Prologo
Le piccole torce appese agli spessi muri di pietra gettavano sulla folla ombre tremule e oblunghe senza riuscire comunque ad illuminare l' area, che rimaneva immersa in una densa nebbia scura. La luna guardava i soldati dall'alto spargendo il suo denso pallore sopra le teste ansiose, luccicando come un diamante lustro e desideroso di attenzioni.
Il contingente di cadetti era riunito in quel grosso spiazzo e tutti erano pronti a prendere la loro decisione, increduli di essere realmente arrivati fino a quel punto. Ormai le possibilità erano solo tre, e la maggior parte delle giovani reclute aveva affrontato l'addestramento sapendo già cosa scegliere al termine, agognando segretamente il giorno in cui avrebbe potuto iniziare il servizio.
Michelle dal canto suo era ancora abbastanza confusa, e si sentiva un po' stupida a riguardo, ma continuava a dirsi che poteva benissimo prendere una decisione istantanea quando avrebbe sentito qualcosa muoversi dentro, anche se non era pienamente sicura del fatto che fosse una strategia vincente. Non che le importasse realmente a dirla tutta, ma ormai aveva scelto di improvvisare, e si perse ad osservare la grossa piazza smarrendo i suoi pensieri dentro al caos febbrile di sussurri e risate, senza soffermarsi troppo a lungo su qualcosa di relativamente interessante. L'impazienza era palpabile e la tensione raggiungeva il lugubre cielo stellato, mentre gli ultimi preparativi venivano svolti in un marasma frenetico di voci e rumori.
La ragazza stava osservando attentamente la danza allegra di un focolare acceso quando sentì un colpo leggero alla spalla, e si girò di scatto per vedere il volto liscio e perfetto di Dirk a pochi centimetri dal suo.
"Polizia Militare?" le chiese nuovamente il ragazzo circondandole le spalle con un braccio, riprendendo quel discorso che ormai affrontavano da giorni ma che ancora non erano arrivati effettivamente a concludere.
"Neanche se mi pagano" rispose lei sarcastica, dedicando tutta la sua attenzione a quello che durante il lungo addestramento era diventato uno dei suoi amici più stretti, se non l'unico.
"Eddai, come faccio io senza di te?" le rispose lui guardandola con un adorabile sorriso, uno di quelli che donava a pochi eletti ma che faceva sempre centro.
"Smettila, sai che non funziona con me" ribattè Michelle pur non essendo totalmente sicura di essere immune a quel gesto. La verità infatti era che Dirk era bello come un Dio, e quando piegava le labbra piene in quella stupida smorfia diventava ancora più carino.
"Dai Mish, chi posso prendere in giro poi?" continuó imperterrito senza staccarle un attimo gli occhi di dosso.
La ragazza era sul punto di tirargli una gomitata tra le costole, ma l'enorme piazza si zittì in un baleno come se qualcuno avesse gettato sopra tutti un manto di mutismo, e anche lei riacquistò il suo naturale stoicismo.
I comandanti delle tre divisioni dell'esercito stavano facendo la loro entrata silenziosa nel piazzale, dirigendosi verso il palco su cui avrebbero cercato di convincere le nuove reclute ad unirsi al loro corpo, e tutti i soldati scattarono sull'attenti fino a quando non venne dato il comando di riposo.
Il silenzio della platea era assordante, si insinuava nelle menti come uno spillo malevolo e Michelle iniziò a provare un insensata sensazione di timore. Di lì a qualche minuto avrebbe dovuto scegliere definitivamente, e nonostante rientrasse tra i cadetti migliori del plotone l'idea di diventare un gendarme non era neanche lontanamente contemplata nella sua mente, e ciò escludeva a priori uno dei tre corpi. Aveva pensato a lungo al Corpo di Guarnigione, ma senza neanche un motivo preciso credeva fosse troppo noioso per lei, anche se era ancora completamente indecisa.
Un uomo salì sul grosso palco sopraelevato, posizionandovisi nel mezzo e mettendosi in riposo, le gambe leggermente divaricate e le mani fermamente giunte dietro la schiena. Era una figura imponente, lo sguardo volitivo e serio puntato contro la marea di volti con autorità e una presenza imbarazzantemente potente. Iniziò a parlare con voce tonante e perfettamente ferma, senza mostrare il minimo segno di indugio anche davanti a tutte quelle persone, e Michelle, a metà dello schieramento, lasciò che la sua innata curiosità prendesse il sopravvento e si mise ad esaminarlo attentamente, mentre le parole le arrivavano dritte al cervello come frecce sibilanti. Oggettivamente era un bell'uomo. Il fatto che fosse già Comandante del Corpo di Ricerca cozzava parecchio con la pelle liscia e perfetta, il fisico prestante e i muscoli tonici, che gli conferivano un'aria estremamente giovanile. Tutto indicava che avesse meno di 30 anni, i tratti erano decisi e ben scolpiti, le sopracciglia spesse, il naso grosso e abbastanza spigoloso, con quella che sembrava una piccola gobba sulla parte più alta.
La divisa gli calzava a pennello, e attorno al collo, proprio sotto al colletto della camicia bianca, si poteva intravedere il grosso pendente verde tipico degli ufficiali, che a dirla tutta si intonava parecchio con i capelli biondi e con la tonalità chiara dell'incarnato.
Ma mentre Michelle si perdeva nella sua bellezza, avvertiva il suo discorso, e più parole ascoltava più sentiva farsi spazio dentro di lei una strana sensazione. Chi si univa al Corpo di Ricerca era destinato ad affrontare i titani, a morire tra i loro sudici denti e a rischiare di perdere tutto durante una qualsiasi spedizione. Non era un corpo per tutti, non era una missione che tutti erano in grado di sostenere, ma la ricompensa era la flebile possibilità di riportare l'umanità a dominare la terra, e in quel preciso momento, Michelle capì che Erwin Smith e tutti i suoi sottoposti fossero completamente pazzi. Non era la paura dei giganti, non era la morte, non era nulla di tutto ciò, era il motivo idiota e insensato che veniva dato loro per convincerli a seguirli, che la spaventava. Erano poco più che ragazzi, avevano visto quanto spaventosi fossero i giganti e adesso sbucava fuori un tizio arrogante a dir loro di sacrificarsi da un momento all'altro per cosa? Per poter contribuire a riprendersi il mondo al di fuori delle mura, quando la maggior parte dei cadetti lì presenti si era unito all'esercito al solo scopo di passare la vita a far niente e portare a casa uno stipendio fisso e consistente?
Nessuno avrebbe scelto il Corpo di Ricerca, era da folli. A pensarci bene sarebbe stato qualcosa di utile immolarsi per quel pretesto, per la libertà e tutte le altre belle cose, ma non avevano nulla in mano, non c'era niente che facesse presagire che avrebbero potuto scoprire il segreto di quel mondo pazzo di lì a qualche anno, e tutto sembrava completamente inutile agli occhi di un branco di ragazzini il cui unico pensiero era quello di non crearsi troppi problemi.
Quando il Comandante Smith smise di parlare arrivò il momento di decidere. Michelle si guardò intorno intontita, e vide sulle facce dei commilitoni le emozioni più contrastanti che potesse immaginare. C'era chi era divertito, chi sembrava tentato, chi non aveva minimamente ascoltato e pensava solo a quando si sarebbe potuto stendere nel letto nei nuovi dormitori, in uno strano contrasto emotivo che creava una tensione febbricitante sopra le loro teste.
Al suo fianco Dirk fissava per terra. Le torce alle pareti gettavano sul suo bel viso ombre scure e danzanti, che lo facevano sembrare più vecchio di 10 anni. D'improvviso girò lo sguardo, lo fissò sui suoi occhi, e probabilmente capì.
"Ti prego, Mish" le mormorò mentre accanto a loro i soldati iniziavano ad andarsene uno dietro l'altro, passando loro accanto come spiriti e non facendo altro che aumentare il clima angosciante di quel momento pazzo.
La verità era che Dirk era troppo intelligente per non aver capito, e nei lunghi giorni passati insieme aveva avuto modo di comprenderla più di quanto entrambi pensassero. Forse ne era anche un po' innamorato, ma era troppo egoista per imporsi di fare qualcosa del genere, o forse era più semplicemente sano di mente.
"Mi dispiace" sussurrò Michelle osservando quei vispi occhi azzurri, in quel momento tremendamente spenti.
Dirk le si accostò, mentre il fiume di gente li travolgeva e li isolava dal resto del mondo, portandoli in una dimensione strana in cui esistevano solo loro due.
La prese per le spalle delicatamente e le diede un semplice bacio sulla fronte, un addio struggente che anche per il cuore indurito di Michelle fu un colpo più che duro. Forse anche lei ne era un po' innamorata a dirla tutta, forse Dirk gli piaceva, ma dopotutto come era possibile non innamorarsi di un ragazzo così... d'improvviso si accorse che gli avrebbe voluto dire di non lasciarla, di fare questo sforzo per lei, che ce l'avrebbero fatta insieme e che alla fine lo avrebbe portato con lei nel suo villaggio, lontano da tutto e da tutti.
Voleva dirgli che gli avrebbe fatto assaggiare le specialità della sua famiglia, gli avrebbe insegnato i racconti della sua terra, e che forse così avrebbe riavuto il fratello che le avevano tolto. Il suo egoismo le fece paura per un attimo, ma era okay, era abituata a sé stessa. Avrebbe voluto piangere, o almeno dire qualcosa di bello, abbracciarlo e dirgli quanto fosse importante, quanto l' avesse aiutata, quando somigliasse al suo Thomas; avrebbe voluto raccontargli quanto gli mancasse e chiedergli di continuare a passare le notti a guardare le stelle, come facevano durante l'addestramento, ma semplicemente non lo fece, rimase lì, immobile, impalata, fredda come una statua di ghiaccio, a guardarlo.
Dopotutto ci era abituata.
Dirk si staccò, la guardò un'ultima volta negli occhi e se ne andò, abbandonandola a fronteggiare da sola quel mare di emozioni che si era autocreata ma in cui non riusciva nemmeno a stare a galla. Lasciò la piazza per ultimo, seguendo coloro che avevano declinato l'offerta di Smith di prepararsi a morire per il mondo, camminando con passo lento e a tratti strascicato.
La giovane si girò disorientata e rimase a fissare i capelli biondo cenere del suo unico amico fino a quando la sua intera figura snella non scomparve nel buio, e lì, si sentì nuovamente sola.
La sua attenzione venne richiamata da quello che adesso era diventato ufficialmente il suo Comandante, che continuò con il suo discorso di incoraggiamento vecchio stile. Nonostante l'esiguo numero di persone rimaste suggerisse il contrario, era un ottimo oratore, e l'espressione militaresca con cui aveva parlato prima si era leggermente ammorbidita adesso, cosa che lo faceva sembrare ancora più giovane.
Michelle non sapeva perchè fosse lì, non lo capiva e nemmeno se lo spiegava, e a tratti la cosa la divertiva. Non aveva paura dei giganti, anzi, le sue ottime capacità fisiche le permettevano quasi di divertirsi quando dava loro la caccia, ma la sua scelta non aveva comunque senso. Forse era stata quella frase a colpirla.
"Dedicate i vostri cuori".
Ci vuole coraggio a chiedere a qualcuno che ha ancora tutta la vita davanti di dedicare il proprio cuore ad una causa folle e imprecisa come quella, anche se a dire la verità quello non era esattamente il caso di Mish. Non aveva cause a cui dedicare il cuore, non aveva aspettative chissà quanto rosee e in quel momento era solamente confusa, o forse voleva semplicemente capire che cosa portasse tutto il Corpo di Ricerca, e Smith in primis, ad essere così vogliosi di lottare contro un muro di gomma. Voleva capire cosa ci fosse dietro al fervore con cui andavano tutti a suicidarsi, perchè non riusciva a spiegarselo. La ricerca della Libertà? Ma quale libertà? Erano tutti schiavi di sé stessi, lì dentro, e lei lo era per prima.
L'uomo biondo finì il suo discorso riversando sui pochi coraggiosi rimasti la sua stima e la sua piena fiducia, e tutto si concluse così. L'indomani sarebbe stata data loro la divisa ufficiale e sarebbero stati assegnati ad una squadra, ma per il resto era tutto finito, e si congedarono con il consueto saluto militare.
Quando Smith se ne andò Michelle avvertì la strana tensione che le contraeva i muscoli affievolire leggermente la sua presa. Non sapeva cosa pensare di quell'uomo ma sinceramente era l'ultimo dei suoi problemi. Adesso che si era separata da Dirk e anche da tutti coloro con cui aveva fatto un minimo di conversazione durante l'addestramento si sentiva sola, e il peso della sua vita tornava a gravarle sulle spalle come un vecchio amico. Il riassunto di ciò che aveva vissuto durante gli ultimi anni minacciava di tornare a tormentarle gli occhi come un film dell'orrore, ma la lenta marcia verso il dormitorio le diede un pretesto più che sufficiente per distrarsi.
Una guardiola scortò il drappello nelle nuove stanze e Michelle si buttò sul letto senza curarsi nemmeno di sistemare le poche cose che possedeva, troppo stanca per riuscire a fare qualcosa di veramente produttivo. Condivideva la stanza con altre due ragazze parecchio carine, che per la verità sembravano abbastanza in confidenza, e decise di far loro il favore di isolarsi da sola senza bisogno che si sforzassero di coinvolgerla.
Si svestì svogliatamente e dopo essersi lavata finì per addormentarsi praticamente subito, cadendo in un sonno dominato dai suoi soliti incubi. L'indomani sarebbe iniziato un nuovo capitolo della sua vita e non riusciva ancora a capire se esserne felice o triste, e ad ogni modo quando il mattino successivo vennero a svegliarla non riuscì minimamente a sentirsi allegra. I segni violacei perennemente ad addobbarle gli occhi non si smentivano neanche quel giorno, e nonostante non le importasse granchè le dispiacque un poco di apparire così sfatta il suo primo giorno all'interno del Corpo di Ricerca.
La nuova divisa comprensiva della giacca con le Ali della Libertà era stata appoggiata sul suo letto dalle compagne, ed ebbe a malapena il tempo di indossarla che dovette correre in mensa per fare colazione. Nonostante le nuove reclute fossero poche il Corpo di Ricerca era mediamente numeroso e tutti i soldati erano seduti ai lati di grossi tavoli di legno, la cui maggior parte era già occupata. Michelle seguì svogliatamente il flusso dei commilitoni e si sedette in un tavolo a caso accanto a persone a caso, senza stare troppo a badare a chi avesse realmente vicino, rimpiangendo con tutto il cuore Dirk e la sua strana capacità di farle venir voglia di mangiare anche al mattino.
Mentre riempiva lo stomaco con il cibo insapore offerto dall'esercito iniziò ad osservare attentamente la stanza, come era solita fare. Era di pietra come il resto dell'edificio, molto alta e ben illuminata, decorata dai visi di compagni e superiori che in quel momento erano un miscuglio divertente di smorfie ed emozioni. Seguendo la direzione di un raggio di sole scorse la testa bionda del comandante Smith e si mise a guardarlo di sottecchi. Insieme a lui era seduto un uomo della sua stessa stazza, i capelli castani e un grosso naso che conferiva al suo volto un'aria stupida ma severa, che si grattava svogliatamente la corta barba castana. Una donna con i capelli chiarissimi era seduta al suo fianco e sembrava osservarlo di sfuggita ogni volta che ne avesse l'occasione, mentre un'altra figura le era seduta di fronte, completamente scomposta e quasi totalmente addormentata.
Prima che potesse guardare altro le fu praticamente imposto di trangugiare tutto il resto dell'insipida colazione per potersi spostare nel cortile esterno, dove i soldati sarebbero stati assegnati alle squadre in base alle loro capacità.
Non appena si disposero tutti in lunghe file ordinate, con le squadre più anziane avanti, Smith prese a parlare. Dopo qualche breve convenevole di benvenuto iniziò a spiegare come fosse divisa l'Armata Ricognitiva: oltre a lui, il Comandante, 4 Vice-Comandanti, 1 Caposquadra Veterano, 8 Capisquadra, 6 infermieri, 5 veterinari, 5 addetti alle paghe e il restante numero di soldati semplici, con un totale di circa 300 unità. Le squadre totali erano 10, ognuna composta da un numero variabile di soldati compreso tra 4 e 6, comandata da un Caposquadra, a sua volta agli ordini dei 4 Vice-Comandanti, che ovviamente a loro volta rispondevano al Comandante in uno schema logico, semplice ed efficace.
Iniziarono a sbraitare nomi, e uno ad uno gli interessati si spostarono fino a raggiungere la squadra assegnata, unendovisi. Ogni squadra completa lasciava il cortile per andarsi ad allenare secondo le direttive del caposquadra, e Michelle stette pazientemente ad aspettare il suo turno fino a quando non rimase una delle ultime ad essere ancora presente. Quando sentì il suo nome scattò sull'attenti e si vide puntare addosso due disarmanti occhioni azzurri simili a cristalli provenienti direttamente da un altro pianeta. Non aveva notato che il Comandante avesse occhi così affascinanti, ma sapeva solo dire che sentirseli addosso le dava quasi fastidio. Quell'uomo la incuriosiva. Ad ogni modo il suo nome venne associato a quello di un certo Mike Zacharias, che Michelle scoprì essere il nasone visto poco prima seduto proprio accanto a Smith, che la squadrò a sua volta da capo a piedi, sempre mantenendo quell'espressione tra il misterioso e l'ebete.
La ragazza andò a sistemarsi al suo fianco, mettendosi in posizione di riposo, ma si allarmò parecchio quando si accorse di una presenza improvvisa decisamente troppo vicina al suo corpo. Con la coda dell'occhio vide il grosso naso del suo nuovo caposquadra a pochi centimetri dalla guancia, e un'ondata di disagio minacciò di provocarle reazioni che con ogni probabilità l'avrebbero spedita direttamente in prigione. L'uomo la annusava intensamente e la cosa più preoccupante era che per lui quella sembrava l'azione più normale del mondo, mentre in lei si faceva sempre più spazio una forte sensazione di malessere.
"Oh non farci caso, ha il vizio di annusare le persone quando le incontra per la prima volta" sentì dire da una voce maschile che le parve riconoscere come quella del Comandante, mentre Mike sembrò finire la sua seduta olfattiva staccandosi da lei con un leggero sorriso soddisfatto. Michelle guardò prima lui, poi Smith, che sembrava perfettamente a posto con quel comportamento bizzarro, e le venne da ridere. Nel Corpo di Ricerca c'erano solo svitati, e la cosa non capiva se la divertisse o la spaventasse.
Insieme a Michelle finì nella squadra di Mike anche un'altra recluta, un tipo alto e snello, con lunghi capelli scuri raccolti ordinatamente in una coda bassa. Il ragazzo, dopo essersi beccato anch'egli una buona annusata dal suo nuovo capo, si sistemò dietro ai nuovi compagni.
Mentre gli ultimi rimasti si accingevano a riunirsi in un'unica ultima squadra, Mike diede l'ordine di spostarsi all'area allenamento e i 4 si misero in fila indiana iniziando a marciare. Dovettero sfilare proprio davanti al Comandante in persona, che dopo aver dato una pacca sulla spalla a Zacharias gli intimò in tono abbastanza informale di andarci piano, e Michelle, l'ultima della fila, gli passò accanto guardandolo fermamente nei brillanti occhi azzurri. Non sapeva perchè, ma voleva sfidarlo. Durò tutto pochissimi secondi ma credette di essere stata sufficientemente eloquente, e decise che avrebbe studiato quell'uomo, in qualche modo.
Mike li portò fino all'area adibita agli allenamenti a cui i soldati di ogni età si dovevano periodicamente sottoporre, e, dopo un breve riscaldamento, ordinò loro di combattere. Michelle ne era entusiasta, come ogni volta che doveva affrontare qualcuno nel corpo a corpo, ed iniziò a ripassare le sue tecniche preferite. Adorava l'espressione di sbigottimento che si creava sui volti degli avversari quando finivano atterrati ed erano costretti a riconoscere la sua completa supremazia, ma specialmente amava imparare nuove cose e mettersi alla prova con avversari diversi.
Oltre a Zacharias la squadra era composta da Michelle, il ragazzo dai capelli lunghi e una donna minuta, una certa Edith. Come primo incontro venne stabilito che avrebbero combattuto le due donne, che subito si misero in posizione una di fronte all'altra. Mike mosse la mano e il combattimento ebbe inizio. Edith sferrò un montante all'avversaria, che indietreggiò e che fu subito costretta ad abbassarsi velocemente per evitare un calcio alla testa. Colse l'occasione e puntellandosi sulle mani, cercò di colpirle la caviglia per farla cadere, ma Edith non era una stupida, e riuscì a fare una sorta di sforbiciata per evitare il colpo.
Le due donne si allontanarono di nuovo e presero a girarsi intorno come due animali.
La più anziana riattaccò e stavolta colpì Michelle allo stomaco, portandola ad indietreggiare, ma la ragazza si riavvicinò di colpo, le balzò addosso e con una mossa attentamente studiata la fece finire in terra, con la gola calda stretta tra le dita.
Nonostante la donna cercasse continuamente di divincolarsi la presa era troppo ben fatta per permetterle di liberarsi, e dopo qualche secondo Mike diede il segnale di stop. Edith si risistemò i lunghi capelli neri in una coda alta, se ne andò senza nemmeno guardare l'avversaria, e a Michelle venne ordinato di combattere contro il ragazzo, il cui nome si scoprì essere Jonathan.
Si sistemarono l'uno di fronte all'altro e dopo il segnale Michelle non aspettò altro e caricò. Un paio di colpi vennero parati, ma altri fecero centro. Jonathan rispose, dimostrando una velocità quasi impressionante e riuscendo a colpire l'avversaria un paio di volte, ma Michelle non aveva più voglia di girarci intorno e dopo avergli dato un calcio allo stomaco, facendo leva sulle sue stesse braccia lo scaraventò in terra, senza nemmeno degnarsi di bloccarlo. Voleva che agli occhi del suo caposquadra bastasse quello a capire quanto valesse e in effetti fu così. Mike la squadrò con i suoi occhi piccoli e allungati, abbandonando completamente l'espressione stupida che le era stata attribuita poco prima, e mentre Jonathan si rialzava e si rimetteva al suo posto, si slacciò la giacca della Legione Esplorativa, e si mise esattamente davanti a Michelle.
I due presero a trafiggersi con gli occhi, e con la scusa di studiarsi si sfidarono silenziosamente. Il combattimento ebbe inizio e fu molto diverso dai precedenti. Zacharias era alto quasi due metri e il suo corpo era a dir poco muscoloso, un solo colpo ben dato sarebbe potuto essere quello decisivo per l'avversaria, e questo lo sapevano entrambi.
I due balzarono l'uno verso l'altro quasi all'unisono, iniziando a colpirsi ripetutamente. Mike era fortissimo e questo era indubbio, ma la sua possenza fisica gli impediva di sviluppare a dovere l'agilità, cosa che Michelle possedeva in abbondanza. Ciò permetteva di creare tra i due uno strano equilibrio, perché i colpi di uno venivano facilmente schivati, mentre quelli dell'altro se andavano a segno non facevano nemmeno troppi danni.
Velocità contro forza bruta, e Michelle si trovò per la prima volta in difficoltà. Nemmeno quando era piccola aveva combattuto contro qualcuno di così grosso, e pur di mettere fine all'incontro provò ad atterrarlo con una delle sue mosse speciali. Fece una finta, scartò di lato e tirò un calcio alla tempia, che venne parato all'ultimo secondo. Prima che Mike potesse girarsi Michelle gli tirò un colpo tra le costole con il lato della mano e appena potè gli balzò sulla schiena, afferrandolo per il collo taurino.
L'uomo si sbilanciò, ma era troppo forte per cadere, anche se forse quel lieve spossamento gli diede un'idea. Se si fosse lasciato scivolare sarebbe piombato a terra su Michelle, schiacciandola letteralmente tra la terra e il suo stesso corpo.
Senza perdere tempo si lasciò cadere all'indietro, e la ragazza temette davvero di essere sul punto di morire schiacciata da 120 kg di idiota. Cercò di scartare di lato per salvarsi, e puntellandosi con i talloni sulle anche dell'avversario e riuscì a girarsi, o almeno a spostarsi.
Ci fu un grosso impatto e una nuvoletta di polvere si alzò dalle due figure, lasciandole totalmente indistinte fino a quando tutta la terra non si ridepositò sul suolo. Mike era sdraiato supino, ansante, e sopra di lui c'era Michelle, scompostamente a cavalcioni e con una mano stretta attorno al collo dell'avversario, e solo allora, mentre riapriva lentamente le palpebre e puntava lo sguardo sull'avversario, si accorse che anche Mike avesse degli incredibili occhi tra l'azzurro e il verde.
I due si guardarono, ansimando per riprendere fiato. Michelle era abbastanza convinta di essersi slogata un polso, o di avere comunque dei danni, perchè nella fretta di girarsi per evitare la caduta la mano le era rimasta sotto la schiena del Caposquadra, che adesso la stava letteralmente schiacciando con tutto il suo peso. L'incontro lo aveva tecnicamente vinto lei ma ne era uscita ferita, e questo bastava a farle sentire di aver perso. Se non fosse stato un allenamento Mike si sarebbe sicuramente rialzato e l'avrebbe potuta battere facilmente.
Zacharias si tolse con uno strattone la mano dal collo ed iniziò a rialzarsi. Michelle rimase a massaggiarsi il polso dolente, tenendoselo fermo con l'altra mano per impedirsi di muoverlo. Vide l'ombra di una grossa mano vicino al viso, alzò lo sguardo e vide Mike, con un lieve sorriso, che la invitava ad aggrapparsi per rialzarsi. La ragazza non ci pensò due volte e l'afferrò, sentendone i calli e le escoriazioni tra le dita, tirandosi su senza muovere il polso dolente. Il caposquadra le afferrò con una delicatezza disarmante proprio la mano indolenzita, e senza preavviso prese a tastare tra tendini e muscoli, come a verificare se ci fosse qualcosa di rotto.
"Evita di piegare le dita velocemente" le disse con noncuranza, guardandola un'ultima volta negli occhi e tornando al suo posto al di fuori dell'area di combattimento.
Michelle ne era convinta, nel Corpo di Ricerca erano tutti pazzi.
SPAZIO AUTRICE:
Okay, sembrava impossibile ma ce l'abbiamo fatta, siamo qui. Scusate se il capitolo è un po' macchinoso e un po' lungo, ma volevo introdurre per bene le cose e dovevo mettere dentro un po' tutti gli elementi che avrei ripreso dopo.
In ogni caso, Mike è un daddy devastante e nulla lo amo spero che mi calpesti ciao
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