Sunny

XI. The dark days are gone, and the bright days are here,
My Sunny one shines so sincere

Il Sole era coperto da una pesante coltre di nuvole quel mattino, ma ogni tanto i suoi raggi riuscivano ancora a baciare la terra. Lo spettacolo che avvolgeva il paesaggio tra le mura era splendido, la rugiada brillava e le fronde degli alberi si muovevano leggermente al passare del vento, ma al quartier generale quasi nessuno stava guardando fuori dalle finestre. C'erano solo una decina di sentinelle sveglie, le restati del plotone sonnecchiavano malamente sui bastioni di pietra o sulle guardiole lungo le mura perimetrali. Una di esse russò tanto sonoramente da beccarsi uno scappellotto dal compagno ancora sveglio, cadendo malamente dalla sedia e preparandosi a srotolare una serie infinita di colorite imprecazioni.

Qualche piano di sotto, in una stanza ancora abbastanza buia, Michelle aprì lentamente le palpebre. Era assonnata e dolorante, e si girò sull'altro fianco per tornare a dormire, crogiolandosi nel calore donatole dalle coperte e del corpo a cui era accanto. Si accoccolò sull'ampio petto di Erwin, non riuscendo a resistere all'idea di rimanere sveglia a guardarlo. Il profilo del suo naso attirava il suo sguardo come una calamita, e quel mattino la sua forza di volontà non era sicuramente abbastanza forte da impedirle di stare lì ad osservarlo. Si sistemò meglio, rabbrividendo al contatto tra le due pelli nude, annusando a pieni polmoni quell'odore vanigliato che quella notte le era stato talmente vicino da entrarle dentro. Erwin era bello come sempre. Il profilo brusco del naso, gli occhi pesantemente serrati e le labbra piene leggermente dischiuse. I capelli erano disordinati e brillanti sotto la pallida luce del giorno nascente, e il grosso petto caldo si alzava e si abbassava ritmicamente ad ogni respiro. Michelle avrebbe voluto ricoprirlo di baci, ma sapeva che si sarebbe ridestato al primo, e voleva lasciarlo riposare il più possibile. Quella notte era già stato sveglio più del necessario e si meritava decisamente un po' di agognato riposo. Al ricordo di ciò che era successo arrossì leggermente, e un sorriso lieve le increspò le labbra.

Avevano finalmente fatto l'amore, e non poteva ancora crederci. In una notte aveva imparato più di quanto i libri le avessero insegnato in una vita, e segretamente non aspettava altro che rifarlo. Erwin era stato dolce e delicato, e Michelle al solo ricordo dei suoi ansiti e del rumore delle sue spinte dovette mordersi il labbro. Era successo tutto un po' a caso a dire il vero. Quando la sera prima era andata a parlare con il Comandante Smith non si aspettava che sarebbe finita nel suo letto quella stessa notte, ma la situazione era precipitata. Erwin le aveva fatto letteralmente di tutto, l'aveva cosparsa di baci e di morsi, l'aveva portata in alto giocando con le sue lunghe dita su di lei e poi aveva completato l'opera. Era stato molto doloroso all'inizio, Erwin era così grosso e lei così stretta, ma dopo un po' di pazienza ce l'avevano fatta. Lui era stato rispettosamente fermo per darle modo di abituarsi, poi aveva iniziato a perdere l'autocontrollo, ritrovandosi presto con il respiro spezzato e continui grugniti di piacere. Si era tolto in tempo per evitare i pericoli del caso, e poi aveva portato anche lei al piacere, collassando al suo fianco non appena finito.
Nonostante il sonno minacciasse di sopraffarli entrambi, lui aveva continuato a dedicarsi completamente a lei, riversando tutto il suo amore nei gesti più piccoli. L'aveva stretta tra le braccia, appiccicando i loro corpi ancora scossi, e l'aveva accarezzata su ogni punto che le sue dita riuscissero a raggiungere. Era stato tenero e dolce come non si era mai dimostrato, e avevano parlato a lungo di argomenti totalmente casuali, finendo poi per crollare nel sonno.

Michelle si alzò per andare in bagno, ma quando le sue gambe la tirarono su sentì una piccola fitta e si fermò, immobile. Non aveva contato che avrebbe potuto provar dolore, e si accorse di come le sue ginocchia fossero comunque troppo deboli per reggerla a dovere. Maledisse sarcasticamente Erwin, dirigendosi lentamente verso la porta del bagno. Provò dolore anche lì, e si ripromise che avrebbe rinfacciato tutto ciò a quel maledettissimo biondo non appena si fosse risvegliato. Maledizione, bruciava da impazzire. Tornò a letto subito per paura che le gambe non la reggessero più, e scorse Erwin con un angolo del labbro alzato verso l'alto. Consapevole del fatto che ormai fosse sveglio si riaccoccolò sul suo petto, non resistendo più all'impulso di tracciare il suo profilo con la punta delle dita. Come suo solito si concentrò sulla gobba del naso, spostandosi poi verso le labbra, che accarezzò con un pollice. Lui sorrise e le lasciò un bacio sul polpastrello, aprendo finalmente i grossi occhi azzurri.
Si guardarono un po', poi lei si sporse e gli morsicò amorevolmente la punta del naso, facendolo ridere.
"Come stai, principessa?" mormorò sarcasticamente, prendendola per la vita e trascinandola a sedere sopra di lui.
"Mi fa male" ammise lei una volta sistemata a cavalcioni sul suo corpo, lo sguardo basso e carico di vergogna. L'ego smisurato del biondo fece un altro piccolo guizzo ascoltando quelle parole, e afferrandole un gluteo con una mano prese ad accarezzarle la schiena con l'altra. Non che fosse felice al suo dolore, ovvio, semplicemente lo inorgogliva un po' sapere quale fosse la causa precisa.
"Mi spiace" rispose mentre lei iniziava a giocare con il pendente verde. "Almeno oggi agli allenamenti ci sarà da divertirsi"
Michelle prese un cuscino e glielo tirò violentemente sul volto tra le risate, alzando il busto e incrociando le braccia al petto.
"Sei carina quando i arrabbi"
"Smettila! Non funziona con me"
Erwin alzò un sopracciglio e le prese i fianchi tra le mani, accarezzandone con i polpastrelli la pelle morbida e calda. La tirò un po' e lei obbedì, risdraiandosi sul suo petto e appoggiando la testa sulla sua spalla. Notò i marchi rossi e violacei che gli aveva lasciato sul collo, e si chiede come avrebbero fatto a coprirli. Non si era guardata attentamente ma non ci voleva un genio per capire che anche lei ne fosse piena, Erwin era stato molto tempo a lavorare su di lei con le labbra, mordendo e succhiando ogni parte che gli fosse disponibile, quindi sicuramente era nella sua stessa situazione. Lo schiocco sonoro dei loro baci dominava ancora i suoi pensieri, insieme agli ansiti e ai mugolii che il Comandante si era lasciato sfuggire raggiungendo il suo climax.

Gli lasciò un bacio sul collo e si abbandonò al suo corpo. Percepiva ogni cosa, il tocco delicato delle sue dita sulla schiena, l'altra mano possessivamente a stringerle il sedere, e il suo respiro caldo addosso. Lo amava da impazzire, e stare così, a coccolarsi alle prime luci dell'alba non faceva altro che farla sentire in pace. Riprese a baciargli il collo, ravvivando ognuno di quei marchi colorati. Voleva che tutti sapessero che era il suo Comandante, voleva che tutti coloro che gli si avvicinassero vedessero chiaramente che c'era già qualcuno ad allietare le sue notti.
"Erwin" mormorò, colpita da un pensiero improvviso. Lui la guardò, l'aria neutrale da soldato già tornata a gravargli sulle spalle. Scrutò un po' l'azzurro delle sue iridi, riflettendo. Voleva chiedere quanti prima di lei fossero stati graziati dal suo tocco, ma gli sembrava troppo indiscreto, e non voleva turbarlo, né tantomeno obbligarlo a raccontargli le sue precedenti relazioni, e decise di ammutolire.
Lo vide alzare un sopracciglio e gli diede un bacio per sviare l'argomento.

"Dai" bisbigliò lui, visibilmente contrariato "Devo alzarmi"
"No" lo fermò lei immediatamente. Stava così bene sotto le coperte insieme a lui, i corpi quasi nudi liberi di toccarsi e nessun occhio indiscreto a minacciare di scoprirli. In quelle quattro mura entrambi potevano essere sé stessi e fare quello che volevano, mentre una volta usciti avrebbero dovuto rimettersi le loro vesti di soldati e fingere di conoscersi a malapena.
Erwin cambiava parecchio quando indossava la divisa. Diventava più freddo, più distante, più calcolatore, una perfetta macchina da guerra sulle cui spalle gravavano le vite di centinaia di persone, per poi concedersi di tornare lo stesso ogni qualvolta si togliesse le ali della libertà dalla schiena e lasciasse scivolare in terra il complicato intreccio di cinghie.
"Per quanto vorrei stare tutto il giorno qui a-a..." si interruppe imponendosi di evitare quel termine volgare che continuava a saettargli nella mente. "... beh, hai capito, ho un sacco di lavoro da sbrigare. Hange ha catturato un gigante e non accadeva da anni, quindi non smetterà di assillarci per un bel po' "
Il Comandante riuscì a spostarla delicatamente e si mise in piedi, stiracchiando il corpo muscoloso coperto solo dai boxer, la cui capienza sembrava già abbastanza compromessa.
"Uffa" la sentì lamentarsi. "Adesso dovrò pure sgattaiolare via e cercare di dare una spiegazione alle mie compagne di stanza" continuò a lagnarsi.
"Beh in genere quando scopi con il Comandante si fanno qualche problema in più prima di fare domande indiscrete"
"Erwin!" lo riprese lei con una risata seminascosta, alzandosi per raggruppare i vestiti ancora sparsi per terra.
"Puoi sempre dire che sei rimasta qui a lavorare fino a tardi" rispose lui mettendo una certa enfasi nelle parole finali.
"Beh temo ci sia il rischio che la situazione si ripeta, quindi la scusa non reggerebbe a lungo"
Erwin si fece improvvisamente più serio in volto. Le si avvicinò, prendendole una mano e portandosi le nocche alle labbra per baciarle, come aveva già fatto più volte in passato.
"Michelle... io non so... esattamente che cosa vuoi da me?" mormorò, lo sguardo lontano dai suoi occhi e una sgradevole timidezza tornata nuovamente a galla nel suo animo.
"In che senso cosa voglio da te?" chiese lei dopo qualche attimo di riflessione.
"Voglio dire... ormai è più di un anno che va avanti così e adesso siamo arrivati fino a questo. Mi ero ripromesso di non legarmi a nessuno perchè non so quando morirò, ma poi sei arrivata tu, con il tuo cinismo e i tuoi lati nascosti, e mi incuriosivi talmente tanto da spingermi a passare del tempo con te. Insomma, una recluta talmente abile da finire subito nella squadra di Mike? Dovevi essere una bomba, e in effetti lo sei davvero, fuori dalle mura. Con me invece sembravi così delicata, così tormentata, che non ho potuto fare altro che innamorarmi. Mi ricordo che guardavo dalla finestra al solo gusto di vederti al cimitero, e anche se eri distrutta dalla morte dei tuoi amici non potevo fare altro che pensare a quanto fossi bella. Sembravi un angelo, un angelo tormentato e sofferente, e provavo l'istinto di venire lì e provare a salvarti. Mi piacevi e ho imparato ad accettarlo, sperando che in qualche modo finisse tutto lì e che fossi in grado di tener fede alla mia promessa, ma no. Hai continuato a dedicarmi il tuo tempo, mi hai mostrato la tua parte più delicata e alla fine non ho resistito alle tue labbra. É andata avanti così per un po', e adesso siamo finiti a letto insieme e io so che non ha senso, probabilmente nessuno dei due lo voleva veramente ma è andata così. Io-non-io... ah, maledizione, non lo so, sto solo cercando di dirti che-che se tu lo vorrai, io sarò disposto a-a costruire qualcosa insieme" terminò, finalmente libero dei pensieri che lo tormentavano da tempo. Sapeva di avere le guance rosse, ma non gli importava. Si era aperto con lei e andava bene così, per lo meno avrebbe avuto qualche risposta.
Michelle dal canto suo sembrava sconvolta. Lo guardava con gli occhi leggermente spalancati, la massa di riccioli disordinata ed incolta, la bocca semiaperta. Chiuse le labbra e le riaprì, come a voler parlare, ma dalla sua gola non uscì nessun suono. Erwin temette di aver oltrepassato il limite e si preparò a finirla lì. Credeva che i suoi sentimenti fossero veri, ma non si fidava ancora, non pienamente, e la sua attitudine ad analizzare ogni situazione lo avevano portato a calcolare una minima probabilità per la quale lei non fosse veramente innamorata.

Michelle fece un passo, accorciando le distanze con il suo Comandante, e continuò fino a quando il suo petto le fu ad un palmo dal naso. Si alzò in punta di piedi, le pupille tanto dilatate da lasciare a malapena lo spazio all'iride di farsi vedere e semplicemente lo abbracciòcon tutta la forza che le braccia allenate le fornissero, baciandogli ripetutamente il collo e le spalle tornite. Maledizione, che cosa diamine aveva fatto per meritarsi tutto ciò?
Si staccò, prendendogli il viso tra le mani e guardandolo dritto negli occhi.
"Erwin sei uno sciocco" bisbigliò seria, e lui si sentì sprofondare nello sconforto. Gli stava dicendo che aveva frainteso tutto e che lei non provava nulla, e gli venne voglia di vomitare.
"Erwin, sei uno sciocco" ripetè, un meraviglioso sorriso a decorarle le labbra piene.
Scosse la testa, i riccioli biondi che seguivano il movimento ballonzolando come molle.
"Erwin sei uno sciocco, prendi due cavalli, andiamo in città e sposami adesso" continuò tra le risate, ormai quasi completamente incontrollate. Non sapeva perchè stesse ridendo, semplicemente era felice, felice da morire, e non riusciva a fare altro che ridere e combattere contro l'impulso di baciarlo.
Erwin dal canto suo non si era mai sentito tanto sollevato, l'adrenalina aveva preso a corrergli lungo il corpo, solleticandolo, e la sua gioia stava iniziando a contagiarlo. La prese per la vita con le braccia e lei con un saltello si aggrappò ai suoi fianchi con le gambe, mentre entrambi ridevano come bambini.

Erwin girò su sé stesso, facendo automaticamente fare una piroetta alla ragazza tra le sue braccia, e continuarono a ridere. Dannazione erano entrambi così stupidi. Lui si era imposto di non legarsi sentimentalmente e ormai era perso di lei, che dal canto suo era stata obbligata a non stringere alcun tipo di legame con nessuno ed era finita a letto con il suo comandante; la situazione per entrambi non poteva andare peggio.
Il biondo la appoggiò al materasso, senza che i due corpi si staccassero minimamente. Rimasero a guardarsi in uno sguardo che vale più di milioni di parole, e Michelle lo afferrò per il pendente come suo solito, tirando per azzerare le distanze tra le loro labbra.
"Te l'ho detto 4 mesi fa, in una situazione simile, a casa dei tuoi genitori" sussurrò a pochi millimetri da lui.
"... amami perdutamente"

Si baciarono dolcemente, ma Erwin si staccò quasi subito. Era tardi per entrambi e aveva urgentemente bisogno di un bagno freddo per riprendersi dai trascorsi notturni e riordinare le parole d'amore che si erano appena scambiati.
Mentre lei si vestiva le diede uno schiaffo sul sedere, rinchiudendosi nel piccolo bagno e salutandola con un eloquente sguardo. La ragazza si sbrigò a cambiarsi e ad andarsene, sussultando ogni qualvolta un rumore improvviso raggiungesse le sue orecchie allertate. Era nel corridoio, a pochi metri dalla camera, quando una voce fin troppo conosciuta tuonò il suo nome.
Michelle imprecò e si girò, la figura imponente di Mike con i capelli ancora bagnati dalla doccia appena fatta. Stava evidentemente tornando nella sua camera dai bagni maschili e le si avvicinò per salutarla. La ragazza si coprì immediatamente il collo con i capelli, ostentando un sorriso un po' finto.
"Heilà, Mike"
"Pronta per l'allenamento?" chiese lui con la voce ancora un po' roca.
"Certamente" rispose lei, mentendo spudoratamente al suo caposquadra, che dal canto suo iniziò ad annusarla con foga, mettendola a disagio. Fiutò i capelli, il collo, la giacca, tutto, ed arrivò ad un'unica conclusione.
"Hai fatto sesso con Erwin"
Michelle si mise la mani sul volto, avvampando e pregando il mondo che non ci fosse nessuno pronto ad ascoltarli.
"Sì, decisamente" continuò lui dando qualche altra sniffata "Sai di sesso, sai di Erwin, basta fare 2 + 2"
"Mike!" imprecò lei, redarguendolo per la sua indiscrezione.
"Beh, non ti devi mica vergognare con me, dai com'è andata?" disse lui semplicemente, rafforzando le sue parole con una nota d'indifferenza.
"Mike!!" lo riprese lei con veemenza.
"Uf, come siete voi donne" disse roteando gli occhi al cielo "Tanto pensi che non me lo faccia dire da lui, andiamo, sei fuori strada"
Michelle sbuffò e si prese il ponte del naso tra le dita, cercando di mantenere la calma. Non era nelle sue corde non portare rispetto ad un superiore, ma in quel momento non erano cadetto e caposquadra, erano semplicemente Mike e Michelle. Lo guardò peggio che potè e lui alzò le mani in segno di resa.
"Chiedo scusa, hai ragione, io-hem-tolgo il disturbo" disse congedandosi e cominciando ad indietreggiare, sparendo dopo qualche istante dietro l'angolo del corridoio.

La ragazza sospirò, metà divertita e metà amareggiata, infilandosi in camera e cercando di apparire quanto più disinvolta le riuscisse. Si andò a fare una doccia veloce, poi corse in mensa per la colazione, cercando il luccichio delle ciocche bionde di Erwin in mezzo alla sala. In un perfetto tempismo si scambiarono un sguardo lontano ma eloquente, senza che nessuno dei presenti riuscisse a farci caso. Michelle trangugiò i cracker dolci proteici, fiondandosi immediatamente nell'area allenamenti, dove sapeva che Mike, Nanaba, Gelgar e Lynne la stessero aspettando.
Il Caposquadra le rivolse uno sguardo divertito, mantenendo comunque una certa discrezione durante l'allenamento, che durò quasi tutto il giorno. Mike li sottopose ad una serie infinita di esercizi sfiancanti fino a quando non furono tutti distrutti, praticamente incapaci di alzarsi da terra, e come se non bastasse li fece prima combattere tra loro, poi li portò fuori e iniziò la simulazione della spedizione. Le grosse sagome dei giganti erano state sistemate come al solito nel piccolo boschetto retrostante alla base militare, e la squadra si cimentò nell'opera. Inizialmente Mike stette insieme loro ad esercitarsi, poi a turno gli fece combattere tutti contro uno. Come al solito, a fine sessione diede i punteggi, e Michelle si classificò prima un'altra volta. Era incredibile come la sua forza fisica riuscisse a sposarsi perfettamente con agilità e velocità, mantenendo anche una buona dose di resistenza fisica. In tutti gli anni di addestramento e poi durante le spedizioni nessuno sembrava averla mai vista realmente ferita, e ciò aveva mosso gli altri a portarle un silenzioso e meritato rispetto. Molti pensavano che da lì a qualche tempo sarebbe stata tranquillamente equiparabile al caposquadra stesso, o addirittura al Capitano Levi, secondo i più positivi.

Ad ogni modo la stanchezza si faceva sentire anche su di lei, che adesso era a terra, in ginocchio, ad ansimare pesantemente con le lame ancora nelle mani. Era completamente ricoperta di sudore adrenalinico e i polmoni le bruciavano, nella più palese dimostrazione del fatto che avesse nuovamente esagerato. Sentiva che si sarebbe alzata sarebbe svenuta, ma probabilmente se fosse rimasta così avrebbe rigettato il misero pranzo, quindi si rimise in piedi a fatica. La sessione terminò e ognuno fu libero per un'ora, dopo la quale Mike li avrebbe voluti nel suo ufficio per assegnare del lavoro ad ognuno in vista della prossima spedizione, degli approvigionamenti e delle nuove scoperte di Hange.
Michelle si chiese come mai il Caposquadra fosse così in vena di torture, e lasciò l'aria leggermente contrariata. Ogni muscolo le doleva e ogni movimento era una fatica, per questo nulla fu più ben accetto del getto freddo sulla pelle. Sarebbe voluta star lì per ore, a pensare ad Erwin e a rivivere la notte passata insieme, ma non aveva tempo. Riuscì a sistemarsi giusto in tempo per l'appuntamento con la squadra, arrivando con i capelli ancora bagnati e lo sguardo stralunato.

Mike li accolse tutti nel suo ufficio, l'espressione più dolce rispetto a prima e una velata stanchezza sul volto barbuto. Assegnò a tutti una genuina dose di lavoro, distribuendo abbastanza bene la montagna di carte che avrebbero dovuto riempire e ricopiare entro sera, e ognuno si ritirò a lavorare in silenzio. Michelle ne approfittò per passare dalle cucine e farsi un thè, che portò in biblioteca, dove avrebbe risolto la sua dose giornaliera di noiosissime scartoffie burocratiche. Si mise di buona lena, la sensazione rilassante che la pervadeva dopo ogni allenamento e il vapore caldo del tè che l'aiutava a distendersi. Dover avere a che fare con ricevute e richieste di pagamenti la aiutava a distrarsi da Erwin e da tutti i suoi pensieri, anche se durante le sue frequenti pause il suo Comandante tornava imperterrito a dominarle la mente. L'obbligo di calcolare quante derrate di cereali fossero necessarie e far quadrare tutti i conti la alienarono talmente tanto che si immerse totalmente nel lavoro, terminando tutto quando ormai la luce iniziava ad affievolirsi. Guardò fuori dalla finestra accanto al tavolo, accorgendosi solo in quel momento di come piovesse forte. Le gocce creavano lunghi sentieri grigi sul vetro, e fuori una squadra di reclute stava ancora correndo sotto la pioggia incessante, bersagliata dagli ordini di Robert, un caposquadra un po' burbero e decisamente vecchio stile. Senza nemmeno un buon motivo il suo umore peggiorò. Era a pezzi, diluviava e si udivano dei tuoni in lontananza, cosa che faceva presagire l'arrivo di un temporale, che odiava con tutta sé stessa. Riflettè ancora un attimo su ciò che avesse detto ad Erwin quel mattino, e si sentì ancora peggio. Non poteva meritarsi lui, ma nemmeno tutto quel conflitto interiore. Le sue parole erano sincere, ma di nuovo quella sgradevolissima sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato. In genere si preoccupava solo quando il problema le si presentava davanti, mentre con lui non ne era in grado. Un tuono squassò la terra e lei sussultò visibilmente, le gambe che tremarono per qualche istante. Il suo umore, fino a poco prima abbastanza alto, ora era finito sottoterra.

Prese l'ultimo sorso dalla sua tazza di tè, gustando il liquido ormai divenuto freddo, e uscì dalla biblioteca riportando il lavoro finito a Mike, ancora nel suo ufficio insieme a Nanaba. Stavolta fu lei a lanciargli un sorrisetto carico di malizia, che lui restituì alla stessa maniera, e poi fu ufficialmente libera. Non sapeva se andare da Erwin o meno, ma il suo ufficio era vicino e la sua forza di volontà troppo bassa per desistere, quindi finì per bussare alla sua porta.
"Avanti" udì dall'interno, ed entrò, chiudendosi velocemente la maniglia alle spalle.
Erwin la accolse squadrandola da capo a piedi, uno scintillio divertito e furbo tra la limpidezza delle iridi blu. "Qualcosa non va?" disse lasciandosi cadere dalle dita la penna con cui stava scrivendo.
"Giornataccia?" continuò, stendendosi sulla poltrona e facendole di nuovo segno di andare a sederglisi in braccio. Anche lui sembrava un po' nervoso, i muscoli del viso erano contratti e lo sguardo leggermente stizzito. Lei obbidì, i tuoni sempre più vicini e più spaventosi. Gli si sedette cavalcioni, rincuorata da quel profumo vanigliato che per lei ormai significava pace, tranquillità.
"Sono a pezzi" mormorò lei, scrutando quel viso duro che sembrava non appartenere neanche all'Erwin dolce e affettuoso che aveva visto la mattina stessa.
"Beh mi spiace, so cosa è in grado di fare Mike quando vuole mettere alla prova i suoi sottoposti" rispose lui, quasi con sufficienza.
"Che hai Erwin? Sei strano"
Lui sospirò e si prese il ponte del naso tra le dita, apparendo più vecchio di un sacco di anni.
"Sono solo stanco, e oggi sono arrivate notizie non troppo buone dal comando centrale"
"Mi dispiace" mormorò lei donandogli un piccolo bacio sulla fronte. Improvvisamente gli venne un'idea e si alzò. Senza dargli il tempo di realizzare prese a massaggiargli le spalle con movimenti lenti ed energici, percependo la tensione dei muscoli sotto le dita. Lui emise un sospiro di sollievo, il corpo che finalmente sembrava avvicinarsi a qualcosa di simile al relax. Così scoprì d'improvviso quanto Michelle fosse brava nei massaggi, pareva quasi che non avesse fatto altro nella vita, le sue mani erano calde e precise, delicate quando era necessario e più rudi quando tendini e nervi si rifiutavano di collaborare. Il qualche minuto Erwin iniziò a sentire la tensione abbandonare le sue membra contratte, percependo una sensazione diffusa di benessere. Avrebbe voluto stare lì tutto il giorno, e non si accorse nemmeno del tempo che passava. Probabilmente Michelle rimase lì a massaggiargli le spalle per un quarto d'ora buono, ma lui era troppo perso nel rilassarsi per accorgersene. Sembrava fossero passati pochi minuti quando quel tocco salvifico lo abbandonò, e lui ne sentì subito la mancanza.
"Va un po' meglio?" riecheggiò una voce alle sue spalle e solo allora si prese la briga di riaprire gli occhi.
"Molto meglio" rispose dolcemente alla figura che gli si stava risedendo sulle gambe. Si guardarono qualche istante, poi ci fu un tuono forte e Michelle sussultò.
"Hai ancora paura del temporale?"
Lei annuì ed Erwin le circondò la vita con le braccia, sprofondando il viso sul suo sterno.
"Dai, andiamo a cena. Se il temporale continua stanotte potrai stare qua, ok?" le bisbigliò ad un orecchio, facendola rabbrividire.
"Solo se continua il temporale?"
Le sue labbra si aprirono in un mezzo sorriso.
"Sei vuoi fermarti sarò l'uomo più felice della terra, ma è a tuo rischio e pericolo" concluse con un misto tra malizia e ilarità.

Si alzarono entrambi, dirigendosi lentamente verso la mensa e sperando segretamente che il loro arrivo in coppia non venisse notato. Si divisero senza scambiarsi uno sguardo, e Michelle dovette aspettare ore prima che tutti a parte Mike, Gelgar, Erwin e alcuni della squadra Levi se ne fossero andati. Erwin le fece cenno di avvicinarsi e lei si accorse solo allora della sua felicità nel vedere quel piccolo gesto.
Sì sedette silenziosamente tra il Comandante e il suo Caposquadra, che avevano intrapreso una partita a carte abbastanza avvincente. Hange arrivò subito dopo reggendo delle tazze di tè, totalmente fuori di testa all'idea di poter raccontare a qualcun'altro tutti i suoi meravigliosi esperimenti. Si mise subito a tartassare Michelle con le sue teorie, mostrando i risultati ottenuti e in breve il gruppetto si infoltì. Moblit, un ragazzo dall'aria timida che stava sempre appresso ad Hange, corse fino da loro, unendosi al gioco accanto al suo Caposquadra. Anche altri suoi compagni si unirono e in breve decisero di tirare fuori qualche alcolico.

"Ho vinto!" esclamò Mike schiacciando un due sul legno vecchio del tavolo, gli altri partecipanti che buttavano le proprie carte insieme al resto del mazzo per ricominciare la partita. L'aria in breve divenne festosa e allegra come non lo era da tempo, e con la scusa di festeggiare i buoni risultati ottenuti dagli esperimenti di Hange alcuni alzarono un po' il gomito. Nella confusione di parole, suoni e risate Michelle non riusciva a fare altro che concentrarsi su Erwin, perché era troppo bello. Pareva meno stanco di prima e sembrava si stesse divertendo sinceramente. Ogni tanto le stringeva la mano sotto il tavolo, o più semplicemente le accarezzava possessivamente una coscia, e questo bastava a farla sentire bene.
Per evitare di addormentarsi si congedò un attimo con la scusa di andare in bagno, ma prima di girare verso il corridoio dei servizi proseguì dritta, sgattaiolando poi fuori. Corse lungo il perimetro dell'edificio, l'aria fresca che gli pizzicava i polmoni e i muscoli che faticavano a reagire dopo lo sfiancante allenamento.
Il gigante, un classe 6 metri, era tenuto all'esterno in una specie di box di legno costruito alla ben e meglio per l'occasione. Era legato in tutti i modi possibili e ogni movimento gli era impossibilitato. Aveva piccoli occhi neri e un grosso naso aquilino, con un ciuffo scuro di capelli ispidi. Era spaventoso mentre muoveva le iridi atre su di lei, eppure Michelle provò quasi pietà per quella creatura completamente priva della libertà, e un po' le dispiacque.
Fece qualche passo, valutando la situazione, ma poi fece semplicemente spallucce e tornò dentro, sempre più assonnata.

Quando arrivò si lasciò cadere malamente sulla sedia accanto ad Erwin, sbadigliando. I giocatori ora facevano sul serio e scommettevano pacchetti di creacker proteici, e Michelle notò come Mike quella sera fosse parecchio fortunato. Seguì le dinamiche della partita per qualche tempo, gioendo alla vittoria di Erwin ma vedendolo obbligato a cedere tutto a Gunther dopo qualche turno. Sentirlo parlare e ridere come se non fossero soldati, ma semplici amici al tavolo di un'osteria, la faceva star bene. Era così triste il fatto che ognuno di loro sarebbe potuto morire alla spedizione successiva, e il pensarci era solo distruttivo. Si concentrò sulla risata genuina e delicata del suo amato, e appoggiandosi ad un palmo finì per assopirsi. Non si accorse neanche di ciò che stesse accadendo, le parole degli altri erano una dolce ninna nanna e tutto era bello e profumato.
Profumato di vaniglia, come il suo Erwin. Aprì gli occhi quel poco che gli bastava a rendersi conto di essere appoggiata alla sua spalla.
"Finisco la partita e andiamo" le bisbigliò premuroso, accorgendosi del fatto che fosse sveglia e piegando la testa per farsi udire. Lei annuì, senza nemmeno stare a riflettere sul fatto che tutti li stessero vedendo così. Se non importava ad Erwin non importava neanche a lei, e dopotutto si era solo appoggiata a lui per dormire.

Riprese a sonnecchiare, ma il suo sonno venne disturbato dopo pochi minuti. Quando sollevò le palpebre vide il viso Comandante, ombroso e assonnato. Sentiva le sue braccia attorno al busto e alle gambe, e la sensazione intima che gli donava il poter stare sul suo petto. La stava portando in braccio come se fosse una sposa, la muscolatura allenata minimamente intenzionata a dare un qualche segno di cedimento.
Lei gli allacciò le braccia dietro al collo, beandosi della sensazione del suo respiro caldo che gli passava addosso come una carezza.
"Dormi con me e poi te ne penti o fai la brava bambina e torni dalle tue compagne?" sussurrò, il silenzio dell'edificio interrotto solo dai suoi passi pesanti.
"C'è anche bisogno di chiederlo?" mugolò lei, ancora con gli occhi chiusi e il sonno addosso.
Lui ridacchiò leggermente, camminando fino al suo ufficio e poi alla sua stanza. La adagiò sul letto, cominciando a spogliarsi. Si accorse di come si fosse immediatamente svegliata alla vista dei suoi addominali e gli scappò un sorriso compiaciuto. La vide mentre si sbottonava la camicia ed ebbe un fremito.
"No, non toglierle" disse riferendosi a tutte le cinghie della divisa che permettevano ai soldati di utilizzare il movimento tridimensionale.
Lei lo guardò con un sopracciglio alzato, interrogativa, e lui le si avvicinò. Era seduta sul bordo del letto e la sovrastava dall'alto.

"Non ti preoccupare" si piegò per sussurrarle all'orecchio, godendo alla vista della sua pelle piena di brividi.
"Ci andrò piano"

Sunny - Bobby Hebb

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