giunse la proposta che non avrebbe dovuto accettare.

"Ho pensato che stasera potremmo festeggiare al Jimmy'z, ti va?" Le chiese Lola, quasi implorandola con lo sguardo.

"Non accetto alcun tipo di rifiuto" Aggiunse poi, imponendosi categoricamente sul da farsi. Wave non ebbe altra scelta e annuì distratta, persuasa più dal pensiero che avessero già festeggiato abbastanza che da quello di potersi divertire ancora nel locale più famoso di tutta Montecarlo con la sua migliore amica. Non le andava e Lola lo sapeva ma stavolta non ci aveva visto giusto.

Tuttavia, poco dopo, il costante entusiasmo di Lola travolse anche Wave, che si convinse del tutto e indossò il suo abito migliore per l'occasione.

Il tessuto del vestito era colorato di una tonalità particolarmente chiara di azzurro e le fasciava a perfezione il corpo, fino alle ginocchia. Ai piedi, nient'altro che un paio di sneakers mezze consumate, come piacevano a lei. Lola, invece, aveva scelto un modello di abito molto simile a quello di Wave, eccetto per il colore. Lilla, di gran lunga la sua sfumatura di viola preferita. Calzava delle converse nuove, rigorosamente bianche.

Semplice e veloce.

A Lola piaceva la semplicità e Wave è, oggi come allora, così complicata, a tal punto da non riuscirsi a spiegare come Lola potesse averla scelta.

"Sei pronta?" Lola era entusiasta davvero. Aveva posto quella domanda a Wave almeno tre volte nel giro di dieci minuti, ma a lei non era dispiaciuto di certo. Anzi, Lola la vestiva di una strana felicità che non le apparteneva, un'esaltazione mai vista.

"Sì" Wave le rispose, sorridendole in modo del tutto spontaneo. Wave era una contraddizione. Sempre a un passo dall'incupirsi e sprofondare, finchè Lola non veniva a salvarla. Era Lola a renderla sorridente, senza che neanche se ne rendesse conto.

"Che ne diresti se provassi a scattare la tua prima fotografia con la Polaroid?" Le propose Lola insicura, porgendo nuovamente alla sua più cara amica il suo regalo. Quella di Lola era una strana forma di timore, più che altro non aveva idea di come Wave avrebbe reagito all'idea. Le fotografie non le piacevano, punto. Niente le avrebbe fatto cambiare idea, nemmeno Lola. O forse sì.

Wave, contrariamente a quanto ci si potesse aspettare, sorrise e annuì convinta causando nell'immediato una reazione positiva anche in Lola che rilassò nervi e spalle incurvate.

Wave afferò la Polaroid, rigirandosela tra le dita affusolate e, facendo in modo che l'obiettivo fosse rivolto verso se stessa e verso Lola, pigiò il pulsante rosso sulla sommità della macchina fotografica che prese subito a stampare l'immagine scattata.

Quando Wave ebbe la foto tra le mani, Lola non ci pensò due volte e se ne impadronì, agitandola con poca delicatezza, impaziente di vedere i loro volti rivelarsi a poco a poco.

Sorrise quando poté finalmente intravedere i loro lineamenti. Quelli marcati di Wave, sicuramente alleggeriti dai suoi sorrisi, suggerivano comunque una sorta di malinconia celata. Quelli morbidi di Lola, invece, erano carezze e abbracci, non avevano niente che avesse a che fare con il dolore.

Eppure, per quanto diverse, erano state plasmate dallo stesso Universo, della stessa sostanza, ed entrambe trovavano fossero simili, l'una all'altra.

I loro occhi erano pozze bluastre in cui perdersi, immergersi e magari riemergere, e se gli occhi sono lo specchio dell'anima, allora le loro più intime essenze erano uguali proprio come le sfumature delle loro iridi.

"La terrò per me, se non ti dispiace" Lola accarezzò con i pollici la polaroid mentre parlava e si lasciò scappare una risata flebile ma che comunicava serenità, nel suo tono andava però colta l'ironia, non credeva di certo che a Wave dispiacesse privarsi di una semplice fotografia.

"Per questa volta" precisò Wave. Quella foto le piaceva, ma trovò fosse giusto che la tenesse Lola, dopotutto era stata lei a regalarle la Polaroid e la prima fotografia doveva appartenere a lei. La conservò accuratamente nella piccola borsa che avrebbe portato con sè durante la loro serata al Jimmy'z.

Wave rivolse un rapido sguardo al cellulare per controllare l'orario, mancavano pochi minuti alle undici. Lola si sporse in silenzio verso l'amica per leggere allo stesso modo le cifre delle ore e dei minuti sullo schermo.

"Sarà meglio andare, guido io" Lola non voleva sentire ragioni. Era il compleanno di Wave e l'avrebbe accompagnata lei al locale. Uscirono di casa, lasciandosi la porta alle spalle. Un soffio di vento freddo le colpì in pieno viso. Wave rabbrividì. Nonostante l'estate fosse alle porte, quella sera l'aria penetrava pungente fino alle ossa.

"È il mio turno, a dire il vero" Wave guardò Lola negli occhi accennando un sorriso. Le si avvicinò e si impadronì delle chiavi dell'auto. Le portiere si aprirono sotto il comando di Wave, che prontamente intanto si era già posizionata dal lato del guidatore. Lola le rivolse uno sguardo che voleva essere truce ma che sfociò poi in una risata collettiva.

Si sedettero in macchina. Le mani di Wave erano salde sul volante, gli occhi di Lola proiettati al di fuori del finestrino.

Pur essendosi trasferite da adolescenti nel cuore del Principato di Monaco, a Montecarlo, dove quella sera avrebbero trovato la loro meta, Wave e Lola condividevano un appartamento in Francia, non molto lontano dal confine con il piccolo stato del lusso e dello sfarzo.

Avevano deciso di comprarne uno insieme per risparmiare una cospicua quantità di soldi, in modo da permettersi i costi salati che comportava la frequentazione dell'università.

Wave studiava alla facoltà di lingue. Era nata in Inghilterra, in una cittadina non molto distante da Londra, ma dopo aver trascorso lì parte della sua infanzia, fu costretta a trasferirsi con i suoi genitori a Montecarlo, dove era nata la mamma, a causa della professione del papà. Parlava quindi fluentemente inglese e francese, fu di sicuro più semplice per lei proseguire gli studi.

Lola studiava invece per diventare una giornalista. Le sue mani, quando scriveva, avevano movenze delicate come le parole che, fatte d'inchiostro, restavano incise sulla carta e si incastravano in periodi più o meno lunghi, in numerose pagine di flussi di pensieri.

Tra le righe dei fogli, dalla penna di Lola, ricadeva tutto ciò che non riusciva a dire a voce alta.

A Wave piaceva leggere le composizioni di Lola, amava da impazzire la consapevolezza di essere l'unica a cui fosse concesso.

Fin quando Lola non avrebbe fatto del suo talento un lavoro, avrebbe scritto soltanto di se stessa, delle sue emozioni. Niente che a Wave avrebbe mai nascosto, per nessuna ragione al mondo.

I suoi scritti invadevano la sua scrivania, in quell'appartamento a confine con la Francia.

Quella sera, l'immaginaria frontiera stava per essere valicata. Gli occhi profondamente azzurri di Wave erano puntati sulla strada, attenti e scrutatori. L'espressione del suo volto, nel complesso, risultava però serena. Lola, al suo fianco, aveva smesso di guardarsi intorno e aveva acceso la radio, impaziente di ascoltare qualche canzone che potesse piacerle. Prese a canticchiarne una del tutto casuale, Wave si aggregò a lei senza pensarci due volte e giunsero quindi a improvvisare un duetto.

"Potremmo guadagnarci su se decidessimo di esibirci in qualche locale, magari il sabato sera" scherzò Lola ma era percepibile una punta di serietà nella sua proposta. Wave la guardò e sorrise, poi rise scettica, ma stette al gioco.

"Stiamo andando al Jimmy'z, facciamoci assumere" Disse Wave facendo spallucce, Lola rise.

Ultima risata, ultima volta.

La leggerezza del momento, della serata, dell'intera giornata, finì per frantumarsi nel giro di pochi secondi, esattamente dopo la risata di Lola, l'ultima risata, e le parole che uscirono dalla bocca di Wave negli istanti successivi a quell'ultima volta che lasciava l'amaro in bocca.

"La macchina dietro di noi è decisamente troppo veloce, Lola" Wave aveva guardato negli specchietti e ci aveva visto il pericolo. La risata di Lola svanì come soffocata in gola, le labbra si serrarono e si chiuse in uno strano silenzio.

Lola aveva paura, Wave aveva paura.

Ma era Wave a guidare, era sotto pressione, e avrebbe giurato di poter perdere il controllo da un momento all'altro ma fu il guidatore della macchina decisamente troppo veloce dietro di loro a perderlo per primo.

E fu la fine.

Di Wave, di Lola.

La vettura urtò violenta quella delle ragazze che sollevandosi in aria per qualche frazione di secondo tanto insignificante quanto fatale ricadde poi fuori strada, oltre il guardrail, che separava l'asfalto dal terreno incolto.

A ogni azione, corrisponde una reazione.

A quello scontro era conseguito un disastro grande, più di quanto si potesse immaginare.

La macchina fuori controllo bloccava il traffico, essendo letteralmente in mezzo alla carreggiata. Quella di Wave e Lola era quasi in disparte, in parte integra, per il resto distrutta.

Il buio del dolore e di tutto ciò che è rotto.

All'interno dell'abitacolo regnava ancora quel silenzio straziante in cui si era rifugiata Lola poco prima dell'impatto. Anche Wave, che aveva parlato per ultima, adesso non fiatava. Avevano entrambe gli occhi chiusi, le labbra schiuse.

Il sapore metallico del sangue giunse alle papille gustative di Wave che aprì le palpebre pesanti molto lentamente. Il flusso di liquido rosso, giungeva da una ferita della parte sottostante all'occhio destro, in prossimità dello zigomo, alla bocca, e le rigava la guancia. Si passò d'istinto la lingua sulle labbra per inumidirle e si portò una mano sulla guancia, come per ripulire il sangue che colava inesorabile.

Provò a muoversi un po'. Le braccia le facevano male, le gambe erano come immobilizzate sotto il volante.

Wave vedeva il sangue e il silenzio che vigeva, quel silenzio, le procurava scariche di brividi.

Era ferita, pensò, realizzò. La macchina veloce le aveva colpite. Le veniva da piangere, da urlare forse, ma non lo fece.

Avrebbe dovuto prima girarsi verso Lola ma non ne aveva il coraggio.

Il pensiero che il sangue avrebbe potuto rigare la pelle candida di Lola, macchiarle di quel rosso scuro i capelli biondissimi, era insopportabile. Ma soprattutto, l'ipotesi che la sua migliore amica di sempre stesse provando un dolore più grande del suo o che addirittura potesse non aver ancora aperto le palpebre come lei, le faceva male più di qualsiasi altro tormento, più delle ferite aperte.

Ancor prima di voltarsi, cominciò a piangere. Le lacrime salate le bagnavano le guance e bruciavano come fiamme sulla pelle, a contatto con le ferite del volto.

Poi lo fece, Wave si girò verso Lola. Le sue paure erano realtà schiacciante davanti ai suoi occhi, concretizzate.

Lola, sanguinante e con gli occhi chiusi.

Fu la fine, di nuovo.

Wave stette a guardarla senza trovare la forza necessaria anche solo per chiamare il suo nome e pianse altre lacrime amare, ormai inerme al bruciore delle ferite, perchè lottava contro un dolore ben più grande, che le faceva più male.

Lola aveva la testa appoggiata al finestrino, come se si fosse addormentata guardando il paesaggio fuori.

Ironia, pensò Wave.

Poco tempo prima, Lola aveva guardato fuori dall'abitacolo, poi aveva acceso la radio e aveva riso. La malinconia che le aveva avvolto i pensieri quando aveva guardato fuori sembrava adesso essere stata un tremendo presagio.

Lola aveva probabilmente battuto forte la testa, poi si era accasciata al finestrino e aveva chiuso le palpebre.

Wave voleva morire.

Non le piaceva vedere Lola così e sperava che qualcuno venisse a soccorrerla al più presto possibile. Se l'avesse chiamata per nome, forse Lola si sarebbe ridestata, avrebbe alzato la testa e le avrebbe sorriso per rassicurarla. Ma Wave era stremata, dolorante. Le poche energie che le erano rimaste sembravano essere state assorbite dalle lacrime che, scorrendo lungo le guance, la abbandonavano e dalla consapevolezza che Lola non stesse bene.

Non chiamò mai Lola. Non parlò, non urlò. Non fu lei a rompere quel silenzio, ma le sirene di alcune ambulanze giunte in soccorso. Si voltò verso il volante e si lasciò ricadere sul sedile. Quando gli infermieri aprirono di colpo le portiere, la sua e quella di Lola, ebbe un sussulto.

"Come si sente?" Chiese allarmato uno dei soccorritori, applicando una leggera pressione sul polso per percepire l'andamento del battito cardiaco. Il cuore di Wave galoppava irrequieto nel petto, paradossalmente impedendole quasi di respirare.

Aveva paura e non per le sue condizioni, ma per quelle di Lola.

Wave non rispose alla domanda dell'infermiere, non ce ne fu nemmeno bisogno, la sua frequenza cardiaca comunicava già una strana tensione.

"Non si preoccupi, vi tireremo fuori da qui e ci prenderemo cura di voi" Fece lui, rivolgendosi a Wave ma alludendo anche a Lola, perchè era quello l'unico pensiero fisso di Wave, era evidente.

Il soccorritore che le aveva parlato e i suoi colleghi, aiutarono Wave a uscire dall'abitacolo per metà distrutto e, caricandola su una barella, fecero per sistemarla in ambulanza, in modo da trasportarla in ospedale ma lei li interruppe.

"Lola" Urlò Wave soltanto. Aveva finalmente trovato la forza di chiamarla o probabilmente era stato puro istinto. Non sarebbe andata via da lì senza Lola.

Eppure fu costretta a farlo.

Dopo il suo richiamo disperato, non le furono date molte spiegazioni sulle condizioni della sua più cara amica.

Si limitarono a dirle che avrebbero dovuto fare degli accertamenti ma l'apparente coma in cui era sprofondata Lola era un tunnel senza fondo e Wave immaginò che non ci avrebbe mai più rivisto la luce. Il buio di quella notte sarebbe diventato oscurità cucita addosso a Wave, se lo sentiva.

Così fu.

Lola era morta, se n'era andata via per sempre e con lei parte di Wave, stremata, divorata da sensi di colpa enormi che dimorano nella sua anima e le fanno quotidianamente da tormento.

"Se le avessi permesso di guidare al posto mio, sarebbe viva" pensa Wave.

Ale's space
Hi 'yall ✨

Ho impiegato un mese intero per scrivere questo capitolo nel modo più vicino possibile a come volevo fosse.

Questo primo capitolo è fondamentale per ogni capitolo che verrà perché a questo evento saranno in qualche modo collegati tutti gli altri.

Al momento tutto sembra una contraddizione, soprattutto i comportamenti di Wave e le sue emozioni, ma vi assicuro che le vicende pian piano si chiariranno.

Lola, un personaggio a cui sono molto legata, esce di scena.

La sua mancanza sarà una costante, in particolare per Wave che è distrutta dai sensi di colpa.

È solo l'inizio ma spero possa piacervi.

Vi lascio il mio profilo Instagram per Wattpad, aleeclerc16

Love you all
- Ale ☀️

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