Soul-dier
XIV. Yes nobody, nobody can stop him
As he fights now for his dreams
"Sei sicuro, Erwin?" chiese Michelle per l'ultima volta, ormai sul punto di cedere definitivamente e accettare le sue tesi.
"Sì" rispose lui, impassibile. "Cerca di stare tranquilla" aggiunse allacciandosi la camicia candida e iniziando a tirarsi su i pantaloni della divisa.
"Come faccio a stare tranquilla?" infierì lei con uno sbuffo.
"So quello che faccio, pensavo lo sapessi anche tu"
"Sì, ti conosco, però non so... temo che le cose non andranno come previsto"
"E sulla base di cosa?" incalzò lui.
"Sesto senso femminile, e poi se fossi in loro non lascerei mai al Corpo di Ricerca la custodia di Eren"
"Per quale motivo? Siamo gli unici in grado di trattare realmente con i giganti"
"Beh se lo uccidessero non ci sarebbe bisogno di trattare con nessuno"
"Non lo uccideranno" mormorò il Comandante infilandosi i grossi stivali scuri "E' troppo prezioso, e finché sarà sotto la nostra custodia è al sicuro"
"Ma chi ti dice che ci daranno la custodia?" infierì lei per l'ennesima volta.
"Oh, andiamo ne abbiamo già parlato" concluse Erwin buttandosi di peso sul letto, che cigolò sotto il peso del suo enorme corpo. Fino a qualche ora prima erano in due su quel letto, e si erano divertiti parecchio, ad essere sinceri, anche se adesso l'aria tra loro era stranamente tesa.
"Dici sempre così" la sentì sussurrare, il solito tono stizzito assunto ogniqualvolta lei e il Comandante non fossero dello stesso avviso. "Metti sempre tutto sul tanto io sono Erwin Smith, lo straordinario e bellissimo e intelligentissimo e impeccabilissimo Comandante dell'Armata Ricognitiva" continuò in una gutturale imitazione dell'amato "E sono perfettamente in grado di fare tutto perchè nessuno può resistere al mio avvenente aspetto e alla mia mente brillante e ai miei muscoli infiniti, io sono un supereroe e sono invincibile!" terminò dandogli le spalle e continuando a piegare gli indumenti, sbattendoli con furia dentro ad una bacinella di vimini.
"Sei simpatica quanto il Capitano Levi di prima mattina quando fai così" rispose Erwin sbuffando, punto sul vivo.
"Sei solo un egoista del cazzo" continuò la ragazza sbattendo la cesta dei vestiti sul letto e guardandolo dall'alto.
"Smettila, sai dire solo quello"
"E' la verità"
"Non è vero, non lo sono mai stato con te" esclamò lui alzandosi in piedi e fronteggiandola una volta per tutte.
"Erwin non sei difficile da comprendere" rispose lei, un sopracciglio alzato e nessuna traccia di paura nel sostenere il suo sguardo arrogante.
"Ti importa solo del tuo dannatissimo sogno, ti è sempre importato solo di quello, e continuerà ad essere così" continuò, ormai su tutte le furie.
"Ti ho sempre messo davanti a tutto da 5 anni a questa parte e questo è il ringraziamento?"
Michelle avrebbe voluto prenderlo a schiaffi. Odiava sentirlo alzare la voce e vederlo spalancare gli occhi in quel modo, le dava su i nervi.
"Erwin non prendermi per il culo, mi hai sempre messo davanti a tutto, ma sappiamo entrambi che non esiteresti un momento a sacrificare me e tutto il resto del mondo se ti si presentasse l'occasione di raggiungere il tuo fottutissimo sogno"
"Ah bene, credi che siano questi i miei sentimenti?" ringhiò lui, ormai sul punto di perdere completamente le staffe.
"Vai al diavolo, capisci solo quello che vuoi capire" sibilò Michelle fuggendo con passi veloci e pesanti e sbattendosi poi la porta alle spalle.
Erwin rimase solo nella stanza, con l'unica compagnia della sua stessa rabbia. Temette di essere sul punto di distruggere i mobili a calci, ma si sedette sul letto e cercò di calmarsi. Sentiva il cuore pulsare forte e continue vampate di calore che gli correvano lungo tutte le braccia, mischiate da una sensazione sgradevole di nausea. Odiava litigare con Michelle, lo faceva stare male, e nonostante non fosse la prima volta che accadeva si sentiva particolarmente abbattuto. Non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma temeva che avesse ragione, ne aveva davvero una paura fottuta. Non aveva mai smesso di perseguire il sogno di suo padre, e la sua più grande paura era proprio perdere quel poco di umanità che gli rimaneva. Non fingeva quando soffriva per la morte dei suoi sottoposti, ma era immancabilmente pronto a rifarlo, come se non gli importasse, in un macabro circolo vizioso fatto di lacrime e sangue. Si era chiesto più volte che cosa fosse disposto a sacrificare per raggiunger i propri scopi, ma non era mai arrivato ad una conclusione ben precisa. La sua natura demoniaca lo avrebbe portato a buttare tutto negli inferi per il proprio egoismo, compresa Michelle probabilmente, ma quando se ne rendeva conto non riusciva ad accettarlo e si vergognava pesantemente per i suoi stessi pensieri. Amava Michelle più di qualunque altra persona, e non avrebbe mai messo a repentaglio il loro rapporto per qualcosa di così materiale, e di questo ne era convinto, ma al contempo un fantasma opprimente lo tormentava tutte le ore del giorno, e lui non sapeva cosa fare. Doveva uccidere suo padre una seconda volta o cavarsi il cuore dal petto e bruciarlo insieme all'amore che lo riempiva?
Non lo sapeva, e non lo avrebbe saputo fino a quando non si sarebbe trovato nella situazione. Odiava il perbenismo, e almeno con sé stesso cercava di essere il più brutale possibile, perchè era inutile nascondersi le cose, ma non riusciva comunque a capire quanto in là si sarebbe spinto per raggiungere il suo sogno, e la cosa era esasperante.
Sospirò e si guardò le mani, il fantasma del sangue dei suoi sottoposti ad imbrattarle di rosso. Si alzò di slancio, prese la giacca e se ne andò a passi veloci, l'umore a terra. Trovò Levi davanti alla sala del processo e si scambiarono qualche parola a riguardo di Eren e della sua custodia. Erwin confidava nel buon senso dei superiori, ma non poteva dire lo stesso dei Gendarmi e della Guarnigione, che in genere non aspettavano altro che un pretesto per screditarli. Se Eren fosse caduto nelle loro mani tutti i passi che avrebbe potuto fare per avvicinarsi alla verità sarebbero stati compiuti da qualcun altro, e non poteva permetterlo. Avrebbe preferito vederlo morto che nelle mani della persona sbagliata, e questo dimostrava nuovamente quando fosse egoista, anche se ormai non ci faceva più così tanto caso.
Il processo ebbe inizio e il Comandante ebbe finalmente qualcosa con cui distrarsi. Accanto a lui sedeva solo Levi, ma con ogni probabilità Michelle era da qualche parte nella sala, nascosta in mezzo alla folla di persone. La cacciò via dalla mente e si dedicò anima e corpo alla causa, seguendo con attenzione tutto ciò che veniva pronunciato. Eren era legato ad un palo in mezzo all'aula, bendato e indifeso, tanto piccolo che non sembrava nemmeno possibile che celasse un gigante alto 15 metri.
I suoi due amici erano già stati interrogati, e non sembrava che possedessero il suo stesso potere, ma ci fu comunque qualcuno che mosse quest'accusa nei confronti dei due ragazzini.
Erwin si lamentò mentalmente della loro ottusità, e si costrinse ad intervenire. Zackly gli concesse la parola e si alzò, schiarendosi la gola e preparandosi mentalmente a dar voce al discorso che finora era stato solo un pensiero un po' contorto.
Iniziò a parlare, il tono alto e calmo, e come ogni volta la sensazione degli occhi di tutti puntati addosso gli procurò un formicolio alla nuca, alimentato dal pensiero che tra tutti coloro che lo stessero ascoltando ci fosse anche Michelle. Era riuscito ad accantonare il litigio per un attimo, ma le sensazioni sgradevoli non lo avevano ancora abbandonato del tutto, e se ci ripensava finiva per deconcentrarsi.
Si focalizzò al massimo su Eren e sulla sua figura infantile, incanalando i suoi pensieri fino in gola, e lasciandoli poi uscire sotto forma di parole come solo lui sapeva fare.
Sapeva di essere un ottimo oratore, e una volta terminato il discorso si accorse di come probabilmente la corte adesso pendesse più dalla loro parte.
La dimostrazione di Levi, per quanto cruenta, sicuramente fu d'aiuto, perchè riuscirono miracolosamente ad ottenere la custodia momentanea del ragazzino-gigante. Quando Erwin sentì quelle maledettissime parole uscire dalla bocca del Comandante Supremo, un peso gli si tolse dalle spalle. Avevano vinto, tutto era andato per il meglio e lui, come spesso accadeva, aveva dimostrato di avere ragione, e nonostante fosse solo una cosa provvisoria si sentiva comunque come se avesse trionfato appieno. Quando il processo si sciolse, la massa di persone mista di militari e cittadini prese a scendere dalle grosse gradinate, dirigendosi verso l'enorme porta per tornare alle loro precedenti attività.
Erwin, che camminava pensieroso in mezzo alle persone, venne subito raggiunto da vecchi compagni o cittadini che gli facevano i complimenti, e soldati che esprimevano la loro opinione in merito alla loro "vittoria". Lui per lo più sorrideva e rispondeva con garbo, sinceramente grato a chi contribuiva a gonfiare il suo ego.
Quando riuscì ad uscire venne raggiunto da Nile, al cui fianco sorrideva leggermente la moglie Marie. Lo stomaco gli si annodò senza nemmeno una ragione ben precisa, e si dipinse in faccia il sorriso più falso che gli riuscisse. Sapeva che Nile si era presentato apposta con la moglie per seminare gelosie, perchè non capiva quanto in realtà ad Erwin poco importasse, ma non riusciva a non sentirsi infastidito. Oltre al fatto che adesso aveva Michelle, l'unico dolore che quella scena gli provocava era dovuto al fatto che aver rinunciato a Marie era significato per lui l'ufficiale addio al sogno di una vita tranquilla e normale. Non gli importava aver rinunciato al suo amore, non era più geloso, ma ciò che era successo in quegli anni era un argomento ancora delicato e che generalmente evitava.
Nile lo guardava altezzosamente, ma Erwin quel giorno aveva un motivo in più per sentirsi superiore, e Marie sorrideva civetta, lo sguardo eloquentemente puntato sui suoi occhi azzurri.
"Complimenti Comandante" mormorò Nile guardandosi distrattamente in giro e prendendo la moglie sottobraccio.
"Beh, grazie, mi rende felice sapere che tu sia contento del fatto che la custodia di Eren sia stata affidata al Corpo di Ricerca" rimarcò il Comandante.
L'uomo fece un sorriso un po' tirato, e la conversazione proseguì sulla stessa falsariga, anche se il Gendarme riuscì ad abbandonare i toni stizzosi, e arrivò addirittura a fare qualche battuta, con Marie che rideva di gusto, le labbra piene ed invitati che molti anni prima avevano regnato nei pensieri più spinti di Erwin Smith.
Improvvisamente nella conversazione si unirono altri militari, altre mogli e altri borghesi, fino a quando Erwin non si ritrovò praticamente circondato da un drappello di donne, che ridevano alle sue battute e lo guardavano languidamente, spingendosi a toccargli le braccia ogni qualvolta ne avessero l'occasione. Non che fosse facile biasimarle, dopotutto era un uomo a dir poco affascinante, ben retribuito e aveva un ruolo di spicco nella gerarchia militare, cose che lo rendevano un partito perfetto per le giovani nubili che le famiglie più abbienti di Trost cercavano di rifilargli. Lo sguardo di Nile era mutato, ormai divenuto una maschera lugubre e adirata, mentre Marie rideva alle sue battute ed era entrata ufficialmente a fare parte del suo fun club.
Erwin era frastornato da tutte quelle donne che civettavano e cercavano di attirare la sua attenzione, ma la situazione lo faceva ridere. Madri che spingevano le figlie a ridere di gusto, non nascondendo come anche a loro avrebbe fatto piacere avere un cognato del genere, e giovani donne che non facevano altro che muovere i capelli sensualmente per mostrare la pelle candida del collo.
Si sentì toccare sulla spalla, una mano candida e inanellata gli era appena stata poggiata sopra, e la proprietaria si era pericolosamente avvicinata, investendolo con un profumo delicato e mormorandogli qualcosa all'orecchio.
La sua attenzione però era appena stata catturata da qualcos'altro.
"Comandante Smith!" urlò qualcuno nella calca, il tono perentorio ma trattenuto. Vide una chioma piena di riccioli sbucare dalle spalle di una coppia che aveva appena diviso con la forza, e sentì una forte stretta al braccio.
"Comandante, una comunicazione urgente" mormorò Michelle a denti stretti, la testa bassa per non mostrare a nessuno il suo sguardo furioso e una forza non indifferente nel trascinare via da quelle arpie il suo superiore.
Erwin balbettò qualcosa alle sorpresissime donne e arrancò per stare dietro alla furia che lo trascinava, preparandosi a sgridarla per averlo fatto sfigurare in quel modo davanti a tutti quei civili. Si sentì tirare con forza dentro ad una stanza, e venne sbattutto contro il muro, ma non ebbe neanche il tempo di gemere che si ritrovò le sue labbra addosso, rabbiose e a dir poco ardenti.
"Ah!" lasciò scappare un gemito avvertendo un morso sul collo, la pelle che veniva torturata dalla sua lingua imperterrita e il primo bottone della camicia che gli veniva aperto a forza.
"Ahia, mi fai ma-" cercò di lamentarsi, ma venne interrotto da un bacio, focoso e aggressivo come la donna che glielo stava dando. Michelle gli spinse la lingua tra le labbra senza aspettare nulla in cambio, appiccicò i loro corpi spingendo i due bacini a scontrarsi, e lo abbracciò con quanta più foga riuscisse a trovare.
Erwin si sentì mancare l'aria, ma dopo aver chiuso gli occhi mandò al diavolo tutti i suoi proposti bellicosi e rispose al bacio prendendola fermamente per il sedere, le guance rosse e qualche piccola ciocca finita disordinatamente sulla fronte.
"Mh... M-Michelle" mugugnò ancora sulle sue labbra, senza riuscire a privarsene e perdendo completamente la capacità di controllarsi.
Lei si staccò e tornò subito a torturargli il collo e il petto, provocandogli brividi e ansiti continui.
"Ma che-che fai?" riuscì a dire Erwin, allontanandola delicatamente dalla sua pelle e cercando in qualche modo di riprendere fiato.
Lei lo squadrò, un sorriso soddisfatto a decorargli il volto leggermente arrossato.
"Molto meglio" mormorò più a sé stessa che al Comandante, ammirando la sua opera completa e riallacciando il bottone della camicia.
"Ma sei completamente impazzita?"
"Almeno capiranno che sei mio e solo mio"
"Io-io non sono di nessuno" rispose il Comandante riacquistando un minimo di lucidità e passandosi una mano tra i capelli per cercare di rimetterli a posto.
"Come vuoi, ma almeno sapranno che il tuo letto è già occupato" si vantò lei, un sorriso soddisfatto che non riusciva ad abbandonarle le labbra alla vista dei meravigliosi segni rossi appena lasciati sul collo e sul petto di Erwin.
"Sei completamente fuori di testa" continuò lui, un'espressione dura tornata nuovamente a mascherare i suoi pensieri.
"Scusami per stamattina, sono stata una stupida e hai tutto il diritto di essere arrabbiato con me. Sono stata sgarbata, sgradevole e antipatica e so che mi ami da impazzire e che mi proteggeresti anche a costo della vita." gli disse improvvisamente, tornando ad abbracciarlo e guardandolo fermamente negli occhi come aveva imparato a fare. Erwin era riuscito ad insegnarle che non doveva vergognarsi di chiedere scusa, non con lui almeno, e ormai era in grado di accantonare il suo orgoglio se si trattava di fare brillare due meravigliosi lapislazzuli puri come stava accadendo in quel momento.
"Sei letteralmente l'unica cosa bella che mi sia capitata, sei la persona migliore che potesse amarmi. Mi fai sentire al sicuro in un mondo storto e malfunzionante come questo, mi fai sentire in pace quando dentro sento solo di essere un mostro. Perdonami." concluse baciandogli le grosse nocche screpolate.
Lo guardò negli occhi e lo vide perso, spaurito, incapace di mettere insieme un pensiero e formare una parola sensata per la troppa confusione che la sua mente ricreava. Avrebbe voluto arrabbiarsi e dirle di andarsene, scansarla e urlarle che con le sue scuse poteva andare a quel paese, ma non era da lui. L'amava troppo per non perdonarla, anche se era ancora ferito e turbato dalla litigata appena passata, ma andava bene così, non poteva imporsi di mandarla via quando in realtà era profondamente colpito dalle sue parole.
"Non rifarlo mai più, per favore" si limitò a mormorare, il cuore che batteva forte al sentire così vicino il suo corpo morbido.
"Prometto che farò di tutto per provarci. Sei la persona migliore di tutta la terra, e io sono fortunata ad averti con me."
"Beh se poi diventi così dolce mi sa che dobbiamo litigare più frequentemente" le sospirò all'orecchio con un sorriso leggero.
"Scordatelo, quando discutiamo fa tutto schifo" scosse lei la testa, staccandosi leggermente.
"Bene, ma ne riparleremo più tardi, non possiamo stare qui ancora a lungo"
L'entusiasmo di Michelle parve spegnersi leggermente, ma riguardando i segni rossi che costellavano il collo di Erwin si sentì un po' meglio. Almeno quelle gatte morte avrebbero tenuto le mani a posto.
"Che hai da guardare, ti piace complicarmi la vita?" la punzecchiò lui accorgendosi del suo sguardo.
"Sono solo contenta che adesso non ci possano più provare"
"E chi le ferma quelle?" ridacchiò Erwin aprendo la porta e abbandonando la stanza.
"Se ci provano giuro che non risponderò più delle mie azioni"
"Non ti facevo così gelosa"
"Chi ti tocca non avrà modo di rifarlo"
Erwin nascose un sorriso e si sistemò i capelli, la folla di cittadini ormai quasi completamente diradata e il corridoio occupato solo da un manipolo di soldati.
Si abbassò un po' per darle degli ordini, visto adesso che avevano ottenuto la custodia di Eren avevano un po' di lavoro da sbrigare, e ne approfittò per sfiorarle un fianco di nascosto e sussurrarle all'orecchio di farsi trovare nella sua camera prima di cena.
I due si separarono ed Erwin ebbe una breve riunione con alcuni membri del Comando Centrale, poi fu libero di incontrarsi con Eren.
Il ragazzino sembrava un po' stupidotto ma nascondeva un'innata determinazione dentro le iridi smeraldine, e il comandante ne fu innegabilmente colpito. Non era la prima volta che si parlavano, ma non aveva mai avuto modo di stare ad ascoltarlo attentamente. A dire il vero sembrava mosso da un'ostinazione febbrile e ogni sua parola nascondeva quanto bramasse il poter uscire fuori a combattere contro tutto e tutti. Erwin si rese conto che con il suo potere probabilmente sarebbe stato difficile impedirgli di raggiungere i suoi obiettivi, e sperò di cuore che Eren vivesse abbastanza per vedere il mondo al di fuori delle mura. Temeva che qualcuno cercasse di ucciderlo, ma non sapeva veramente dire se i militari si potessero spingere a tanto, anche se in tutti quegli anni di servizio aveva imparato ad aspettarsi qualsiasi cosa dall'esercito.
La protezione che poteva offrirgli lui era più che sufficiente, ma non poteva comunque mostrarsi troppo diffidente nei confronti degli altri corpi ondevitare spiacevoli inconvenienti, dato il fatto che molti comandanti non cercassero altro pretesto per accusarlo di aver dubitato di loro.
Di comune accordo con i colleghi decise di lasciare il ragazzino libero per il resto della giornata, e lasciò che un soldato lo accompagnasse dagli amici intimandogli di prepararsi al viaggio di ritorno, che secondo i piani si sarebbe svolto al massimo entro il giorno successivo. Eren, Hange e la sua squadra sarebbero tornati al quartier generale della Legione Esplorativa per iniziare a condurre i primi esperimenti, mentre Erwin temeva di doversi trattenere a Trost ancora per qualche giorno, e con la scusa di tenere pochi uomini con sé meditava di mandare via anche Levi e la sua squadra rimandendo solo con Michelle, cosa che gli avrebbe permesso di averla tutta per sé.
Mike sarebbe rimasto in qualità di Vice, ma essendo a conoscenza della loro relazione ormai da anni ed essendo anche lui in una situazione simile con Nanaba, non sarebbe stato troppo d'impiccio, ed Erwin da un lato non vedeva l'ora che tutti se ne andassero.
L'idea di poter passare del tempo con lei lo spronò a continuare a lavorare per le ultime, instancabili ore, e una volta terminata l'ennesima riunione con le sfere più alte del governo si concesse finalmente di tornare nella sua stanza. Quando entrò notò un mucchietto di vestiti lanciati disordinatamente sul grosso letto matrimoniale, e un sorriso si fece strada sulle sue labbra stanche. Si avvicinò, scorgendo il complicato intreccio di cinghie appoggiato sotto al resto della divisa e all'intimo, la cui vista gli fece sentire qualcosa di strano lungo il basso ventre.
Si lasciò scappare un sorrisino malizioso ed iniziò a spogliarsi, pregustando già l'idea di un bel bagno caldo in compagnia di Michelle.
Erano poche le occasioni in cui potevano stare insieme così tranquillamente, quindi voleva godersela appieno, e al solo pensiero di cosa avrebbe potuto farle avvertì uno strano calore pervadergli le membra.
I suoi sogni di gloria però vennero interrotti da un rumore di passi, e si girò con ancora i pantaloni della divisa.
Michelle era a pochi passi da lui, il corpo tonico e desiderabile coperto solo dall'intimo pulito e la pelle ancora adorna di piccole goccioline d'acqua.
Le sarebbe volentieri saltato addosso, ma si accorse che qualcosa nel suo sguardo non andava. Era stranamente seria, e per quanto i capelli bagnati le addolcissero i lineamenti, in quel momento sembrava solo di pietra.
"Qualcosa non va?" chiese avvicinandosi.
"Amore è il fatto che tu per me sei il coltello con il quale frugo dentro me stesso"*
Ad Erwin si gelò il sangue nelle vene e per quanto cercasse di controllarsi gli occhi gli si spalancarono automaticamente. Non era dannatamente possibile che Michelle avesse decantato quelle precise parole, non poteva essere successo davvero.
Il suo cervello cercò di elaborare quanto più velocemente gli riuscisse, ma tutto sembrava un paradosso. Su quella terra pochissime persone erano a conoscenza del suo passato, e per la maggior parte erano persone di cui si fidava, e di conseguenza escluse quasi a priori che qualcuno le avesse raccontato i dettagli più spinosi della sua adolescenza. L'unico traditore poteva essere stato il suo storico rivale, ma non avrebbe avuto senso un gesto del genere, e non poteva immaginarsi che Nile fosse così meschino. In più un gruppetto ugualmente piccolo di altre persone era a conoscenza della sua relazione con Michelle e le due cose non avrebbero potuto incontrarsi se non per una serie di sfortunate coincidenze, e per quanto credesse nel destino non volle pensare al fatto che ciò fosse successo veramente.
No, doveva ragionare lucidamente ed arrivare ad una conclusione in fretta. Né Levi, né Mike, né nessun altro della sua cerchia stretta di soldati poteva aver lasciato trapelare una cosa così delicata del suo passato, ma si accorse presto che in realtà qualche veterano particolarmente pettegolo poteva essersi lasciato sfuggire qualche dettaglio della storia senza nemmeno sapere del legame tra lui e Michelle. Sembrava essere l'opzione più plausibile, ma non aveva comunque senso che fosse venuta a conoscenza di quelle parole.
"Chi è?" la voce di Michelle gli arrivò alle orecchie chiara come uno squillo di tromba, e dovette riscuotersi dai suoi pensieri. Il suo sguardo se possibile era diventato ancora più duro.
"Io... ma come-"
"Avanti, chi è Marie?" insistette imperterrita.
"Come-"
"Erwin" scandì lentamente facendosi scivolare sulla lingua ogni lettera per dare enfasi e fermezza ad un tono già abbastanza duro. "Avanti, parla" continuò addolcendo leggermente lo sguardo e andandosi a sedere sul bordo del letto.
Erwin rimase lì imbambolato a fissare il vuoto qualche istante, poi finalmente si mosse e la raggiunse. Non sapeva come iniziare, tantomeno cosa fare. Avrebbe voluto abbracciarla ma temeva di venire respinto, e rimase immobile con le mani sulle ginocchia.
"Vedi-hem-io... allora" cercò di iniziare "mi-mi stavo ancora addestrando: io, Nile e gli altri nel tempo libero andavamo sempre in una locanda a prendere da bere, e ci lavorava la figlia del proprietario, che aveva più o meno la nostra età" continuò, lo sguardo fisso sul pavimento e la sgradevole sensazione dei suoi occhi vispi puntati addosso come due spilli.
Non resistette all'impulso e la prese per mano, senza curarsi del fatto che lei non ricambiasse il suo gesto.
"Ecco, vedi, entrambi ci innamorammo di lei; si chiamava Marie, ed era bellissima, e ad essere completamente sincero l'avrei sicuramente sposata. Qualche tempo dopo però io e Nile dovemmo scegliere; io finii nel Corpo di Ricerca per perseguire il mio sogno, lui scelse Marie e la Polizia Militare. Si sposarono dopo poco, e ora sono genitori di 3 figlie"
Michelle rimase zitta ad ascoltare, con le parole che piano piano plasmavano emozioni diverse man mano che la storia avanzava. Non sapeva se fosse Erwin ad essere troppo facile da capire o se fosse lei troppo intelligente nel farlo, ma aveva compreso abbastanza facilmente che ne fosse davvero innamorato. Non sapeva i dettagli della loro relazione, ma ciò bastava a renderla gelosa. La prima donna ad aver baciato il suo Erwin, la prima donna ad avergli fatto perdere la testa, la prima ad averlo avuto per sé. Marie avrebbe sempre avuto un posto speciale nel cuore di Erwin, perché il suo ricordo profumava di gioventù e spensieratezza, e il suo sguardo era stato il primo che Erwin si era incantato ad osservare.
Neanche uno sciocco poteva preferire Nile ad Erwin, e ciò instaurò in Michelle la consapevolezza che se lui all'epoca non avesse avuto le mani macchiate del sangue di suo padre probabilmente avrebbero vissuto insieme tutta la vita, e lei adesso non sarebbe stata lì ad impazzire di gelosia.
"Come hai fatto a trovarla?"
"Ero in biblioteca a cercare dell'inchiostro e una vecchietta stava cercando di posare alcuni libri su uno scaffale troppo alto, e per evitare che si facesse del male mi sono offerta di farlo al posto suo. Mentre li sistemavo ne è caduto uno e ho trovato questa" mormorò mostrando una lettera ingiallita.
Erwin la prese e la aprì, una ventata di nostalgia che lo veniva a tormentare come una vecchia amica.
Le parole d'amore che molti anni prima aveva dedicato a Marie ora erano nuovamente sotto ai suoi occhi, e rileggerle fu strano, come quando si riassaggia un cibo che si odia e si scopre che in realtà non è poi così male.
Ora che era adulto una risata di scherno gli passò sulle labbra, ma si impose di mettere via quelle parole una volta per tutte e dedicarsi a Michelle, che era la sua priorità. Amava lei adesso, e non avrebbe permesso che uno stupido ricordo adolescenziale gli rovinasse il momento.
"Mi spiace non avertene mai parlato prima" mormorò tornando a guardarla negli occhi. Era ancora visibilmente contrariata, ma era comunque bellissima e lui non resistette all'impulso di provare a baciarla. Michelle si scansò prima che le sue labbra andassero a segno, ed Erwin dovette mantenere la calma per non sentirsi offeso.
"Dai, non essere gelosa, io amo te e solo te" cercò di addolcirla.
"Lo so, ma ci sono voluti quasi 5 anni prima che lo scorpissi, e anzi, se non fosse stato per il fatto che il te ragazzino era tanto romantico quanto ottuso da nascondere una lettera firmata in un libro di una biblioteca pubblica, a quest'ora ancora non lo saprei" sbottò cercando di nascondere la rabbia.
"Non te ne ho mai parlato proprio perché non gli do peso, ormai è una cosa vecchia e passata"
Lei sbuffò sonoramente, alzandosi dal letto, ma Erwin fu più veloce e la afferrò per i fianchi, ributtandola sul materasso.
Le si mise sopra per impedirle di scappare, e scrutò dentro ai suoi occhi per cercarvi qualche emozione che non trasparisse dalle sue parole, ma sembrava sincera in tutto, come sempre.
"Marie non è più nulla per me, solo un lontano ricordo. L'unica persona a cui penso adesso sei tu, tu e solo tu" sussurrò prendendo a baciarle delicatamente il collo.
"E ti penso sempre" continuò a sospirare tra un bacio e l'altro. Risalì lentamente lungo la mascella e la baciò con passione, stavolta venendo ricambiato.
"C'è qualcosa che posso fare per farmi perdonare vostra maestà?" bisbigliò a pochi millimetri dalle sue labbra con il solo scopo di riportare l'attenzione su ciò che pregustava di fare da tutto il pomeriggio.
"Mh... non saprei" mormorò Michelle giocherellando con il pendente verde con aria altezzosa.
"Stasera sto sopra io" concluse dopo qualche secondo di riflessione.
"No" fu la risposta.
"Oh sì, invece"
"No" continuò Erwin alzandosi e scuotendo la testa.
"Invece sì, devi farti perdonare" lo rimbeccò lei con fare deciso, e pur di non stare a discutere Erwin si alzò e si chiuse in bagno.
Non poteva aspettarsi che una volta uscito l'avrebbe trovata ancora a letto completamente nuda. Quando la vide gli si seccò la bocca, e la temperatura del suo corpo parve alzarsi di colpo. Stava leggendo tranquillamente uno dei suoi adorati libri e la vista delle curve sensuali del suo corpo lo ricoprì di brividi.
"Non pensavo che le tue intenzioni fossero queste"
"Queste quali?"
"Beh" Erwin fece la faccia di chi la sa lunga.
"Sarebbe la punizione perfetta impedirti di toccarmi, adesso" chiuse il libro con un tonfo, guardandolo dal basso.
"Non avevi detto che bastava-?"
"Non mi sembravi molto accondiscendente"
Ad Erwin scappò un risolino nervoso e si sedette accanto a lei sul letto, con solo un asciugamano a coprirgli la vita.
Michelle non aspettò altro e gli salì cavalcioni, facendogli perdere totalmente il controllo.
Si guardarono un attimo negli occhi, poi presero a baciarsi con crescente passione. Mentre lui la sfiorava nei posti più delicati, Michelle si rese conto che nell'ultimo periodo non perdevano occasione per farlo, e sperò con tutta sé stessa che ciò non fosse una conseguenza di una latente paura di perdersi.
Pochi minuti dopo erano entrambi alla disperata ricerca di aria. Si sfioravano, si baciavano, si esploravano, e l'asciugamano di Erwin si slacciò velocemente.
"E-Erwin! Ah! ti-ti amo da impazzire" gemette Michelle abbassandosi lentamente su di lui.
"Mh..." mugolò Erwin, sentendo le sue pareti strette che si contraevano per cercare di abituarsi a lui.
"Ti amo anche io" ansimò accompagnando i due bacini ad unirsi per iniziare la loro danza d'amore.
"Non sai quanto"
FINE PRIMA PARTE
*Franz Kafka, Lettere a Milena
Souldier - Jain
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