A te, fra 2000 anni-La caduta di Shiganshina
I. Here we are, don't turn away now
We are the warriors that built this town
Il cielo era tanto limpido da sembrare smaltato quel giorno, ma non faceva caldo. Michelle si era distratta dal suo libro e guardava dalla finestra, la mente completamente persa a vagare nel suo mare di pensieri come spesso accadeva. Era un periodo abbastanza strano per lei e finiva sempre immancabilmente per pensare al suo passato, cosa che spesso le provocava un' odiosa acidità di stomaco. Erano passati 6 mesi da quando si era ufficialmente arruolata nel Corpo di Ricerca e ne erano successe di ogni. Era stata 6 volte al di fuori delle mura e per 6 volte aveva dovuto assistere ad una carneficina.
Le spedizioni erano terrificanti per certi versi, e nonostante Michelle non fosse particolarmente debole di cuore ne era rimasta segnata. Jonathan era morto e le immagini del suo cranio che esplodeva tra i denti di un gigante la perseguitavano ogni notte come strozzini assetati di sangue. Ogni qualvolta ci ripensasse, sentiva di non essere riuscita a salvarlo e il senso di colpa le faceva percepire un peso sulle spalle e un gusto amaro sulla lingua, sensazione che sembrava non volerla abbandonare più oramai. Era successo durante l'ultima spedizione, poco meno di due settimane prima.
Lei e Mike erano alle prese con un classe 10 metri, e dopo averlo abbattuto avevano avvertito le sue grida strazianti. Si erano girati e avevano visto Jonathan con le gambe incastrate nella bocca di un titano, mentre un altro lo tirava dal busto e se lo avvicinava alle disgustose labbra. Prima che potessero muoversi quello lo aveva raggiunto, gli aveva serrato i denti sulla testa e la sua vita era terminata in un grosso schizzo di sangue coperto da uno scricchiolio macabro.
Michelle ricordava di essere caduta in ginocchio e di aver vomitato, poi il tepore delle braccia di Mike e il vento sulla faccia. Il suo caposquadra l'aveva portata sul ramo di un grosso albero lì vicino e aveva cercato di calmarla, e al solo ripensarci la ragazza provava un grosso slancio d'affetto nei suoi confronti. Alla fine non era per niente stupido come lo aveva dipinto la prima volta, anzi, era un uomo intelligente e provava una grande stima per i suoi compagni. Era coraggioso, brillante e forte, non per altro era il braccio destro del Comandante stesso.
Mike le aveva afferrato le mani tremanti, le aveva accarezzato il volto e le aveva detto che sarebbe andato tutto bene guardandola dritto negli occhi, ma lei era troppo sconvolta. Lui l'aveva abbracciata, schiacciandola contro il suo petto con tutta la forza che aveva nelle braccia, le aveva asciugato le lacrime con i pollici e le aveva detto di non smettere di combattere e di non rendere vana la vita di Jonathan. Michelle si era imposta di prenderlo come un ordine, ed era brutalmente tornata alla realtà, pentendosi immediatamente per quell'imbarazzante momento di debolezza.
Era riscesa sul campo di battaglia, aveva ucciso un gigante ed era rimontata a cavallo, tornando al centro della formazione insieme ad un silenziosissimo Mike.
Giusto qualche giorno prima, durante il riposo settimanale, era andata fino al cimitero dei caduti e aveva portato dei fiori alla lapide del compagno, sentendosi stupida e vuota. Dopo quei fatti non poteva non ammettere di aver leggermente cambiato la sua visione, anche se alla fine si sentiva sempre peggio. Prima di arruolarsi non avrebbe mai pensato che si sarebbe potuta affezionare a qualcuno in quel modo, non avrebbe mai pensato che avrebbe pianto per un compagno caduto, non avrebbe mai pensato che sarebbe stata capace di fidarsi ciecamente di qualcuno fino ad affidargli la propria stessa vita, e adesso che queste cose accadevano realmente si sentiva stupida.
Un rumore improvviso la ridestò brutalmente dai suoi pensieri, riportandola al mondo reale e facendola quasi cadere dalla sedia. Sul punto di lanciare il libro contro colui che aveva appena osato disturbare la sua quiete confusionaria si girò di scatto verso la porta e vide Mike, sfatto e trafelato, che senza smettere di ansimare la guardò negli occhi e le disse semplicemente:
"Shiganshina-Gigante Colossale-attacco-caduta Wall Maria"
Michelle capì e in un attimo era nei corridoi, a richiamare tutti e a correre alla cieca in mezzo alla calca.
Andò a sbattere contro qualcosa di grosso e duro e alzando lo sguardo vide le rigogliose sopracciglia del Comandante Smith.
"Comandante!" gridò, sentendosi estremamente rincuorata dall'arrivo del capo dell'Armata Ricognitiva. Non era la prima volta che si parlavano, essendo lui e Mike grandissimi amici, avevano avuto modo di conoscersi, e Michelle non poteva negare di sentirsi attratta da quella sua mente contorta, anche se continuava a non capire che cosa si nascondesse dietro al suo fervore militare.
Il Comandante prese a camminare con lunghe falcate verso la scuderia, e senza smettere di pensare la afferrò delicatamente per una spalla, conducendola al suo fianco e abbassandosi leggermente per farsi sentire sopra al fracasso di passi e grida isteriche.
"Michelle, avete un uomo in meno, mi unirò io a voi. La nostra squadra, insieme a quella di Hange e Levi dovranno arrivare per prime, dobbiamo partire immediatamente. Prepara i cavalli, io raduno tutti nel cortile principale e do gli ordini, tu aspettaci al cancello del lato Ovest, ti farò portare un dispositivo e ti dovrai equipaggiare prima di partire" le sussurrò all'orecchio e Michelle percepì un brivido attraversarle la spina dorsale come un'onda.
"Ricevuto" mormorò, svoltando l'angolo e giungendo nel grosso cortile assolato.
Guardò l'imponente uomo un'ultima volta, notando la febbrile eccitazione che malcelava dietro la solita espressione calma e calcolatrice. Come ogni volta che lo guardava non fece a meno di pensare a quanto fosse bello e si morse il labbro per soffocare i suoi stupidi pensieri.
Erwin le restituì lo sguardo, le fece un cenno e si allontanò, seguito dall'orda incontenibile di soldati in agitazione. Michelle riacquistò la solita prontezza e scattò verso le scuderie, iniziando ad aprire i grossi recinti per prendere i cavalli. Portò fuori il morello del Capitano Levi e lo stallone grigio del Comandante, poi tornò dentro e lentamente prese tutti gli altri, fino a quando non si ritrovò con 13 cavalli da sellare. Con la fronte imperlata di sudore prese una pila di sottosella ed iniziò a distribuirli sui dorsi degli animali, poi fece lo stesso con le selle, le bisacce e le redini. Il lavoro da sbrigare le permetteva di evitare di pensare a ciò che stava per succedere e mentre metteva le dita in bocca ad un cavallo per infilargli il filetto avvertì il tipico rumore degli stivali sul selciato, scrogendo Mike, Edith e alcuni membri della squadra di Levi giungere completamente equipaggiati e pronti all'opera.
"Michelle" le mormorò il caposquadra porgendole un dispositivo per il movimento tridimensionale. La ragazza lo prese ed iniziò ad equipaggiarsi mentre gli altri finivano di preparare i cavalli e i primi stallieri affluivano in gran numero per predisporre gli altri.
Quando fu completamente pronta e decisamente sudata Mike le diede l'ordine di andare incontro ad Erwin con il suo cavallo, ma quando fece per montare sul suo sauro l'uomo la interruppe.
"É uno stallone, non si fa mai portare da un altro cavallo, ti conviene fare il contrario se non vuoi romperti le caviglie"
Michelle sbuffò sonoramente, smontò dal suo e salì velocemente sul grosso cavallo bianco, prendendo tra le mani le doppie redini. Partì al piccolo galoppo senza indugiare e si fermò solo quando vide la massiccia figura del Comandante Smith che si dirigeva a passo spedito verso le scuderie, pur rimanendo circondato da un drappello di soldati.
Il biondo salutò il suo arrivo con un lieve sorriso e un'espressione di stupore, e quando balzò giù dalla sella le mormorò: "Complimenti, in genere non si fa montare da nessuno a parte me".
Michelle non ebbe tempo di abituarsi alla sensazione dei suoi penetrati occhi addosso che si obbligò a spostarsi e a rimontare sul suo sauro. Ancora con la testa pulsante sentì Erwin dare le ultime indicazioni, poi fecero entrambi dietrofront e ripartirono silenziosamente al trotto.
Arrivarono alle scuderie, trasformate in un formicaio brulicante di soldati e stallieri che preparavano e sellavano cavalli, trovando le tre squadre già pronte e perfettamente schierate.
Erwin si posizionò al centro, con Michelle e Mike ai lati, e dopo aver scambiato alcune informazioni con i presenti prese un grosso respiro e spronò il cavallo, che partì ad un galoppo sfrenato, seguito da tutti gli altri.
Attraversarono di gran lena tutta la pianura che li divideva da Shiganshina, alternando le andature dei cavalli per non sfiancarli, e dopo essersi sufficientemente avvicinati alle mura, salirono in piedi sulle selle e attivarono i dispositivi di manovra tridimensionale per evitare la fiumana di gente che cercava di mettersi in salvo nei territori interni del Wall Rose.
Michelle volava come un angelo tra i palazzi, volteggiando furiosa, e giunse velocemente sulla cima delle immense mura di pietra. Quando il drappello di soldati vide l'interno del distretto fu come ricevere un pugno. Michelle aveva assistito alla più pura devastazione già molto tempo prima, e forse era proprio quello che le faceva rivoltare lo stomaco. C'erano fiamme, urla, macerie, disperazione, e anche senza l'olfatto ultrasviluppato di Mike si sentiva l'odore pungente e metallico del sangue, che imbrattava le case, le strade, i corpi dilaniati.
L'intero distretto era straziato e completamente in balia dei giganti, che entrando dalla breccia aperta dal Colossale scorrazzavano per le strade cercando corpi da mangiare e civili da tormentare. Il Corazzato aveva distrutto con una spallata l'enorme cancello, e adesso i giganti avevano libero accesso anche all'intero territorio prima difeso dal Wall Maria.
Il Comandante della Gendarmeria raggiunse il gruppo prima che lo shock abbandonasse i loro corpi e subito intraprese un'accesa discussione con Erwin. Michelle stava cercando di metabolizzare la distruzione e il dolore emanato da quella città, quando vide qualcosa tra le macerie. Mike, che le si stava lentamente avvicinando per darle indicazioni, semplicemente la vide balzare giù dalle mura e sentì il cuore perdere un battito. Sembrava si fosse letteralmente gettata verso il suolo per morire velocemente, ma Zacharias riprese a respirare quando vide una furia bionda piroettare in aria con le lame sguainate. La vide avvicinarsi ad un classe 7 metri, che si avvicinava zoppicando ad un edificio distrutto. Ci fu un baluginio argentato, uno spruzzo di sangue e il gigante cadde faccia in terra, alzando una nuvola di fumo e polvere.
Mike, seppur si sforzasse strizzando gli occhi, non fu più in grado di vedere nulla, e constatò con rabbia che l'odore di sangue e di giganti fosse troppo forte per permettergli di avvertire il profumo di Michelle. Dovette aspettare un minuto buono in balia della frustrazione, fino a quando non sentì il rumore dei rampini e la vide riapparire, i riccioli biondi ribellatosi alla coda in cui erano imbrigliati.
Reggeva tra le braccia un ragazzino sugli undici anni completamente coperto di polvere e di paura, talmente terrorizzato da non sembrare nemmeno umano. Lo adagiò cautamente sul suolo e lo scortò da un gendarme, che lo riprese in braccio e si calò con un sibilo dall'altra parte delle mura.
Il Comandante della Gendarmeria, Nile Dok, a quanto pare anch'egli vecchio amico di Smith, intanto gli sbraitava addosso per il troppo tempo impiegato ad arrivare, e Michelle si stufò di vedere quei due uomini così importanti perdersi nel risentimento in un momento così delicato. Si portò fino al bordo delle mura e piegò le gambe per saltare, ma Mike la afferrò per un braccio.
"Che cosa credi di fare?"
"Di sicuro non star qui ad ascoltare i due scolaretti che litigano" sibilò senza sapere nemmeno il motivo della sua rabbia.
"Cosa vuoi fare allora, insubordinare e andare a morire?"
Questo Michelle non lo sapeva, ma sentì il Capitano Levi richiamare sgarbatamente l'attenzione dei Comandanti e mormorare che non era quello il momento adatto per discutere, riscuotendo la gratitudine della ragazza.
Erwin guardò il Capitano e diede l'ordine alle squadre di scendere in campo per cercare di recuperare gli eventuali feriti, uccidendo quanti più giganti possibile senza perdere nemmeno un uomo. Il resto dei soldati sarebbero dovuti restare nei territori interni del Wall Maria a difendere i fuggitivi.
La squadra di Levi si catapultò immediatamente sulle macerie del distretto, e poi fu il turno della squadra di Mike. Michelle non vedeva l'ora di fare qualcosa per impiegare il tempo e non pensare, temeva che se solo si fosse fermata a riflettere su ciò che stava succedendo sarebbe impazzita.
Quando Smith diede il segnale tutti fecero scattare i rampini e scesero giù, ricercando qualche ferito tra le macerie. Michelle non disdegnava il lavoro in solitaria, e si mise a perlustrare la città per non fermarsi a pensare.
Vide una mano sbucare da un grosso cumulo di massi provocati dal crollo di un edificio, e si avvicinò piroettando come un fulmine. Dovette sedersi e spingere con le gambe per togliere le prime macerie, ma poi fu in grado di vedere distintamente la sagoma di un corpo umano ricoperto di polvere. Gli poggiò le mani sulla gola, ma come avrebbe dovuto immaginare non trovò battito e si sentì stupida per averci provato.
Sbuffò e scorgendo un gigante in lontananza decise di avvicinarsi e continuare la ricerca. Incontrò il Comandante vicino al titano e dopo essersi scambiati qualche segnale decisero di attaccarlo insieme. Michelle, a bassa quota, attaccò i rampini ai muri di una casa davanti e piroettando gli recise i tendini dei talloni, la creatura vacillò e fece per cadere in avanti. La ragazza iniziò a risalire lungo il corpo recidendo mani e braccia, ma quando arrivò sulla nuca vide Erwin con le lame insanguinate e sguainate, e dedusse che il lavoro fosse stato già concluso. Dalla pelle del titano iniziò a uscire il solito fumo, e prima di subire lo sbalzo della caduta i due si spostarono sopra al tetto di una casa.
"Ce n'è un altro lì, andiamo?" le chiese Erwin serio. Michelle annuì e senza altre parole andarono ad uccidere il gigante, senza nemmeno troppi problemi. Questa volta il Comandante gli recise una mano e corse lungo il braccio per accecarlo, e una volta ultimato il lavoro la ragazza fu libera di recidergli completamente la nuca. Vi fu il solito sbuffo di fumo e i due si spostarono sul tetto di un campanile per avere una visuale sopraelevata del distretto, o per lo meno di ciò che ne rimaneva.
Lì, nonostante tra i due ci fosse un denso silenzio, Michelle notò la preoccupazione sul volto del Comandante. Erwin aveva la fronte imperlata di sudore, e la perenne espressione imperturbabile si era attenuata. In effetti guardando Shiganshina dall'alto non si poteva provare altro che sconforto. I muri crollati, gli edifici scoperchiati, il sangue sulle strade e l'aria pregna di morte. Per un momento provò pena per quell'uomo. Avrebbe voluto fare qualcosa ma non era mai stata buona con il contatto fisico, anzi, più lo evitava e meglio stava.
Voleva stringergli una spalla con la mano, ma non appena si decise a farlo vide un movimento impercettibile in lontananza. Cercò con lo sguardo nel punto in cui aveva scorto quel qualcosa, mise a fuoco e la sua vista impeccabile gli fece scorgere gli stivali marroni di un soldato uscire da un cumulo di macerie, dietro ad una casa miracolosamente ancora intatta. Senza curarsi di avvisare il Comandante si catapultò verso il vicolo.
Atterrò con grazia sul pavimento di terra battuta e si avvicinò al soldato, che con suo grande stupore giaceva sopra al cumulo coperto solo di polvere e sangue. Era stato macabramente privato di un braccio ma poteva essere ancora vivo e Michelle gli si avvicinò, premendogli le dita sulla gola e avvertendo un lievissimo e scostante battito sotto i polpastrelli. Si adoperò immediatamente, e come le era stato insegnato cercò di fare un lacciò emostatico per fermare la fuoriuscita di sangue, anche se si accorse con sgomento che l'intero cumulo ne era ormai pregno.
Prese il volto del soldato tra le mani, parlandogli per cercare di fargli riprendere conoscenza, ma solo quando iniziò a scostargli delicatamente la polvere dal viso si accorse di una cosa. La mascella dolce ma ben definita, il naso dritto, proporzionato e perfetto, la bocca sottile quasi sempre adorna di un mezzo sorriso sfacciato. Gli scrollò i capelli facendo cadere una nuvola di polvere, ritrovandosi tra le dita una marea di ciocche biondo cenere striate di riflessi più chiari.
No, non poteva essere, si stava sbagliando. Dopotutto era pieno di uomini attraenti nella Gendarmeria, non poteva essere così. Quell'uomo non poteva essere Dirk, il suo adorato Dirk, l'uomo che l'aveva fatta ridere come mai nessuno prima, che assomigliava terribilmente al suo amato fratellino e che le aveva fatto credere, seppur per qualche stupido e sporadico istante, di essere qualcosa di più, di essere forse, per certi versi, un essere umano.
La mano le scese inavvertitamente sul collo del giovane a cercare la piastrina di riconoscimento per potersi accertare che fosse un errore e che quello non fosse lui, ma tremava talmente violentemente da non riuscire a fare altro che battergli i polpastrelli sul petto. Nonostante la sensibilità delle dita fosse minima, come se ogni goccia di sangue si fosse ritirata, avvertì qualcosa di metallico e cercò di afferrarlo. Si portò la targhetta davanti agli occhi, ma la vista era appannata e le mani tremavano come foglie.
Si girò e vomito.
Il respiro divenne sempre più veloce e i passi di un gigante in avvicinamento non erano altro che il macabro rimbombo dei battiti accelerati del suo cuore spaventato.
Si avvicinò di nuovo al suo corpo e lo tirò su, stringendone la testa al petto come se fosse un bambino. Un paio di lacrime le scapparono dagli occhi e dopo averle rigato il volto caddero dolcemente su quello dell'amico moribondo, che improvvisamente aprì uno spiraglio di palpebra.
Michelle singhiozzò sonoramente, incapace di controllarsi, mentre i mostri del passato tornavano ad afferrarla per trascinarla nel loro baratro oscuro.
"M-mish" lo sentì sussurrare in un soffio, quasi inudibile sotto il rumore tonante dei passi del titano.
La ragazza gli prese la mano, incurante del suo pianto e del pericolo in costante avvicinamento.
"Dedica il tuo cuore" lo sentì sussurrare, sempre più debole e più vicino al trapasso.
"Zitto, idiota, ti sembra il momento di dirmi una stronzata simile? Piuttosto che startene a delirare, muovi il culo e sopravvivi!" gli urlò lei, cercando con tutta sé stessa di non esplodere in un pianto disperato e di controllare il tremolio delle mani.
Il suo dolore venne interrotto dalla comparsa di un titano dai capelli neri, che girò l'orribile testa dall'angolo della strada e li scorse in lontananza. Con lo sguardo completamente ebete iniziò ad allungare la mano, e Michelle si sentì vicino al dover mandare tutto all'aria o al decidere di morire lì divorata da un gigante per sperare di trovare Dirk dall'altra parte.
In un impeto di rabbia ricordò le parole di Mike, secondo la quale l'umanità perde solo quando smette di lottare, e benché non le importasse assolutamente nulla dell'umanità sfoderò le lame.
Il gigante le guardò un attimo, incuriosito, poi decise di continuare la caccia al suo spuntino e continuò ad allungare la grossa mano sudicia. Proprio quando le dita stavano per entrare nel raggio d'azione delle spade si sentì un sibilo forte e un rumore metallico, seguito da uno sbuffo di fumo e dal boato dell'enorme corpo che si accasciava in terra.
Michelle riprese a cullare Dirk senza curarsi di chi li avesse salvati, ma presto sentì la voce tonante e autoritaria del suo Comandante.
"Dove diavolo ti eri cacciata, dannazione!? La situazione sta peggiorando, stanno entrando un sacco di giganti, dobbiamo ritirarci subito!" inveì l'uomo avvicinandosi alle due figure.
Notando che la ragazza non dava nessun segno di volerlo considerare le mise una mano sulla spalla e quando la vide in volto, capì. L'espressione di chi vede la morte di chi ama può cambiare da persona a persona, ma sotto sotto è sempre la stessa. Michelle aveva gli occhi spalancati, terrorizzati e iniettati di dolore, le mani le tremavano, le guance erano rosse e bagnate, mentre il labbro inferiore era esangue e schiacciato in una morsa di rabbia tra i denti, che ne avevano lacerato la carne e che facevano colare una grossa goccia rossa fin sul mento.
Erwin non l'aveva mai vista così, non avrebbe mai immaginato che potesse succedere una cosa simile. Sembrava così dura, disinteressata, cinica, così sfiduciosa nell'umanità da rendergli difficile comprendere il perchè si fosse arruolata nell'Armata Ricognitiva, e adesso reggeva un caduto tra le braccia come una mamma fa con un bambino, tremando come una foglia e singhiozzando di continuo. Sembrava debole come un uccellino caduto dal nido, e come ogni volta Erwin si sentì in qualche modo responsabile. Non era una spedizione, non era stato lui a far arrivare i giganti a Shiganshina, ma ormai era abituato a vedere un soldato morire e a pensare che fosse colpa sua.
"Mi-Michelle" sussurrò stringendole delicatamente la spalla. Toccò il collo del soldato e non percepì nulla, ma dovette prendere un bel respiro prima di riuscire a sussurrarle che sì, era morto.
"Non ci resta molto tempo, so che è difficile, ma dobbiamo andare" continuò a sussurrarle, e Michelle, per quanto non capisse praticamente più nulla si accorse di quanta dolcezza traspariva dal suo tono.
Anche questa volta però, il rimbombante boato prodotto dalla corsa di un gigante li interruppe.
"Michelle, dobbiamo andare"
"NO" le rispose lei d'impeto, quasi urlando in preda allo shock.
Un grosso titano con la barba grigia apparve in lontananza, ed iniziò a dirigersi verso di loro, producendo tonfi secchi e discontinui.
"Michelle, andiamo, non ho molto gas, non posso combattere!"
"NO! Non lo posso lasciare qui cazzo!" urlò di rimando, riprendendo ad ansimare.
Sentì il corpo di Dirk scivolarle dalle mani e due braccia forti circondarle il busto. Provò a divincolarsi, ma Smith era troppo forte per lei. Si aggrappò alle sue spalle mentre il dispositivo di manovra tridimensionale scattava e li portava via da quel posto sanguinoso, e con il vento che le scompigliava i capelli e le portava alle narici il profumo forte e vanigliato del Comandante, vide il gigante prendere in mano il corpo di Dirk. Michelle si mosse, si divincolò con tutta sé stessa, urlò tra le lacrime, forse diede anche una ginocchiata al comandante, ma l'ultima cosa che le fu permessa di vedere fu il titano che annusava il corpo dell'amico, forse per decretare se fosse ancora abbastanza fresco per essere mangiato.
Il vuoto e il sentore di morte la travolsero come un uragano, portandola in un universo dove il cuore le era stato strappato e il sangue le veniva succhiato dai tentacoli dalla pianta velenosa e infida dell'amore. Le era stato detto di non affezionarsi, di non legarsi a nessuno, di amare solo sé stessa e di restare in vita a tutti i costi, ma era stata tanto idiota da finire ad amare un ragazzo con cui aveva passato quasi 2 anni della sua miserabile e grigia vita.
In quel momento tutto sembrava privo di colore, freddo ed esangue, e Michelle si rese conto di cosa stesse accadendo solo quando i suoi piedi poggiarono terra. Le gambe non la ressero, ma fortunatamente c'erano le braccia di qualcuno a farlo per lei. Guardò in alto e vide Erwin, gli occhioni azzurri simili a quelli di un bambino pieni di dispiacere, e i lineamenti duri tremendamente addolciti dalla situazione. La sorreggeva tenendole le braccia attorno al busto, in un abbraccio di conforto privo di qualsiasi tipo di effetto.
Alcune ciocche bionde erano sfuggite dall'ordinato ciuffo e gli ricadevano sulla fronte, e a Michelle venne voglia di risistemargliele dietro l'orecchio, ma il suo corpo era completamente inerte.
"Michelle" le sussurrò, le distanze tra loro terribilmente azzerate.
"So che non c'è nessuna parola che ti possa aiutare ma adesso dobbiamo tornare a casa"
Michelle avrebbe voluto rispondergli che il quartier generale non era per niente casa, e quasi si stupì quando si accorse che per lui invece lo era davvero.
Le sembrò di percepire una scossa di calore quando il comandante la strinse in un abbraccio austero e simbolico che la fece finire dritta sul suo grosso petto muscoloso, ma dopo essersi staccata fece scattare i rampini, e come un'automa, raggiunse la cima delle mastodontiche mura.
Erwin atterrò subito dopo di lei e le permise di girarsi un'ultima volta verso una Shiganshina ormai quasi completamente distrutta.
Il Sole all'orizzonte coincideva perfettamente con la linea delle mura e paradossalmente, sembrava stesse tramontando su di esse.
Michelle si sentì debole. Era in grado di combattere un'orda di terrificanti giganti ma non era capace di andare d'accordo con la morte, non lo era mai stata e sotto sotto lo aveva sempre saputo. Probabilmente non si sarebbe mai abituata all'ingiustizia del sonno eterno, e accorgendosi di avere il sangue di Dirk ancora addosso le venne da piangere.
Erwin le mise una grossa mano sulla spalla.
Michelle si girò, e insieme lasciarono quell'enorme cimitero a cielo aperto.
Warriors - Imagine Dragons
SPAZIO AUTRICE:
VI DICO SOLO UNA COSA
"Complimenti, in genere non si fa montare da nessuno a parte me" 💀💀💀
ERWIN TRANQUILLO ANCHE IO NON MI FAREI MONTARE DA NESSUNO A PARTE TE IO MORTA DAL MIO STESSO CRINGE VI PREGO
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