~Capitolo 12~

«Non posso credere che tu sia la nipote di Caroline!» esclamò Dawn stringendo le mani di Mina. «Credimi, sei fortunata, è una donna fantastica!»

«Spero non mi giudichi appena mi vedrà.» Mina abbassò lo sguardo verso il ventre molto pronunciato, liberò le mani dalla presa della bionda e ne mise una sul pancione, iniziando ad accarezzarlo lentamente con aria triste.

«Non lo farà, credimi. Anche io aspetto un bambino, eppure mi ha accolta in casa e fatto ragionare Scott, che non era molto entusiasta della notizia».

A quella notizia Mina riportò lo sguardo sulla ragazza. «Il tuo ragazzo non voleva il bambino? Eppure non mi sembra così scontento della situazione».

Dawn accennò un piccolo sorriso. «Vedi, Scott è un ragazzo davvero gentile e altruista ma odia questi lati di sé, quando ha scoperto che ero incinta ha rifiutato la cosa perché non si sentiva in grado di crescere un figlio e credeva di non avere nulla da offrirgli e forse questo lo pensa ancora.»

«Però alla fine ha accettato la notizia e si è preso le proprie responsabilità, io purtroppo non posso dire lo stesso del padre di mio figlio.»

La bionda le strinse nuovamente una mano per confortarla, in parte capiva benissimo cosa stava provando in quel momento, anche lei aveva provato gli stessi sentimenti quando aveva creduto che Scott non avrebbe mai accettato suo figlio. Si era sempre dimostrata fiduciosa e forte, ma la verità era che aveva provato una paura costante fino al giorno in cui il rosso non l'aveva portata a casa e presosi la sua parte di responsabilità. Era partita di punto in bianco, lasciando i suoi genitori, che non sentiva da allora, senza sapere quale futuro avrebbe atteso lei e la sua creatura. Era stato un salto nel vuoto con occhi bendati e per fortuna era caduta sul morbido nonostante gli scossoni.

«Ora vado a letto» Mina si alzò e lasciò la stanza augurandole la buona notte. Dawn la imitò poco dopo e si diresse al piano di sopra per prendere un cuscino e delle coperte.

Aveva lasciato la propria camera alla ragazza e ora le sarebbe toccato dormire sul divano, ma non le importava perché era la cosa giusta da fare e poi sarebbe stato per poco. Entrò in salotto con il cuscino sotto un braccio e il fagotto di coperte sotto l'altro e trovò Scott addormentato sul sofà, doveva essere molto stanco perché sembrava caduto in coma e visto tutte le emozioni di quel giorno era comprensibile. Era così bello che il cuore prese a battere impazzato nel petto, si avvicinò piano e lo scosse con gentilezza, evitando di toccargli la spalla dolorante.

«Scott? Alzati, non puoi dormire sul divano.»

Il ragazzo aprì lentamente gli occhi e appena la mise a fuoco si mise a sedere composto con uno scatto. «Mi sono addormentato?»

«Sì, e non ti sei di certo scelto un posto comodo su cui farlo, soprattutto con la spalla in quelle condizioni».

Scott annuì, stropicciandosi gli occhi prima di guardarsi intorno ancora intontito, quando lo sguardo si posò sugli oggetti che la ragazza aveva in mano aggrottò le sopracciglia confuso.

«A cosa ti servono un cuscino e delle coperte?»

«Ho lasciato la mia camera a Mina, quindi per stanotte dormirò sul divano».

Il rosso la fissò con espressione severa e rassegnata, solo lei poteva accettare di dormire sul quel divano scosceso, per di più incinta, con tale serenità.

«Assolutamente no, altrimenti domani dovrò anche sopportare i tuoi lamenti. Dormi nella mia stanza, io dormo sul divano». Le tolse il cuscino da sotto il braccio prima che lei potesse opporsi, ma prima che potesse prendere anche le coperte Dawn si scansò facendo un passo indietro.

«Non mi sembra giusto, è la tua stanza e tu sei stato quasi investito, non mi costa niente dormire per una notte sul divano».

Il ragazzo chiuse gli occhi e prese un bel respiro profondo tentando di calmarsi, non poteva gridare e dare di matto con una sconosciuta in casa, se lo avesse detto a Caroline si sarebbe ritrovato con due testicoli in meno.

«Dawn... Non era un'offerta, lo farai e basta».

«No, non ti priverò del letto quando qui c'è un'altra alternativa».

Stanco e assonnato, lanciò il cuscino dall'altra parte del divano e si alzò in piedi prendendo la ragazza per mano. «Benissimo, dormiremo entrambi nella mia stanza» iniziò a salire le scale seguito da una Dawn improvvisamente docile e silenziosa. Una volta entrati in camera aprì il cassetto della biancheria e lanciò un paio di pantaloncini e una maglietta alla ragazza, che se ne stava sulla soglia con aria quasi intimidita.

«Prendi questi, hai di sicuro lasciato il pigiama in stanza.»

Senza aspettare una sua risposta, iniziò a spogliarsi restando solo in boxer prima di coricarsi sotto alle coperte e darle le spalle. Lei era ancora ferma vicino alla porta con i vestiti che lui le aveva lanciato tra le mani, quella situazione era talmente assurda che non sapeva come gestirla o cosa fare. Eppure avrebbe dovuto immaginare che Scott non le avrebbe reso le cose facili, quando mai lo aveva fatto?

«Tranquilla, non ti toccherò nemmeno per errore, se è questo che ti fa esitare» disse improvvisamente, facendola sussultare.

Ma nessuno ha detto che non ci proverò io, si ritrovò a pensare subito dopo, arrossendo come una bambina beccata a rubare dal portafogli della madre.

Prese un respiro profondo e indossò i vestiti che le aveva dato prima di imitarlo e infilarsi accanto a lui sotto le coperte. Il letto non era molto grande e senza volerlo gli sfiorò un gamba fredda con la propria sentendolo irrigidirsi, si voltò verso di lui e il suo sguardo si scontrò contro la schiena nuda e coperta di efelidi del ragazzo. Le ci volle una grande forza di volontà per non tracciarle una ad una con l'indice, cosa che di certo non gli avrebbe fatto piacere e non era il caso di irritarlo. Dopo qualche secondo di assoluto silenzio lo sentì mugugnare di dolore e voltarsi verso di lei, solo in quel momento si rese conto che si era steso con la spalla lussata a sopportare tutto il peso. Portò lo sguardo sul suo viso, aveva gli occhi chiusi nonostante fosse evidente che non dormisse ed era certa sapesse che i loro visi si trovassero a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro. Questa volta, però, non riuscì a fermarsi e iniziò a percorrere la scia di lentiggini che si estendevano dalla punta del suo naso alle labbra, accarezzò piano quella pelle scottata dal sole, quasi timorosa di fargli del male, e non si fermò nemmeno quando lui aprì gli occhi e le indirizzò uno sguardo ammonitore. Non si fece intimidire anzi, la sua mano scese ad accarezzargli il collo fino al petto dove venne fermata da quella di lui.

«Dawn...»

Il suo nome venne pronunciato in un sussurro grave e deciso, un avvertimento calmo ma fermo. Quella sera però non voleva dar ascolto a nessun avvertimento, solo ascoltare ciò che l'istinto le diceva di fare e così si ritrovò a posare le labbra sulle sue e ad inarcare il corpo verso quello di lui, che se ne stava fermo come una statua. Solo il battito furioso del suo cuore sotto il palmo della mano tradiva quell'apparente calma. E finalmente, dopo secondi che le sembrarono eterni, Scott ricambiò il bacio e le liberò la mano per avvolgere il braccio intorno alla vita e stringerla a sé. Dawn sospirò soddisfatta e approfondì il bacio con una tale bramosia che sorprese lei ancor prima del ragazzo. Si ritrovò così con la schiena contro il materasso e il corpo del rosso sopra il suo, lui ormai era completamente perso, incapace di pensare razionalmente, riusciva solo a sentire il sapore dolce delle sue labbra e l'odore di camomilla dei suoi capelli che gli avviluppava i sensi facendolo cadere in uno stato di semi coscienza. Le labbra di Dawn erano come il paradiso per lui, riuscivano ad acquietare la sua anima e a farlo sentire una persona migliore ma non solo; baciare le sue labbra gli faceva provare una forte sensazione di completezza e di calore, come se fosse tornato a casa dopo anni. Si allontanò lentamente da lei mettendo fine al bacio e solo allora si rese conto della posizione in cui l'aveva costretta. Con uno scatto pentito la liberò dal suo peso, la biondina aprì gli occhi confusa.

«Mi dispiace, Dawn! Non ti ho fatto male, vero?» chiese in preda al panico. Lei scosse la testa in un gesto di diniego e Scott tirò un sospiro di sollievo. L'ultimo suo desiderio era far del male a lei o al bambino, non sarebbe mai riuscito a perdonarselo o a vivere con quel senso di colpa.

Fissò la biondina sotto di lui, aveva uno sguardo disorientato, nonostante fosse stata lei a ridurlo in quello stato, e Scott poteva capirla; sembrava un pazzo persino a se stesso. Ma una cosa l'aveva compresa e, per quanto si fosse sforzato di negare e credere che mai una cosa del genere potesse accadergli di nuovo, comprendere quella verità in un certo senso gli aveva dato la libertà e il coraggio che aveva sentito mancare nelle ultime settimane. Lui amava Dawn, amava il suo strano modo di scrutarlo e fissarlo sempre dritto negli occhi senza mai mentirgli anzi, dicendo esattamente ciò che pensava. Amava il suo essere candida ma allo stesso tempo una furia che sapeva esattamente cosa voleva e come prenderselo, lo dimostrava il morso e la sfuriata di quella mattina. Adorava ogni sfumatura di lei, che non lo aveva mai giudicato dalle apparenze o maldicenze. Era un bastardo fortunato, lo sapeva, e si ritrovò quasi a ringraziare gli abitanti di Yellowknife per averlo fatto scappare e costretto a frequentare una scuola lontana solo per ritrovare la pace, e l'aveva trovata in lei. Le accarezzò piano una guancia prima di coricarsi nuovamente a pancia in su senza dire nulla, la desiderava e non poteva negarlo, era stato così dal primo istante in cui l'aveva vista, ma aveva trattenuto i suoi sentimenti così a lungo che aveva paura di nuocerle visto il suo stato delicato. Chiuse gli occhi iniziando a focalizzarsi sulla semina del grano, in modo da distrarsi della presenza accanto a lui, e quando era certo di avere il controllo di sé se la ritrovò a cavalcioni sul bacino. Era talmente sconvolto da quella vista che il suo cervello ci mise un po' a capire la situazione. Dawn se ne stava su di lui con un'espressione talmente decisa e caparbia che ne fu intimorito. La ragazza si chinò lentamente verso di lui e lo baciò piano, delicatamente.

«Dawn, noi non...» provò a dire quando le loro labbra si separarono, ma la biondina gli chiuse la bocca con una mano per zittirlo.

«Taci per una volta, Scott».

Quell'ordine, formulato con tono secco e autoritario, che mai avrebbe pensato potesse appartenerle, gli fece percorrere uno strano brivido di piacere lungo la spina dorsale. E quando la vide togliersi la maglia che le aveva prestato e gettarla chissà dove, capì di essere spacciato e che anche quella volta aveva vinto lei. Il ricordo di quell'unica notte che avevano passato insieme lo aveva perseguitato per mesi, non era mai riuscito a dimenticare nessuna parte del suo esile corpo, ma la gravidanza lo aveva reso più florido e formoso. Dawn stessa sembrava possedere una consapevolezza diversa da prima e questo lo stava facendo impazzire, si mise seduto e la strinse a sé. La baciò nuovamente, questa volta però non penso a niente, si lasciò trasportare da ciò che sentiva per lei e presto anche gli altri indumenti raggiunsero la maglietta.

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