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IX. I'll follow you into the park, through the jungle, through the dark
girl, I never loved one like you

Una grossa goccia cadde dal cielo, solitaria e impavida, andandosi a scontrare contro un viso caldo per solcarne la guancia. A Michelle parve una lacrima, ma Erwin non ne aveva ancora versata mezza, e capì subito che non si trattasse del suo pianto. L'uomo continuava a fissare la vecchia lapide in silenzio, ma non piangeva. L'unica debolezza che si era concesso di mostrare era la depressione che lo tormentava, più perchè si sentisse completamente incapace di nasconderla che per altro. Si era lasciato andare, e adesso Michelle gli circondava le ampie spalle come se fosse un bambino. Era avvolto nel suo profumo, ed entrambi erano ancora seduti in terra, anche se a giudicare dal gocciolio sempre più persistente ci sarebbero rimasti ancora per poco.
Infatti in meno di un minuto iniziò a piovere, ma non si mossero. I cappucci li proteggevano quel tanto che bastava, ed Erwin non aveva ancora la forza per andarsene, o almeno così credeva. Da una parte non desiderava altro che tornarsene al suo Quartier Generale, dove il fantasma di suo padre lo avrebbe perseguitato solo per alcuni attimi e lui avrebbe potuto vivere i suoi momenti di pace, dall'altra voleva tenere ancora compagnia al cadavere del genitore. La pioggia si intensificò d'improvviso e le gocce fredde lo aiutarono a riscuotersi, si impose di riprendere le redini del suo io e di tornare a padroneggiare la solita mente fredda e calcolatrice.
"Andiamo" disse semplicemente, iniziando ad alzarsi. Michelle lo guardò dal basso con i suoi meravigliosi occhi ambrati, come a volersi accertare che fosse sicuro della sua decisione.
Alla fine si alzò anche lei, e dopo aver dato un ultimo sguardo alla pietra grigia se ne andarono, la pioggia che picchiettava incessantemente sulle loro spalle.
Il Comandante cominciò a pensare a come ritornare in base pur di distrarsi, e si accorse di come tutta l'area circostante fosse coperta da grossi nuvoloni neri, che a dirla tutta non promettevano nulla di buono e che in quel momento parevano una perfetta incarnazione del suo umore. Ad ogni modo era un grosso problema, se si fossero dovuti fermare avrebbero dovuto procurarsi del cibo e qualcosa con cui scaldarsi, e anche del mangime per i cavalli. Sperò che i soldi che aveva dietro bastassero per tutto.

Arrivarono alla vecchia casa in qualche minuto, trovandosi già completamente fradici.
Michelle si mise subito a scrollarsi, imprecando e gemendo, togliendosi gli stivali e tutti gli indumenti bagnati.
"Io odio l'acqua" la sentì mormorare in tono lamentoso.
"Beh non possiamo tornare indietro. Se ci volessimo azzardare a partire questo sarebbe probabilmente il momento migliore, ma rischiamo che il temporale ci colpisca mentre siamo in viaggio, e non sapremmo dove ripararci. Direi che la cosa migliore da fare è aspettare qui fino a quando non si placa tutto e poi ripartire"
"Ma è quasi sera"
"Nell'eventualità che continui a piovere potremmo essere costretti a passare la notte qui, se per te non è un problema"
A Michelle balenarono davanti agli occhi diversi scenari, e dopo aver deglutito il grosso groppo emotivo che aveva in gola, annuì abbastanza vigorosamente.
"É meglio che vada a cercare qualcosa da mangiare prima che inizi a diluviare" continuò lui tirando fuori un sacchetto di monete.
La vide infilarsi una mano nello scollo della camicia e per un attimo credette stesse succedendo qualcosa di inaspettato, ma poi tirò fuori delle banconote dal reggiseno, porgendogliele.
"Non ce n'è bisogno" balbettò ancora un po' turbato dal pensare a dove fossero realmente stati quei soldi.
"Non rompere" gli rispose e a quel punto cedette e prese in mano i fogli di carta grigiastri.
"Cerca di accendere il fuoco"
"Certo, con la legna bagnata"
"Stupiscimi" le rispose sarcastico uscendo dalla piccola casa.

Michelle sbuffò e si mise subito all'opera. Dissellò i cavalli e portò tutti i finimenti dentro per evitare che si rovinassero, tolse il telo dall'abbeveratoio per farlo riempire di acqua piovana e si mise alla ricerca di qualcosa da ardere. Riuscì miracolosamente a trovare sterpaglie e qualche ceppo asciutto da una vecchia catasta e tornò dentro per accendere il fuoco nel piccolo camino di pietra. Quando finalmente riuscì ad appiccare una fiammella abbastanza stabile, si mise a pulire la stanza ancora immersa nella polvere. Se ci fosse stato il Capitano Levi probabilmente sarebbe svenuto. Tra uno sbuffo e l'altro riempì secchi e bacinelle di acqua piovana, utilizzandoli poi per pulire le superfici dallo sporco. Quando il fuoco ormai scoppiettava vivacemente nel camino e l'aria si era fatta calda e umida, si slacciò la camicia, che in pochi altri minuti finì appoggiata ad una sedia. L'unica cosa che le copriva il busto adesso erano le cinghie e il reggiseno bianco, e sperò vivamente che Erwin fosse ancora in alto mare, anche se sotto sotto non gli sarebbe dispiaciuto farsi vedere così. Era curiosa di vedere quale sarebbe stata la sua reazione, ma appena si rese conto di quei pensieri si vergognò e si rivestì immediatamente, anche al costo di dover sudare.

Il tempismo parve leggerle nella mente, perchè Erwin entrò dopo neanche un minuto reggendo tra le braccia una grossa busta di carta carica di viveri. La appoggiò sul tavolo, accorgendosi dell'inaspettata pulizia e prendendo a passare gli occhi lungo tutte le superfici.
"Wow" lo sentì mormorare.
"Ho fatto del mio meglio" rispose lei avvicinandosi e cominciando a tirare fuori il cibo, famelica per aver saltato il pranzo. Erwin si accorse solo in quel momento del bottone della camicia ancora aperto, e lo sguardò scivolò inavvertitamente sulla riga morbida del seno. Si sentì avvampare e si morse il labbro. Sperò con tutto sé stesso di dover dormire lì quella notte, ammettendo di essersi già creato una miriade di diversi scenari.
"...quindi deduco tu voglia cucinarli insieme, no? Erwin" la sentì mormorare lentamente, ma la sua attenzione era ancora focalizzata sull'accenno di seno visibile.
"ERWIN!"
Il Comandante alzò lo sguardo d'improvviso, rosso come un pomodoro, e la vide a pochi centimetri da lui, un sorriso falso sul volto e l'espressione di chi ti ha appena trovato con le mani nel sacco.
Erwin arrossì ancora di più, ma era inutile negare; le allacciò velocemente il bottone della camicia per non essere più tentato.
"Meglio così" balbettò spostandosi e lasciandola lì per potersi dileguare. Uscì un attimo con un pretesto, e si prese la testa tra le mani. Voleva farle di tutto, non riusciva a trattenere i pensieri, doveva stare calmo, altrimenti sarebbe stato un disastro. Sì, doveva assolutamente calmarsi e smetterla di pensare alle sua dannatissime forme, o le sarebbe saltato addosso.
La pioggia lo aiutò a schiarirsi le idee, e perse gli occhi nel denso grigiore delle nuvole. La depressione minacciò di tornare a tormentarlo, e rientrò dentro per distrarsi.

Si mise all'opera insieme a Michelle per cercare di preparare qualcosa di commestibile, e non poteva immaginare che piega avrebbe preso la situazione. Iniziarono a farsi dei subdoli ed infantili dispetti. Michelle gli tirava addosso gli scarti delle verdure, Erwin rispondeva al fuoco e la punzecchiava sulle costole con le dita, ed entrambi ridevano e continuavano a giocare come bambini. Lui non poteva saperlo, ma Michelle lo stava facendo al solo scopo di tirarlo su di morale. Aver visto la distruzione nelle sue iridi l'aveva scossa, e si era decisa a fare tutto il possibile per distrarlo.
Erwin, tra le risate, la prese saldamente per i fianchi e lei non riuscì più a divincolarsi dalla sua stretta. Finirono faccia a faccia, i nasi sul punto di sforarsi, e i sorrisi si spensero lentamente. Senza poterlo evitare iniziarono a baciarsi, unendo le labbra in una danza morbida e sensuale, e Michelle lasciò che le mani iniziassero ad esplorargli il petto, passando le dita sulla camicia per sentirne ogni dannatissimo muscolo. Sotto i polpastrelli il tessuto setoso nascondeva avvallamenti e dune calde, i pettorali erano enormi e gli addominali sembravano non finire mai. Una strana sensazione bruciante si fece spazio dentro di lei come ogni volta che si baciavano o che stavano semplicemente insieme, e quando lui le propose la lingua si sentì sul punto di sciogliersi. Le leccò il labbro inferiore chiedendo l'accesso, e lei dischiuse la bocca, venendo assalita quasi subito da quel muscolo languido e caldo. Le due lingue presero a lottare tra di loro, il bacio divenne più passionale, ed Erwin non ce la fece più e le afferrò i glutei con le mani, strizzandoli tanto forte da farla gemere. Quel suono lo mandò ancora più in estasi e senza pensarci troppo la sollevò, mettendola seduta sul tavolo e sentendo di essere vicino a perdere il controllo. Si staccò dalle sue labbra solo per riprendere fiato, avventandosi sul collo per cospargerlo di baci umidi e piccoli morsi. La sentì sospirare, e quando schiuse le gambe i due bacini furono liberi di scontrarsi. Era la prima volta che succedeva, era la prima volta che si spingevano così in là, ma Erwin non riusciva a goderselo. Le mura di pietra della sua piccola vecchia casa erano troppo pregne di ricordi, e anche in una situazione come quella non poteva fare altro che sentirsi osservato, come se i fantasmi dei suoi genitori fossero lì a guardarlo inorriditi.
Quando le due nature strusciarono accidentalmente si dovette fermare e si staccò lentamente dalla pelle arrossata del suo collo, ansimando.

Michelle riaprì gli occhi e si chiese che cosa fosse successo. Le guance le andavano a fuoco come tutto il resto del corpo e la sensazione del rigonfiamento duro e grosso che l'aveva sfiorata poco prima era ancora troppo vivida per essere considerata innocua. Si sentiva in completa balia di quel contatto tanto leggero quanto eccitante, e la sua mente era un continuo susseguirsi di pensieri strani. Non aveva mai avuto esperienze di quel tipo, aveva letto qualcosa in qualche libro ma gli scrittori spesso davano troppe cose per scontate, e non si era mai immaginata che potesse veramente essere così. Si vergognava dì ciò che in quel momento formulava la sua mente, ma si riscosse quando Erwin parlò, la voce roca e ansante mai stata tanto sensuale.
"Scusami, ma..." sussurrò appoggiandole la fronte sulla spalla e circondandola con le sue braccia forti.
"... non mi va di farlo qua, non-non ci riesco" ammise, vergognandosi e rassegnandosi al fatto che avrebbe dovuto andarsene in giro con i pantaloni gonfi per un bel po'. Non che avesse raggiunto il massimo, però la divisa era abbastanza stretta, e per problemi come quello in genere non aiutava.
Michelle gli circondò la testa con un braccio, spingendola verso lo sterno e baciandolo dolcemente sulla fronte. Era un animo così puro... voleva dirglielo, ma non se la sentiva di esporsi così tanto e decise semplicemente di continuare a cullarlo fino a quando non si fossero calmati entrambi. I profumi si mischiarono, i respiri si regolarizzarono ed entrambi spensero il fuoco che ardeva dentro ai rispettivi corpi. Quando Erwin si staccò era ancora rosso sulle guance, e Michelle gli diede un ultimo bacio sulla punta del naso prima di scendere dal tavolo e cercare di distrarsi tornando a cucinare.

Mentre lavorava pensava, e pensare la faceva solo stare male. Che diamine stava facendo? Non poteva, non doveva. La rabbia contro sé stessa prese il sopravvento fino a quando non si ritrovò a combattere con le lacrime, con un nodo ben stretto attorno alla gola. Avrebbe voluto sotterrarsi, ogni minuto la sua mente ritornava a quel contatto, e finiva immancabilmente per tagliarsi, bruciarsi, mettere le cose nel posto sbagliato o combinare qualche pasticcio. La cosa che la mandava di più in bestia era che non riusciva dannatamente a distrarsi, si sentiva completamente succube di Erwin e del suo tocco e non riusciva a concludere niente. Non aveva mai creduto di essere veramente interessata agli uomini fino a quando non aveva incontrato lui, e si rese conto con amarezza che Erwin ormai aveva preso troppo potere su di lei. Erano mesi che andava avanti e sentiva che se solo gli avesse ordinato di soddisfarlo lo avrebbe fatto, qualsiasi cosa gli avesse detto lei avrebbe ubbidito.

Era completamente persa nei suoi pensieri e nella rabbia verso sé stessa, ma un forte boato improvviso la riscosse. Si bloccò, il coltello ancora nella mano e gli occhi spalancati. Odiava i temporali, la terrorizzavano. Dopo la morte di Thomas c'era stato il temporale, e la cosa che le faceva odiare quel susseguirsi di tuoni e lampi era la consapevolezza che quel giorno, se il temporale fosse giunto un'ora prima, probabilmente Thomas sarebbe stato ancora vivo.
Un altro boato fragoroso le squarciò la mente, e istintivamente lasciò cadere ciò che reggeva in mano e si portò le dita sulle orecchie, gli occhi strizzati dal fastidio.
La stretta di Erwin fu immediata e ben accetta, tanto calda da farla sentire al sicuro. "Hey, hey, hey, che succede, sei sconvolta" le sussurrò ad un orecchio, avvertendo il solletico dei riccioli sul volto.
"Odio i temporali, mi fanno paura"
"Che bambina adorabile" la prese in giro lui con una risata amorevole.
"Faccio ancora in tempo a tagliarti le-"
"Come sei vendicativa" la interruppe lui giocando con le cinghie del suo equipaggiamento. "Intanto ti sei già calmata"

Michelle fece delle smorfie come a volerlo imitare ed Erwin si allontanò scuotendo la testa. Ripresero entrambi a finire di preparare, e fortunatamente per lei non dovette lavorare ancora molto, anche perchè la sensazione di inquietudine che le procurava il temporale era asfissiante. Erwin aveva "apparecchiato" la tavola con ciò che aveva trovato, e si erano messi a mangiare silenziosamente la zuppa di cereali appena preparata, scambiandosi solo qualche battuta. Finito di cenare Erwin si offrì di andare a dar da mangiare ai cavalli, e Michelle ravvivò il fuoco, rabbrividendo ancora dalla paura. Il suono della pioggia era rilassante, ma il temporale infuriava con tuoni e lampi continui, turbandola sempre di più.
Erwin rientrò, fradicio come un pulcino nonostante fosse rimasto fuori pochi minuti, e apparve subito leggermente preoccupato.
"C'è un piccolo problema" scandì slegandosi la mantella verde e portandola vicino al camino per farla asciugare. "Su ho trovato solo il mio vecchio materasso, ed è singolo" continuò guardandola negli occhi con aria seria.
"Lo porterò qui e tu dormirai sopra, io mi metterò per terra"
A Michelle scappò una debole risata, che si intensificò quando intravide il lieve rossore sulle sue guance. Era sul punto di fare sesso con lei poco prima e adesso si offriva addirittura di dormire per terra.
"Che c'è?"
Avrebbe voluto dirglielo ma più semplicemente scosse la testa ridendo e annuì, consapevole del fatto che alla fine lo avrebbe trascinato a dormir con lei. Si sentì strana per desiderare così tanto di stare con lui, ma ormai stava imparando ad accettarlo. Salirono le scale, ed Erwin sembrò nuovamente sul punto di mettersi a piangere. C'era un unica stanza come sotto, piena di polvere e di vecchi mobili mangiati dalle tarme. Probabilmente l'intera famiglia dormiva lì, e Michelle provò un ennesimo slancio d'affetto nei confronti del suo Comandante, che in tutto ciò se ne stava fermo immobile in mezzo alla polvere, il grosso corpo ormai divenuto la semplice maschera di un bambino tanto piccolo quanto fragile. Non aveva mai provato un istinto protettivo così forte, non pensava nemmeno che fosse possibile, eppure aveva una voglia matta di abbracciarlo, proteggerlo, fargli sentire quanto fosse amato e quanto fosse perfetto per lei. Non era tanto stupida da non accorgersi che Smith per molti fosse solo un sadico assolutista capace di far morire decine di soldati senza un briciolo di rimorso, ma lei riusciva a guardare al di là del suo muro impenetrabile di superbia e divinizzazione dell'io. Già, perchè Erwin Smith era un egoista assetato di sapere, ma a lei non importava, perchè in primis credeva di esser peggio. Lei era riuscita ad andare oltre al suo stoicismo, lo aveva visto debole senza farlo sentire in imbarazzo e se ne era lentamente innamorata. Prima aveva apprezzato l'uomo impeccabile e gentile, poi il demone calcolatore che conduceva i suoi sottoposti dritto all'inferno, e infine aveva avuto modo di innamorarsi del bambino con gli occhioni sempre spalancati. Quel corpo muscoloso e imponente era solo una corazza, una custodia perfetta per tutto ciò che Erwin era davvero, e lei lo amava da impazzire.

Michelle gli appoggiò una mano sulla spalla e lo vide sussultare. Gli si parò davanti, circondandogli il viso con le mani come in preghiera, perdendosi nelle sue meravigliose iridi celesti e notando come la penombra vi gettasse sopra un manto grigiastro. Sembrava abbattuto, a tratti spaventato, e si mise in punta di piedi per lasciargli un lieve bacio sul naso. Erwin sorrise leggermente e si scostò, prendendo un piccolo giaciglio spolverato di recente. Probabilmente quando era salito la prima volta aveva provato a togliere la polvere come poteva, e anche se non si poteva dire che fosse pulito, ma alla fine era la cosa migliore che potessero trovare.
Riuscirono a portarlo giù dalle scale e lo buttarono in terra vicino al camino.

Michelle vi si lasciò cadere sopra, sussultando ogni qualvolta un tuono squarciasse la notte. Odiava avere paura di qualcosa, e ormai aveva imparato a reprimerla, ma i temporali la terrorizzavano ogni volta e non poteva evitarlo.
"Beh... buonanotte"
Erwin si era sistemato accanto al camino, appoggiando la schiena al muro e distendendo le gambe. Le fiamme proiettavano sul suo viso rassicurante una moltitudine di ombre danzanti e Michelle sorrise, materna. Si spostò sbuffando, gattonando fino a lui, lo prese per un polso, ridendo della sua espressione interrogativa e iniziò a tirarlo. Erwin oppose una lieve resistenza, ma lei non era il tipo da mollare la presa e quando riuscì a farlo sedere sul materasso era leggermente ansimante. Aveva un suo orecchio tra i denti ed erano abbastanza aggrovigliati nella loro lotta, ma alla fine il Comandante ammise la sconfitta e si slegarono. Il giaciglio era piccolo e stretto, ad Erwin i piedi uscivano di parecchio e senza stringersi bene uno dei sue sarebbe senza dubbio caduto, ma dopotutto era divertente. All'inizio ci fu un po' di imbarazzo, nessuno dei due sapeva come sistemarsi, e lo spazio esiguo non faceva altro che complicare le cose, ma alla fine Erwin prese la situazione in mano e la circondò con un braccio, lasciando che si accoccolasse sul suo petto. Sospirò, il sorriso ebete che si spegneva lentamente e lo sguardo che si appoggiava sulle pietre del soffitto. Gli faceva ancora male stare in quella casa, e ogni cosa che faceva lo tormentava, ma almeno non era da solo. I fantasmi dei suoi genitori erano nascosti dietro ogni angolo, sigillati dentro ogni centimetro di roccia, e lui non era più in grado di sopportare i loro sguardi. In più l'amarezza per la relazione con Michelle ogni tanto lo assaliva. Non sapeva come ma non ne era ancora convinto, o meglio, era sicuro di provare qualcosa di abbastanza forte per lei, ma i suoi sentimenti andavano contro tutto ciò che si era prefissato. Si era detto di non legarsi a nessuno e alla fine si era trovato con un pugno di amici e quella che stava diventando qualcosa di simile ad un'amante. Si era detto che avrebbe risolto il rompicapo propostogli da suo padre e invece non aveva nulla in mano, e il pragmatico ottimismo che lo aveva pervaso ai tempi dell'attacco dei due anomali adesso si era estinto, e ad ogni modo era stata una sensazione presto eclissata dal dolore e dallo sconforto per le perdite. E a tal proposito, le dita dei soldati caduti sotto il suo volere si stringevano sempre di più attorno alla sua gola, e ogni tanto si sentiva sul punto di soffocare. Probabilmente nessuno credeva che ne soffrisse realmente, perchè ogni mese lasciava tranquillamente che la situazione si ripetesse, e la montagna di cadaveri su cui giaceva si alzava a dismisura, ma a lui non importava che la gente lo capisse. Si ripeteva che fosse necessario, che avrebbe fatto di tutto, che forse quell'enorme cumulo di corpi era il solo modo per superare in altezza le mura, scoprire il segreto dei giganti e liberare da quella terra sanguinolenta lo spirito tormentato di suo padre, ma la verità era che più ci pensava più stava male. Un uomo innocente ucciso dall'infantile ingenuità del figlio, e lo stesso figlio ormai divenuto uomo che ricommetteva il crimine all'infinito. Erano quelli i momenti che più odiava, perchè era lì che la sua volontà vacillava, e quando la sua mente tornava tranquilla, il senso di stupidità nell'aver dubitato del suo sogno lo colpiva, creando solo confusione.

"Michelle secondo te sono un buon comandante?"
La sua domanda venne accolta dal silenzio, e temette davvero di aver rimuginato troppo a lungo finendo per svegliarla. La sentì muoversi sul suo petto, e due piccoli cerchi scuri gli vennero puntati addosso. Le fiamme facevano risplendere le sue iridi lucide di un'innaturale colore aranciato, ed Erwin si sentì in soggezione.
"Non mi piace dirti cosa provo, ma capisco quanto sia difficile questo momento, perchè anche se non sembra riesco a capirti abbastanza" mormorò girandosi a pancia in giù e appoggiando il mento su un suo pettorale.
"Sei il miglior comandante che la Legione Esplorativa potesse desiderare" continuò, interrompendosi di nuovo per allungare le dita e iniziare a passarne la punte sul volto, come a volerne delimitare i confini per imprimerseli per sempre nella mente.
"Hai un cuore forte, sei senza paura. Ti fai sempre carico di tutto, hai un animo gentile e... e sei la persona più intelligente che si potesse mettere a capo del Corpo. Quando gli altri fanno un passo avanti, tu ne hai già fatti tre. Quando io capisco una cosa tu hai già risolto l'indovinello" continuò sfiorandogli il profilo spigoloso del naso con la punta dell'indice. Amava quel piccolo gesto, non sapeva nemmeno bene perchè. Erwin non aveva proprio un naso delicato o particolarmente bello, ma lei lo trovava fin troppo attraente, e ogni volta che lo guardava di profilo si innamorava di più.
"Sai, Mike mi ha raccontato alcune cose di quando frequentavate entrambi l'addestramento. Mi ha detto che eri il più intelligente dell'intero plotone, e molti si chiedevano come mai una mente così brillante fosse così tanto determinata a calarsi negli inferi, potendosi invece assicurare una carica importante nella società e vivere nel lusso. So che lui sa il motivo della tua ferrea determinazione, ma non mi ha detto altro e sinceramente non mi interessa neanche saperlo" mentì leggermente, per il solo rispetto nel non volerlo moralmente obbligare a farlo.
"Io ho un sogno" la interruppe lui, lo sguardo serissimo puntato fermamente contro il soffitto.
"Molti anni fa, mio padre mi confidò una sua teoria sul mondo fuori dalle mura, e prima di accorgermene quella teoria divenne verità nel mio cuore; come credo tu sappia morì quando ero ancora un bambino, e adesso vivo solo per rendergli giustizia"
Si era tenuto il più possibile sul vago, perchè aprirsi così tanto e raccontargli tutti i dettagli non gli sembrava adatto. Michelle invece era sprofondata nel dolore, e il solo ricordo di ciò che lo aveva sentito balbettare quella stessa mattina le faceva male. Aveva ucciso suo padre, ma come? Non che le interessasse veramente, il problema era che non capiva neanche più cosa le interessasse davvero. Si rivedeva in Erwin e l'odio verso sé stessa per non essere stata in grado di non innamorarsi la colpì nuovamente, tanto forte da farle annodare lo stomaco.

"Mi dispiace tanto" riuscì a dire dopo qualche minuto di silenzio. Il cervello le diceva di staccarsi e trattarlo male per poter troncare tutto lì e tornare ad essere la solita cinica disinteressata, ma Erwin la guardò, e lei non fu capace di non scorgere un bambino bellissimo e indifeso che le puntava addosso gli occhioni luminosi chiedendole segretamente un posto dove sentirsi al sicuro. Lo attirò istintivamente a sé, baciandolo dolcemente. Non si sarebbe mai abituata all'umida morbidezza delle sue labbra, e non avrebbe mai smesso di adorare quel gesto. Avrebbe potuto passare l'intero giorno a baciarlo, e ciò la faceva sentire tremendamente debole e succube, ma non riusciva ad evitarlo.
Si staccarono lentamente, lasciando che i nasi si sfiorassero ancora e guardandosi a lungo negli occhi, in un misto tra cielo e terra.
"Buonanotte" sussurrò il Comandante, la voce bassa e sensuale che le provocò uno strano fremito.
"Buonanotte" rispose Michelle abbracciandolo e tirandolo inaspettatamente verso di sé. Lui sembrò capire, perchè assecondò il movimento e si accoccolò sul suo petto, godendo della sensazione morbida del seno sotto la guancia.
La ragazza ne strinse il viso al cuore, uno strano istinto protettivo a muoverle automaticamente le mani. Le dita corsero ad accarezzare le ciocche bionde, percependone la morbidezza e il delicato profumo. Lo cullò a lungo, accorgendosi del respiro che si faceva più lento e delle membra che si rilassavano. Lo guardò in volto e sorrise, era letteralmente adorabile. Si chiese come fosse possibile che un uomo tanto gentile avesse dovuto patire tutto quel dolore da piccolo e fosse riuscito a crescere nonostante tutte le difficoltà. Era un uomo straordinario e lei ormai ne era completamente persa. Probabilmente si trattava ancora di un sentimento molto fisico, perchè per quanto tempo avessero passato insieme temeva di non conoscere ancora appieno il vero Erwin Smith, ma probabilmente non le importava granché. Era la prima volta che provava quelle cose, era la prima volta che un uomo le provocava quelle reazioni, ed era la prima volta che manifestava dei sentimenti verso qualcuno che non fosse stato il primo a cercarla. Non era mai andata alla ricerca di amici, si era solo ritrovata in situazioni in cui alla fine ne era uscita legata a qualcuno, come con Dirk, e adesso la situazione si era ripetuta, anche se il sentimento era cambiato.

Il Comandante mugugnò qualcosa nel sonno e un sorriso le si riaccese sulle labbra. Sembrava avesse finalmente trovato la pace, e rassicurava anche lei. Chiuse gli occhi, appoggiò una guancia sui suoi capelli e lentamente, cullata dal suo respiro, si addormentò.

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