黒尾 鉄朗 ✿ Kuroo Tetsurō
Quello sarebbe stato l'ultimo giorno. Kuroo lo sapeva. Provava a non pensarci, ma era inevitabile. Sapeva che sarebbe stato doloroso, ma, quella mattina, si svegliò terrorizzato. Era questa la parola giusta: provava terrore al pensiero di non poter più frequentare il Nekoma, di non poter più allenarsi con la sua squadra, di non poter più stare a controllare Kenma ventiquattro ore su ventiquattro.
Kenma... il solo pensiero di quella testa di budino, mandava Kuroo in confusione. Era sempre stato innamorato del più piccolo. Da quando un giorno un Kenma bambino si era trasferito nella casa affianco a Kuroo, non riusciva a dimenticarsi del suo sguardo; mentre tutti i bambini giocavano insieme, lui stava in un angolo con la sua console. Kuroo decise che lo avrebbe protetto. Così decise di forzarlo a socializzare con tutti. Era stato difficile estorcergli il nome, ma era ancor di più un impresa provare a intavolare una discussione. A Kuroo non dispiaceva il suo essere silenzioso, anche se avrebbe voluto vedere il bambino parlare con lui, sorridere...
Così lui insisteva, provava in tutti i modi a insinuarsi nella sua vita. Kenma pian piano iniziò ad aprirsi, e questo rese felice Kuroo in un modo che non riusciva ad esprimere a parole.
Kenma non mostrava interesse per nessun altro; non che a Kuroo dispiacesse. Voleva le attenzioni del più piccolo tutte per se.
Il loro rapporto si rafforzò giorno dopo giorno e, la gente, iniziava a considerare Kenma l'ombra di Kuroo. Però, quello che le persone non sapevano era che Kenma non era l'ombra di nessuno; sarebbe stato più corretto dire che Kuroo fosse la sua ombra. Aveva passato la sua vita a fare da balia al più piccolo. Ma non era costretto. Lo faceva perché gli piaceva. Gli piaceva, quando lo andava a svegliare e vedeva i suoi piccoli occhi, pieni di sonno, aprirsi, tra una protesta e l'altra. Gli piaceva fare la strada di scuola insieme, ammirando come il ragazzo già di prima mattina si concentrava sui suoi video game. Gli piaceva quando lo trascinava ad ogni allenamento. Ma più di tutto, adorava quando, dopo la scuola, nel tragitto di ritorno sulla metro, il più piccolo cedeva alla stanchezza, addormentandosi sulla sua spalla. Lui coglieva sempre quel momento per ammirare il viso del giovane, ringraziando chiunque ci fosse in cielo per avergli dato l'opportunità di stargli accanto.
Non voleva che quei momenti restassero solo ricordi; era troppo da sopportare. Eppure, ricordava ancora la promessa che aveva fatto a Kenma. Lo avrebbe sempre aspettato. Era certo che il ragazzino si fosse scordato ormai da anni di quel pegno, ma lui avrebbe trovato il modo di rispettarlo. Sempre.
Si alzò dal letto. Era arrivata l'ora di iniziare il suo ultimo giorno da liceale. Voleva che tutto fosse perfetto, memorabile.
Prese il telefono e invio un messaggio al coprotagonista di quella giornata. Senza di lui non sarebbe andato da nessuna parte. Era l'elemento chiave di quella giornata.
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